Zucche e meloni hanno la loro stagione

iosolo

Utente di lunga data
Ma non mi appartiene proprio il disfattismo a nessun livello.
Non ho niente a che fare con i professori universitari che lamentano sciatteria ortografica e grammaticale senza avere la più pallida idea di come si acquisiscono quelle abilità.
Io penso che basti confrontare la semplicità di un film di Peppone e don Camillo, corredato di voce esplicativa fuori campo come se non fossero bastate le parole dei personaggi e la recitazione enfatizzata, con una odierna fiction americana per rendersi conto che rispetto ai racconti in immagini la competenza è enormemente aumentata.
Io ho parlato di aspetti precisi e definiti che privano i bambini dell'opportunità di imparare forme relazionali e sociali e rielaborare il vissuto.
Non ho dato una valutazione genericamente e superficialmente negativa.
Secondo no.
I bambini hanno le stesse opportunità di imparare forme relazionali e sociali, ecco dove non ci troviamo.

Non ci troviamo perchè abbiamo due punti differenti non perchè le tue argomentazioni non siano valide, ovviamente.
 

danny

Utente di lunga data
Ho viaggiato con i miei figli, anche se sono ancora molto piccoli, anche in altre continenti.
Ma anche senza andare troppo lontano la nuova "classe" scolastica è composta da etnie diverse, lingue, modi di fare e anche religioni.

Li ho visto interagire con altri bambini, li ho visti giocare ai stessi giochi e utilizzare i stessi modi di fare.
Alzare il pugno in alto per festeggiare una vittoria, un "batti cinque" per sottolineare l'appartenenza ad una squadra, un applauso per accompagnare il consenso.
Parlano di Ronaldo, di Jeeg Robot e di figurine panini. Uguali identici.

Il consumismo è solo lo strumento per la comunicazione ne più e ne meno.
Parlare della "girella" per la mia generazione è parlare di un momento che comunque in molti condividiamo, è solo un simbolo, che perde il suo significato consumista per diventare altro.
Se tu fossi il mio migliore d'infanzia, ti parlerei di "Rosa" la ragazza del terzo piano e di quando ci tirava le gomme nel cortile... o del signore al secondo piano che puntualmente urlava "ve l'ho buco sto pallone...!?".
Sono uguali identici proprio perché sottoposti agli stessi stimoli.
Anche la classe di mia figlia è multietnica come tutte le classi ormai (da lei gli italiani sono minoranza, di milanesi c'è solo lei).
Ma a tutti piacciono Mc Donald e Coca Cola.
Tutti fanno attività organizzate.
Nessuno gioca con gli altri nei giardini che comunque da noi ci sono.
Sono uguali.
Ma è anche questo un problema, perché la diversità è ricchezza.
Quindi viva la Coca Cola.
Ma anche l'acqua delle fontanelle.
Viva la piscina.
Ma anche il bagno nel fiume passando dal fango delle riva.
Viva la playstation.
Ma anche rimpiattino o nascondino.
 
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Brunetta

Utente di lunga data
Secondo no.
I bambini hanno le stesse opportunità di imparare forme relazionali e sociali, ecco dove non ci troviamo.

Non ci troviamo perchè abbiamo due punti differenti non perchè le tue argomentazioni non siano valide, ovviamente.
No. Non le hanno. Capisco che puoi non fidarti della mia opinione. Ne hanno altre. Però una mancanza resta.
 

