M
Maddalena
Guest
Buongiorno a tutti e complimenti per il forum.
Sono capitata qui un pò per caso, curiosando fra i siti che parlano di tradimento, e anche ad una prima lettura si avverte che il confronto fra di voi è vivo, aperto e costruttivo.
Mi presento e vi racconto la mia storia.
Ho trentotto anni, sono nata e vissuta a Parma, lavoro per una ditta che si occupa d'informatica e comunicazione.
Prima convivente e poi sposata con mio marito da dieci anni, abbiamo uno splendido e adorato bambino di sette.
Entrambi spiriti piuttosto forti e indipendenti, paradossalmente siamo andati a vivere insieme dopo pochi mesi di relazione, benchè fino ad allora entrambi avessimo sempre tenuto molto alla nostra "singletudine". Evidentemente avevamo intuito che era la cosa giusta da fare.
Quando sono rimasta incinta, abbiamo deciso di "formalizzare" la nostra relazione sposandoci, più per una sorta di zelo nei confronti del nostro piccolo che non per noi stessi, dal momento che già sentivamo vivo e profondo il reciproco impegno di vita, senza bisogno di attestati.
Una buona relazione la nostra, forse negli ultimi anni un po? carente sotto certi aspetti (il solito intiepidirsi della passione e dell'intimità!) ma piena e viva sotto tanti altri. Stima, confronto, ancora tanta voglia di fare le cose insieme, eccetera.
E soprattutto una serenità familiare che, guardandomi intorno, ho sempre ritenuto invidiabile.
Tanto entusiasmo nel fare le cose insieme, e un confronto assiduo e profondo col nostro amato bambino che, da parte sua, ha un legame fortissimo e paritetico con entrambi.
Detto così può apparire scontato (esiste forse un legame più profondo di quello fra genitori e figli?), ma lo dico perché spesso accade che i bambini, pur adorando il papà, siano comunque più visceralmente legati alla mamma, che da sempre si è occupata più assiduamente dei loro bisogni primari.
Ebbene, nella nostra famiglia non è proprio così.
Anche complice la situazione lavorativa infatti (al tempo della sua nascita e dei suoi primi anni di vita io e mio marito lavoravamo insieme, in una piccola ditta di cui eravamo i titolari), io e mio marito abbiamo sempre fatto tutto insieme, dal preparargli la pappa, al cambiarlo, al passeggiarlo la notte (dormiva pochino!), al portarlo in ufficio con noi durante il giorno.
Perdonate se mi dilungo, ma lo faccio nel tentativo di farvi comprendere il più a fondo possibile la situazione in cui mi trovo.
Ora però arrivo al punto: ebbene, negli ultimi tre mesi io ho avuto una relazione con un altro uomo.
Eppure, anche chiamare tutto ciò ?relazione? mi appare stonato.
È stato un grande amore. ?È? un grande amore.
Io, con il mio bagaglio di esperienze e giunta alla mia veneranda età, in vita mia non avevo mai provato nulla del genere. Potrà sembrare assurdo, ma non saprei spiegarlo in altro modo.
E non sto parlando della passione che spesso contraddistingue un nuovo incontro, ma di tutto un universo che, ora posso dirlo, mi era sconosciuto.
La passione e l?attrazione, nonché l?effetto che possono avere quando sono particolarmente forti, quelle le conosco. Anche quelle che poi si esauriscono in un fuoco di paglia.
Ho incontrato il mio futuro marito che avevo già ventotto anni e - come si suol dire - a livello di esperienze non mi ero fatta mancare niente. Ho avuto affetti, intime amicizie, relazioni più o meno intense, passionali e durature. E poi il legame profondo e totale con quello che è diventato il padre di mio figlio.
Credevo di aver conosciuto l?amore. Ebbene, ora mi ritrovo a pensare che non fosse così.
Una doverosa precisazione a questo punto: non è che per questo io sminuisca quello che c?è stato e c?è tuttora con mio marito. Lui è una parte di me, e lo sarà sempre. È il padre di mio figlio, come prescindere da tutto ciò che questo rappresenta?
Quello che cerco di dirvi, è che ora ho conosciuto qualcosa di diverso. Diverso da tutto il resto. Diverso dalla ?semplice? passione, diverso persino da una cosa così profonda come condividere tutti gli aspetti della vita.
