Ho perso un amico, un vicino di casa, grande e grosso (ben messo), pareva il ritratto della salute. Nel giro di pochi anni, tra un infarto prima e un tumore poi, aveva subito duri colpi alla salute, ma riusciva a scherzarci su, a pensare in positivo, a programmare viaggi, e anche a rendersi utile. Un giorno cadde in casa, una specie di "svarione", così disse la moglie. Ricordo che uscii casualmente sul balcone, e lo vidi portar via in barella, immobile. Chiamai la moglie, le chiesi che cacchio fosse successo, mi rispose in quel momento a monosillabi. In quel momento ebbi la netta impressione che non sarebbe tornato più. Passò diverso tempo in rianimazione pressoché immobile. I medici dicevano che la caduta gli aveva procurato la lesione del midollo spinale, che c'era bisogno di tempo per capire cosa e quanto fosse stato leso. Poi il trasferimento in altro ospedale, un apparente miglioramento, la prospettiva di essere presto messo a far fisioterapia. Subito dopo la botta. Era pieno di tumori. E l'hospice. Andai a salutare un amico. Non aveva figli, ma una moglie e tanti amici ed ex colleghi che andavano a trovarlo. Ricordo che alcuni di loro facevano appena capolino nella stanza perché... Non ce la facevano. Io che pure sono in pace con l'idea di questa morte, uscita da lì le lacrime scorrevano da sole. Era automatico. L'ultima volta che lo vidi, era circondato da persone che gli parlavano del "dopo". "Dai, che quando guarisci faremo, andremo....". Moglie compresa. Non riusciva a nominare la morte, e anzi a dire il vero mi aveva chiesto di fare finta di niente. Ricordo i suoi sguardi quando sentiva parlare di quel dopo, e pensai che se c'è una cosa che insegna il dolore, un lato positivo del dolore, è quello di prepararsi con coscienza. Lo salutai chiedendogli se fosse pronto. Mi fece cenno di sì, mi congedai con un pollice in su e con un ciao " ..... ". Visse ancora qualche giorno. Poche ore prima che morisse, era sera, voltandomi verso il suo balcone, piansi. La mattina dopo mi svegliai presto, ebbi dentro me la certezza che non ci fosse più, e chiamai la moglie (erano tipo le sei di mattina, ma avevo la certezza che fosse sveglia). Era andato.
Bravagiulia: ognuno ha il suo approccio verso la morte: io credo che non serva, se non a noi, parlarne con chi la sta raggiungendo in chiave.... come se non esistesse. Se il tuo amico è ancora in forze, fate una cosa che gli è sempre piaciuto fare. Una cena, o che so, se non se la sente di uscire fagli arrivare un cibo che apprezza dal suo ristorante preferito. Poi ascoltalo, e soprattutto mettilo nella condizione di non doversi mascherare di finto ottimismo con te. Vedrai che, se vi lasciate entrambi andare a quelli che sono i vostri pensieri, non avrai più con te la domanda su cosa dire e cosa fare. Un abbraccio