Andrea Lila

Utente di lunga data
Scusate, non ho letto gli ultimi post, ma mi è venuta in mente questa discussione poco fa in palestra. Accanto alla sala dove noi si faceva walking c'è quella della danza classica, che già in una palestra normale secondo me è una forzatura, ma passiamola. Ho assistito come al solito allo sfilare di bambinette piccolissime, tipo 3-4 anni, con tanto di tutù e scaldamuscoli :facepalm: perlopiù cicciottelle e sgraziate, come spesso accade a quell'età e, mentre sudavo sette toppini :D , pensavo a quanto la predisposizione nell'avviamento allo sport, a qualsiasi sport, non venga minimamente presa in considerazione, e a quanto anche la fisicità, cioè il tipo di fisico conti o meno. A livello attività ludica non ha senso fare questi discorsi, ci mancherebbe, ma queste piccoline faranno saggi e gare, quelle della ritmica soprattutto, e io mi chiedo se quello che fanno piaccia loro veramente oppure ci si ritrovano per sbaglio. Per dire io da piccola ho fatto ritmica ma solo perchè la società che c'era in paese era l'unica che offrisse una certa continuità e la possibilità di sforare nell'agonismo, ma solo in tarda età ho realizzato che quello che mi sarebbe piaciuto davvero aprofondire era l'atletica leggera. Roba da appassionati veramente che non apre le porte, a meno che si sia davvero dei fuoriclasse, a nessuna vetrina. Bhò, la butto lì.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Scusate, non ho letto gli ultimi post, ma mi è venuta in mente questa discussione poco fa in palestra. Accanto alla sala dove noi si faceva walking c'è quella della danza classica, che già in una palestra normale secondo me è una forzatura, ma passiamola. Ho assistito come al solito allo sfilare di bambinette piccolissime, tipo 3-4 anni, con tanto di tutù e scaldamuscoli :facepalm: perlopiù cicciottelle e sgraziate, come spesso accade a quell'età e, mentre sudavo sette toppini :D , pensavo a quanto la predisposizione nell'avviamento allo sport, a qualsiasi sport, non venga minimamente presa in considerazione, e a quanto anche la fisicità, cioè il tipo di fisico conti o meno. A livello attività ludica non ha senso fare questi discorsi, ci mancherebbe, ma queste piccoline faranno saggi e gare, quelle della ritmica soprattutto, e io mi chiedo se quello che fanno piaccia loro veramente oppure ci si ritrovano per sbaglio. Per dire io da piccola ho fatto ritmica ma solo perchè la società che c'era in paese era l'unica che offrisse una certa continuità e la possibilità di sforare nell'agonismo, ma solo in tarda età ho realizzato che quello che mi sarebbe piaciuto davvero aprofondire era l'atletica leggera. Roba da appassionati veramente che non apre le porte, a meno che si sia davvero dei fuoriclasse, a nessuna vetrina. Bhò, la butto lì.
Per me fino ai sei (direi sette) si dovrebbe poter ballare sgraziatamente da sole o con le amiche, cantare a squarciagola da stonate, giocare a pallone in cortile o su un prato e quando sei stufo buttarti sotto un albero a leggere, guardare le nuvole o le formiche o arrampicarsi su un albero.
Poi se si vede una predisposizione va giustamente valorizzata.
Mi rendo conto che se fosse stato figlio mio Mozart forse non ci sarebbe stato.
L'umanità ci avrebbe rimesso, lui non so.
Ma poiché io non ho la presunzione di aver generato il genio del secolo i miei figli li ho lasciati giocare.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Un altro punto di vista

https://igorsalomone.net/2016/12/13/smettiamola-di-dar-retta-ai-bambini/




di Igor Salomone



“Tu” gli ho detto guardandolo dall’alto in basso e puntando l’indice sul suo naso “non devi ascoltare sempre i discorsi degli adulti”.
Cavolo che esperienza! mi sono sentito posseduto dallo Spirito degli Educatori Passati. Ne ho assunto persino la postura: volitiva, austera, magistrale. Diamine! possibile che gli adulti non possano parlare tra loro senza che tutti i mocciosi nei dintorni non si sentano in diritto di ficcare il naso interrompendo, domandando, pretendendo?

Dove abbiamo sbagliato?
Perchè da qualche parte abbiamo sicuramente sbagliato.

Il giorno dopo Ognissanti eravamo a pranzo con una coppia di amici, in un ristorantino incastonato tra le montagne nel bel mezzo di un nulla blu. Quattro genitori, due bambini di nove anni e mia figlia, che di anni ne ha diciannove ma necessita di attenzioni anche maggiori degli altri due. Madre, figlia, figlia, figlio, madre, padre, padre. Questa era la distribuzione dei posti attorno al tavolo. Ogni genitore aveva di fronte un figlio, nessun adulto si guardava dritto negli occhi, per parlarci dovevamo contorcerci.

