Cercherò di essere il più breve possibile....
Comincio dagli "incentivi" ( con soldi nostri ) alle imprese :
Alle imprese, all'insegna dello slogan renziano “Industria 4.0”, vanno 20 miliardi in tre anni per la “competitività”, considerando anche il taglio dell'Ires, di cui 2,5 per il 2017. L'Ires è stata ridotta dal 27,5% al 24%, una riduzione già promessa da Renzi e che era già stata iscritta a bilancio dalle imprese. Per le partite Iva individuali c'è la possibilità di pagare una tassa unica del 24% (Iri) al posto dell'Irpef, ma occorre optare per il regime di contabilità ordinaria. Abolita anche l'Irpef agricola per 1,2 miliardi in due anni. É stato poi rinnovato il superammortamento del 140% sui beni strumentali, a cui si aggiunge un iperammortamento del 250% (!) sui beni strumentali e il software destinati all'aggiornamento tecnologico dell'impresa. E c'è anche 1 miliardo dai fondi della presidenza del Consiglio al fondo di garanzia per le Pmi. Nell'ottica di privilegiare la contrattazione aziendale rispetto a quella collettiva, viene incrementata la detassazione dei premi di produttività con l'aumento della soglia a 4 mila euro di premio e fino a 80 mila euro di reddito, così da includere anche dirigenti e manager. Si tratta di 1,3 miliardi nel periodo 2017-20 spostati dai contratti collettivi e che comprendono anche il sostegno al “welfare aziendale”, ossia privato. Ci sono poi 100 milioni per la ristrutturazione del settore bancario (contratti di solidarietà, prepensionamenti ecc.), e 50 milioni per chi assume stagisti entro sei mesi dal diploma o dalla laurea, con decontribuzione di 8.060 euro per tre anni.
A questo riguardo c'è da considerare che la decontribuzione per il Jobs act ha “funzionato” solo per il primo anno finché era piena, poi quando quest'anno è stata ridotta si è fermata anche la poca occupazione indotta e sono invece aumentati a dismisura i voucher, già a quota 84 milioni quest'anno, un record storico. In compenso l'Inps certifica un aumento del 31% dei licenziamenti (+ 10 mila negli ultimi 12 mesi) grazie all'abolizione dell'articolo 18 approvata insieme al Jobs act.
Pensioni
Renzi e Padoan decantano 7 miliardi alle pensioni, uno più del previsto, ma sono distribuiti in tre anni, e solo 1,8 nel 2017, mentre il grosso di 2,6 miliardi è rimandato al 2019. Serviranno per dare la 14ª mensilità ai pensionati minimi che non ce l'hanno, e aumentare quella dei pensionati sotto i mille euro che ce l'hanno già, in proporzione ai versamenti effettuati, e per finanziare i pensionamenti anticipati (Ape). Nonché per aumentare la no tax area ai pensionati equiparandola a quella per i lavoratori dipendenti. Sull'”Ape sociale” il governo aveva promesso ai sindacati che i disoccupati senza ammortizzatori, i lavoratori in gravi condizioni di salute e con parenti di primo grado conviventi con disabilità grave, potevano andare in pensione anticipata con 20 anni di contributi. Invece ne serviranno 30. E ne serviranno ben 36 per chi fa lavori particolarmente gravosi (infermieri di sala operatoria, edili, maestre d'infanzia, macchinisti e autisti di mezzi pesanti). 36 anni di contributi serviranno anche ai lavoratori che facevano lavori pesanti per andare in pensione con l'Ape ordinaria senza oneri fino a tre anni e sette mesi prima e 1.500 euro lordi di pensione. In pratica si torna alla vecchia quota 99 (63 anni di età e 36 di contributi).
Spesa sociale e altre mance varie Fitta la lista dei bonus elettorali in questa finanziaria: prorogato anche per il 2017 il bonus di 500 euro ai diciottenni “per la cultura”. 2,1 miliardi in tre anni per il recupero delle periferie. 600 milioni di bonus alle famiglie con due o più figli. 50 milioni per il fondo per i non autosufficienti. 500 milioni in più per la lotta alla povertà, ma dal 2018. Poi ci sono i 1000 euro l'anno per gli asili nido, anche privati, ai bambini da zero a tre anni e il bonus “mamma domani”, un premio di maternità di 800 euro una tantum per le prime spese e la diagnostica. E naturalmente la riduzione del canone Rai di altri 10 euro anche quest'anno.
