Senso di colpa

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Brunetta

Utente di lunga data
Si.
Era la stessa cosa a cui stavo pensando io.
Se io ho una fortissima idea di me stessa, non ho questo gran bisogno di supportarla con prove e azioni. Anzi, magari può essere così forte da fare in modo che io riesca ad adeguare la mia interpretazione del mondo e delle azioni alla mia idea. E questo sia nel bene che nel male. Sia che mi creda una persona di merda o una persona dai fortissimi principi.

Cercare di essere in una certa maniera invece implica processi differenti.
E si può pretendere moltissimo da se stessi partendo dall'idea che il punto di partenza faccia schifo.
Se si adegua il mondo a sé credo che si parli di personalità narcisistica.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Vi capita mai di pensare:
-Ma io sono meglio di così!-
Riferito al vostro comportamento con gli altri, al netto della stima sulle vostre capacità.
Altroché!
Con quello che c'è in giro.
 

Spot

utente in roaming.
Vi capita mai di pensare:
-Ma io sono meglio di così!-
Riferito al vostro comportamento con gli altri, al netto della stima sulle vostre capacità.
Ma meglio di quello che dimostro in certi casi io o meglio di quello che dimostrano gli altri?

...Comunque. Si, spesso, in entrambi i casi.
 

Fiammetta

Amazzone! Embe'. Sticazzi
Staff Forum
Vi capita mai di pensare:
-Ma io sono meglio di così!-
Riferito al vostro comportamento con gli altri, al netto della stima sulle vostre capacità.
Eh si è !!!!
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ok, ma il narcisismo, in certi limiti, non ha a che fare con l'autostima?
La personalità narcisista è patologica.
In genere richiede una corte di plaudenti e se si richiede questo manipolando la realtà si ha un'autostima molto precaria.
 

Sbriciolata

Escluso
Non è che abbia capito tutto tutto :eek:

Però io credo che l'autostima non solo sia provvisoria ma anche settoriale.
Posso sentirmi grandiosa nel lavoro o nelle relazioni. Avere una bassa autostima di me come ballerina e altissima come latinista.
Qui generalmente parliamo di autostima rispetto le relazioni e capacità di seduzione.
Se io ho autostima rispetto alle mie capacità di seduzione, non significa che sia anche convinta di essere gnocca (per tornare su un argomento recentemente dibattuto) anzi se mi ritengo particolarmente gnocca soffrirò di sensi di colpa verso me stesse se ingrassamento o dimagrimento avranno intaccato la mia gnoccaggine.
Infatti attrici bellissime che immaginavamo con alta autostima si sono ridotte a maschere grottesche per questo motivo.
Nel senso: nella mia formazione di individuo sono partita da un'autostima bassissima a 360°.
Chiaramente questo mi derivava da una serie di situazioni, non importa dettagliare.
Mi sono ribellata a questa condizione durante la fase naturalmente ribelle dell'adolescenza.
E ho cominciato a pretendere da me stessa.
Non in termini agonistici, non sono mai stata in corsa con nessuno. In termini qualitativi, direi etici. Non ho mai preteso risultati grandiosi scolastici o professionali.
Ma mi rifiutavo di non essere in grado di portare a termine gli incarichi che mi erano stati dati, e questo è un tema etico. Se non c'erano le condizioni per portare a termine una cosa, lavoravo pure di notte per supplire ai problemi. Ho studiato da sola su libri in inglese senza mai aver letto prima una parola in inglese in vita mia. Ho ottenuto di essere considerata capace e affidabile. So che chi lavora con me ha piena fiducia e ho avuto soddisfazioni che non avrei mai pensato di poter avere. Ma tutt'ora se commetto un errore sul lavoro, è come se mi dessero uno schiaffo in faccia: non mi perdono, mi brucia, non scrollo le spalle, non cerco di giustificarmi.
E comprendo che questo modo mi deriva dalla volontà di riscatto rispetto a quella che pensavo di essere.
E mi rendo conto mentre scrivo che quel baratro di autostima è in realtà sempre dietro l'angolo, pronto a ripresentarsi. Ho fatto l'esempio del lavoro ma vale per tutto. Il lavoro in realtà è la situazione in cui sono meno severa con me stessa.
Però non è una situazione tragica, non vivo assolutamente nella paura di commettere errori. So che è la norma non essere sempre perfetti. Non ho mai preteso la perfezione. Li commetto, so che ad alcuni posso porre rimedio e lo faccio, ad altri so che non posso porre rimedio e ne prendo atto... ma non ne dimentico mai nessuno.
Perchè dimenticare i propri errori è proprio quella capacità che rende possibile essere quella persona che mi sono rifiutata di essere, ovvero quella che va a cercare errori e mancanze negli altri per sentirsi meglio al paragone.
Quando hai ben presente gli errori che hai fatto, è molto difficile trarre piacere dall'osservare quelli degli altri.
O essere pronti ad emettere un giudizio inappellabile.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Nel senso: nella mia formazione di individuo sono partita da un'autostima bassissima a 360°.
Chiaramente questo mi derivava da una serie di situazioni, non importa dettagliare.
Mi sono ribellata a questa condizione durante la fase naturalmente ribelle dell'adolescenza.
E ho cominciato a pretendere da me stessa.
Non in termini agonistici, non sono mai stata in corsa con nessuno. In termini qualitativi, direi etici. Non ho mai preteso risultati grandiosi scolastici o professionali.
Ma mi rifiutavo di non essere in grado di portare a termine gli incarichi che mi erano stati dati, e questo è un tema etico. Se non c'erano le condizioni per portare a termine una cosa, lavoravo pure di notte per supplire ai problemi. Ho studiato da sola su libri in inglese senza mai aver letto prima una parola in inglese in vita mia. Ho ottenuto di essere considerata capace e affidabile. So che chi lavora con me ha piena fiducia e ho avuto soddisfazioni che non avrei mai pensato di poter avere. Ma tutt'ora se commetto un errore sul lavoro, è come se mi dessero uno schiaffo in faccia: non mi perdono, mi brucia, non scrollo le spalle, non cerco di giustificarmi.
E comprendo che questo modo mi deriva dalla volontà di riscatto rispetto a quella che pensavo di essere.
E mi rendo conto mentre scrivo che quel baratro di autostima è in realtà sempre dietro l'angolo, pronto a ripresentarsi. Ho fatto l'esempio del lavoro ma vale per tutto. Il lavoro in realtà è la situazione in cui sono meno severa con me stessa.
Però non è una situazione tragica, non vivo assolutamente nella paura di commettere errori. So che è la norma non essere sempre perfetti. Non ho mai preteso la perfezione. Li commetto, so che ad alcuni posso porre rimedio e lo faccio, ad altri so che non posso porre rimedio e ne prendo atto... ma non ne dimentico mai nessuno.
Perchè dimenticare i propri errori è proprio quella capacità che rende possibile essere quella persona che mi sono rifiutata di essere, ovvero quella che va a cercare errori e mancanze negli altri per sentirsi meglio al paragone.
Quando hai ben presente gli errori che hai fatto, è molto difficile trarre piacere dall'osservare quelli degli altri.
O essere pronti ad emettere un giudizio inappellabile.
E' quello che dicevo dell'autostima sempre in costruzione e non come cosa data.
L'autostima è un po' la Sagrada Familia ;)
 

