contepinceton
Escluso
Tutte cagate o qualcosa di buono c'è?
Vi posto questa cosa...ricevuta da un amico sacerdote, che si è laureato in morale e che lavora costantemente con le coppie in difficoltà. Mi pare che i nuovi corsi siano lontani dal bigottismo eh? Insomma ci sono buoni spunti di riflessione...
Se vivere la spiritualità familiare vuol dire saper leggere dentro alla concretezza della vita della famiglia, allora conviene far partire la nostra riflessione intorno alla prima realtà concreta che appare ai nostri occhi: la coppia. Secondo la bibbia la coppia umana è costituita da un uomo e da una donna che si uniscono in una profonda comunione ciascuno con la propria tonalità del maschile e del femminile: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). L’uomo e la donna sono ad un tempo diversi e anche così profondamente uguali; si sentono intimamente attratti l’un l’altro e si scoprono anche così profondamente lontani nel loro proprio modo di essere. Questo particolare carattere della coppia umana, fa sì che uomo e donna imparino ad amarsi nella diversità. In questa linea l’amore di coppia non è fusione di due persone, ma la comunione di due libertà, di due consistenze, di due differenze, di due progetti che si ospitano e si definiscono l’uno con l’altro.
Ancora nel testo di Genesi si legge: «Non è bene che l’uomo sia solo; gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gen 2,18). La parola “simile” è la traduzione di una illuminante parola ebraica che significa “stare davanti” o “stare di fronte”. Il rapporto uomo-donna indica, quindi, una relazione tra due che stanno sempre l’uno di fronte all’altro; è un rapporto che esige la consistenza dei due. L’amore non elimina o non abbassa tale consistenza, ma piuttosto la rafforza e la conferma, perché solo in questa bi-frontale relazione i due possono identificarsi e svilupparsi. Porsi di fronte all’altro nella coppia significa far attenzione prevalentemente a ciò che egli può diventare. In ogni persona, per quanto mediocre possa essere, esiste un «io» profondo che chiede urgentemente di essere realizzato. Amare significa mettersi al servizio di questo «io» per aiutarlo a realizzarsi. Amare vuol dire chiamare l’altro all’esistenza, farlo vivere, farlo essere di più. In tal senso il matrimonio diventa il luogo dove l’uomo e la donna si aiutano a sprigionare le proprie potenzialità e a valorizzarsi reciprocamente. La vita coniugale, dunque, non è una fusione o una confusione di persone, ma l’incontro di due libertà, l’unione di due differenze e di due progetti che si accolgono e si definiscono l’uno con l’altro (B. Borsato, L’amore intelligente, pag. 9).
Tutto questo dinamismo viene a costituire la comunione della coppia, che non significa diventare uguale all’altro, unirsi senza differenza o fondersi con l’altro, ma tessere una fitta rete di relazioni amorose tra due persone solide, poste l’una di fronte all’altra, ad una giusta distanza. Sentite questo racconto.
Tanto tempo fa, un missionario attraversava le Montagne Rocciose con un giovane indiano che gli faceva da guida. Tutte le sere, ad un preciso momento del tramonto, il giovane indiano si appartava, si voltava verso il sole e cominciava a muovere ritmicamente i piedi e a cantare sottovoce una canzone dolcissima, soffusa di nostalgia. Quel giovane che danzava e cantava rivolto al sole morente era uno spettacolo che riempiva di ammirata curiosità il missionario. Così un giorno chiese alla sua guida: «Qual è il significato di quella strana cerimonia che fai tutte le sere?». «Oh, è una cosa semplice» rispose il giovane indiano. «Io e mia moglie abbiamo composto insieme questa canzone. Quando siamo separati e lontani, ciascuno di noi, dovunque si trovi, si volta verso il sole un attimo prima che tramonti, e comincia a danzare e cantare. Così ogni sera, anche se siamo lontani, cantiamo e balliamo insieme». La distanza non è forse il luogo in cui la presenza dell’altro è rispettata e resa possibile? Per amare in modo maturo, la persona deve recuperare i propri confini e riconquistare la sua differente identità: solo così diventa capace di amare e rispettare la differenza dell’altro.
