Libro di Francesco Bonami - " L' arte nel cesso. Da Duchamp a Cattelan, ascesa e declino dell'arte contemporanea ".
Prefazione :
"L'autore ammette che, in fondo, tante opere alla cui vista restiamo sgomenti forse avremmo potute farle pure noi, e comunque, anche se le ha fatte qualcun altro prima, questo non significa affatto che si tratti di arte. Per concludere, provocatoriamente ma non del tutto, che l'arte contemporanea – che ha avuto inizio nel 1917 con l'orinale capovolto ( Fontana ) di Marcel Duchamp – oggi, a un secolo esatto, è giunta alla sua fine, e deve lasciare il posto a una nuova fase. E con che cosa si è conclusa? Con America , il cesso d'oro 18 carati di Maurizio Cattelan esposto nell'autunno 2016 al Guggenheim di New York, dove lo si può non solo ammirare ma persino usare. In questi cento anni, ci dice Bonami, abbiamo visto davvero di tutto, dagli artisti che sulla scia di Duchamp espongono un oggetto, a chi propone un concetto (come Una e tre sedie di Joseph Kosuth), a chi mostra un progetto, ovvero parole, disegni, grafici che vengono presentati come opere d'arte ma al momento sono semplici ipotesi in attesa di essere realizzate (come accade per esempio con Christo, ma non con Peter Fend, che in genere espone solo fantasiose e irrealizzabili ipotesi sul mondo, come cambiare i confini di certe nazioni o deviare il corso del Danubio). Tutti accomunati dall'intento di sorprendere. Attraverso una serie di racconti e riflessioni, l'autore ci mostra perché ora all'arte non bastano più solo idee che si rincorrono con l'obiettivo di essere una più rivoluzionaria dell'altra. E perché, provocazione dopo provocazione, la contemporaneità ha esaurito il suo potere di stupire. E conclude che, per tornare a essere utile, l'arte deve ritrovare la capacità d'inventare e narrare storie, recuperando quell'essenziale cocktail di ingenuità e genialità che è alla base della creatività umana. Un po' come fa Charles Ray, in polemica con l'astrazione del Novecento, con il suo bambino che gioca con una macchinina. «Il bambino di Ray non è semplice, ma è accessibile» scrive Bonami. «Qualsiasi persona di qualsiasi parte del mondo comprende quel gesto. L'oggetto, quale che sia nella mano del bimbo, diventa un universo di pensieri, l'inizio di una storia, di un viaggio che il bambino farà stando fermo quasi sdraiato per terra, praticamente senza muoversi. Ecco il destino dell'arte. Farci entrare in una storia, farci iniziare un viaggio senza doversi mai spostare.» "
L’arte di rottura oggi è stata sostituita dalla culinaria, o l’arte del mangiare, o la gastronomia, dagli chef stellati, dai maestri del tiramisù rivisitato e decostruito. I veri sperimentatori del gusto umano non sono più gli artisti nei loro studi, ma i cuochi nelle loro cucine. Molti cuochi s’ispirano pure all’arte contemporanea, altri con i denari fatti trasformando un’oliva in una bistecca alla fiorentina l’arte contemporanea la collezionano.
L’avversario più feroce dell’arte oggi è il cibo. I canali televisivi vogliono solo quello e la gente forse giustamente si sente più a proprio agio osservando la metamorfosi di uno spaghetto, che si sa bene cos’è, in un chicco di riso, ingrediente altrettanto famoso, che ascoltare qualche oscuro critico spiegare la validità di un chiodo piantato in un pezzo di legno e mostrato in un museo.
Il cibo è l’avanguardia di oggi, l’arte concettuale, il suprematismo e così via. Al cibo, come all’arte un tempo, si applica l’ideologia. Non si mangia più ciò che piace ma ciò che è interessante. Non si mangia per godere, ma per capire. Non si mangia per fare due chiacchiere, ma per discutere dei massimi sistemi del caciocavallo stagionato sotto una ruota di un camion. Lo stomaco ha sostituito l’anima.
Chi pensava che l’arte fosse l’unico territorio dove le provocazioni potevano essere estreme, davanti a questo nuovo movimento creativo è costretto a ricredersi. Mangiare e masticare sono diventati termini reazionari e conservativi, oggi si deglutisce e si rumina se si vuole essere al passo con i tempi. Se una volta il gesto più radicale era appendere in una galleria una semplice tela bianca, oggi la provocazione più grande sarà la mela stanca, ovvero una mela lasciata su un piatto per così tanto tempo che finisce per sbucciarsi da sola.