“Quando ero piccolo noi bambini mangiavamo sempre per conto nostro”, dico al mio amico che annuisce. Abbiamo la stessa età. E anche le stesse passioni pedagogiche. E’ d’accordo quando sentenzio che non mi sembra sia stato un gran guadagno passare da quella specie di apartheid generazionale, all’attuale promiscuità che confonde i mondi di adulti e bambini, mischiandoli inestricabilmente.
Eppure è questo che mi capita di vedere ovunque.

In una comunità per minori che frequento per lavoro, siedo spesso a pranzo con educatori e ragazzi. Stesso format: adulto-minore-adulto-minore in alternanza e i discorsi, a tavola, sono sempre intrecciati. I ragazzi faticano a parlare tra loro senza che un educatore non intervenga e gli adulti fra loro difficilmente scambiano una parola.
Non esistono più discorsi “da grandi”? Bambini e ragazzi non hanno più nulla da dirsi che riguardi solo loro e nessun altro?
Del resto mi sembra di essere mia nonna. Odio i discorsi che iniziano con “una volta” per dire che l’Età dell’oro è alle spalle, fosse anche solo vent’anni fa, e oggi il mondo è irrimediabilmente corrotto. Non ho alcuna nostalgia del bel mondo antico alla ‘900 di Bertolucci e l’immagine dei bambini che giocano scalzi nell’aia tirando di fionda ai gatti mi mette tristezza, non malinconia per la vita vera di una volta ormai andata perduta.

Però qualcosa di sbagliato c’è comunque.
Bambini che non si fanno mai gli affari propri e adulti che mettono il becco in tutto ciò che fanno i bambini, sono due facce della stessa medaglia. Il frutto iperbolico e illegittimo di una rivoluzione educativa che ci ha insegnato l’attenzione e l’ascolto, ma non ci ha mai detto che per avere la nostra attenzione i bambini hanno diritto a rapinarla con ogni mezzo e che ascoltarli significa dar retta a tutto quello che dicono.
L’attenzione va conquistata, non pretesa, e ottenerla non può essere lo scopo, ma il mezzo per imparare i modi, i momenti e le opportunità.
L’ascolto educativo è ascolto dei bisogni e tacere, ignorare, persino intimare, magari con l’indice puntato, possono essere gesti attenti al bisogno dei bambini di essere posti di fronte a dei confini. Se sono compiuti con cura e non per sfinimento, quando i confini si sono dissolti, quando la richiesta di attenzione diventa predatoria, quando lo spazio adulto è ormai totalmente colonizzato.

Smettiamola di dar retta ai bambini a ogni costo. Anche perchè il costo che alla fine dobbiamo pagare è l’impossibilità di dar loro ascolto, assordati dal frastuono delle loro pretese.
Smettiamola di dar retta ai bambini e iniziamo ad ascoltarli, anche se per farlo dobbiamo girare la testa dall’altra parte, continuare a parlare tra noi, ricondurli con un dito al loro spazio.
Smettiamola di dar retta ai bambini, oppure diamogliela sul serio drizzando le orecchie a ciò di cui necessitano veramente, anche se questo significa tenerli, quando serve, a debita distanza.
 

danny

Utente di lunga data
https://igorsalomone.net/2016/12/13/smettiamola-di-dar-retta-ai-bambini/




di Igor Salomone



“Tu” gli ho detto guardandolo dall’alto in basso e puntando l’indice sul suo naso “non devi ascoltare sempre i discorsi degli adulti”.
Cavolo che esperienza! mi sono sentito posseduto dallo Spirito degli Educatori Passati. Ne ho assunto persino la postura: volitiva, austera, magistrale. Diamine! possibile che gli adulti non possano parlare tra loro senza che tutti i mocciosi nei dintorni non si sentano in diritto di ficcare il naso interrompendo, domandando, pretendendo?

Dove abbiamo sbagliato?
Perchè da qualche parte abbiamo sicuramente sbagliato.

Il giorno dopo Ognissanti eravamo a pranzo con una coppia di amici, in un ristorantino incastonato tra le montagne nel bel mezzo di un nulla blu. Quattro genitori, due bambini di nove anni e mia figlia, che di anni ne ha diciannove ma necessita di attenzioni anche maggiori degli altri due. Madre, figlia, figlia, figlio, madre, padre, padre. Questa era la distribuzione dei posti attorno al tavolo. Ogni genitore aveva di fronte un figlio, nessun adulto si guardava dritto negli occhi, per parlarci dovevamo contorcerci.

