girodigiostra
Utente di lunga data
Ciao a tutti. Entro qui come credo molti di voi per trovare opinioni, che siano schiaffi o conforto va bene, mi serve una scossa per uscire dal pantano sul fondo dell'abisso.
La mia è una storia come tante. Ci siamo conosciuti, amore travolgente, dopo mesi ero incinta.
Ho avuto una gravidanza a rischio e un figlio ad alto bisogno, piangeva e non dormiva. I primi mesi di vita di nostro figlio sono stati duri, mi ha lasciata sola.
Abbiamo comprato insieme una casa, viaggiato, trascorso tutto il tempo libero insieme, realizzato tanti progetti, superato ostacoli, lutti e sventure, eppure sembrava sempre insoddisfatto, sempre ad aspettare che cambiassero le condizioni che gli creavano perenne stress e nervosismo.
Nostro figlio non aveva ancora compiuto due anni quando abbiamo scoperto che aveva bisogno di cure.
Me ne occupo principalmente io. Andiamo in terapia familiare. La terapista ci aiuta a focalizzare alcuni problemi nel nostro rapporto: ci lavoriamo tra alti e bassi. Lui si sente escluso. Ha soprattutto necessità di fare sesso: spesso e bene. Quest’ultimo è uno dei frequenti motivi di incomprensioni. Mi accusa di non desiderarlo, perché non lo cerco, o non come nei mesi in cui eravamo soli io e lui. Io spesso ero semplicemente molto molto stanca, nostro figlio era estremamente difficile da gestire, e mi trovavo sola per la maggior parte della giornata (e della nottata).
Molte cose le risolviamo, su altre soprassediamo - ma quando litighiamo la sua rabbia vomita su di me offese di cui, il giorno dopo, si pente e si scusa. L’irrisolto è soprattutto questo: i precedenti, gli anni difficili, in cui per compensare le sue difficoltà di relazionarsi con nostro figlio mi sostituivo a lui più del dovuto. Non ho mai smesso di vedere il buono in lui, le cose che amavo le mettevo accanto a quelle che non andavano bene, tutti abbiamo difetti.
Nostro figlio è guarito da un po’.
Quasi quattro mesi fa ha iniziato a non toccarmi più, a letto si girava dall’altra parte, se mi avvicinavo rimaneva fermo come uno stoccafisso. Sempre con il cellulare in mano, spesso a chattare, tenendolo in modo che non potessi vedere cosa faceva. Io ho iniziato ad avere sospetti, non dormivo, stavo talmente male che non riuscivo più a lavorare, a fare cose con mio figlio. Ho deciso di condividere con lui il sospetto che mi tradisse, senza avere le prove. Decisa a dirgli tutto, ho trovato dei bigliettini scritti da una donna.
Gli ho detto dei miei sospetti, del mio malessere, del fatto che non volessi più vivere così - non gli ho detto di aver trovato i bigliettini, pensavo che se mi avesse rivelato subito la verità avrei digerito meglio le menzogne precedenti. E invece non ha confessato, piuttosto ha iniziato a chiedermi di valutare come dividerci la nostra casa, le nostre cose, convinto che io avessi già preso la decisione di lasciarlo.
Il giorno dopo si arrabbia perché non gli comunico le mie intenzioni.
Il giorno dopo ancora mi dice che la verità è che non mi ama più e che da due anni sono per lui un fantasma.
Dopo un paio di giorni, incalzato, confessa il tradimento risalente a un anno prima e concluso; i due si sono solamente dati un bacio.
Il giorno dopo mi propone di andare in terapia.
Poi mi chiede se mi sono domandata perché mi ha tradita.
Poi i baci sono stati più di uno, ma non ci è andato a letto.
Sostiene di avermi detto la verità, anche se la confessione è stata tutt’altro che spontanea, e tutt’altro che immediata.
A casa fa il cane bastonato. Ciondola sospirando, si lamenta di non riuscire a dormire, ha paura che io voglia vendicarmi e rovinare la vita sua e dell’altra, che ha cercato fino all’ultimo momento di tutelare. Non sono il tipo, non me ne frega nulla, non me ne faccio nulla di una vendetta - ma non mi dispiace se soffre adesso, questa forse è la mia vendetta. Si innervosisce se esco la sera con le amiche - non crede che esca con le amiche. E’ geloso e pensa che gli nasconda cose. Ogni tanto fa battute sottilmente crudeli, o irritanti, e dice che io interpreto male le sue parole perché secondo lui ormai l’ho condannato.