Non sono brava a spiegarlo, me ne rendo conto. E del resto certe cose sono tremendamente difficili da dire a parole. Facendo un maldestro tentativo, potrei dirvi che lui, questo uomo, l?ho avvertito come la mia metà. Come se fino ad ora io fossi stata scissa, non completa, nonostante la mia vita bella e serena, ed i profondi e imprescindibili affetti che ho.
Ci siamo incontrati, ed è stato tutto un turbinio di sensazioni, che sembravano provenire dalla notte dei tempi. La passione certo, quella che ti fa battere il cuore così forte che ti sembra che ti scoppi. Ma anche una sorta di fratellanza, di affinità, e di sentirsi ?arrivati a casa?, come se io e lui ci conoscessimo da sempre, come se lui fosse sempre stato il mio uomo, disperso in qualche angolo di questo mondo, e che ho avuto la fortuna d?incontrare.
Da adolescenti forse si direbbe ?l?altra metà della mela?, cosa a cui non ho mai creduto nemmeno nell?età preposta, considerandola tuttalpiù una languida visione, e su cui ora invece, alla mia veneranda età, mi ritrovo a riflettere.
Solo tre mesi, certo. Ma tre mesi vissuti totalmente.
Complice il fatto che mio figlio, fra nonni e rispettive case al mare, è stato via quasi tutta l?estate, praticamente io e lui non ci siamo più staccati.
All?inizio ho fatto maldestri tentativi di nascondere la cosa a mio marito, inventando uscite e week-end al mare con le amiche, ma per indole non sono avvezza a queste cose (come persona, sono il classico ?libro aperto?), così la cosa è venuta fuori in fretta.
Verso fino luglio mio marito mi ha messo alle strette.
Ho provato a chiudere la mia relazione ma non ci sono riuscita, così siamo andati avanti fino a metà agosto in modo frenetico, fra lacrime di entrambi e vere e proprie mie ?fughe?.
Ero come impazzita, sentivo di non poter rinunciare a quest?uomo. Era più forte di me, a non vederlo solo un giorno mi sembrava di soffocare.
E nello stesso tempo - anche se forse non sono nella posizione per dirlo - anch?io ho sofferto molto. Mai, mai avrei nemmeno immaginato di fare a mio marito, alla persona con cui ho condiviso tutto, un briciolo di quello che gli ho fatto. Ma non potevo, non potevo fare altrimenti, pur impegnandomici con tutte le mie forze.
Poi abbiamo cercato di analizzare le cose mettendo in gioco tutta la nostra razionalità.
Mio marito è stato tanto comprensivo da farmi vergognare di me stessa per tutto il male che gli ho fatto, e così abbiamo deciso di fare insieme le ferie già organizzate da tempo per metà agosto, soprattutto per il bene di nostro figlio che le aspettava con ansia, rimandando le nostre decisioni al periodo successivo.
Periodo che ?ufficialmente? è iniziato domenica scorsa, con il nostro rientro.
Mio marito mi ha chiesto di prendere una decisione definitiva. Mi ha fatto presente che, allo stato attuale delle cose, sta giustamente vagliando la separazione, ma che è disponibile a lasciarmi la porta aperta, ovviamente a patto che io chiuda definitivamente con l?altro.
E cos?ho fatto io? Dal momento che, inaspettatamente, i miei mi hanno chiesto di far fare a mio figlio l?ultima settimana di mare insieme a loro, dopo averlo accompagnato in Toscana, al primo momento libero sono corsa dall?altro. Due giorni insieme, che questa volta ho cercato di nascondere a mio marito, prendendo a pretesto una trasferta di lavoro. I miei soliti modi maldestri, ma forse questa volta ci sono riuscita. O forse lui me lo ha fatto credere, ben sapendo che ormai era vicino il momento in cui avrei dovuto decidere.
E io ho deciso. Ho deciso di lasciare l?altro. Il mio immenso amore, quello insieme a cui, in tutto questo periodo, abbiamo cercato di vagliare ogni possibile strada che ci consentisse di non separarci, di vivere per sempre la nostra indescrivibile felicità.
