La Coda alla Vaccinara

Alphonse02

Utente di lunga data
La Coda alla Vaccinara

Premessa storica.

La coda alla vaccinara è un noto e delizioso piatto della cucina romana, fin qui tutti d’accordo, tranne quelli schizzinosi che inorridiscono al pensiero di mangiarsi la coda dell’animale e manco l’assaggiano. Come per la trippa, la pajata, le frattaglie e il cervelletto. Peggio per loro, non sanno che prelibatezze si perdono.

Detto questo, la pietanza nasce come piatto povero, anzi poverissimo, visto le parti di animali che erano scarti venivano dati come una integrazione del misero salario degli operai che lavoravano nel mattatoio, a ridosso del mercato cittadino.

Nasce come pietanza della più povera cucina romana, elaborata nelle misere case degli operai addetti al macello delle bestie (detti nell’antico dialetto “scortichini”, nome che era tutto un programma), in tanti modi elaborati ed inventati dalle donne di casa che, usando ingredienti, spezie ed attrezzi disponibili, per rendere tenera e gustosa quella carne, piena di muscoli e poca polpa attorno alle vertebre caudali dell’animale (la coda ha una funzione che prevede continuo movimento), servivano a sfamare i componenti della famiglia. La coda faceva parte del c.d. quinto quarto (o quarto quarto nascosto) che faceva parte degli “scarti” del mattatoio che non erano vendibili sui mercati della città ma che ancora potevano avere valore nutritivo per quelle classi sociali che non potevano permettersi di consumare la carne più pregiata.

E’ quindi un’inesattezza (per non dire falsità) storica quella che quasi tutti gli autori di manuali di cucina diffondono, cioè che si sia trattato di una pietanza che avrebbe avuto origine nelle osterie dell’antico quartiere Regola (nella zona di Via Arenula) in epoca papale o del quartiere di Testaccio, dove venne trasferito alla fine del XIX secolo e rimase attivo fino al 1975.

L’impiego culinario degli scarti delle bestie macellate affonda nella storia antica. Da ancor prima che si organizzassero i mattatoi e si impostasse una minima politica di igiene pubblica. Nella realtà storica di Roma, il mattatoio si è sempre localizzato, per ragioni organizzative e logistiche (utilizzazione dell’acqua e smaltimento degli scarti) nelle aree periferiche della città (come era nel tempo) ed in prossimità del fiume Tevere. A mano a mano che la città di Roma si espandeva si spostava anche il Mattatoio.

Probabilmente, all’epoca di Cesare (I sec. A.C.) nella Roma repubblicana anche il mattatoio si trovava, insieme ai magazzini delle merci sul versante del colle Celio (compreso nel rione Monti), alle spalle della zona periferica cittadina all’epoca, dall’odierna Basilica (maggiore) di S. Giovanni verso la valle che si trova tra l’Esquilino ed il Celio, per intenderci verso la Basilica (minore) di S. Clemente) dove poi, in epoca imperiale, sarebbe stato costruito il complesso delle caserme dei gladiatori ed i recinti degli animali sul versante collinare sovrastante l’Anfiteatro Flavio (meglio conosciuto come il Colosseo).

L’uso della coda di toro (anche di bue e persino di cavallo) per l’alimentazione è comune in parecchi paesi, europei e non. In Spagna è famosa la ricetta del Rabo de Toro, tipica dell’Andalusia, che sembrerebbe risalire addirittura all’epoca romana. Tenuto conto che dal 98 al 138 d.C. regnarono a Roma consecutivamente due importantissimi imperatori di origini spagnole (Traiano ed Adriano), niente più facile che con i legionari iberici si sia verificata la commistione anche di tipo alimentare di tradizioni culinarie in relazione allo stufato di quelle carni povere.