Sono passati tre mesi dalla scoperta e ancora non riesco a fidarmi, tra l’altro non credo che abbia detto tutta la verità.
Chiedo a google “come si supera un tradimento” e mi irrita leggere gli psicoterapeuti che spiegano che tutto il lavoro sporco e difficile per recuperare un rapporto è a carico della persona tradita. Non ce la faccio a immaginarmi su un divanetto ad ascoltare lui che elenca i validi motivi per i quali si è avvicinato a un’altra.
Io non vivo nelle favole, capisco che ci si possa innamorare di qualcun altro: ma per me l’onestà è imprenscindibile. Ecco, io non riesco ad accettare che sia stato bugiardo, con me, mentre curavo e crescevo nostro figlio, mentre dormivo accanto a lui; mentre mi accusava di non essere accogliente e fuori casa baciava un’altra; mentre gli lasciavo tutto il tempo di cui aveva bisogno per lavorare, ovvero per farsi un’amante, facendo cose anche al posto suo.
Se nel rapporto non stava più bene sicuramente è per motivi che dipendono da entrambi. Se ha scelto di “cedere” alle attenzioni di un’altra e di non dirlo, quello non dipende da me. Nella mia vita non ho mai tradito, forse anche per questo non trovo in me le risorse per superare questo momento e ripartire da qualcosa. Anzi: alla luce di quello che lui ha detto e fatto DOPO averlo scoperto, io impasto il tradimento insieme a tutto il passato e lo schifo coinvolge anche quelli che prima erano difetti su cui in qualche modo riuscivo a restare in equilibrio. E da questo impasto deforme e bitorzoluto non so come ottenere qualcosa di commestibile. Non sapere cosa voglio, adesso, è la cosa peggiore per me. Sento però che non sono più disposta ad accettare le sue battute volutamente mortificanti o giudicanti in nome dell’amore che potrei tornare a provare per lui.
Come si fa a perdonare? O a non perdonare ma ricominciare? Da cosa si riparte? Quanto tempo ci vuole?
La mia è una storia come tante. Ci siamo conosciuti, amore travolgente, dopo mesi ero incinta.
Ho avuto una gravidanza a rischio e un figlio ad alto bisogno, piangeva e non dormiva. I primi mesi di vita di nostro figlio sono stati duri, mi ha lasciata sola.
Abbiamo comprato insieme una casa, viaggiato, trascorso tutto il tempo libero insieme, realizzato tanti progetti, superato ostacoli, lutti e sventure, eppure sembrava sempre insoddisfatto, sempre ad aspettare che cambiassero le condizioni che gli creavano perenne stress e nervosismo.
Nostro figlio non aveva ancora compiuto due anni quando abbiamo scoperto che aveva bisogno di cure.
Me ne occupo principalmente io. Andiamo in terapia familiare. La terapista ci aiuta a focalizzare alcuni problemi nel nostro rapporto: ci lavoriamo tra alti e bassi. Lui si sente escluso. Ha soprattutto necessità di fare sesso: spesso e bene. Quest’ultimo è uno dei frequenti motivi di incomprensioni. Mi accusa di non desiderarlo, perché non lo cerco, o non come nei mesi in cui eravamo soli io e lui. Io spesso ero semplicemente molto molto stanca, nostro figlio era estremamente difficile da gestire, e mi trovavo sola per la maggior parte della giornata (e della nottata).
Molte cose le risolviamo, su altre soprassediamo - ma quando litighiamo la sua rabbia vomita su di me offese di cui, il giorno dopo, si pente e si scusa. L’irrisolto è soprattutto questo: i precedenti, gli anni difficili, in cui per compensare le sue difficoltà di relazionarsi con nostro figlio mi sostituivo a lui più del dovuto. Non ho mai smesso di vedere il buono in lui, le cose che amavo le mettevo accanto a quelle che non andavano bene, tutti abbiamo difetti.
Nostro figlio è guarito da un po’.
