Separazione autore opere

Brunetta

Utente di lunga data

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Ma le opere parlano di quello? avevo capito di no
Allora parliamo di Nabokov, non so la storia dell'autore e perché l'ha scritto, ma è un autore/libro finito sulla graticola...io "Lolita" è uno dei pochi libri che ho iniziato e non ho finito, non mi appassionava

Esplicitamente non ne hai parlato, ma il confine è labile
Nabokov ha raccontato una storia avvenuta, ha scelto il punto di vista del colpevole.
Ma, se lo leggi tutto, vedi che racconta l’incontro di un europeo con l’America.
Anche A sangue freddo racconta una strage insensata dal punto di vista dei colpevoli.
Ma Capote non ha fatto stragi. Semmai ha rischiato di essere vittima quando ha raccontato le confidenze delle amiche.
La letteratura può raccontare tutto, da qualsiasi punto di vista.
Io non ho detto che perdono valore le opere, ma che vengo disturbata dal sapere che un romanzo o un racconto non è solo un’opera letteraria, ma che riguarda la realtà di chi lo ha scritto.
Una madre che dice di amare e desiderare chi ha fatto del male alla figlia, mi allontana.
Mica processo una morta.
Ho letto che ha scritto un racconto che ne accenna. Non avendolo letto, non so se fa capire.
Lolita fa capire.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ho letto con ritardo la Soncini.
Tutto l’articolo merita.
Ma in particolare “Quanto alla separazione tra opera e autrice, ieri i social erano pieni di «che schifo, non la leggerò mai più», giacché ormai non esistono lettori ma consumatori, e il consumatore boicotta il prodotto se il produttore dà mostra d’immoralità. Come ci si possa non incuriosire, considerato quante madri e quante figlie ci sono nei racconti di Munro, come si possa non aver voglia di andare invece a rileggere tutto e scoprire in quanti sottotesti ci siano Gerald e Andrea, Gerald e Alice, la disperazione di chi pur di non restare sola accetterebbe proprio di tutto, l’inferno che sono le famiglie, come si possa non aver voglia d’indagare la scrittura di una che è stata umanamente così bieca io non me lo so spiegare. È pure morta: i diritti d’autore mica vanno a lei.”
Capisco la voglia di capire, ma io me ne sento respinta.
Era questo il punto.
Che può interessare il forum e me, che ho fatto e faccio molta fatica a capire questo legame e questa ostinazione
“Un matrimonio cinquantennale è un meccanismo sclerotizzato, in cui prima di rinnegare la posizione storta in cui ti sei accomodato per non accorgerti di quel doloretto sei disposto a raccontarti proprio tutto, anche che tua moglie fosse in buona fede quando ha mandato la figlia da un pervertito. Lo dice proprio Andrea Robin Skinner, nata Munro, in un altro articolo pubblicato sempre dal Toronto Star: «Mio padre non voleva dire a mia madre cos’era successo perché sentiva che i bisogni di lei erano più grandi di quelli delle sue figlie». E papà Munro non era neppure più sposato con la madre: figuriamoci quando ci sono legami in corso.”

 

hammer

Utente di lunga data
Io ci sono rimasta malissimo leggendo la biografia di Neruda, e il suo abbandono della figlia disabile.
Non riesco più a leggerlo con lo stesso sguardo incantato.
Pasolini non mi ha turbato particolarmente considerato che alcune storie rimangono comunque nell'ombra dell'incertezza.

Della Munro anch'io non l'ho mai letto e quindi non avevo un idea di partenza.
"Confesso che ho vissuto" è stato uno dei libri che più ha contribuito alla mia formazione. Riletto più volte, mi capitava di aprirlo a casaccio e leggerne qualche passo. Da quando ho saputo della figlia disabile Pablo mi è caduto dal cuore.
 

hammer

Utente di lunga data
Ragazzi di vita è un letterario eufemismo per non parlare di bambini abusati.
La pedofilia costella tutta la sua vita, non solo le circostanze della morte.

Quello che fa più specie è il tabù generale rispetto al dire chiaro e tondo che era un pedofilo.
E' una icona culturale della sinistra. Non si può.
 