Tante briciole elettorali che piovono qua e là mentre arriva l'annuncio della Caritas che la povertà è aumentata in Italia nell'ultimo anno e gli indigenti sono saliti a 4,6 milioni, con un aumento di 500 mila unità. E i più colpiti sono i giovani e il Mezzogiorno.
Condoni fiscali L'abolizione di Equitalia (con decreto approvato “salvo intese” e ancora da presentare in parlamento), era già stato annunciato un anno fa. Sarà assorbita dall'Agenzia delle entrate, che si avvale comunque di altre 92 società per la riscossione. Per tutto il 2017 le cartelle potranno essere “rottamate” dal 50% al 65%. Si pagheranno solo i tributi e le multe dovute, più gli interessi di legge ma escluse sanzioni e more. Inoltre si potranno rateizzare fino a 36 mesi. Da questo provvedimento il governo si aspetta di ricavare 4 miliardi.
Da notare che le tasse da incassare hanno raggiunto tra il 2000 e il 2014 la cifra mostruosa di 1.058 miliardi. Di questi Equitalia considera effettivamente riscuotibili appena 51 miliardi (il 5%). E di questi il governo punta a prenderne subito 4 con questo vero e proprio condono. Fermi restando la fama vessatoria di Equitalia e il giusto sollievo per i piccoli evasori per necessità, questo provvedimento manda perciò ancora una volta un messaggio inequivocabile per i grandi e medi evasori beccati dal fisco: è sempre meglio non pagare, tanto prima o poi in Italia un condono arriva sempre. Specie in un Paese dove secondo l'Istat nel 2014 l'evasione di fisco e previdenza ha raggiunto 211 miliardi, il 13% del Pil. E dove la Corte dei conti certifica che nell'ultimo anno sono perfino calati i controlli ed è sceso il ricavo medio degli accertamenti, ridottosi ad appena 1.550 euro. Nel 2015 la lotta all'evasione avrebbe fruttato infatti solo 7,7 miliardi, la metà dei 15 strombazzati invece dal premier. E come qualificare poi la riapertura della
Voluntary disclosure per il rientro dei capitali illegalmente portati all'estero pagando solo una tassa forfetaria ridotta? La volta scorsa doveva essere la prima e l'ultima, secondo Renzi. Che si aspetta di ricavarne invece altri 2 miliardi, la metà del 2015, quando rientrarono 60 miliardi, tassati con un'aliquota media del 5% (inferiore allo scudo fiscale di Tremonti del 6%).
Ma poiché sarà difficile trovare altri 30 miliardi di imponibile si parla di estendere il condono anche ai soldi in contanti nascosti nelle cassette di sicurezza delle banche e nelle casseforti domestiche in Italia, da tassare fino ad un'aliquota massima del 35%.
Tagli alla spesa pubblica Secondo gli incerti e fumosi conti presentati dal governo, dal lato entrate 3,3 miliardi verranno dalla
spending review sulle forniture di beni e servizi agli enti pubblici, altri 1,2 miliardi dai “risparmi” nella sanità (“che diventano servizi per i cittadini”, assicura Renzi), e 1,6 miliardi saranno trovati con la “riorganizzazione dei fondi del 2016”. Da
Voluntary disclosure e dall'abolizione di Equitalia verrebbero altri 6 miliardi, per un totale di 12 miliardi.
E da dove Renzi prende i soldi che mancano per arrivare a 27 miliardi, cioè in pratica i 15 miliardi dell'Iva sterilizzata anche per il 2017, e già destinata a diventare 20 miliardi nel 2018? Tutti dalla flessibilità concessa dalla Ue? No perché si tratta al massimo di 8 miliardi, sempre che la Ue accetti il deficit al 2,3% adottato unilateralmente da Renzi. Dall'aumento della lotta all'evasione? Improbabile, visto che si è addirittura allentata nell'ultimo anno, e del resto si mandano segnali opposti con l'abolizione di Equitalia e la ripetizione della
voluntary . Dal gioco d'azzardo? Darà al massimo 300 milioni in più, secondo le ottimistiche previsioni del governo.
O non piuttosto allora da ulteriori tagli e balzelli per almeno 7 miliardi, classificati per ora come “ulteriori coperture”, che per il momento non ci è dato sapere? Una sorpresa che Renzi ci svelerà col contagocce nelle prossime settimane, e possibilmente dopo il referendum, se la Commissione europea gli concederà come sembra la necessaria copertura.