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Old chensamurai
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DALLA RIVISTA “CONSULENZA LAVORO”
Privacy
L’utilizzo personale di internet da parte del lavoratore porta al licenziamento?
Per gli esperti è una “questione di misura”
IGN Adnkronos ha intervistato alcuni esperti e docenti di diritto del lavoro per comprendere quanto sia legittimo il controllo che il datore di lavoro può esercitare sull’utilizzo che i dipendenti fanno di internet e della posta elettronica e in quali casi si possa configurare il licenziamento.
Dalle affermazioni dei professionisti emerge che uno dei principali problemi da risolvere è la creazione di un apposito “sistema di regole dell’azienda stabilite di concerto con i sindacati”, come ha spiegato Patrizio Di Nicola, docente di Sociologia dell’Organizzazione all’Università “La Sapienza” di Roma. Secondo Di Nicola, infatti, si tratta di un “tema di confine”, che coinvolge ambiti diversi, quali l’informatica, la sociologia e la giurisprudenza e che, essendo in continua evoluzione, è necessario adeguarsi.
Tuttavia, come ha fatto notare Di Nicola, è lecito sia il comportamento del datore di lavoro, che ha diritto di controllare l’operato del dipendente (informandolo di questa possibilità e in modo da non esercitare mobbing) sia l’utilizzo di internet da parte del lavoratore se è funzionale al lavoro svolto e all’informazione: “E’ giusto – ha spiegato Di Nicola - che il lavoratore si tenga informato perché va a beneficio dell’azienda. Basta che, però, questo venga fatto con intelligenza. Vietare di collegarsi a siti che danno informazioni è controproducente anche per l’impresa che ha dei lavoratori, non dei «prigionieri»”.
Giampiero Proia, ordinario di Diritto del lavoro all’Università Roma Tre di Roma, ha invece rilevato che “non c’è un coordinamento tra lo Statuto dei lavoratori e la normativa sulla privacy”. Pertanto, ha ribadito Proia, “è l’azienda che regola l’uso di pc e telefoni. Quando queste regole che garantiscono la disciplina aziendale ci sono e sono chiare, la loro violazione è inadempimento contrattuale”, ma aggiunge: “Poi occorre certo vedere i casi concreti, tener presente le sentenze della Cassazione e soprattutto considerare la gravità delle violazioni che possono compromettere la funzionalità del rapporto di lavoro.”
Proia, quindi, ha ricordato che l’ultima parola, comunque, spetta sempre al giudice e che è “sempre quest’ultimo a stabilire se una rissa scoppiata sul lavoro a Pordenone non porti al licenziamento o se, invece, a Palermo per essere liquidati basta solo mandare qualcuno a quel paese”.
Secondo il presidente del Centro Studi “Marco Biagi”, l’unico modo per “risolvere il contrasto tra le umane necessità e la legittima pretesa del datore di lavoro di avere il dipendente a propria costante disposizione è una questione di misura” o “forse, più in generale, una questione di buone relazioni umane sul lavoro. Quando si devono conciliare necessità discordanti, servono soprattutto reciproca educazione e senso della misura”.
Domando:
1) Entrare in "tradimento" dal posto di lavoro, è funzionale al lavoro svolto e all'informazione?
Preciso:
1) Io la denuncia non la minaccio... io l'ho fatta e presentata... con tanto di avvocato al seguito...
...ora, mi diverto un po' io... amico rass...
Privacy
L’utilizzo personale di internet da parte del lavoratore porta al licenziamento?
Per gli esperti è una “questione di misura”
IGN Adnkronos ha intervistato alcuni esperti e docenti di diritto del lavoro per comprendere quanto sia legittimo il controllo che il datore di lavoro può esercitare sull’utilizzo che i dipendenti fanno di internet e della posta elettronica e in quali casi si possa configurare il licenziamento.
Dalle affermazioni dei professionisti emerge che uno dei principali problemi da risolvere è la creazione di un apposito “sistema di regole dell’azienda stabilite di concerto con i sindacati”, come ha spiegato Patrizio Di Nicola, docente di Sociologia dell’Organizzazione all’Università “La Sapienza” di Roma. Secondo Di Nicola, infatti, si tratta di un “tema di confine”, che coinvolge ambiti diversi, quali l’informatica, la sociologia e la giurisprudenza e che, essendo in continua evoluzione, è necessario adeguarsi.
Tuttavia, come ha fatto notare Di Nicola, è lecito sia il comportamento del datore di lavoro, che ha diritto di controllare l’operato del dipendente (informandolo di questa possibilità e in modo da non esercitare mobbing) sia l’utilizzo di internet da parte del lavoratore se è funzionale al lavoro svolto e all’informazione: “E’ giusto – ha spiegato Di Nicola - che il lavoratore si tenga informato perché va a beneficio dell’azienda. Basta che, però, questo venga fatto con intelligenza. Vietare di collegarsi a siti che danno informazioni è controproducente anche per l’impresa che ha dei lavoratori, non dei «prigionieri»”.
Giampiero Proia, ordinario di Diritto del lavoro all’Università Roma Tre di Roma, ha invece rilevato che “non c’è un coordinamento tra lo Statuto dei lavoratori e la normativa sulla privacy”. Pertanto, ha ribadito Proia, “è l’azienda che regola l’uso di pc e telefoni. Quando queste regole che garantiscono la disciplina aziendale ci sono e sono chiare, la loro violazione è inadempimento contrattuale”, ma aggiunge: “Poi occorre certo vedere i casi concreti, tener presente le sentenze della Cassazione e soprattutto considerare la gravità delle violazioni che possono compromettere la funzionalità del rapporto di lavoro.”
Proia, quindi, ha ricordato che l’ultima parola, comunque, spetta sempre al giudice e che è “sempre quest’ultimo a stabilire se una rissa scoppiata sul lavoro a Pordenone non porti al licenziamento o se, invece, a Palermo per essere liquidati basta solo mandare qualcuno a quel paese”.
Secondo il presidente del Centro Studi “Marco Biagi”, l’unico modo per “risolvere il contrasto tra le umane necessità e la legittima pretesa del datore di lavoro di avere il dipendente a propria costante disposizione è una questione di misura” o “forse, più in generale, una questione di buone relazioni umane sul lavoro. Quando si devono conciliare necessità discordanti, servono soprattutto reciproca educazione e senso della misura”.
Domando:
1) Entrare in "tradimento" dal posto di lavoro, è funzionale al lavoro svolto e all'informazione?
Preciso:
1) Io la denuncia non la minaccio... io l'ho fatta e presentata... con tanto di avvocato al seguito...
...ora, mi diverto un po' io... amico rass...