Nausicaa
sfdcef
Alè.
Disoccupata, senza prospettive di lavoro, con un potentissimo desiderio di passare le giornate rannicchiata a letto, e più che una mezza idea di mollare ogni contatto col mio (vecchio?) ambiente, mi tocca partire ancora.
L'unica disponibile a fare una cosa, che una volta per me era importante.
E partiamo.
Ultimamente mi sono riposata, speravo che la mia pancia -per chi non sapesse delle mie liti con la mia pancia si veda il 3D "Viaggiando viaggiando"- si fosse quietata.
Macchè.
Tappe: casa-treno per Milano-bus per aeroporto-Brasile-Santiago del Cile-altro aereo per altra città del Cile-4 ore di macchina per arrivare alla meta.
Intanto, la mia pancia era convinta che non fossimo a Milano ma da un'altra parte -ovviamente- e continuava a cercare di costringermi a cercare una libreria che a Milano NON c'è.
La pazza che mentre aspetta apparentemente pacifica, si riscuote e comincia ad andare in una direzione, poi si blocca tutta corrucciata e torna indietro. E ancora....
Poi, in Brasile la mia pancia era convinta di essere a Miami e voleva che le comprassi l'aragosta alla brace.
Che, a parte il costo. A parte che NON eravamo a Miami. Erano le 5 del mattino.
Fosse pure che la mia pancia fosse rimasta col fuso italiano, sarebbe stata comunque mattina e che diamine!
Continuiamo.
Il volo da San Paolo arriva in ritardo a Santiago.
Arrivo trafelata al banco dell'accettazione, e nonostante avessi 45 minuti di tempo -ops- la gentile signorina mi comunica che il volo è chiuso. Mi spiace tanto (sorrisone).
Argh.
Mi rivolgo al banco biglietti della compagnia. Attendo mezz'ora. Per apprendere che non sono loro a dovermi aiutare, ma la compagnia che mi ha portato lì in ritardo.
Altra mezz'ora di coda.
... il mio nuovo volo sarà dopo 7 ore.
Problemino... all'aeroporto d'arrivo mi avrebbe aspettato la macchina per portarmi a destinazione. Problemino: col mio cellulare non riesco a chiamare nè a mandare messaggi ai miei contatti. Non posso utilizzare internet.
Posso solo mandare messaggi (non chiamare!) numeri italiani...
Abbastanza in panico, scrivo a Seth, che bontà sua si occupa di tutto. Altrimenti ero davvero fritta.
Tutto sistemato... solo che non mi potranno portare direttamente a destinazione, dove avrei potuto riposare e prepararmi per il lavoro del giorno seguente, ma dovrò passare una notte nel quartier generale in città, per poi partire la mattina dopo.
Vabbeeeene.... già qualcosa.
Ore di attesa. Non posso liberarmi del valigione se non due ore prima del volo (arrivata a Santiago avevo dovuto ritirare la valigia e passare i controlli dell'immigrazione.) Nè posso ovviamente entrare nella sicurezza della zona partenze, coi suoi bar e negozietti.
Mi sistemo come una povera disgraziata fuori, fumando -dopo 17 ore di astinenza ci voleva- stravaccata per terra contro le valige.
Finalmente parto... e arrivo. Miracolo. E miracolo sono già lì ad attendermi.
Meno miracoloso il fatto che arrivata al quartier generale, ore 20.30 locali, non c'è neppure un tozzo di pane da mangiare.
E vabbè, penso, mi rifarò a colazione...
Altra rottura di cogli... ops, altra piccola cosa che non va come speravo. Il giorno dopo si parte alle 14, non di mattina come speravo. Vabbè pazienza.
Intanto, mi abituerò a stare alzata fino a tardi, e dormirò fino alle 12.30. Così avrò tutto il tempo di fare colazione, cazzeggiare, svegliarmi.
In effetti riesco a restare sveglia fino alle 3.30 di mattina, e riesco a dormire fino alle 12.30.