Si dice che sia nato come piatto povero e sia finito con il diventare un piatto ricco (specialmente per turisti). Corrisponde al vero che la pietanza nacque nelle case dei poveri, con gli ingredienti disponibili, ed una predilezione per i sapori forti e semplici (spezie e grassi animali), mentre quando nel corso dei secoli viene recepita dalle osterie più umili e poi via via da quelle più sofisticate (ad uso anche dei viandanti e commercianti) viene arricchita per soddisfare il palato di fasce di popolazione sempre più abbienti, ad es. con il pomodoro (introdotto in Europa alla fine del XVI sec. ma solo successivamente la sua coltivazione lo rese poco costoso), con le spezie, con il vino al posto dell’aceto, l’impiego dell’olio di oliva in luogo del solo lardo, e le aggiunte (a fine cottura) dell’uvetta, dei pinoli, del cacao, ecc. per renderla più delicata.

Questo spiega una notevole varietà di ricette della stessa pietanza che vengono tramandate, a seconda della provenienza, da quella più remota (meno sofisticata) fino a quelle più elaborate (dal Rinascimento in poi).

Le ricette della coda alla vaccinara

Ad esempio, sul sito Le due ricette della coda alla vaccinara (esquire.com) si parla di due ricette, appunto una più semplice (anche per numero di ingredienti, in cui c’è tanto sedano, come ricorda @ologramma) ed una più ricca con lo spruzzo di cacao (come indica @oriente70) probabilmente preceduta dall’impiego anche dell’uvetta sultanina e dei pinoli.

Vi segnalo la ricetta (tra quelle più ricche) della coda alla vaccinara che si trova sul sito di Giallo Zafferano al link https://ricette.giallozafferano.it/Coda-alla-vaccinara.html mentre quella che vi propongo è una via di mezzo, anche ammodernata sulla base delle diverse usanze dietetiche del post-modernismo culinario e di una concezione di impiego ragionato degli ingredienti in una visione di eliminazione, per quanto possibile, degli sprechi alimentari.

Diciamo che la mia ricetta è una rielaborazione di una ricetta appresa da famiglie di tradizione romana, dove gli ingredienti possono essere aggiunti, a seconda della disponibilità degli stessi, innestandoli su una base tradizionale.

Un’aggiunta finale: la preparazione della coda alla vaccinara conduce alla produzione di un primo piatto (pasta ma anche bruschettine) mediante utilizzazione del sugo come condimento e di un secondo piatto (la carne della coda) insaporito dall’uso di verdure.

Nella mia versione (che chiamo della Sora Menica), c’è un’ulteriore produzione di una terza pietanza, un ricco brodo vegetale-animale, così denso che lo attenuo ed allungo con il liquido di cottura di altri vegetali (con predilezione per i broccoletti o cime di rapa). Il brodo così risultante si impiega per minestre (cappelletti, tortellini o anche pastina) ma anche per la cottura di risotti (ai funghi, allo zafferano, all’ortica, al curry, ecc.). e si può congelare anche in cubetti per impiego in cucina per insaporire (senza ricorrere a prodotti pieni di sostanze chimiche).

Prologo: la CARNE da acquistare

Non sempre si trova facilmente e, spesso, va ordinata la coda dal macellaio. Per orientarvi, pure se sembra sciocco, è la parte dall’attaccatura dell’osso sacro in poi del bovino. E’ ricercata da quelli che ne sono affezionati consumatori. Va detto, ci sono i macellai che non la trattano e, quando sono richiesti di fornirla, semplicemente improvvisano. Per cucinarla, vi dovrà essere consegnata priva della pelle e della pelliccia, solo carne ed osso (avvertenza per quelli che risiedono in lande dove non viene consumata; in Svizzera, quando l’ho chiesta, me l’hanno consegnata intera, come era stata tagliata).