Avevamo pensato di prendere una casa tutta nostra, anche se io non avrei potuto starci stabilmente, dal momento che - anche se mi fossi separata da mio marito ? ovviamente avrei vissuto con mio figlio.
Lui mi ha persino confidato di aver pensato anche a come e quando poter vivere con mio figlio - noi tre insieme - pur sapendo bene che per i prossimi anni i tempi sarebbero stati assolutamente immaturi, vista la tenera età del mio bambino. Ma in futuro, quando lui sarebbe stato grande, chissà...
Nel frattempo - ci dicevamo - avremmo comunque avuto il nostro nido, con le mie e le sue cose, in cui io sarei corsa in ogni momento lasciato libero dai miei imprescindibili impegni di mamma.
Progetti, difficili e meravigliosi al tempo stesso, che ora non saranno più.
Perché la verità è che - allo stato attuale delle cose - io NON POSSO separarmi da mio marito.
Non posso perché, dato come è sempre stata vissuta la nostra famiglia, spezzerei il cuore a mio figlio.
Ecco perché ho fatto quel lungo preambolo, per cercare di farvi capire la situazione.
Perché so bene che le coppie si separano ogni giorno, che per i figli è sempre un trauma ma che - se le cose sono fatte con civiltà - in qualche modo lo superano, che sono meglio due genitori civilmente separati che infelici insieme, eccetera.
Ma il nostro legame, quello che è sempre stato da chè il nostro bambino è nato, non ci permette questo. Non senza una indicibile sofferenza, che mai mi sognerei di far subire a mio figlio, anche a costo di rinunciare a me stessa.
Come ogni mamma, per mio figlio voglio il meglio. E per lui, il meglio è la nostra famiglia insieme, sotto allo stesso tetto.
D?altro canto, con il mio amore che ora mi è proibito, sarebbe stato improponibile anche solo ventilare di vivere una classica storia da ?amanti?, vedendosi ogni tanto, di sfuggita e in mezzo ai sotterfugi, vivendo nella menzogna. No, questo grande amore non merita né meriterebbe mai questo. Io e lui eravamo fatti per stare insieme, in tutti i sensi. E questo non è possibile.
Ecco i perché della mia decisione.
Me ne sono andata da casa sua ieri l?altro sera, quasi fuggendo.
Ho approfittato del fatto che si è dovuto assentare un?ora per un impegno di lavoro, e me ne sono andata.
Ho dovuto farlo, perché lui non voleva sentire ragioni.
Gli avevo già detto tutto quel giorno, abbiamo pianto e parlato per ore, ma lui non voleva capacitarsene. Continuava a ripetermi che un modo l?avremmo trovato, il modo più giusto per tutti, che io e lui non potevamo assolutamente separarci, che non era giusto rinunciare alla nostra felicità, che era uno sfregio alla fortuna di esserci incontrati.
Ma la verità è che un modo giusto non esiste.
Così me ne sono andata, e uscendo da quella casa ho guardato tutto per l?ultima volta sentendomi impazzire dal dolore. Ogni singola cosa lì dentro, mi ricordava quella felicità così intensa e assoluta, mai provata prima, e mi parlava di tutto ciò a cui stavo rinunciando.
Per tutto ieri lui a continuato a chiamarmi e io a non rispondere. Poi, dopo un ultimo sms scritto fra le lacrime, ho spento il telefono.
E ora sto male, male, male da morire.
Non credevo che potesse esistere qualcosa del genere. È un dolore che si propaga dal profondo di me stessa fino a diventare fisico, a sentirsi nelle ossa e sulla pelle. Mi duole la testa, mi brucia il petto. A volte temo di non riuscire a sopportarlo.
Ieri sera, aspettando mio marito per andare a cena insieme, ho vagato per la città piangendo a dirotto, senza riuscire a contenermi. Fra le lacrime mi guardavo intorno, e mi sembrava che ogni cosa fosse nostra, mia e sua, che ogni cosa parlasse di noi. In quel baretto all?angolo avevamo preso un aperitivo, lì guardato una vetrina ridendo e tenendoci per mano, per quella strada ci eravamo incamminati stringendoci e baciandoci come ragazzini, su quella piazza ci eravamo seduti in un assolato pomeriggio d?estate?
