Brexit cancella il 15 % dei milionari in uk

Fiammetta

Amazzone! Embe'. Sticazzi
Staff Forum
afp)MILANO - Contraccolpi da Brexit, o meglio da crollo della sterlina a seguito del referendum britannico per lasciare l'Unione europea: la pattuglia di milionari nell'arcipelago è dimagrita del 15 per cento, pagando anche l conto di un mercato azionario poco brillante.

E' quanto mette in evidenza un report della banca svizzera Credit Suisse, che nota come i patrimoni siano stati limati di 1.500 miliardi di dollari nei dodici mesi al giugno 2016, come "diretta conseguenza" del voto che si è tenuto proprio quel mese. "Il periodo 2015-2016 è stato tumultuso", scrivono gli analisti elvetici, "e lo scenario è incerto, sia per l'economia che per la ricchezza delle famiglie".

La ricchezza privata britannica è dispersa tra 49 milioni di adulti. Circa cinque su cento, tra di loro, hanno almeno 1 milione di dollari. Ma il voto a sorpresa di fine giugno ha accentuato il ribasso della sterlina, mentre il mercato azionario ha registrato il peggior crollo verticale dalla crisi finanziaria del 2008. Se le azioni si sono riprese, da allora, restano grandi incertezze su come e quando il divorzio verrà ratificato.
Come è cambiata la ricchezza nel 2015-2016 (Bloomberg, in migliaia di miliardi di dollari)
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Nei dodici mesi tracciati, il Giappone è stato il Paese che ha registrato la maggior crescita della ricchezza: +19 per cento a 24mila miliardi di dollari. Anche in questo caso si tratta di un effetto ottico che deriva dal cambio: l'apprezzamento dello yen sul dollaro spiega questa dinamica. Negli Stati Uniti, la ricchezza è cresciuta per l'ottavo anno di fila a 85mila miliardi di dollari. Proprio gli americani, con i giapponesi e i tedeschi, hanno contribuito maggiormente a fornire "nuovi milionari" al mondo; nel complesso, le persne con almeno 1 milione di dollari nel mondo sono cresciute di 596mila unità, a quota 32,9 milioni.

Nel focus dedicato all'Italia, infine, Credit Suisse traccia che il numero di milionari italiani è passato da 1.143.000 del 2015 a 1.132.000 del 2016 con una riduzione di 11mila individui.


fonte:repubblica.it
 

brenin

Utente
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afp)MILANO - Contraccolpi da Brexit, o meglio da crollo della sterlina a seguito del referendum britannico per lasciare l'Unione europea: la pattuglia di milionari nell'arcipelago è dimagrita del 15 per cento, pagando anche l conto di un mercato azionario poco brillante.

E' quanto mette in evidenza un report della banca svizzera Credit Suisse, che nota come i patrimoni siano stati limati di 1.500 miliardi di dollari nei dodici mesi al giugno 2016, come "diretta conseguenza" del voto che si è tenuto proprio quel mese. "Il periodo 2015-2016 è stato tumultuso", scrivono gli analisti elvetici, "e lo scenario è incerto, sia per l'economia che per la ricchezza delle famiglie".

La ricchezza privata britannica è dispersa tra 49 milioni di adulti. Circa cinque su cento, tra di loro, hanno almeno 1 milione di dollari. Ma il voto a sorpresa di fine giugno ha accentuato il ribasso della sterlina, mentre il mercato azionario ha registrato il peggior crollo verticale dalla crisi finanziaria del 2008. Se le azioni si sono riprese, da allora, restano grandi incertezze su come e quando il divorzio verrà ratificato.
Come è cambiata la ricchezza nel 2015-2016 (Bloomberg, in migliaia di miliardi di dollari)
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Nei dodici mesi tracciati, il Giappone è stato il Paese che ha registrato la maggior crescita della ricchezza: +19 per cento a 24mila miliardi di dollari. Anche in questo caso si tratta di un effetto ottico che deriva dal cambio: l'apprezzamento dello yen sul dollaro spiega questa dinamica. Negli Stati Uniti, la ricchezza è cresciuta per l'ottavo anno di fila a 85mila miliardi di dollari. Proprio gli americani, con i giapponesi e i tedeschi, hanno contribuito maggiormente a fornire "nuovi milionari" al mondo; nel complesso, le persne con almeno 1 milione di dollari nel mondo sono cresciute di 596mila unità, a quota 32,9 milioni.