Quasi quattro mesi fa ha iniziato a non toccarmi più, a letto si girava dall’altra parte, se mi avvicinavo rimaneva fermo come uno stoccafisso. Sempre con il cellulare in mano, spesso a chattare, tenendolo in modo che non potessi vedere cosa faceva. Io ho iniziato ad avere sospetti, non dormivo, stavo talmente male che non riuscivo più a lavorare, a fare cose con mio figlio. Ho deciso di condividere con lui il sospetto che mi tradisse, senza avere le prove. Decisa a dirgli tutto, ho trovato dei bigliettini scritti da una donna.
Gli ho detto dei miei sospetti, del mio malessere, del fatto che non volessi più vivere così - non gli ho detto di aver trovato i bigliettini, pensavo che se mi avesse rivelato subito la verità avrei digerito meglio le menzogne precedenti. E invece non ha confessato, piuttosto ha iniziato a chiedermi di valutare come dividerci la nostra casa, le nostre cose, convinto che io avessi già preso la decisione di lasciarlo.
Il giorno dopo si arrabbia perché non gli comunico le mie intenzioni.
Il giorno dopo ancora mi dice che la verità è che non mi ama più e che da due anni sono per lui un fantasma.
Dopo un paio di giorni, incalzato, confessa il tradimento risalente a un anno prima e concluso; i due si sono solamente dati un bacio.
Il giorno dopo mi propone di andare in terapia.
Poi mi chiede se mi sono domandata perché mi ha tradita.
Poi i baci sono stati più di uno, ma non ci è andato a letto.
Sostiene di avermi detto la verità, anche se la confessione è stata tutt’altro che spontanea, e tutt’altro che immediata.
A casa fa il cane bastonato. Ciondola sospirando, si lamenta di non riuscire a dormire, ha paura che io voglia vendicarmi e rovinare la vita sua e dell’altra, che ha cercato fino all’ultimo momento di tutelare. Non sono il tipo, non me ne frega nulla, non me ne faccio nulla di una vendetta - ma non mi dispiace se soffre adesso, questa forse è la mia vendetta. Si innervosisce se esco la sera con le amiche - non crede che esca con le amiche. E’ geloso e pensa che gli nasconda cose. Ogni tanto fa battute sottilmente crudeli, o irritanti, e dice che io interpreto male le sue parole perché secondo lui ormai l’ho condannato.
Sono passati tre mesi dalla scoperta e ancora non riesco a fidarmi, tra l’altro non credo che abbia detto tutta la verità.
Chiedo a google “come si supera un tradimento” e mi irrita leggere gli psicoterapeuti che spiegano che tutto il lavoro sporco e difficile per recuperare un rapporto è a carico della persona tradita. Non ce la faccio a immaginarmi su un divanetto ad ascoltare lui che elenca i validi motivi per i quali si è avvicinato a un’altra.
Io non vivo nelle favole, capisco che ci si possa innamorare di qualcun altro: ma per me l’onestà è imprenscindibile. Ecco, io non riesco ad accettare che sia stato bugiardo, con me, mentre curavo e crescevo nostro figlio, mentre dormivo accanto a lui; mentre mi accusava di non essere accogliente e fuori casa baciava un’altra; mentre gli lasciavo tutto il tempo di cui aveva bisogno per lavorare, ovvero per farsi un’amante, facendo cose anche al posto suo.
Se nel rapporto non stava più bene sicuramente è per motivi che dipendono da entrambi. Se ha scelto di “cedere” alle attenzioni di un’altra e di non dirlo, quello non dipende da me. Nella mia vita non ho mai tradito, forse anche per questo non trovo in me le risorse per superare questo momento e ripartire da qualcosa. Anzi: alla luce di quello che lui ha detto e fatto DOPO averlo scoperto, io impasto il tradimento insieme a tutto il passato e lo schifo coinvolge anche quelli che prima erano difetti su cui in qualche modo riuscivo a restare in equilibrio. E da questo impasto deforme e bitorzoluto non so come ottenere qualcosa di commestibile. Non sapere cosa voglio, adesso, è la cosa peggiore per me. Sento però che non sono più disposta ad accettare le sue battute volutamente mortificanti o giudicanti in nome dell’amore che potrei tornare a provare per lui.
Come si fa a perdonare? O a non perdonare ma ricominciare? Da cosa si riparte? Quanto tempo ci vuole?
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