E fra le lacrime, ad alta voce parlavo con lui, come una pazza. Con lui che forse stava ancora digitando il mio numero per farsi rispondere da una stupida segreteria telefonica.
Ed ora sono qui, davanti a questo monitor, a cercare di raccontare a voi qualcosa che non basterebbero tutte le parole del mondo, e di certo non le mie.
Penso al sorriso del mio bambino che sta tornando adesso dal mare, fra poco sarà qui.
Penso alla sua gioia per le piccole grandi cose, penso a quando stringe me e il suo babbo nel lettone, e con gli occhioni ancora assonnati ci regala sorrisi che da soli valgono una vita.
E mi dico che ho fatto la cosa giusta.
Poi però mi prende questa morsa al petto, mi ritornano in mente una strada, un?alba, un parco, una stanza in cui sono stata me stessa come mai prima.
E allora mi scendono queste stupide e inutili lacrime e mi chiedo se ce la farò.
Ripasso a mente quella vecchia canzone in cui si sentenzia che non si muore per amore (di chi era?), e mi dico che io non sarò la prima.
E infine, bastardi e subdoli approfittando di una pausa delle lacrime, arrivano i dubbi.
Ho fatto la cosa giusta? Davvero?
È giusto rinunciare alla propria felicità, e financo a sé stessi, seppur in nome del più alto valore della vita?
E se dovessi rimpiangerla per sempre?
Come potrò giustificare il rimpianto a mio figlio, anche nell?ordine delle cose non dette?
E quando mio figlio sarà grande - con la sua vita che prego sia più bella e piena e sensata possibile - che cosa rimarrà di me e di ciò che avrei potuto essere in quell?estate in cui l?Italia vinse i mondiali?
Ecco, ora ricominciano le lacrime, scusatemi.
E perdonate perché ho scritto un?esagerazione, ma non sono riuscita a contenermi.
Spero che qualcuno di voi abbia la forza di arrivare fino a qui, e di regalarmi un suo punto di vista, o solo una parola.
Con la guance stupidamente bagnate, in questo sabato pomeriggio mentre tutto intorno continua a parlarmi di lui, vi ringrazio.
M.
Sono capitata qui un pò per caso, curiosando fra i siti che parlano di tradimento, e anche ad una prima lettura si avverte che il confronto fra di voi è vivo, aperto e costruttivo.
Mi presento e vi racconto la mia storia.
Ho trentotto anni, sono nata e vissuta a Parma, lavoro per una ditta che si occupa d'informatica e comunicazione.
Prima convivente e poi sposata con mio marito da dieci anni, abbiamo uno splendido e adorato bambino di sette.
Entrambi spiriti piuttosto forti e indipendenti, paradossalmente siamo andati a vivere insieme dopo pochi mesi di relazione, benchè fino ad allora entrambi avessimo sempre tenuto molto alla nostra "singletudine". Evidentemente avevamo intuito che era la cosa giusta da fare.
Quando sono rimasta incinta, abbiamo deciso di "formalizzare" la nostra relazione sposandoci, più per una sorta di zelo nei confronti del nostro piccolo che non per noi stessi, dal momento che già sentivamo vivo e profondo il reciproco impegno di vita, senza bisogno di attestati.
Una buona relazione la nostra, forse negli ultimi anni un po? carente sotto certi aspetti (il solito intiepidirsi della passione e dell'intimità!) ma piena e viva sotto tanti altri. Stima, confronto, ancora tanta voglia di fare le cose insieme, eccetera.
E soprattutto una serenità familiare che, guardandomi intorno, ho sempre ritenuto invidiabile.
Tanto entusiasmo nel fare le cose insieme, e un confronto assiduo e profondo col nostro amato bambino che, da parte sua, ha un legame fortissimo e paritetico con entrambi.
Detto così può apparire scontato (esiste forse un legame più profondo di quello fra genitori e figli?), ma lo dico perché spesso accade che i bambini, pur adorando il papà, siano comunque più visceralmente legati alla mamma, che da sempre si è occupata più assiduamente dei loro bisogni primari.
Ebbene, nella nostra famiglia non è proprio così.
