Ogni tanto questa discussione vi rispunta in cima e ve ne chiedo perdono

. In molti salteranno e non li biasimo, ma avevo bisogno di scrivere delle cose in un "posto" dove non ci sono solo io.
Alla fine, ho scoperto che la mia amica malata ce l'ha con me: a quanto pare, quando mi ha detto che non potevo dormire in ospedale con lei e mi ha detto "oddio, devi andare in hotel" io le ho risposto "no problem" e a lei invece è venuto un attacco di panico perché boh, l'avrà visto come uno scombussolamento/mi ha sentita poco sincera nel mio rispondere "no problem", poi si è incazzata con me e mi ha tagliata fuori dalla sua vita.
Ora, considerato che la conosco da quindici anni e che in questi giorni è un altro macigno che mi porto dentro... da un lato forse è vero che io mi spiego male... dall'altro però è vero che la gente tende a comportarsi con me un po' come il cazzo. Se ti dico "no problem, mi pago l'hotel senza problemi" e tu ti fai venire il panico e mi tagli fuori, adesso a prescindere dalla malattia: io volevo venire a trovarti e fare una cosa bella, se ti dico non c'è problema, è una cosa genuina e sincera, altrimenti mica volevo venire a trovarti. Mi sembra un ragionamento molto lineare. Siccome non mi chiamava più e avevo paura che le fosse successo qualcosa, ho chiamato la sua migliore amica e mi ha fatto un cazziatone enorme, aggressivo e maleducato, quando io avevo le migliori intenzioni, ed è venuto fuori che la mia amica è uscita dall'ospedale ed è con me, nello specifico, che non vuole parlare.
Ora, vi starete facendo due domande:
1) cosa c'entra col topic
2) ma noi sappiamo solo la tua campana, cazzo ne sappiamo in realtà di quello che vi siete dette - e in effetti ultimamente, in generale, comincio a dubitare io stessa nei miei comportamenti.
Scrivo tutto questo perché la mia ex faceva lo stesso giochino. Forse alla base c'era una negligenza da parte mia, ma gira che ti rigira, finiva sempre che mi veniva poggiato sulle spalle un senso di colpa gigantesco per cui dovevo chiedere scusa, quando io cercavo un'interazione lineare, fra persone normali, che si vogliono bene, addirittura si amano, si piacciono, e quindi si guardano in faccia più volte a settimana. Io sono una persona molto trasparente, soprattutto con le persone a cui decido di dare qualcosa (non fate i maliziosi). Ammetto che a volte sbaglio, e quando sbaglio cerco di coprirmi, ma comincio veramente a non meritare delle relazioni umane in cui, in un modo o nell'altro, finisce che è sempre colpa mia, qualcosa non torna. Nel caso della mia amica, è vero che sta male, ma cosa ci voleva a dirmi chiaramente "non puoi dormire qui"? Anche se mi hai detto all'ultimo dell'hotel, forse per una mia mancanza, che problema c'era? La mia ex mi rimproverava il fatto che spesso le davo della stronza. Ma in effetti lei si comportava da stronza con me, facendo di tutto per non riconoscerlo. Forse avrei dovuto "sgridarla" meno, godermela con più leggerezza, e fare lo stesso anche quando ci siamo riviste, ma penso io fossi veramente molto esasperata e ferita. Stranamente, adesso ho la stessa sensazione addosso di quando litigavo con lei, e poco fa ho avuto un attacco di ansia veramente brutto, io che non ne ho mai avuti con tutti i problemi di salute, i lutti e i problemi che ho avuto. Sento che tutto quest'affastellamento stia seriamente spezzando la trave portante. Non capisco più se sono io che non sono più capace di rapportarmi agli altri, o forse sono gli altri a essere meno normali e più fragili di me. Non capisco assolutamente più nulla di me stessa e non capisco assolutamente cosa mi stia succedendo. Ho fatto stare molto, molto male mia madre giorni fa: oggi mi ha detto ha temuto volessi suicidarmi, nei giorni in cui non la chiamavo. Temo un po' ci abbia preso. Non ci ho provato, ma per quel gruzzolo di giorni mi è *passivamente* passata la voglia di vivere, nel senso che se mi fosse successo qualcosa, non avrei tanto resistito. È una sensazione che non ho provato molto spesso in vita mia: di solito ho l'istinto di autoconservazione molto alto, e in questo periodo, invece, mi sembra sia completamente sparito. Ho una stanchezza addosso che mai prima di adesso, ma riesco a funzionare sorprendentemente bene se si tratta di mandare curriculum, interagire durante un colloquio (ne ho fatto uno!) e prepararmi per il dottorato: mesi fa mi veniva da vomitare solo al pensiero, adesso è l'unica cosa che mi salva, forse perché è l'unica cosa in cui sento di avere attivamente un valore personale.