Vi posto questa cosa...ricevuta da un amico sacerdote, che si è laureato in morale e che lavora costantemente con le coppie in difficoltà. Mi pare che i nuovi corsi siano lontani dal bigottismo eh? Insomma ci sono buoni spunti di riflessione...
Se vivere la spiritualità familiare vuol dire saper leggere dentro alla concretezza della vita della famiglia, allora conviene far partire la nostra riflessione intorno alla prima realtà concreta che appare ai nostri occhi: la coppia. Secondo la bibbia la coppia umana è costituita da un uomo e da una donna che si uniscono in una profonda comunione ciascuno con la propria tonalità del maschile e del femminile: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). L’uomo e la donna sono ad un tempo diversi e anche così profondamente uguali; si sentono intimamente attratti l’un l’altro e si scoprono anche così profondamente lontani nel loro proprio modo di essere. Questo particolare carattere della coppia umana, fa sì che uomo e donna imparino ad amarsi nella diversità. In questa linea l’amore di coppia non è fusione di due persone, ma la comunione di due libertà, di due consistenze, di due differenze, di due progetti che si ospitano e si definiscono l’uno con l’altro.
Ancora nel testo di Genesi si legge: «Non è bene che l’uomo sia solo; gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gen 2,18). La parola “simile” è la traduzione di una illuminante parola ebraica che significa “stare davanti” o “stare di fronte”. Il rapporto uomo-donna indica, quindi, una relazione tra due che stanno sempre l’uno di fronte all’altro; è un rapporto che esige la consistenza dei due. L’amore non elimina o non abbassa tale consistenza, ma piuttosto la rafforza e la conferma, perché solo in questa bi-frontale relazione i due possono identificarsi e svilupparsi. Porsi di fronte all’altro nella coppia significa far attenzione prevalentemente a ciò che egli può diventare. In ogni persona, per quanto mediocre possa essere, esiste un «io» profondo che chiede urgentemente di essere realizzato. Amare significa mettersi al servizio di questo «io» per aiutarlo a realizzarsi. Amare vuol dire chiamare l’altro all’esistenza, farlo vivere, farlo essere di più. In tal senso il matrimonio diventa il luogo dove l’uomo e la donna si aiutano a sprigionare le proprie potenzialità e a valorizzarsi reciprocamente. La vita coniugale, dunque, non è una fusione o una confusione di persone, ma l’incontro di due libertà, l’unione di due differenze e di due progetti che si accolgono e si definiscono l’uno con l’altro (B. Borsato, L’amore intelligente, pag. 9).
Tutto questo dinamismo viene a costituire la comunione della coppia, che non significa diventare uguale all’altro, unirsi senza differenza o fondersi con l’altro, ma tessere una fitta rete di relazioni amorose tra due persone solide, poste l’una di fronte all’altra, ad una giusta distanza. Sentite questo racconto.
Tanto tempo fa, un missionario attraversava le Montagne Rocciose con un giovane indiano che gli faceva da guida. Tutte le sere, ad un preciso momento del tramonto, il giovane indiano si appartava, si voltava verso il sole e cominciava a muovere ritmicamente i piedi e a cantare sottovoce una canzone dolcissima, soffusa di nostalgia. Quel giovane che danzava e cantava rivolto al sole morente era uno spettacolo che riempiva di ammirata curiosità il missionario. Così un giorno chiese alla sua guida: «Qual è il significato di quella strana cerimonia che fai tutte le sere?». «Oh, è una cosa semplice» rispose il giovane indiano. «Io e mia moglie abbiamo composto insieme questa canzone. Quando siamo separati e lontani, ciascuno di noi, dovunque si trovi, si volta verso il sole un attimo prima che tramonti, e comincia a danzare e cantare. Così ogni sera, anche se siamo lontani, cantiamo e balliamo insieme». La distanza non è forse il luogo in cui la presenza dell’altro è rispettata e resa possibile? Per amare in modo maturo, la persona deve recuperare i propri confini e riconquistare la sua differente identità: solo così diventa capace di amare e rispettare la differenza dell’altro.