Anche complice la situazione lavorativa infatti (al tempo della sua nascita e dei suoi primi anni di vita io e mio marito lavoravamo insieme, in una piccola ditta di cui eravamo i titolari), io e mio marito abbiamo sempre fatto tutto insieme, dal preparargli la pappa, al cambiarlo, al passeggiarlo la notte (dormiva pochino!), al portarlo in ufficio con noi durante il giorno.
Perdonate se mi dilungo, ma lo faccio nel tentativo di farvi comprendere il più a fondo possibile la situazione in cui mi trovo.
Ora però arrivo al punto: ebbene, negli ultimi tre mesi io ho avuto una relazione con un altro uomo.
Eppure, anche chiamare tutto ciò ?relazione? mi appare stonato.
È stato un grande amore. ?È? un grande amore.
Io, con il mio bagaglio di esperienze e giunta alla mia veneranda età, in vita mia non avevo mai provato nulla del genere. Potrà sembrare assurdo, ma non saprei spiegarlo in altro modo.
E non sto parlando della passione che spesso contraddistingue un nuovo incontro, ma di tutto un universo che, ora posso dirlo, mi era sconosciuto.
La passione e l?attrazione, nonché l?effetto che possono avere quando sono particolarmente forti, quelle le conosco. Anche quelle che poi si esauriscono in un fuoco di paglia.
Ho incontrato il mio futuro marito che avevo già ventotto anni e - come si suol dire - a livello di esperienze non mi ero fatta mancare niente. Ho avuto affetti, intime amicizie, relazioni più o meno intense, passionali e durature. E poi il legame profondo e totale con quello che è diventato il padre di mio figlio.
Credevo di aver conosciuto l?amore. Ebbene, ora mi ritrovo a pensare che non fosse così.
Una doverosa precisazione a questo punto: non è che per questo io sminuisca quello che c?è stato e c?è tuttora con mio marito. Lui è una parte di me, e lo sarà sempre. È il padre di mio figlio, come prescindere da tutto ciò che questo rappresenta?
Quello che cerco di dirvi, è che ora ho conosciuto qualcosa di diverso. Diverso da tutto il resto. Diverso dalla ?semplice? passione, diverso persino da una cosa così profonda come condividere tutti gli aspetti della vita.
Non sono brava a spiegarlo, me ne rendo conto. E del resto certe cose sono tremendamente difficili da dire a parole. Facendo un maldestro tentativo, potrei dirvi che lui, questo uomo, l?ho avvertito come la mia metà. Come se fino ad ora io fossi stata scissa, non completa, nonostante la mia vita bella e serena, ed i profondi e imprescindibili affetti che ho.
Ci siamo incontrati, ed è stato tutto un turbinio di sensazioni, che sembravano provenire dalla notte dei tempi. La passione certo, quella che ti fa battere il cuore così forte che ti sembra che ti scoppi. Ma anche una sorta di fratellanza, di affinità, e di sentirsi ?arrivati a casa?, come se io e lui ci conoscessimo da sempre, come se lui fosse sempre stato il mio uomo, disperso in qualche angolo di questo mondo, e che ho avuto la fortuna d?incontrare.
Da adolescenti forse si direbbe ?l?altra metà della mela?, cosa a cui non ho mai creduto nemmeno nell?età preposta, considerandola tuttalpiù una languida visione, e su cui ora invece, alla mia veneranda età, mi ritrovo a riflettere.
Solo tre mesi, certo. Ma tre mesi vissuti totalmente.
Complice il fatto che mio figlio, fra nonni e rispettive case al mare, è stato via quasi tutta l?estate, praticamente io e lui non ci siamo più staccati.
All?inizio ho fatto maldestri tentativi di nascondere la cosa a mio marito, inventando uscite e week-end al mare con le amiche, ma per indole non sono avvezza a queste cose (come persona, sono il classico ?libro aperto?), così la cosa è venuta fuori in fretta.
Verso fino luglio mio marito mi ha messo alle strette.
Ho provato a chiudere la mia relazione ma non ci sono riuscita, così siamo andati avanti fino a metà agosto in modo frenetico, fra lacrime di entrambi e vere e proprie mie ?fughe?.
Ero come impazzita, sentivo di non poter rinunciare a quest?uomo. Era più forte di me, a non vederlo solo un giorno mi sembrava di soffocare.