Nicky

Utente di lunga data
Ho letto con ritardo la Soncini.
Tutto l’articolo merita.
Ma in particolare “Quanto alla separazione tra opera e autrice, ieri i social erano pieni di «che schifo, non la leggerò mai più», giacché ormai non esistono lettori ma consumatori, e il consumatore boicotta il prodotto se il produttore dà mostra d’immoralità. Come ci si possa non incuriosire, considerato quante madri e quante figlie ci sono nei racconti di Munro, come si possa non aver voglia di andare invece a rileggere tutto e scoprire in quanti sottotesti ci siano Gerald e Andrea, Gerald e Alice, la disperazione di chi pur di non restare sola accetterebbe proprio di tutto, l’inferno che sono le famiglie, come si possa non aver voglia d’indagare la scrittura di una che è stata umanamente così bieca io non me lo so spiegare. È pure morta: i diritti d’autore mica vanno a lei.”
Capisco la voglia di capire, ma io me ne sento respinta.
Era questo il punto.
A me è piaciuto il suo commento, ma non sono d'accordo con questa frase, perché non corrisponde al mio modo di leggere, non leggo cercando tracce della biografia dell'autore, anche se ci sono, perché il rapporto tra biografia e opera non è lineare e penso che alla fine l'opera abbia una vita propria.
Poi, in questo caso, la tentazione di farlo può nascere, perché spesso i suoi racconti trattano di donne, spesso provocando un senso di disagio, perché sono donne tutt'altro che risolte e certamente lei deve avere portato dentro qualcosa della ragazzina cresciuta in una fattoria sperduta con persone dure, sempre a rincorrere un'adeguatezza a un contesto nel quale sono sempre sbagliate. Ma alla fine la si legge solo perché sono racconti di livello altissimo.
In mezzo a tutti i libri e i film , è naturale scegliere e non andare verso ciò che appare respingente, ma se so che è qualcosa che vale io cerco di superare il disagio, in genere.
L'altro punto dell'articolo che hai citato fa riflettere.
 

Brunetta

Utente di lunga data
A me è piaciuto il suo commento, ma non sono d'accordo con questa frase, perché non corrisponde al mio modo di leggere, non leggo cercando tracce della biografia dell'autore, anche se ci sono, perché il rapporto tra biografia e opera non è lineare e penso che alla fine l'opera abbia una vita propria.
Poi, in questo caso, la tentazione di farlo può nascere, perché spesso i suoi racconti trattano di donne, spesso provocando un senso di disagio, perché sono donne tutt'altro che risolte e certamente lei deve avere portato dentro qualcosa della ragazzina cresciuta in una fattoria sperduta con persone dure, sempre a rincorrere un'adeguatezza a un contesto nel quale sono sempre sbagliate. Ma alla fine la si legge solo perché sono racconti di livello altissimo.
In mezzo a tutti i libri e i film , è naturale scegliere e non andare verso ciò che appare respingente, ma se so che è qualcosa che vale io cerco di superare il disagio, in genere.
L'altro punto dell'articolo che hai citato fa riflettere.
Sì. Non si cerca l’autore nell’opera, ma lo si trova.
E chi lo volesse trovare ora, lo farebbe con una curiosità che potrebbe anche essere morbosa. Però lo facciamo tutti quando guardiamo processi, pseudo inchieste di cronaca nera, anche se è per capire un funzionamento diverso. Non per nulla fanno podcast, docufilm e fiction ispirate alla realtà.
La prima riflessione invece riguarda proprio tutti.
La persona con cui si ha condiviso un pezzo di vita è un pezzo di noi.
 