“Quando ero piccolo noi bambini mangiavamo sempre per conto nostro”, dico al mio amico che annuisce. Abbiamo la stessa età. E anche le stesse passioni pedagogiche. E’ d’accordo quando sentenzio che non mi sembra sia stato un gran guadagno passare da quella specie di apartheid generazionale, all’attuale promiscuità che confonde i mondi di adulti e bambini, mischiandoli inestricabilmente.
Eppure è questo che mi capita di vedere ovunque.

In una comunità per minori che frequento per lavoro, siedo spesso a pranzo con educatori e ragazzi. Stesso format: adulto-minore-adulto-minore in alternanza e i discorsi, a tavola, sono sempre intrecciati. I ragazzi faticano a parlare tra loro senza che un educatore non intervenga e gli adulti fra loro difficilmente scambiano una parola.
Non esistono più discorsi “da grandi”? Bambini e ragazzi non hanno più nulla da dirsi che riguardi solo loro e nessun altro?
Del resto mi sembra di essere mia nonna. Odio i discorsi che iniziano con “una volta” per dire che l’Età dell’oro è alle spalle, fosse anche solo vent’anni fa, e oggi il mondo è irrimediabilmente corrotto. Non ho alcuna nostalgia del bel mondo antico alla ‘900 di Bertolucci e l’immagine dei bambini che giocano scalzi nell’aia tirando di fionda ai gatti mi mette tristezza, non malinconia per la vita vera di una volta ormai andata perduta.

Però qualcosa di sbagliato c’è comunque.
Bambini che non si fanno mai gli affari propri e adulti che mettono il becco in tutto ciò che fanno i bambini, sono due facce della stessa medaglia. Il frutto iperbolico e illegittimo di una rivoluzione educativa che ci ha insegnato l’attenzione e l’ascolto, ma non ci ha mai detto che per avere la nostra attenzione i bambini hanno diritto a rapinarla con ogni mezzo e che ascoltarli significa dar retta a tutto quello che dicono.
L’attenzione va conquistata, non pretesa, e ottenerla non può essere lo scopo, ma il mezzo per imparare i modi, i momenti e le opportunità.
L’ascolto educativo è ascolto dei bisogni e tacere, ignorare, persino intimare, magari con l’indice puntato, possono essere gesti attenti al bisogno dei bambini di essere posti di fronte a dei confini. Se sono compiuti con cura e non per sfinimento, quando i confini si sono dissolti, quando la richiesta di attenzione diventa predatoria, quando lo spazio adulto è ormai totalmente colonizzato.

Smettiamola di dar retta ai bambini a ogni costo. Anche perchè il costo che alla fine dobbiamo pagare è l’impossibilità di dar loro ascolto, assordati dal frastuono delle loro pretese.
Smettiamola di dar retta ai bambini e iniziamo ad ascoltarli, anche se per farlo dobbiamo girare la testa dall’altra parte, continuare a parlare tra noi, ricondurli con un dito al loro spazio.
Smettiamola di dar retta ai bambini, oppure diamogliela sul serio drizzando le orecchie a ciò di cui necessitano veramente, anche se questo significa tenerli, quando serve, a debita distanza.
Premesso che da noi i bambini stanno tra bambini e gli adulti tra adulti e che esistono piani separati di comunicazione, le modalita di cui si parla nell'articolo descrivono una socialita che viaggia sulla difensiva, in cui la famiglia a mo' di clan erge barriere protettive nei confronti di chi non vi appartiene, costituendo i bambini le mura difensive. Ne consegue l'indispensabilita' di non perdere tale strumento di difesa e quindi il perpetuarsi di una relazione alla pari con i figli.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Premesso che da noi i bambini stanno tra bambini e gli adulti tra adulti e che esistono piani separati di comunicazione, le modalita di cui si parla nell'articolo descrivono una socialita che viaggia sulla difensiva, in cui la famiglia a mo' di clan erge barriere protettive nei confronti di chi non vi appartiene, costituendo i bambini le mura difensive. Ne consegue l'indispensabilita' di non perdere tale strumento di difesa e quindi il perpetuarsi di una relazione alla pari con i figli.
Ma è diffuso.
 
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