E nello stesso tempo - anche se forse non sono nella posizione per dirlo - anch?io ho sofferto molto. Mai, mai avrei nemmeno immaginato di fare a mio marito, alla persona con cui ho condiviso tutto, un briciolo di quello che gli ho fatto. Ma non potevo, non potevo fare altrimenti, pur impegnandomici con tutte le mie forze.
Poi abbiamo cercato di analizzare le cose mettendo in gioco tutta la nostra razionalità.
Mio marito è stato tanto comprensivo da farmi vergognare di me stessa per tutto il male che gli ho fatto, e così abbiamo deciso di fare insieme le ferie già organizzate da tempo per metà agosto, soprattutto per il bene di nostro figlio che le aspettava con ansia, rimandando le nostre decisioni al periodo successivo.
Periodo che ?ufficialmente? è iniziato domenica scorsa, con il nostro rientro.
Mio marito mi ha chiesto di prendere una decisione definitiva. Mi ha fatto presente che, allo stato attuale delle cose, sta giustamente vagliando la separazione, ma che è disponibile a lasciarmi la porta aperta, ovviamente a patto che io chiuda definitivamente con l?altro.
E cos?ho fatto io? Dal momento che, inaspettatamente, i miei mi hanno chiesto di far fare a mio figlio l?ultima settimana di mare insieme a loro, dopo averlo accompagnato in Toscana, al primo momento libero sono corsa dall?altro. Due giorni insieme, che questa volta ho cercato di nascondere a mio marito, prendendo a pretesto una trasferta di lavoro. I miei soliti modi maldestri, ma forse questa volta ci sono riuscita. O forse lui me lo ha fatto credere, ben sapendo che ormai era vicino il momento in cui avrei dovuto decidere.
E io ho deciso. Ho deciso di lasciare l?altro. Il mio immenso amore, quello insieme a cui, in tutto questo periodo, abbiamo cercato di vagliare ogni possibile strada che ci consentisse di non separarci, di vivere per sempre la nostra indescrivibile felicità.
Avevamo pensato di prendere una casa tutta nostra, anche se io non avrei potuto starci stabilmente, dal momento che - anche se mi fossi separata da mio marito ? ovviamente avrei vissuto con mio figlio.
Lui mi ha persino confidato di aver pensato anche a come e quando poter vivere con mio figlio - noi tre insieme - pur sapendo bene che per i prossimi anni i tempi sarebbero stati assolutamente immaturi, vista la tenera età del mio bambino. Ma in futuro, quando lui sarebbe stato grande, chissà...
Nel frattempo - ci dicevamo - avremmo comunque avuto il nostro nido, con le mie e le sue cose, in cui io sarei corsa in ogni momento lasciato libero dai miei imprescindibili impegni di mamma.
Progetti, difficili e meravigliosi al tempo stesso, che ora non saranno più.
Perché la verità è che - allo stato attuale delle cose - io NON POSSO separarmi da mio marito.
Non posso perché, dato come è sempre stata vissuta la nostra famiglia, spezzerei il cuore a mio figlio.
Ecco perché ho fatto quel lungo preambolo, per cercare di farvi capire la situazione.
Perché so bene che le coppie si separano ogni giorno, che per i figli è sempre un trauma ma che - se le cose sono fatte con civiltà - in qualche modo lo superano, che sono meglio due genitori civilmente separati che infelici insieme, eccetera.
Ma il nostro legame, quello che è sempre stato da chè il nostro bambino è nato, non ci permette questo. Non senza una indicibile sofferenza, che mai mi sognerei di far subire a mio figlio, anche a costo di rinunciare a me stessa.
Come ogni mamma, per mio figlio voglio il meglio. E per lui, il meglio è la nostra famiglia insieme, sotto allo stesso tetto.
D?altro canto, con il mio amore che ora mi è proibito, sarebbe stato improponibile anche solo ventilare di vivere una classica storia da ?amanti?, vedendosi ogni tanto, di sfuggita e in mezzo ai sotterfugi, vivendo nella menzogna. No, questo grande amore non merita né meriterebbe mai questo. Io e lui eravamo fatti per stare insieme, in tutti i sensi. E questo non è possibile.
