Brunetta
Utente di lunga data
Frase celeberrima come chi l’ha pronunciata, ma non sono certa che lo sia per tutti e sicuramente non lo è per i ventenni.
Ho già proposto una discussione su ciò che ci sorprende che gli altri o i più giovani non sanno, ma forse non ho chiarito il punto.
Noi italiani perché ci consideriamo tali?
1)Perché parliamo la stessa lingua?
Insomma.
Oltre a essere molto impoverita rispetto a qualche decina di anni fa, è ormai infarcita di termini anglofoni o che appaiono tali.
Non dico solo del linguaggio da milanese imbruttito che è una parodia, ma anche da quello che poi è stato assunto come modello da chi aspirava a imbruttirsi, che confondeva con arricchirsi.
2) La nostra cultura?
Davvero esiste una cultura comune? Cinquant’anni fa c’erano contadini che recitavano interi canti della Divina Commedia e cantavano il melodramma. Oggi anche la musica è frammentata in mille generi con differenze percepibili solo agli esperti e il linguaggio usato dai nuovi parolieri è infantile rispetto a un Guccini o Paolo Conte. Del resto ho appena verificato che ventenni non li hanno mai ascoltati e non sanno chi sia Francesco De Gregori, ma pure Vasco è conosciuto solo di nome.
So benissimo che i concerti di questi settantenni sono frequentati anche da giovani e non auspico che ce ne siano in numero maggiore.
Faccio un ragionamento diverso. Se non condividiamo né in un dialogo intergenerazionale, né tra i giovani nemmeno la musica leggera, cosa condividiamo?
I quotidiani cartacei e anche le riviste non esistono praticamente più. Un tempo in ogni famiglia entravano quotidiani e riviste, almeno alla domenica, che venivano letti da tutti e poi commentati. Oggi neppure si vede un tg insieme.
Le notizie, mi disse un sessantenne in attesa con me per una visita, compaiono già sullo smartphone. E tutte le notizie assumono lo stesso peso e suscitano un simile dibattito tra pro e contro, non solo il covid e i vaccini o il cambiamento climatico o la guerra, ma pure il peso di Vanessa Incontrada, come il premio Strega, ma anche la schwa e l’omofobia o l’aborto (negli USA eh) tutto con lo stesso di livello di tensione e impegno: un po’ di post in rete, due battute alla macchinetta del caffè e il giorno dopo via verso un nuovo argomento, che può essere una tragedia naturale o l’amante del collega.
3) la nostra Storia?
Beh sì siamo un Paese di Poeti, Santi e Navigatori (chi lo diceva?
) ma anche di calciatori, quando vinciamo un mondiale o un europeo.
Ma si arriva tranquillamente, senza suscitare non dico orrore, ma nemmeno stupore, neanche nei nonni senza sapere alcunché delle guerre mondiali, figuriamoci il Risorgimento, confuso con il Rinascimento, sempre per R cominciano. Ma non sanno neppure chi fosse Giulio Cesare e quando è cominciato l’Impero Romano...
E i poeti? “Il gobbetto” confuso con l’altro gobbetto sardo e con Gobetti come in Scialla?
Lasciamo perdere i navigatori. Conosciamo solo Google maps
Ho già proposto una discussione su ciò che ci sorprende che gli altri o i più giovani non sanno, ma forse non ho chiarito il punto.
Noi italiani perché ci consideriamo tali?
1)Perché parliamo la stessa lingua?
Insomma.
Oltre a essere molto impoverita rispetto a qualche decina di anni fa, è ormai infarcita di termini anglofoni o che appaiono tali.
Non dico solo del linguaggio da milanese imbruttito che è una parodia, ma anche da quello che poi è stato assunto come modello da chi aspirava a imbruttirsi, che confondeva con arricchirsi.
2) La nostra cultura?
Davvero esiste una cultura comune? Cinquant’anni fa c’erano contadini che recitavano interi canti della Divina Commedia e cantavano il melodramma. Oggi anche la musica è frammentata in mille generi con differenze percepibili solo agli esperti e il linguaggio usato dai nuovi parolieri è infantile rispetto a un Guccini o Paolo Conte. Del resto ho appena verificato che ventenni non li hanno mai ascoltati e non sanno chi sia Francesco De Gregori, ma pure Vasco è conosciuto solo di nome.
So benissimo che i concerti di questi settantenni sono frequentati anche da giovani e non auspico che ce ne siano in numero maggiore.
Faccio un ragionamento diverso. Se non condividiamo né in un dialogo intergenerazionale, né tra i giovani nemmeno la musica leggera, cosa condividiamo?
I quotidiani cartacei e anche le riviste non esistono praticamente più. Un tempo in ogni famiglia entravano quotidiani e riviste, almeno alla domenica, che venivano letti da tutti e poi commentati. Oggi neppure si vede un tg insieme.
Le notizie, mi disse un sessantenne in attesa con me per una visita, compaiono già sullo smartphone. E tutte le notizie assumono lo stesso peso e suscitano un simile dibattito tra pro e contro, non solo il covid e i vaccini o il cambiamento climatico o la guerra, ma pure il peso di Vanessa Incontrada, come il premio Strega, ma anche la schwa e l’omofobia o l’aborto (negli USA eh) tutto con lo stesso di livello di tensione e impegno: un po’ di post in rete, due battute alla macchinetta del caffè e il giorno dopo via verso un nuovo argomento, che può essere una tragedia naturale o l’amante del collega.
3) la nostra Storia?
Beh sì siamo un Paese di Poeti, Santi e Navigatori (chi lo diceva?

Ma si arriva tranquillamente, senza suscitare non dico orrore, ma nemmeno stupore, neanche nei nonni senza sapere alcunché delle guerre mondiali, figuriamoci il Risorgimento, confuso con il Rinascimento, sempre per R cominciano. Ma non sanno neppure chi fosse Giulio Cesare e quando è cominciato l’Impero Romano...
E i poeti? “Il gobbetto” confuso con l’altro gobbetto sardo e con Gobetti come in Scialla?
Lasciamo perdere i navigatori. Conosciamo solo Google maps

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