Ma quel che mi sveglia non è la musichetta del cellulare.
E' una telefonata che mi avvisa che la macchina partirà all'UNA e non alle due.
Grazie.
Niente colazione. Niente caffè.
Sono riuscita a bere un bicchiere d'acqua in corsa.
Mettendo alla rinfusa le cose in valigia ci ho ficcato dentro anche la chiave della stanza -pazienza (=cazzi loro).
Sono arrivata qua alle 16.30 locali, con una fame che mi sarei mangiata i cactus -tra l'altro tutti i frutti dei cactus sono commestibili, lo sapevate? Se vi sperdete nel deserto, è una cosa utile da sapere
Fortunatamente la cena è alle 18.30.
Ed eccomi qui.
Le prime due ore sono tutte una corsa, inchiodata al computer come se ne andasse del futuro del mondo. Cercando di guadagnare ogni secondo, di non sprecare neppure un istante.
Ammetto.. l'ho già fatto ma sono ansiosa e preoccupata, meno male che mi ero fatta una bella doccia, sono sudatissima
Finalmente la prima fase finisce. Ora ci sono brevi periodi di attività, e poi attese...
Ogni tanto esco fuori a guardare il cielo.
L'ho sicuramente già detto. Ma.
Ogni volta è incredibile... gli occhi abituati alla luce si adattano al buio poco a poco... e le stelle sbocciano come fiori. Il cielo si riempie di luci, compare lenta la Via Lattea, davvero un fiume di latte che percorre il cielo.
Guardo il mio vecchio amico Orione, che ora splende in tutta la sua gloria, coprendo mezzo cielo.
Raccolgo tutte le stelle cadenti che posso. Per ciascuna, il desiderio è sempre lo stesso.
Resto lì a respirare l'aria della notte, a riempirmi gli occhi di bellezza, ad ascoltare i rumori ormai familiari di questi posti.
E poi torno al mio lavoro.
Chiedendomi se questi momenti bastano a farmi amare quel che faccio.
Disoccupata, senza prospettive di lavoro, con un potentissimo desiderio di passare le giornate rannicchiata a letto, e più che una mezza idea di mollare ogni contatto col mio (vecchio?) ambiente, mi tocca partire ancora.
L'unica disponibile a fare una cosa, che una volta per me era importante.
E partiamo.
Ultimamente mi sono riposata, speravo che la mia pancia -per chi non sapesse delle mie liti con la mia pancia si veda il 3D "Viaggiando viaggiando"- si fosse quietata.
Macchè.
Tappe: casa-treno per Milano-bus per aeroporto-Brasile-Santiago del Cile-altro aereo per altra città del Cile-4 ore di macchina per arrivare alla meta.
Intanto, la mia pancia era convinta che non fossimo a Milano ma da un'altra parte -ovviamente- e continuava a cercare di costringermi a cercare una libreria che a Milano NON c'è.
La pazza che mentre aspetta apparentemente pacifica, si riscuote e comincia ad andare in una direzione, poi si blocca tutta corrucciata e torna indietro. E ancora....
Poi, in Brasile la mia pancia era convinta di essere a Miami e voleva che le comprassi l'aragosta alla brace.
Che, a parte il costo. A parte che NON eravamo a Miami. Erano le 5 del mattino.
Fosse pure che la mia pancia fosse rimasta col fuso italiano, sarebbe stata comunque mattina e che diamine!
Continuiamo.
Il volo da San Paolo arriva in ritardo a Santiago.
Arrivo trafelata al banco dell'accettazione, e nonostante avessi 45 minuti di tempo -ops- la gentile signorina mi comunica che il volo è chiuso. Mi spiace tanto (sorrisone).
Argh.
Mi rivolgo al banco biglietti della compagnia. Attendo mezz'ora. Per apprendere che non sono loro a dovermi aiutare, ma la compagnia che mi ha portato lì in ritardo.
Altra mezz'ora di coda.