Nel focus dedicato all'Italia, infine, Credit Suisse traccia che il numero di milionari italiani è passato da 1.143.000 del 2015 a 1.132.000 del 2016 con una riduzione di 11mila individui.


fonte:repubblica.it
3D molto interessante, mi permetto di integrarlo con alcuni dati su come e tra chi è distribuita la ricchezza.....
( se fossi OT mi scuso )


I DATI SUL NOSTRO PAESE

L’Italia non è da meno: i dati del 2015 mostrano che l’1% più abbiente degli italiani detiene il 23,4% della ricchezza nazionale netta, una quota che in valori assoluti è pari a 39 volte la ricchezza del 20% più povero dei nostri connazionali. Nel corso degli ultimi 15 anni oltre metà della ricchezza è finita ad ingrossare i patrimoni del 10% più possidente.

E qui, aggiungo io, ci sarebbe molto di cui scrivere su come quelle ricchezze sono state accumulate....
 

Fiammetta

Amazzone! Embe'. Sticazzi
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3D molto interessante, mi permetto di integrarlo con alcuni dati su come e tra chi è distribuita la ricchezza.....
( se fossi OT mi scuso )


I DATI SUL NOSTRO PAESE

L’Italia non è da meno: i dati del 2015 mostrano che l’1% più abbiente degli italiani detiene il 23,4% della ricchezza nazionale netta, una quota che in valori assoluti è pari a 39 volte la ricchezza del 20% più povero dei nostri connazionali. Nel corso degli ultimi 15 anni oltre metà della ricchezza è finita ad ingrossare i patrimoni del 10% più possidente.

E qui, aggiungo io, ci sarebbe molto di cui scrivere su come quelle ricchezze sono state accumulate....
Con distrazioni di denaro, falsi in bilancio, fatturazioni false, bustarelle, creazioni di società satellite dove far confluire i soldi ottenuti con finanziamenti per poi farle fallire ( tanto trattasi di SPA o SRL )
 
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brenin

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3D molto interessante, mi permetto di integrarlo con alcuni dati su come e tra chi è distribuita la ricchezza.....
( se fossi OT mi scuso )


I DATI SUL NOSTRO PAESE

L’Italia non è da meno: i dati del 2015 mostrano che l’1% più abbiente degli italiani detiene il 23,4% della ricchezza nazionale netta, una quota che in valori assoluti è pari a 39 volte la ricchezza del 20% più povero dei nostri connazionali. Nel corso degli ultimi 15 anni oltre metà della ricchezza è finita ad ingrossare i patrimoni del 10% più possidente.

E qui, aggiungo io, ci sarebbe molto di cui scrivere su come quelle ricchezze sono state accumulate....
Con distrazioni di denaro, falsi in bilancio, fatturazioni false, bustarelle, creazioni di società satellite dove far confluire i soldi ottenuti con finanziamenti per poi farle fallire ( tanto trattasi di SPA o SRL )
Certo, il concetto base è sempre stato quello di "privatizzare" i profitti e "statalizzare" le perdite.... però alla tua lista ci aggiungerei i "buchi" nella normativa fiscale che consentono spazi di manovra.... creativi ! :)
 
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Fiammetta

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Certo, il concetto base è sempre stato quello di "privatizzare" i profitti e "statalizzare" le perdite.... però alla tua lista ci aggiungerei i "buchi" nella normativa fiscale che consentono spazi di manovra.... creativi ! :)
Assolutamente siiiiiiiii, sono d'accordo !!!!
 