La coda alla vaccinara si prepara con coda di bue ma in alternativa si può utilizzare anche la coda di vitello, la cui carne resta più tenera e richiede una cottura meno lunga. In prima approssimazione, si afferma che la coda in pezzi viene fatta stufare per lungo tempo, a fuoco basso e coperta, preceduta da un soffritto realizzato con un trito di verdure (aglio, cipolla, carote, sedano) e pomodori pelati. La lunga cottura (complessivamente anche 5 ore) permette al sugo (vegetale) di insaporirsi molto bene ed è usanza condire con esso i classici rigatoni, così da avere con una preparazione un primo ed un secondo piatto e, come ho accennato, persino un ricco brodo da impiegare per risotti o minestre.

(segue la ricetta della Sora Menica nel post successivo)
 

Alphonse02

Utente di lunga data
La Coda alla Vaccinara
(...)
Ricetta della Sora Menica

Ingredienti (per 4 persone) NB: quelli facoltativi sono indicati con la dicitura “fac” in parentesi accanto

Per la bollitura in pentola (2 ore e mezza per bovino adulto, un'ora e mezza per il vitello)
Coda di bue: (o di vitello) circa 1 kg Cipolla: 1 Carote: 1,5- 2
Sedano: 2 coste Cavolo: 50 gr (fac) Sale: (grosso) q.b.


Per stufare in tegame (2 ore e mezza)

Carne: i rocchi di coda (estratti dalla pentola) Olio EVO o di girasole: 3 cucchiai Lardo: o guanciale 100 g (fac) Aglio: 2 spicchi
Cipolla: 1 (o porro) Sedano: 2 coste Chiodi di garofano: 4 (fac) Vino bianco: 400 ml Carote: 1 e mezza
Pomodori pelati: 1 kg Sale fino: q.b Pepe nero: q.b


per la salsa da formare 10 minuti prima della fine cottura

Pinoli 20 g (anche 2 noci, in alternativa) Uvetta sultanina 30 g (fac)
Prezzemolo 1 rametto Cacao amaro in polvere 1 cucchiaio grande raso
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Prima fase cottura: vari modi di preparazione della carne

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  1. Una volta acquistata, va risciacquata in acqua fredda per essere tagliata poi a tronchetti, che sarebbero le vertebre da tagliare lungo le giunture (dove è più facile separare i muscoli ed i tessuti connettivi); così si ottengono i c.d. "rocchi".
  2. Nel famoso libro di Ada Boni “La cucina romana” viene indicato un passaggio propedeutico alla fase di cottura della coda che va considerato come una lessatura preliminare: l’uso di far cuocere la coda per un’ora nell’acqua per “sgrassarla” (fare perdere il grasso in eccesso e renderla più digeribile) mentre in detto libro lo scopo di tale bollitura è quello dichiarato di realizzare un brodo suscettibile di essere impiegato successivamente in altre preparazioni (ed anche per allungare il sugo di cottura che si dovesse restringere troppo).
  3. Nel libro”Le ricette della Tradizione Italiana” di Lisa Biondi invece di una lessatura dei rocchi si descrive una sbollentata di 10 minuti, terminata la quale i pezzi di coda vengono scolati e tenuti da parte per la fase di cottura.
  4. Altri autori di manuali di ricette culinarie non prendono affatto in considerazione la lessatura o la sbollentata. Dopo il punto 1 passano direttamente alla Seconda fase.
  5. Nella mia ricetta, utilizzando rocchi di coda di bovino adulto (4 rocchi fanno un 1 kg. circa) prevedo una bollitura di 2 ore e mezza almeno, in pentola contenente 1,5-2 litri di acqua (deve comunque coprire interamente i rocchi) leggermente salata nella quale metto, una carota, una costa e mezza di sedano, una cipolla, tutti affettati. Anche del cavolo, volendo (io lo uso molto).
Non disponendo di molto tempo, questo tipo di cottura preliminare la effettuo la sera prima e lascio la coda nel brodo per tutta la notte.