Black&Blu

Utente di lunga data
Io ho ancora i sensi di colpa per aver tradito la mia ex 2 anni fa. Certo non mi spacco più la testa come una volta, però non è divertente come cosa, delle volte fa prendere molto male, altre volte un po' meno. Non so come faccia certa gente a non aver sensi di colpa, probabilmente son persone con un determinato carattere e che danno un determinato peso (leggero) ai sentimenti propri e altrui. boh...
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io ho ancora i sensi di colpa per aver tradito la mia ex 2 anni fa. Certo non mi spacco più la testa come una volta, però non è divertente come cosa, delle volte fa prendere molto male, altre volte un po' meno. Non so come faccia certa gente a non aver sensi di colpa, probabilmente son persone con un determinato carattere e che danno un determinato peso (leggero) ai sentimenti propri e altrui. boh...
Fatti venire un po' di sensi di colpa per la foto in firma che riempie la schermata dello smartphone :carneval:
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Io penso che il senso di colpa sia legato alla percezione del proprio limite.

E all'immagine di sè. Ma non in termini di autostima.
In termine di valore assoluto.

Più lo scollamento è ampio fra ciò che si desidera essere in termini valoriali e ciò che si è, più il senso di colpa trova spazio di lavoro. Lavoro che è principalmente di mantenimento e non assunzione delle proprie responsabilità.

Responsabilità in termini di essere. Innanzitutto.

Io non penso di essere una bella persona. O meglio, non soltanto una bella persona.

So di avere fatto errori gravi e anche molto gravi.
So di aver mancato di rispetto a me stessa e anche a chi mi stava accanto.
Sono anche quella lì. Non mi piace. Ma è quello che è. La verità è che non ho saputo fare di meglio. Nel momento. Col senno di poi non vale. (ed è nel senno di poi che il senso di colpa trova spazio).
Posso provare a migliorarmi e a comprendermi in modo da fare meglio ogni volta.
Ma non è detto che io ci riesca. E non posso che accettare.