brenin

Utente
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Assolutamente siiiiiiiii, sono d'accordo !!!!
Prendo spunto dal grafico di "Repubblica" in merito all'incremento registrato negli USA, all'uscita degli americani dal trattato TPP e dai problemi di deficit di bilancio che dovrà affrontare il nuove presidente ( miliardario,tra l'altro ).
Anche negli Usa non è tutto oro quello che luccica. Nel mondo si ritiene che non ci sia adeguata attenzione all’andamento del debito degli Stati Uniti. La realtà è che esso, insieme ad altri indicatori economici, segna rosso costante. È come per le automobili, quando il cruscotto segnala un problema, anche se la macchina ancora cammina non è consigliabile continuare a guidare come se nulla fosse. È un dato inoppugnabile che ciò che avviene negli Usa non riguarda solo gli americani perché esso riverbera ( purtroppo ) i suoi effetti nel resto del mondo.
All’inizio del 2016 il debito pubblico federale americano ha raggiunto i 19.200 miliardi di dollari, pari a circa il 105% del Pil. Alla fine del 2007 era di 9.200 miliardi pari al 65% del Prodotto interno lordo. Nel 2000 era di 5.600 miliardi. In pratica si è più che triplicato. Perciò per il sistema americano è il suo tasso di crescita, o meglio, di accelerazione della sua crescita esponenziale che deve preoccupare maggiormente. Lo stesso andamento si è avuto per il debito delle corporation private non finanziarie che oggi è pari a 6.600 miliardi di dollari. Era di 3.300 miliardi nel 2007 ed è raddoppiato.
Di conseguenza non ci si deve stupire dell’attuale stratosferica cifra di quasi 64.000 miliardi di debito totale (governo federale, singoli stati, enti locali, business, famiglie e ipoteche). Era di 28.600 miliardi nel 2000. Si sottolinea che oggi è evidente che è più che raddoppiato. In pratica si tratta in gran parte di «debito sporco». Fatto per tappare i buchi di bilancio, per evitare i fallimenti di banche e corporation e non per sostenere investimenti e sviluppo. La spia rivelatrice è il perenne deficit di bilancio degli Usa. Nel 2009 esso aveva raggiunto l’incredibile vetta di 1.413 miliardi di dollari portando gli Usa fino alla soglia della bancarotta. Anche il 2015 si è chiuso con un deficit di 438 miliardi.
Significativo quanto preoccupante è il crollo della bilancia commerciale. Dal 2000 ad oggi gli Usa hanno accumulato un deficit commerciale di oltre 8.630 miliardi di dollari. Dallo scoppio della crisi ad oggi è aumentato di ben 3.500 miliardi. Sarebbe ancora peggiore se si considerasse soltanto la bilancia commerciale di beni reali che dal 2000 è in negativo per oltre 10.500 miliardi. Quasi 4.700 miliardi a partire dal 2009. È evidente che l’avanzo commerciale nel settore dei servizi ne attenua la portata. Anche se nei servizi convivono quelli dell’ingegneristica e quelli finanziari, dove la componente speculativa è notevole. È quindi naturale chiedersi come facciano gli Usa a continuare a stampare e a spendere dollari quando l’economia sottostante,come visto, non è tanto solida.
Il tutto sembra molto simile al gioco delle tre carte.
La prima è sicuramente il Quantitative easing, cioè la decisione a suo tempo adottata dalla Federal Reserve di immettere nuova liquidità nel sistema. L’effetto è ben visibile nella crescita straordinaria del bilancio della Fed che è passato da 860 miliardi di dollari del 2007 ai circa 4.500 miliardi di oggi. La decisione della Fed e del governo di Washington anche se ha una valenza monetaria è soprattutto politica. Secondo l'opinione di molti analisti la situazione non può durare all’infinito. I nodi prima o poi verranno al pettine.
La seconda carta è il debito pubblico americano, finora largamente scaricato sulle spalle del resto del mondo che, in verità, per varie ragioni ha assecondato tale tendenza. Infatti circa 6.000 miliardi di dollari di obbligazione del Tesoro Usa sono in mani straniere. La Cina, da sola, ne ha 1250 miliardi ed il Giappone ne possiede ben 1.133 miliardi. La Fed ha in bilancio T-bond fino a 2.500 miliardi.
La terza carta si chiama derivati otc (over the counter), cioè quelli trattati al di fuori dei mercati regolamentati e tenuti fuori dai bilanci. Si sottolinea che, a seguito del tasso di interesse zero, il’ammontare complessivo di tali derivati a livello mondiale è sceso a 500 mila miliardi di dollari. Però di questi ben 180 mila sono nella banche americane. Come è noto, i derivati sono un mezzo per generare nuova liquidità quando se ne ha bisogno. Sono titoli creati attraverso una forte leva finanziaria e con alti rischi. Possono anche essere messi in garanzia per ottenere dei prestiti veri dalla Fed o dalla Bce.
Fin tanto che gli Usa riusciranno a scaricare il proprio debito sul resto del mondo e sui propri cittadini avranno mano libera per creare la liquidità necessaria per continuare a comprare a debito e finanziare spese di ogni tipo prescindendo, purtroppo, dalla loro effettiva capacità economica e finanziaria... e qui sarà importante osservare come intenderà muoversi Trump....
 