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Seconda fase di cottura: stufare la carne
  1. In un capiente tegame (deve contenere i rocchi ed il sugo che deve coprirli) vanno fatti soffriggere l’olio con, tagliati a fettine, cipolla, aglio, carota, sedano, chiodi di garofano.
  2. Prima che aglio o cipolla si scuriscano, estrarre dalla pentola i rocchi della coda (con un minimo di brodo) e farli insaporire, versando pure il vino, facendolo sfumare (evaporare). Il tutto per una decina di minuti.
  3. IMG_20240221_140025_resized_20240222_063707547.jpg
  4. Nel frattempo, nella pentola dove è rimasto il brodo risultato dalla bollitura aggiungo altrettanta acqua di cottura di cime di rapa o broccoletti. Una passata con mixer ad immersione per tritare le verdure.
  5. Versare la salsa di pomodoro e portare ad ebollizione leggerissima il contenuto del tegame ed aggiungere a mano a mano il brodo, sempre coprendo i rocchi nel tegame. Non utilizzo molto il coperchio, solo per raggiungere l’ebollizione, e lascio che la so-bollitura avvenga senza coperchio, avendo cura di aggiungere brodo con il mestolo per mantenere coperti i rocchi.
  6. Una decina di minuti prima che si compiano le due ore e mezza di stufatura complessive si aggiungono i pinoli (o i gherigli di noci schiacciati), l’uva sultanina, il prezzemolo tritato ed il cacao fondente in polvere. Si regola con il sale (fino) ed il pepe, si mescola per amalgamare e negli ultimi dieci minuti si copre il tegame con il coperchio. Poi si spegne e si lascia riposare la pietanza per almeno una mezzora (anche l'intera notte, se si prevede di mettere in tavola il primo o il secondo piatto all’indomani).
  7. Il brodo non utilizzato (almeno un litro e mezzo) lo metto in contenitori di vetro e li conservo in frigo.
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Accompagnare le pietanze con un vino rosso, non troppo corposo (11-12 gradi).

Buon appetito !
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PS: Per i tradizionalisti ad ogni costo, l'impiego di olio di girasole in certe preparazioni in luogo di quello di oliva è stato frutto di un consiglio di uno chef francese: l'olio di girasole è considerato il più neutro, nel senso che non si impone come sapore sul cibo che si cuoce, mentre quello di oliva EVO (extra-vergine di oliva) è più forte e finisce con alterare il sapore dei cibi cucinati. Ad esempio nelle salse e per la conservazione di pestati o salse nel frigo è molto indicato l'olio di girasole.

Nelle insalate, nelle bruschette, in genere nei condimenti a crudo, ecc. decisamente meglio quello EVO.
 

joe72

Utente di lunga data
Da brianzolo doc l' ho provata a Roma un paio d' anni fa, niente male !
Hai anche consigli per abbinamento vino ?
Va bene anche un Frascati bianco ?
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Da brianzolo doc l' ho provata a Roma un paio d' anni fa, niente male !
Hai anche consigli per abbinamento vino ?
Va bene anche un Frascati bianco ?
Con la carne rossa non userei mai un vino bianco, meglio una birra bionda o rossa. Invece decisamente vanno bene i rossi, e ciò vale anche per piatti di pasta con condimenti a base di carne o con preminenza di formaggio (come i celeberrimi tonnarelli cacio e pepe).
Come vini rossi del Lazio, suggerirei - come varietà autoctone regionali a bacca nera più note - l’Aleatico di Gradoli nel Viterbese, il Nero Buono di Cori nell'agro pontino (Latina), il Cesanese del Piglio (o Cesanese comune) nel Frusinate ed il Cesanese di Affile e il Cesanese di Olevano Romano in provincia di Roma.
Altre varietà a bacca nera non autoctone ma comuni nel Lazio sono il Merlot, il Sangiovese, il Montepulciano, il Cabernet Franc ed il Syrah.
Tutti vini che si trovano imbottigliati ma che reperisco anche sfusi presso il mio fornitore di vini di qualità.

Personalmente, avrei una preferenza per il Cesanese di Olevano Romano, un vino abbastanza corposo ma con un retrogusto abboccato, fruttato e leggermente dolce, che bilancia il gusto forte dello stufato di coda. Tra l'altro, molto apprezzato dal versante femminile. Ma anche il Merlot e il Syrah li ho apprezzati con la coda. Stasera apro una bottiglia di Merlot, per dire, proprio con una porzione di coda alla vaccinara.
 
