Ma è anche questo concetto che secondo me non è corretto.. il pensare che si è fedeli per l'altro.
In realtà è il noi che si tutela, quindi qualcosa di cui si fa parte.
Per assurdo la propensione al sacrificio è sempre meno anche per quello che riguarda noi stessi.. si vuole sempre di più mentre si è disposti a "dare" sempre meno.
Di "cosa" è composto il noi?
Ovviamente parlo per me e sempre e solo per me e le mie esperienze e vissuti.
Io non ho mai potuto, proprio potuto rimanere fedele all'altro. (non parlo necessariamente di fedeltà sessuale eh, anzi).
Ad un certo punto mi sono sempre trovata di fronte al bivio per cui o sceglievo l'altro (con tutto quel che c'è nel contenitore "altro") o sceglievo me.
E ho sempre scelto me.
(sempre e mai riferiti al passato).
Mi sono resa conto che la questione "fedeltà" però è stato un falso problema. Per anni.
Come lo è stato il tradimento.
La questione, per quanto mi riguarda, è più profonda.
E riguarda la fedeltà a me stessa (che si lega all'onorare me stessa, requisito senza cui io non riesco ad onorare l'altro).
Senza questo io non trovo risposte, alternative sul lungo periodo, soddisfacenti.
Non sono soddisfacenti le promesse, i principi e neppure i valori riconosciuti socialmente. Non mi bastano.
A quel bivio facevo i conti con il fatto che l'altro, e il noi che scaturiva dall'interazione con quell'altro, non era un posto in cui io potevo essere me.
E in tutto questo l'altro c'entrava molto, molto poco.
Per dirla male, l'altro si trasformava in un errore (non uno sbaglio), proprio un errore.
Di Riconoscimento.
Errore mio. Ed esclusivamente mio.
Che ricadeva pure sull'altro.
La cosa che mi chiedo anche adesso, comunque, è come quegli altri non potessero rendersi conto dell'errore.
Anche se glielo spiegavo tiravano dritti come linee rette muovendosi su basi che non comprendevo.
O meglio, che comprendevo a livello di praticità (economia, cose materiali, attaccamento, etc etc), ma non comprendevo in termini più profondi.
Mi sono sempre chiesta come potessero desiderare una persona che gli stava dicendo "guarda, questa me è l'unica che riesco a darti, ma non sono io, mancano cose fondamentali, non posso."
E la risposta era, seppur declinata in diversi modi, "ma che mi frega, io voglio te."


Aggiungo, parlo anche da donna che ha sempre costruito relazioni a partire da indipendenza come minimo materiale. (che non è poco).
Non ho mai voluto mettere in comune beni, miei e dell'altro.
Condividerne gli effetti benefici sì, ma mettere in comune no.
E anche oggi è un principio fondamentale per me. Indipendenza reciproca di sussistenza. (materiale ed emotiva.)
Momenti di "fusione" sì (più o meno profonda), ma da cui poi si ritorna ognuno in se stesso.
Non potrei neanche starci in una relazione in cui questo assunto non sia punto di partenza per entrambi.
(uno dei miei autoinganni era il compiacimento per la fusione dell'altro...adesso so che il prezzo della "distanza" (declinata) è ben più abbordabile di quello della fusione, e lo pago serenamente girando largo, molto largo dalla compiacenza).