Fiammetta

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Prendo spunto dal grafico di "Repubblica" in merito all'incremento registrato negli USA, all'uscita degli americani dal trattato TPP e dai problemi di deficit di bilancio che dovrà affrontare il nuove presidente ( miliardario,tra l'altro ).
Anche negli Usa non è tutto oro quello che luccica. Nel mondo si ritiene che non ci sia adeguata attenzione all’andamento del debito degli Stati Uniti. La realtà è che esso, insieme ad altri indicatori economici, segna rosso costante. È come per le automobili, quando il cruscotto segnala un problema, anche se la macchina ancora cammina non è consigliabile continuare a guidare come se nulla fosse. È un dato inoppugnabile che ciò che avviene negli Usa non riguarda solo gli americani perché esso riverbera ( purtroppo ) i suoi effetti nel resto del mondo.
All’inizio del 2016 il debito pubblico federale americano ha raggiunto i 19.200 miliardi di dollari, pari a circa il 105% del Pil. Alla fine del 2007 era di 9.200 miliardi pari al 65% del Prodotto interno lordo. Nel 2000 era di 5.600 miliardi. In pratica si è più che triplicato. Perciò per il sistema americano è il suo tasso di crescita, o meglio, di accelerazione della sua crescita esponenziale che deve preoccupare maggiormente. Lo stesso andamento si è avuto per il debito delle corporation private non finanziarie che oggi è pari a 6.600 miliardi di dollari. Era di 3.300 miliardi nel 2007 ed è raddoppiato.
Di conseguenza non ci si deve stupire dell’attuale stratosferica cifra di quasi 64.000 miliardi di debito totale (governo federale, singoli stati, enti locali, business, famiglie e ipoteche). Era di 28.600 miliardi nel 2000. Si sottolinea che oggi è evidente che è più che raddoppiato. In pratica si tratta in gran parte di «debito sporco». Fatto per tappare i buchi di bilancio, per evitare i fallimenti di banche e corporation e non per sostenere investimenti e sviluppo. La spia rivelatrice è il perenne deficit di bilancio degli Usa. Nel 2009 esso aveva raggiunto l’incredibile vetta di 1.413 miliardi di dollari portando gli Usa fino alla soglia della bancarotta. Anche il 2015 si è chiuso con un deficit di 438 miliardi.
Significativo quanto preoccupante è il crollo della bilancia commerciale. Dal 2000 ad oggi gli Usa hanno accumulato un deficit commerciale di oltre 8.630 miliardi di dollari. Dallo scoppio della crisi ad oggi è aumentato di ben 3.500 miliardi. Sarebbe ancora peggiore se si considerasse soltanto la bilancia commerciale di beni reali che dal 2000 è in negativo per oltre 10.500 miliardi. Quasi 4.700 miliardi a partire dal 2009. È evidente che l’avanzo commerciale nel settore dei servizi ne attenua la portata. Anche se nei servizi convivono quelli dell’ingegneristica e quelli finanziari, dove la componente speculativa è notevole. È quindi naturale chiedersi come facciano gli Usa a continuare a stampare e a spendere dollari quando l’economia sottostante,come visto, non è tanto solida.
Il tutto sembra molto simile al gioco delle tre carte.
La prima è sicuramente il Quantitative easing, cioè la decisione a suo tempo adottata dalla Federal Reserve di immettere nuova liquidità nel sistema. L’effetto è ben visibile nella crescita straordinaria del bilancio della Fed che è passato da 860 miliardi di dollari del 2007 ai circa 4.500 miliardi di oggi. La decisione della Fed e del governo di Washington anche se ha una valenza monetaria è soprattutto politica. Secondo l'opinione di molti analisti la situazione non può durare all’infinito. I nodi prima o poi verranno al pettine.
La seconda carta è il debito pubblico americano, finora largamente scaricato sulle spalle del resto del mondo che, in verità, per varie ragioni ha assecondato tale tendenza. Infatti circa 6.000 miliardi di dollari di obbligazione del Tesoro Usa sono in mani straniere. La Cina, da sola, ne ha 1250 miliardi ed il Giappone ne possiede ben 1.133 miliardi. La Fed ha in bilancio T-bond fino a 2.500 miliardi.
La terza carta si chiama derivati otc (over the counter), cioè quelli trattati al di fuori dei mercati regolamentati e tenuti fuori dai bilanci. Si sottolinea che, a seguito del tasso di interesse zero, il’ammontare complessivo di tali derivati a livello mondiale è sceso a 500 mila miliardi di dollari. Però di questi ben 180 mila sono nella banche americane. Come è noto, i derivati sono un mezzo per generare nuova liquidità quando se ne ha bisogno. Sono titoli creati attraverso una forte leva finanziaria e con alti rischi. Possono anche essere messi in garanzia per ottenere dei prestiti veri dalla Fed o dalla Bce.
Fin tanto che gli Usa riusciranno a scaricare il proprio debito sul resto del mondo e sui propri cittadini avranno mano libera per creare la liquidità necessaria per continuare a comprare a debito e finanziare spese di ogni tipo prescindendo, purtroppo, dalla loro effettiva capacità economica e finanziaria... e qui sarà importante osservare come intenderà muoversi Trump....
... o meglio i suoi collaboratori :)
gli americani vivono sui propri debiti:p:p intendo la middle class
 
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