La reazione non-lineare di questa mia amica mi ha fatto pensare a due cose, perché mi ha fatto sentire male tanto quanto la mia ex... vediamo se riesco a spiegare questa cosa in due punti. Qualcuno qui ha parlato di co-dipendenza, io... io sto pensando più che altro a due cose. La prima è che sarebbe più comodo (e forse più semplice, o più vero) pensare "non ti ama più e senza di te sta meglio", ma le sue reazioni generalmente non-lineari mi fanno pensare che o non mi ha mai voluto anche dell'affetto manco a pagarne, e mi ha usata, oppure che veramente abbia dei grossi, grossi problemi psicologici che le impediscono di comportarsi in un certo modo con gli altri. Forse adesso è più spigliata, ma sotto sotto la gente rimane uguale: non la frequento da mesi, ma immagino chiunque magari si approcci a lei e cerchi di scavare più in fondo, troverà quello che ho trovato io. Voglio pensarla così, perché pensare "eri proprio TU a non piacerle" mi fa stare parecchio male. Oltre a questo, penso ci siano persone che, sai perché, quando raggiungono un livello tot di intimità con una persona, sentono di essersi scoperte troppo e si ritraggono. Io ho bisogno di "scoprirmi" troppo, se ti amo, o anche se ti voglio bene: se ti percepisco come tale, qualunque manifestazione al di sotto di questa soglia, da parte mia, vuol dire considerare un rapporto inautentico, arido, e infruttuoso. Stasera mi è venuto in mente un articolo che lessi per la mia tesi di Triennale su Cime Tempestose (scusate se non conoscete il romanzo e vi sembrerà un divagare letterario e inutile): l'amore romsntico di Heathcliff, nella sua brutalitrà e nel suo altruismo, è un'antitesi a quello di Linton, più moderato, ma pallido e convenzionale. Pur essendo più affine al primo, Catherine sceglie il secondo, perché tutta quest'intimita e questa comunione d'anime la spaventa. È la stessa sensazione che avevo io: una persona che ti sente importante, e tuto, ma alla fine non ci riesce a stare perché è troppo una responsabilità, troppo un investimento, e quindi si ritraeva da me, in cerca di cose che le dessero meno impegno. Qualcuno ha detto che la verità è che 17 anni erano pochi e lo sono anche 21, ma non credo che l'età anagrafica c'entri davvero. Dal canto mio, io posso dire di averla amata in modo molto genuino: avevo la gioia spontanea di sentire la sua presenza, e la reputavo preziosa. Mi piacevano le cose piccole, e fesse, e dopo un sacco di amicizie a distanza, e due anni di relazione a distanza, volevo della presenza fisica in più, per godermi una presenza che per me era importantissima. Per lei forse non era così, e forse io l'ho pretesa in un modo sbagliato, sbattendo i piedi, però le ho usato per anni ogni tipo di gentilezza, di delicatezza, perché vederla sollevata e felice mi faceva piacere: è l'unica cosa bella che possiamo dare di noi, soprattutto se sotto il profilo logistico, nel mio caso, la bilancia pesa su altri problemi. Mi pesa che per lei fosse così passeggero, così fastidioso, questo sentimento: io volevo darle solo cose belle. Lei, per allontanarsi, ha pnsato bene di farlo nel modo più mescino possibile. Sono stufa di non dare un giudizio morale sulle persone: ci sono cose che sono civili, e cose che non lo sono. Ipazia dice che ho messo in comune solo il mio sacrificio: ora come ora, non so se sia vero del tutto. Fatto sta che io avrei voluto mettere in comune anche tante altre cose, se mi fosse stata data la possibilità: il piacere di cucinare insieme, di spremere il tubetto di dentifricio, di sentirmi dire "sono con i miei amici, vieni, te li faccio conoscere". Volevo mettere sul piatto anche i miei problemi: il fatto di non potermi muovere agevolmente, e di capire cosa potessimo fare insieme. Tutto questo, questo piacere della presenza, delle piccole cose, è una cosa che non circoscrivo solo all'amore, e comincio a pensare che alla maggior parte della gente con cui ho a che fare non interessi, e che la mia spontaneità (e ogni tanto la mia esuberanza) vengano viste come un mio difetto. Ma io, senza queste due cose, sento di condurre, fuori e dentro di me, una vita molto triste e piena di difficoltà... e basta. Per me affrontare il quotidiano è difficile, e io faccio molto di più di quello che dovrei, anche con gioia, quando ce l'avevo, perché di vita ne abbiamo una... molti non capiscono nemmeno questo. Nel frattempo, la gioia mi è passata tutta: un po' me l'ha spenta lei, un po' me l'hanno spenta altre cose, e un angolo di me continua a domandarsi se col tempo possa seriamente pentirsi di quello che ha perso.