Non mi resta che assumermi la responsabilità di quelle parti che non mi piacciono e di cui a volte mi vergogno anche. Nasconderle nel senso di colpa non mi ha portato a niente.
Esporle, dichiararle e assumermele, mettendo l'impegno nel bilanciarle con le altre, è la via che mi sembra più funzionale e pacifica con me stessa.

Rigirarmi nel desiderio di non essere anche quella lì, (ed è questo secondo me il senso di colpa in origine) spesso diventa un comodo limbo per non affrontare, nel mondo, le proprie parti negative. Per tenere in un qualche modo il segreto di sè esponendo principalmente le parti piacevoli, o ritenute tali.

Magari confrontandosi con gli altri e cercando rassicurazione in quel confronto.

Se penso a me, mi riconosco azioni in cui non vorrei riconoscermi, ma sono mie. Mi rappresentano anche se non vorrei. Accettare quel riconoscimento, assumermelo e non nasconderlo innanzitutto a me, mi fa spesso sentire nella posizione di non poter proprio esprimere giudizi su nessuno.

Giudizi di valore intendo.

Che di giudizi invece ne emetto tanti. Ma tendenzialmente riguardano il valutare se quell'assetto di personalità è un assetto che potrebbe essere fonte di apprendimento per me.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io penso che il senso di colpa sia legato alla percezione del proprio limite.

E all'immagine di sè. Ma non in termini di autostima.
In termine di valore assoluto.

Più lo scollamento è ampio fra ciò che si desidera essere in termini valoriali e ciò che si è, più il senso di colpa trova spazio di lavoro. Lavoro che è principalmente di mantenimento e non assunzione delle proprie responsabilità.

Responsabilità in termini di essere. Innanzitutto.

Io non penso di essere una bella persona. O meglio, non soltanto una bella persona.

So di avere fatto errori gravi e anche molto gravi.
So di aver mancato di rispetto a me stessa e anche a chi mi stava accanto.
Sono anche quella lì. Non mi piace. Ma è quello che è. La verità è che non ho saputo fare di meglio. Nel momento. Col senno di poi non vale. (ed è nel senno di poi che il senso di colpa trova spazio).
Posso provare a migliorarmi e a comprendermi in modo da fare meglio ogni volta.
Ma non è detto che io ci riesca. E non posso che accettare.

Non mi resta che assumermi la responsabilità di quelle parti che non mi piacciono e di cui a volte mi vergogno anche. Nasconderle nel senso di colpa non mi ha portato a niente.
Esporle, dichiararle e assumermele, mettendo l'impegno nel bilanciarle con le altre, è la via che mi sembra più funzionale e pacifica con me stessa.

Rigirarmi nel desiderio di non essere anche quella lì, (ed è questo secondo me il senso di colpa in origine) spesso diventa un comodo limbo per non affrontare, nel mondo, le proprie parti negative. Per tenere in un qualche modo il segreto di sè esponendo principalmente le parti piacevoli, o ritenute tali.

Magari confrontandosi con gli altri e cercando rassicurazione in quel confronto.

Se penso a me, mi riconosco azioni in cui non vorrei riconoscermi, ma sono mie. Mi rappresentano anche se non vorrei. Accettare quel riconoscimento, assumermelo e non nasconderlo innanzitutto a me, mi fa spesso sentire nella posizione di non poter proprio esprimere giudizi su nessuno.

Giudizi di valore intendo.

Che di giudizi invece ne emetto tanti. Ma tendenzialmente riguardano il valutare se quell'assetto di personalità è un assetto che potrebbe essere fonte di apprendimento per me.
Se gli aspetti negativi sono avere le gambe corte non ci posso far niente e me ne faccio una ragione.
Se invece attengono ai miei comportamenti, al modo di pormi, al non rispettare gli altri (o me stessa) eccome che non le accetto e le cambio.
Ne va della mia autostima di persona che è onesta con se stessa, ha volontà e coraggio.
 

Brunetta

Utente di lunga data

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Se gli aspetti negativi sono avere le gambe corte non ci posso far niente e me ne faccio una ragione.
Se invece attengono ai miei comportamenti, al modo di pormi, al non rispettare gli altri (o me stessa) eccome che non le accetto e le cambio.
Ne va della mia autostima di persona che è onesta con se stessa, ha volontà e coraggio.
Gli aspetti negativi a cui faccio riferimento non riguardano nè le gambe corte nè i comportamenti.

I comportamenti sono espressioni esterne di un modo di essere interno.

E posso variare i comportamenti esterni ma se non accetto in partenza la loro provenienza interna, faccio finta. Nell'esterno.