Ultima modifica:

joe72

Utente di lunga data
Ti ringrazio, per i consigli ,i vini del Lazio non sono molto conosciuti e reperibili qui in Lombardia, trovo e bevo piacevolmente i bianchi, un Frascati superiore e un Est Est Est
I rossi autoctoni non si trovano, proverò sicuramente la prossima volta che tornerò
 

ologramma

Utente di lunga data
Leggere di mattina la cottura della coda alla vaccinara già mi fa venire l'acquolina in bocca.
È da tanto che non la mangio ma allo stesso tempo l'ho mangiata spesso , si intende non al ristorante , ma la faceva spesso mia nonna ,mia madre e anche mia moglie aimé ora non ne ha più voglia ,sia perché si limita nel mangiare la carne e non gli va più.
Rispondere per i vini ,noi in casa avevamo il vino nostro quindi distinzione tra bianco e rosso ,si usava di sovente il vino bianco ,ragazzuoli di gradi spesso si aggirava sopra i 14 15 .
Ora sono anni che bevo solo acqua.
Per la cronaca sono un romano doc o come si dice da più di sette generazioni che neanche a Trastevere li trovi più.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Leggere di mattina la cottura della coda alla vaccinara già mi fa venire l'acquolina in bocca.
È da tanto che non la mangio ma allo stesso tempo l'ho mangiata spesso , si intende non al ristorante , ma la faceva spesso mia nonna ,mia madre e anche mia moglie aimé ora non ne ha più voglia ,sia perché si limita nel mangiare la carne e non gli va più.
Rispondere per i vini ,noi in casa avevamo il vino nostro quindi distinzione tra bianco e rosso ,si usava di sovente il vino bianco ,ragazzuoli di gradi spesso si aggirava sopra i 14 15 .
Ora sono anni che bevo solo acqua.
Per la cronaca sono un romano doc o come si dice da più di sette generazioni che neanche a Trastevere li trovi più.
Olo, cucinare non è un'impresa impossibile. E' alla portata di tutti.
Basta applicarsi ed imparare dagli errori.

Io ho imparato le tecniche di base e poi esperimento liberamente.
Per esempio, ieri a pranzo ho fatto delle mezze penne rigate: potevo usare come condimento il sugo di coda alla vaccinara o le cime di rapa ripassate in padella con aglio e peperoncino accompagnate dalla salsa fatta con la stessa verdura ed aglio fresco, o con il pesto tradizionale di basilico o altri pestati che ho in frigo, preparati da me nei mesi scorsi. Invece, mi sono inventato un condimento a base di ortica (ne ho tanta che cresce sul balcone) e cavolfiore (le foglie ed una cimetta), con un cucchiaino di curry, il tutto in padella con aglio, olio e peperoncino e, infine, con un mezzo bicchiere di Martini Rosso da sfumare prima di versare la pasta. Ed una grattata di pecorino romano finale, appena impiattata la pasta. Ed è venuta una pietanza completa (carboidrati e verdure) e gustosa.

Con la mia ricetta, la cottura della coda la fai in due giorni.
Il costo è molto contenuto e ti togli lo sfizio.
Magari piace a tua moglie.
 

oriente70

Utente di lunga data
Un paio di settimane fa ho cucinato Coda e guance 😎 .. vino abbinato Merlot 😎..
Gli ospiti inizialmente hanno tentennato 😎.. poi hanno fatto il bis 😁 ... è che si sono macchiati col sugo 😎...
Poi cosa importante è il pane buono e abbondante 😎 ..la scarpetta si deve fare 😎
 

ologramma

Utente di lunga data
Forse già l'ho scritto ,noi cuciniamo, meglio dire la mia signora , cucina seguendo o la ricetta di un vecchio libro di cucina o segue le ricette scritte e condivise ,sia da parte di sua madre che quelle della mia famiglia .
Difficilmente si cambia sono modi di cucinare popolari e se posso dire datati , pensateci izio 1900 o fine 1800 ,nelle case non c'era gas solo fuoco a legna ,questo per dire è il classico modo di cucina povera , quindi non vi inventate niente è la classica tramandata da madre e figlia, quindi sti abbinamenti di vini neanche c'erano.
 