Alla luce di quello che mi è successo stasera con la mia amica, penso che forse potrà essere pure vero, dovesse stancarsi della sua vita e pensare che toh, quello che ha perso era importante, ma cerco di allontanare il più possibile il pensiero: l'unica soluzione che riesco a vedere è raccogliermi nelle mie cose. Me ne sono rimaste poche, non mi bastano, ma non posso farci molto. Nemmeno il pensiero di uscire fuori in mezzo alla gente mi aiuta. Penso, anzi, di stare peggio, fuori, ultimamente: oggi mi sentivo veramente male, mentre andavo in giro per commissioni. Non mi va di dividere, non mi va di conoscere: preferisco concentrarmi sul botto di videogiochi e libri che ho comprato, così mi distraggo e mi arricchisco di qualcosa che non venga dai miei pensieri, tutti, fondamentalmente, parecchio, parecchio, ma parecchio brutti, come non ne ho mai avuti prima. Ora che ci penso, non ho altro da condividere se non quelli, con gli altri. Quindi, meglio star zitti.
Mi è stato detto che sono in un loop e che al posto di rivolgere le domande verso di lei, dovrei rivolgerle verso me stessa, e anche qui mi sono venute in mente delle cose... io forse in questo momento non mi capisco, ma capisco i miei valori, il mio modo di pensare, di considerare gli altri. Non ho molte domande da farmi, perché le domande riguardano miei specifici, particolari dolori, legati a questa storia e ad altre cose, cui non esiste davvero una risposta. Molti affondano le radici veramente in fondo, a quand'ero ragazzina: svellere le zolle non mi serve, perché so cosa c'è sotto, però forse mi serve dell'aiuto che mi aiuti a gestire questa disperazione profonda che mi prende fino a farmi salire i conati di vomito. Speravo mi fosse passata, ma mi sbagliavo, è sempre lì, un po' legata alla gente che se ne va, un po' alla voglia di passare tutte le dita in mezzo ai capelli di una persona che non ti vuole più, un po' a boh, sai cosa: l'amore io l'ho sempre visto come una zona grigia dell'animo umano, perché non sai mai, di preciso, perché ami qualcuno. Se cominci a saperlo di preciso, allora non ami: stai calcolando un rapporto, e a me la geometria non è mai piaciuta. Forse la gente matura, col tempo, si rende conto. Forse, pur facendolo, non torna indietro, forse invece sì: quale che sia, con tutta la speranza malsana che ho, voglio farmi piccola piccola dentro me stessa e vivere al minuto perché sofferenze, o attese, o speranze, come quelle che ho vissuto stasera (per una persona con cui non stavo insieme!) non le voglio più sentire. E non voglio, allo stesso tempo, instaurare quei rapporti che mia madre chiama amicizie cordiali e distanti: non mi servono. Piuttosto, sto sola. Magari un caffè me lo piglio, con una persona con cui scambiare due parole, per il piacere di parlare un minuto, ma è minimo contatto umano, non so se mi spiego. Una mia amica sta male. Io, senza rimpianti, volevo passare un bel pomeriggio con lei portandole un sacco di dolci e di regali, vederla sorridere e vedere che se lo potesse ricordare nei momenti in cui si sentiva giù. Vuoi per difetti miei, vuoi per difetti suoi, non ci siamo capite. Ho cercato di farmi sentire e non mi ha risposto apposta: io ho la coscienza a posto e le ho detto che le voglio bene.
Forse sono in un loop, e forse è vero. Verò è anche, però, che vedo ognuno di noi nel loro mare di merda, chi più, chi meno, e a mia discolpa, se non ci fossi dentro, forse non sarei su Tradimento.net ma su SingleFelici.tié. Però, insomma, siete della bella gente. E vi ringrazio per tutti i punti di vista che mi fate leggere. I miei sono sempre sconclusionati e me ne scuso.
EDIT: se non mi vedete tanto n giro, sto cercando appunto di raccogliermi un po'. Leggere di gente che cerca, che vorrebbe, che può o non può recuperare, mi fa salire un po' di mal di mare e devo usare con moderazione. Ho meno di trent'anni e fra i futuri più fortunati che mi si aprono davanti, stando a quello prospettatomi da colloquio di giorni fa, c'è quello di lavorare come una bestia ad orari atroci per tornare in una casa minuscola in cui non c'è nessuno, e in cui non ci sarà nessuno per un bel po', proprio perché mi conosco molto bene. E questo è il futuro positivo. Mi dicevo sempre "abbiamo una vita sola, che bello!". Adesso guardo la mia, da fuori, e il "che bello" è andato affanculo per tante ragioni. Ho stanchezze addosso di cui sento parlare solo alla gente di quarant'anni (non perché chi ne ha quaranta sia decrepito, intendiamoci), e mi chiedo solo come sia possibile.