... il mio nuovo volo sarà dopo 7 ore.
Problemino... all'aeroporto d'arrivo mi avrebbe aspettato la macchina per portarmi a destinazione. Problemino: col mio cellulare non riesco a chiamare nè a mandare messaggi ai miei contatti. Non posso utilizzare internet.
Posso solo mandare messaggi (non chiamare!) numeri italiani...
Abbastanza in panico, scrivo a Seth, che bontà sua si occupa di tutto. Altrimenti ero davvero fritta.
Tutto sistemato... solo che non mi potranno portare direttamente a destinazione, dove avrei potuto riposare e prepararmi per il lavoro del giorno seguente, ma dovrò passare una notte nel quartier generale in città, per poi partire la mattina dopo.
Vabbeeeene.... già qualcosa.
Ore di attesa. Non posso liberarmi del valigione se non due ore prima del volo (arrivata a Santiago avevo dovuto ritirare la valigia e passare i controlli dell'immigrazione.) Nè posso ovviamente entrare nella sicurezza della zona partenze, coi suoi bar e negozietti.
Mi sistemo come una povera disgraziata fuori, fumando -dopo 17 ore di astinenza ci voleva- stravaccata per terra contro le valige.
Finalmente parto... e arrivo. Miracolo. E miracolo sono già lì ad attendermi.
Meno miracoloso il fatto che arrivata al quartier generale, ore 20.30 locali, non c'è neppure un tozzo di pane da mangiare.
E vabbè, penso, mi rifarò a colazione...
Altra rottura di cogli... ops, altra piccola cosa che non va come speravo. Il giorno dopo si parte alle 14, non di mattina come speravo. Vabbè pazienza.
Intanto, mi abituerò a stare alzata fino a tardi, e dormirò fino alle 12.30. Così avrò tutto il tempo di fare colazione, cazzeggiare, svegliarmi.
In effetti riesco a restare sveglia fino alle 3.30 di mattina, e riesco a dormire fino alle 12.30.
Ma quel che mi sveglia non è la musichetta del cellulare.
E' una telefonata che mi avvisa che la macchina partirà all'UNA e non alle due.
Grazie.
Niente colazione. Niente caffè.
Sono riuscita a bere un bicchiere d'acqua in corsa.
Mettendo alla rinfusa le cose in valigia ci ho ficcato dentro anche la chiave della stanza -pazienza (=cazzi loro).
Sono arrivata qua alle 16.30 locali, con una fame che mi sarei mangiata i cactus -tra l'altro tutti i frutti dei cactus sono commestibili, lo sapevate? Se vi sperdete nel deserto, è una cosa utile da sapere
Fortunatamente la cena è alle 18.30.
Ed eccomi qui.
Le prime due ore sono tutte una corsa, inchiodata al computer come se ne andasse del futuro del mondo. Cercando di guadagnare ogni secondo, di non sprecare neppure un istante.
Ammetto.. l'ho già fatto ma sono ansiosa e preoccupata, meno male che mi ero fatta una bella doccia, sono sudatissima
Finalmente la prima fase finisce. Ora ci sono brevi periodi di attività, e poi attese...
Ogni tanto esco fuori a guardare il cielo.
L'ho sicuramente già detto. Ma.
Ogni volta è incredibile... gli occhi abituati alla luce si adattano al buio poco a poco... e le stelle sbocciano come fiori. Il cielo si riempie di luci, compare lenta la Via Lattea, davvero un fiume di latte che percorre il cielo.
Guardo il mio vecchio amico Orione, che ora splende in tutta la sua gloria, coprendo mezzo cielo.
Raccolgo tutte le stelle cadenti che posso. Per ciascuna, il desiderio è sempre lo stesso.
Resto lì a respirare l'aria della notte, a riempirmi gli occhi di bellezza, ad ascoltare i rumori ormai familiari di questi posti.
E poi torno al mio lavoro.
Chiedendomi se questi momenti bastano a farmi amare quel che faccio.