Kitsune

Utente di lunga data
@Alphonse02 ti ringrazio di cuore per aver pubblicato la ricetta di uno dei piatti più squisiti che abbia mai gustato in vita mia!
Anni fa la preparai dopo averla vista in macelleria per la prima volta in vita mia, la comprai, trovai on line una ricetta antica su un blog Romano De Roma e la preparai con il cacao amaro.
I miei figli la sbranarono tutta, non rimase niente, neppure un po' di sughetto!
 

Alphonse02

Utente di lunga data
@Alphonse02 ti ringrazio di cuore per aver pubblicato la ricetta di uno dei piatti più squisiti che abbia mai gustato in vita mia!
Anni fa la preparai dopo averla vista in macelleria per la prima volta in vita mia, la comprai, trovai on line una ricetta antica su un blog Romano De Roma e la preparai con il cacao amaro.
I miei figli la sbranarono tutta, non rimase niente, neppure un po' di sughetto!
La mia ricetta è una via di mezzo tra quella tradizionale (con aceto, molto sedano, lardo e olio di oliva) e quella più sofisticata e ricca (con pinoli, uva sultanina e cacao amaro) ma la trovo eccellente.

Dividendo la fase di cottura in due parti (e giornate) diviene più agevole realizzare questo piatto antico della cucina romana.

Oggi ho fatto con il brodo di cottura della coda un delicato risotto con le ortiche (colte sul mio balcone) la cui ricetta posto appresso. Un risotto "verde", ricco di sostanze minerali.
E il brodo intendo usarlo anche per fare il risotto alla milanese, con lo zafferano e per il risotto con i funghi.
 

ologramma

Utente di lunga data
Mi spieghi dove lo vedi il brodo di cottura ?
Anche se nel nio caso qualcosa c'è ma non da fare il brodo o il sugo , sai con tutto il sedano , anzi in romanesco :selleru , così da mangiare un po' di esso con la coda di vitellone , che è più morbida .
mammina mia come l'adoravo
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Risotto alla coda alla vaccinara con ortiche.

Un risotto semplice che utilizza per cuocere il riso (provato con le qualità Basmati e Carnaroli) il ricco brodo di cottura della coda alla vaccinara.

Ingredienti (per persona)

- circa 250 gr. di ortiche;
- riso 70-80 gr.
- 2,5 decilitri di brodo;
- 1/2 cucchiaino di curry in polvere (facoltativo)
- sale q.b.
- parmigiano grattugiato 20 gr.

Procedimento

- Lavare l'ortica, togliendo la parte radicale ed eliminando i fusti violacei, troppo grandi e duri, e farla bollire per 5 minuti. Estrarre le foglie dal liquido di bollitura.

- Portare ad ebollizione il brodo in un tegame (se è denso allungarlo con l'acqua) e versare il riso, cuocendolo per 10 minuti, mescolando di tanto in tanto finché non viene assorbito; ove necessario aggiungere del liquido di bollitura dell'ortica;

- Versare direttamente nel tegame l'ortica scolata dopo averla tagliata con un coltello affilato a pezzettini; continuare la cottura per altri 5 minuti aggiungendo il mezzo cucchiaino di curry in polvere;

- spostare il riso cotto con l'ortica nel piatto di portata ed aggiungere una spruzzata di parmigiano o grana grattugiato.