Brunetta

Utente di lunga data

Brunetta

Utente di lunga data
E' una risposta alla domanda che ho fatto?
Il thread l’ho aperto e condotto io e posso definire la tua domanda fuori tema, come mi pare.
Oltretutto hai aggiunto il tema delicato del suicidio.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Cosa si prova leggendo l'unico libro di John Kennedy Toole?
Rispondo.
Così come mi ha turbato la scoperta della connivenza con un pedofilo, anzi di più l’affermazione che era più importante per lei la relazione con quell’uomo più di qualsiasi altra cosa, perfino della figlia, e mi fa dubitare della mia possibilità di apprezzare l’opera (ora, magari tra cinque anni sarà diverso) così il racconto di chi vive una vita di preparazione al suicidio mi turba profondamente.
Non so se lo leggerei. Può essere. Non capisco il suicidio e lo vorrei capire.
 

danny

Utente di lunga data
Il thread l’ho aperto e condotto io e posso definire la tua domanda fuori tema, come mi pare.
Oltretutto hai aggiunto il tema delicato del suicidio.
Per me che non ho aperto il thread è molto a tema.
Probabilmente non coerente con le risposte che volevi che arrivassero, come al solito.
Un retaggio da insegnante.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Per me che non ho aperto il thread è molto a tema.
Probabilmente non coerente con le risposte che volevi che arrivassero, come al solito.
Un retaggio da insegnante.
Mi fa piacere che trovi una consonanza di pensiero con alcuni utenti.
 

danny

Utente di lunga data
Rispondo.
Così come mi ha turbato la scoperta della connivenza con un pedofilo, anzi di più l’affermazione che era più importante per lei la relazione con quell’uomo più di qualsiasi altra cosa, perfino della figlia, e mi fa dubitare della mia possibilità di apprezzare l’opera (ora, magari tra cinque anni sarà diverso) così il racconto di chi vive una vita di preparazione al suicidio mi turba profondamente.
Non so se lo leggerei. Può essere. Non capisco il suicidio e lo vorrei capire.
Non c'è nulla nel libro che faccia pensare al suicidio dell'autore.
O perlomeno, niente che lo faccia presagire.
E' un libro anche molto divertente.
In teoria.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Non c'è nulla nel libro che faccia pensare al suicidio dell'autore.
O perlomeno, niente che lo faccia presagire.
E' un libro anche molto divertente.
In teoria.
Se lo sai, ci pensi.
 

danny

Utente di lunga data
In realtà lo scrittore, a suo modo geniale, viveva in un mondo che non lo riconosceva in alcuna maniera.
In Italiano il romanzo è stato tradotto con il termina "banda", titolo che sembra richiamare il lettore medio italiano più avvezzo a determinati risvolti, ma evidenzia il problema dell'autore, di non essere né riconosciuto né compreso da chi gli sta intorno, madre compresa.
Era una persona probabilmente superiore a chi lo circondava e per questo isolata. Il libro non lo ricordo benissimo, lo lessi tanti anni fa, ma credo si comprenda tra le righe quello che deve avere provato l'autore.
Secondo me è proprio il desiderio di avere un contatto con l'anima dello scrittore a determinare l'interesse per l'opera.
C'è sempre qualcosa di noi nelle opere che andiamo a scegliere.
Il rapporto con la biografia è molto stretto. La prima parte della vita di Houellebecq è uguale alla mia.
Forse è per questo che mi piace come autore?
Come anche le critiche a Manzoni non derivano da supposta ignoranza, ma dalla distanza che vi è con l'autore, che altri lettori ovviamente percepiscono invece all'opposto:
E' inevitabile che un buon libro sia l'espressione di una persona, una presa di contatto con l'anima di qualcuno che sta comunicando con noi.
Se la rifiutiamo questo spiega qualcosa di noi, sempre.
 

Nicky

Utente di lunga data
C'è sempre qualcosa di noi nelle opere che andiamo a scegliere.
Il rapporto con la biografia è molto stretto. La prima parte della vita di Houellebecq è uguale alla mia.
Forse è per questo che mi piace come autore?
Trovo molto vero questo, nel senso che il rapporto tra biografia dell'autore e libro c'è, ma viene elaborato e quasi trasfigurato, mentre chi legge mette molto di sé nel libro.
Houellebecq piace anche a me, ma sicuramente trovo cose diverse di me stessa leggendolo, rispetto a quelle che puoi trovare tu o altri lettori.
 
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