Francesco Bonami
Prefazione :
"L'autore ammette che, in fondo, tante opere alla cui vista restiamo sgomenti forse avremmo potute farle pure noi, e comunque, anche se le ha fatte qualcun altro prima, questo non significa affatto che si tratti di arte. Per concludere, provocatoriamente ma non del tutto, che l'arte contemporanea – che ha avuto inizio nel 1917 con l'orinale capovolto ( Fontana ) di Marcel Duchamp – oggi, a un secolo esatto, è giunta alla sua fine, e deve lasciare il posto a una nuova fase. E con che cosa si è conclusa? Con America , il cesso d'oro 18 carati di Maurizio Cattelan esposto nell'autunno 2016 al Guggenheim di New York, dove lo si può non solo ammirare ma persino usare. In questi cento anni, ci dice Bonami, abbiamo visto davvero di tutto, dagli artisti che sulla scia di Duchamp espongono un oggetto, a chi propone un concetto (come Una e tre sedie di Joseph Kosuth), a chi mostra un progetto, ovvero parole, disegni, grafici che vengono presentati come opere d'arte ma al momento sono semplici ipotesi in attesa di essere realizzate (come accade per esempio con Christo, ma non con Peter Fend, che in genere espone solo fantasiose e irrealizzabili ipotesi sul mondo, come cambiare i confini di certe nazioni o deviare il corso del Danubio). Tutti accomunati dall'intento di sorprendere. Attraverso una serie di racconti e riflessioni, l'autore ci mostra perché ora all'arte non bastano più solo idee che si rincorrono con l'obiettivo di essere una più rivoluzionaria dell'altra. E perché, provocazione dopo provocazione, la contemporaneità ha esaurito il suo potere di stupire. E conclude che, per tornare a essere utile, l'arte deve ritrovare la capacità d'inventare e narrare storie, recuperando quell'essenziale cocktail di ingenuità e genialità che è alla base della creatività umana. Un po' come fa Charles Ray, in polemica con l'astrazione del Novecento, con il suo bambino che gioca con una macchinina. «Il bambino di Ray non è semplice, ma è accessibile» scrive Bonami. «Qualsiasi persona di qualsiasi parte del mondo comprende quel gesto. L'oggetto, quale che sia nella mano del bimbo, diventa un universo di pensieri, l'inizio di una storia, di un viaggio che il bambino farà stando fermo quasi sdraiato per terra, praticamente senza muoversi. Ecco il destino dell'arte. Farci entrare in una storia, farci iniziare un viaggio senza doversi mai spostare.» "
L’arte di rottura oggi è stata sostituita dalla culinaria, o l’arte del mangiare, o la gastronomia, dagli chef stellati, dai maestri del tiramisù rivisitato e decostruito. I veri sperimentatori del gusto umano non sono più gli artisti nei loro studi, ma i cuochi nelle loro cucine. Molti cuochi s’ispirano pure all’arte contemporanea, altri con i denari fatti trasformando un’oliva in una bistecca alla fiorentina l’arte contemporanea la collezionano.
L’avversario più feroce dell’arte oggi è il cibo. I canali televisivi vogliono solo quello e la gente forse giustamente si sente più a proprio agio osservando la metamorfosi di uno spaghetto, che si sa bene cos’è, in un chicco di riso, ingrediente altrettanto famoso, che ascoltare qualche oscuro critico spiegare la validità di un chiodo piantato in un pezzo di legno e mostrato in un museo.
Il cibo è l’avanguardia di oggi, l’arte concettuale, il suprematismo e così via. Al cibo, come all’arte un tempo, si applica l’ideologia. Non si mangia più ciò che piace ma ciò che è interessante. Non si mangia per godere, ma per capire. Non si mangia per fare due chiacchiere, ma per discutere dei massimi sistemi del caciocavallo stagionato sotto una ruota di un camion. Lo stomaco ha sostituito l’anima.
Chi pensava che l’arte fosse l’unico territorio dove le provocazioni potevano essere estreme, davanti a questo nuovo movimento creativo è costretto a ricredersi. Mangiare e masticare sono diventati termini reazionari e conservativi, oggi si deglutisce e si rumina se si vuole essere al passo con i tempi. Se una volta il gesto più radicale era appendere in una galleria una semplice tela bianca, oggi la provocazione più grande sarà la mela stanca, ovvero una mela lasciata su un piatto per così tanto tempo che finisce per sbucciarsi da sola.
Francesco Bonami
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