Risotto alla coda alla vaccinara con ortiche.jpg
 

oriente70

Utente di lunga data
Mi spieghi dove lo vedi il brodo di cottura ?
Anche se nel nio caso qualcosa c'è ma non da fare il brodo o il sugo , sai con tutto il sedano , anzi in romanesco :selleru , così da mangiare un po' di esso con la coda di vitellone , che è più morbida .
mammina mia come l'adoravo
Io faccio quasi 1:1 fra coda e pelati 😎..poi con il sugo che avanza si va di maccheroni 😁.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Mi spieghi dove lo vedi il brodo di cottura ?
Al termine della prima fase di cottura si ricava il liquido di bollitura della coda (due ore e mezza, perché ho usato coda di bovino adulto, calcola che 4 rocchi fanno complessivamente 1 kg).
Il liquido di cottura è un brodo denso, che contiene grasso. Grosso modo ne viene ricavato tra 1 ed 1 e mezzo litro che allungo con un brodo vegetale. Nel mio caso ho usato il liquido di bollitura delle cime di rapa e ne ho ricavato circa 2 litri e mezzo di ottimo brodo animale-vegetale. Una piccola parte lo utilizzo per completare la stufatura della coda (seconda fase di cottura).
Lo imbottiglio in contenitori di vetro e lo conservo in frigo per il suo uso successivo. Segue foto dal frigo.
Brodo di coda alla vaccinara.jpg

E' nei due contenitori a sinistra. Un terzo contenitore l'ho giù usato.

Anche se nel nio caso qualcosa c'è ma non da fare il brodo o il sugo , sai con tutto il sedano , anzi in romanesco :selleru , così da mangiare un po' di esso con la coda di vitellone , che è più morbida .
mammina mia come l'adoravo
Sedano a volontà, ma ci metto pure cavolo e porro tagliati a fettine.
La coda risulta tenerissima e molto saporita.
Tieni conto che l'ho mangiata tre volte di seguito in tre giorni dopo che avevo subito dal dentista due estrazioni di molari e dovevo proteggere (per ovvie ragioni) le gengive. La carne della coda con il sughetto raccolto con pezzetti di pane a cassetta (morbido) mi ha allietato la breve convalescenza.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Io faccio quasi 1:1 fra coda e pelati 😎..poi con il sugo che avanza si va di maccheroni 😁.
Anche io uso la medesima proporzione, calcolando che 1 kg. di coda dopo la prima fase di cottura (bollitura) diviene circa 800 gr. e metto 800 gr. di salsa di pomodoro.
Guarda, dopo aver mangiato tre rocchi di coda ed usato due volte il sugo su bruschettine, con quanto è rimasto di sugo con l'ultimo dei rocchi di coda ci posso fare pasta (tonnarelli, scialatielli) per 4-6 persone.
Sugo di coda alla vaccinara.jpg
 

Alphonse02

Utente di lunga data
E le ossa con cartilagini residue le metto in congelatore per i cani di famiglia ... 🐶🐺
 

ologramma

Utente di lunga data
E le ossa con cartilagini residue le metto in congelatore per i cani di famiglia ... 🐶🐺
Non cartilagine ma tennerume io le spolpo tutte rimane solo l''osso ,forse quello darei ai cani 😂
 

Kitsune

Utente di lunga data
La mia ricetta è una via di mezzo tra quella tradizionale (con aceto, molto sedano, lardo e olio di oliva) e quella più sofisticata e ricca (con pinoli, uva sultanina e cacao amaro) ma la trovo eccellente.

Dividendo la fase di cottura in due parti (e giornate) diviene più agevole realizzare questo piatto antico della cucina romana.

Oggi ho fatto con il brodo di cottura della coda un delicato risotto con le ortiche (colte sul mio balcone) la cui ricetta posto appresso. Un risotto "verde", ricco di sostanze minerali.
E il brodo intendo usarlo anche per fare il risotto alla milanese, con lo zafferano e per il risotto con i funghi.
Dunque, conosci la ricetta tradizionale? Ma sai che ero convinta che il cacao amaro fosse compreso in quella originale?

Non c'entra nulla, ma hai le ortiche sul balcone?
 
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