Ecco i perché della mia decisione.
Me ne sono andata da casa sua ieri l?altro sera, quasi fuggendo.
Ho approfittato del fatto che si è dovuto assentare un?ora per un impegno di lavoro, e me ne sono andata.
Ho dovuto farlo, perché lui non voleva sentire ragioni.
Gli avevo già detto tutto quel giorno, abbiamo pianto e parlato per ore, ma lui non voleva capacitarsene. Continuava a ripetermi che un modo l?avremmo trovato, il modo più giusto per tutti, che io e lui non potevamo assolutamente separarci, che non era giusto rinunciare alla nostra felicità, che era uno sfregio alla fortuna di esserci incontrati.
Ma la verità è che un modo giusto non esiste.
Così me ne sono andata, e uscendo da quella casa ho guardato tutto per l?ultima volta sentendomi impazzire dal dolore. Ogni singola cosa lì dentro, mi ricordava quella felicità così intensa e assoluta, mai provata prima, e mi parlava di tutto ciò a cui stavo rinunciando.
Per tutto ieri lui a continuato a chiamarmi e io a non rispondere. Poi, dopo un ultimo sms scritto fra le lacrime, ho spento il telefono.
E ora sto male, male, male da morire.
Non credevo che potesse esistere qualcosa del genere. È un dolore che si propaga dal profondo di me stessa fino a diventare fisico, a sentirsi nelle ossa e sulla pelle. Mi duole la testa, mi brucia il petto. A volte temo di non riuscire a sopportarlo.
Ieri sera, aspettando mio marito per andare a cena insieme, ho vagato per la città piangendo a dirotto, senza riuscire a contenermi. Fra le lacrime mi guardavo intorno, e mi sembrava che ogni cosa fosse nostra, mia e sua, che ogni cosa parlasse di noi. In quel baretto all?angolo avevamo preso un aperitivo, lì guardato una vetrina ridendo e tenendoci per mano, per quella strada ci eravamo incamminati stringendoci e baciandoci come ragazzini, su quella piazza ci eravamo seduti in un assolato pomeriggio d?estate?
E fra le lacrime, ad alta voce parlavo con lui, come una pazza. Con lui che forse stava ancora digitando il mio numero per farsi rispondere da una stupida segreteria telefonica.
Ed ora sono qui, davanti a questo monitor, a cercare di raccontare a voi qualcosa che non basterebbero tutte le parole del mondo, e di certo non le mie.
Penso al sorriso del mio bambino che sta tornando adesso dal mare, fra poco sarà qui.
Penso alla sua gioia per le piccole grandi cose, penso a quando stringe me e il suo babbo nel lettone, e con gli occhioni ancora assonnati ci regala sorrisi che da soli valgono una vita.
E mi dico che ho fatto la cosa giusta.
Poi però mi prende questa morsa al petto, mi ritornano in mente una strada, un?alba, un parco, una stanza in cui sono stata me stessa come mai prima.
E allora mi scendono queste stupide e inutili lacrime e mi chiedo se ce la farò.
Ripasso a mente quella vecchia canzone in cui si sentenzia che non si muore per amore (di chi era?), e mi dico che io non sarò la prima.
E infine, bastardi e subdoli approfittando di una pausa delle lacrime, arrivano i dubbi.
Ho fatto la cosa giusta? Davvero?
È giusto rinunciare alla propria felicità, e financo a sé stessi, seppur in nome del più alto valore della vita?
E se dovessi rimpiangerla per sempre?
Come potrò giustificare il rimpianto a mio figlio, anche nell?ordine delle cose non dette?
E quando mio figlio sarà grande - con la sua vita che prego sia più bella e piena e sensata possibile - che cosa rimarrà di me e di ciò che avrei potuto essere in quell?estate in cui l?Italia vinse i mondiali?
Ecco, ora ricominciano le lacrime, scusatemi.
E perdonate perché ho scritto un?esagerazione, ma non sono riuscita a contenermi.
Spero che qualcuno di voi abbia la forza di arrivare fino a qui, e di regalarmi un suo punto di vista, o solo una parola.
Con la guance stupidamente bagnate, in questo sabato pomeriggio mentre tutto intorno continua a parlarmi di lui, vi ringrazio.
M.