Monto una maschera di bravura che non rispecchia ciò che sono dentro.

Io penso che accettare di essere tante cose, coraggiosa e vigliacca per dire, possa portare ad un miglioramento.

Agire soltanto sui comportamenti non penso che sulla lunga possa portare ad un effettivo miglioramento.

Questo intendo.

Accettare non è perdonare e neanche giustificare.

Accettare è guardare anche con sguardo spietato e impietoso al proprio essere. Dirsi la verità. Senza farsi sconti.
E da lì iniziare ad assumersi la responsabilità di se stessi. In termini di essere, prima che di fare.

Il fare discende.

Concretamente, io so di poter essere presuntuosa. E' inutile che faccia finta di essere umile. Nei comportamenti esterni.
Sono presuntuosa. E' una parte di me.

Schiacciarla non mi porta a niente. Far finta di non esserlo esprimendomi in comportamenti che parlano di umiltà ma non lo sono internamente mi sembra ipocrita.
Bilanciarla invece, sviluppando e curando la capacità di mettermi in dubbio per esempio, porta a farmi avere comportamenti che mi permettono di imparare e limitare il mio essere presuntuosa in un'umiltà che è realmente essere nella posizione di novizia in molti ambiti della mia vita.

Ma non è costrizione e negazione in funzione della costruzione di una immagine di me rispondente ai valori che ho. E' lasciar espressione alle diverse parti di me. Anche quelle che rispetto alla mia idea di me cozzano e mi mettono in discussione.

Non so se mi spiego..
 
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Brunetta

Utente di lunga data
Gli aspetti negativi a cui faccio riferimento non riguardano nè le gambe corte nè i comportamenti.

I comportamenti sono espressioni esterne di un modo di essere interno.

E posso variare i comportamenti esterni ma se non accetto in partenza la loro provenienza interna, faccio finta. Nell'esterno.

Monto una maschera di bravura che non rispecchia ciò che sono dentro.

Io penso che accettare di essere tante cose, coraggiosa e vigliacca per dire, possa portare ad un miglioramento.

Agire soltanto sui comportamenti non penso che sulla lunga possa portare ad un effettivo miglioramento.

Questo intendo.

Accettare non è perdonare e neanche giustificare.

Accettare è guardare anche con sguardo spietato e impietoso al proprio essere. Dirsi la verità. Senza farsi sconti.
E da lì iniziare ad assumersi la responsabilità di se stessi. In termini di essere, prima che di fare.

Il fare discende.

Concretamente, io so di poter essere presuntuosa. E' inutile che faccia finta di essere umile. Nei comportamenti esterni.
Sono presuntuosa. E' una parte di me.

Schiacciarla non mi porta a niente. Far finta di non esserlo esprimendomi in comportamenti che parlano di umiltà ma non lo sono internamente mi sembra ipocrita.
Bilanciarla invece, sviluppando e curando la capacità di mettermi in dubbio per esempio, porta a farmi avere comportamenti che mi permettono di imparare e limitare il mio essere presuntuosa in un'umiltà che è realmente essere nella posizione di novizia in molti ambiti della mia vita.

Ma non è costrizione e negazione in funzione della costruzione di una immagine di me rispondente ai valori che ho. E' lasciar espressione alle diverse parti di me. Anche quelle che rispetto alla mia idea di me cozzano e mi mettono in discussione.

Non so se mi spiego..
Ti spieghi.
Ma per me (sono ripetitiva, lo so, è un mio modo di essere :facepalm::carneval:) tu assolutizzi il relativo.
Non dico che tu non abbia una tendenza alla presunzione, la hai (io no invece tiè :rotfl::rotfl::rotfl::rotfl:) ma io non vedo questi aspetti che si evolvono e non sono statici.
E' vero che si evolvono quando li riconosciamo.
Mi è talmente piaciuta l'immagine della Sagrada famiglia che credo che la userò ancora.
Perché non solo siamo in perenne evoluzione ma siamo proprio una cattedrale.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Se gli aspetti negativi sono avere le gambe corte non ci posso far niente e me ne faccio una ragione.
Se invece attengono ai miei comportamenti, al modo di pormi, al non rispettare gli altri (o me stessa) eccome che non le accetto e le cambio.
Ne va della mia autostima di persona che è onesta con se stessa, ha volontà e coraggio.
Per me essere onesta, avere volontà e coraggio significa dirmi anche le verità scomode e vergognose che mi riguardano.

Anche quelle di cui ho schifo. E ne ho.

E non distogliere lo sguardo. Pur volendolo fare.
Per tutto il tempo che serve per smettere maschere di bontà e piacevolezza. Ai miei occhi.
 
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