Politicamente corretto o solo sensibilità?

Brunetta

Utente di lunga data
Politicamente corretto o solo sensibilità?

L'uso delle espressioni "bastardo" o "figlio di puttana" erano molto frequenti un tempo e sono dure a morire.
Poiché oggi dovremmo avere la consapevolezza che sono molte le forme di prostituzione e che non sono inconciliabili con la riproduzione è possibile che le persone con cui parliamo abbiano genitori che sono stati sex worker o che loro stesse siano nate fuori dal matrimonio potremmo decidere di non usare queste parole.
Magari non la persona con cui parliamo, ma un'altra che legge ne sarebbe toccata personalmente.
 

trilobita

Utente di lunga data
L'uso delle espressioni "bastardo" o "figlio di puttana" erano molto frequenti un tempo e sono dure a morire.
Poiché oggi dovremmo avere la consapevolezza che sono molte le forme di prostituzione e che non sono inconciliabili con la riproduzione è possibile che le persone con cui parliamo abbiano genitori che sono stati sex worker o che loro stesse siano nate fuori dal matrimonio potremmo decidere di non usare queste parole.
Magari non la persona con cui parliamo, ma un'altra che legge ne sarebbe toccata personalmente.
Ma dove sta il problema?
Segnalazione,affossamento,problema risolto.
Tanto ormai Gino propone,Gino dispone...
 

MariLea

Utente di lunga data
"bastardo/a" o "figlio/a di puttana" sono anche un complimento a seconda del contesto...
non sarà un contratto tra i genitori a rendere migliori i figli, mi pare un problema ormai superato da decenni.
 

Fiammetta

Amazzone! Embe'. Sticazzi
Staff Forum
Ma dove sta il problema?
Segnalazione,affossamento,problema risolto.
Tanto ormai Gino propone,Gino dispone...
trilo mica ti facevo cosi amante dei flame !!!
invece ...mi sa che mi sbagliavo :rotfl:
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
L'uso delle espressioni "bastardo" o "figlio di puttana" erano molto frequenti un tempo e sono dure a morire.
Poiché oggi dovremmo avere la consapevolezza che sono molte le forme di prostituzione e che non sono inconciliabili con la riproduzione è possibile che le persone con cui parliamo abbiano genitori che sono stati sex worker o che loro stesse siano nate fuori dal matrimonio potremmo decidere di non usare queste parole.
Magari non la persona con cui parliamo, ma un'altra che legge ne sarebbe toccata personalmente.
Queste due in particolare, bastardo e figlio di puttana, io le uso affettuosamente.

Per giocare...e rimandano, nel mio dire, più a un modo di essere che ad un modo di nascere.
(modo di essere che mi piace, intendo).

Fra l'altro ho sempre trovato idiote le offese riguardo malattie, modi della nascita e riferimento ai genitori.
Sono cose che offendono più per rimando ad una sorta di rispettabilità sociale perchè non c'è possibilità di scelta a riguardo.

Altro discorso è far discendere da lì il riconoscimento, l'affidabilità dell'individuo.

Siccome sei un figlio di puttana, allora non hai valore (in termini di opinione, di lavoro, affettivi etc etc)

Ma non è la parola secondo me a fare la differenza.

E' chi usa le parole.

Di mio penso che chi le usa in termini di descrizione di affidabilità, sia un inaffidabile che fonda le sue descrizioni della realtà sugli stereotipi. Quindi non considero quel che dice. Semplicemente.

Penso anche che sentirsi toccati personalmente sia una questione che riguarda chi si sente toccato.
Se mi danno della troia, al massimo rispondo "con chi decido io". Ma proprio se sono di buon umore e ho voglia di perdere tempo.

Io so chi sono. Mica sono gli altri a definirmi. E se sento che glielo sto lasciando fare, mi giro verso di me.
Che il problema sono io, mica la loro ignoranza.

All'ignoranza, voluta, ci pensa la morte, secondo me. Non ci sono altri rimedi. :)
 

trilobita

Utente di lunga data
Queste due in particolare, bastardo e figlio di puttana, io le uso affettuosamente.

Per giocare...e rimandano, nel mio dire, più a un modo di essere che ad un modo di nascere.
(modo di essere che mi piace, intendo).

Fra l'altro ho sempre trovato idiote le offese riguardo malattie, modi della nascita e riferimento ai genitori.
Sono cose che offendono più per rimando ad una sorta di rispettabilità sociale perchè non c'è possibilità di scelta a riguardo.

Altro discorso è far discendere da lì il riconoscimento, l'affidabilità dell'individuo.

Siccome sei un figlio di puttana, allora non hai valore (in termini di opinione, di lavoro, affettivi etc etc)

Ma non è la parola secondo me a fare la differenza.

E' chi usa le parole.

Di mio penso che chi le usa in termini di descrizione di affidabilità, sia un inaffidabile che fonda le sue descrizioni della realtà sugli stereotipi. Quindi non considero quel che dice. Semplicemente.

Penso anche che sentirsi toccati personalmente sia una questione che riguarda chi si sente toccato.
Se mi danno della troia, al massimo rispondo "con chi decido io". Ma proprio se sono di buon umore e ho voglia di perdere tempo.

Io so chi sono. Mica sono gli altri a definirmi. E se sento che glielo sto lasciando fare, mi giro verso di me.
Che il problema sono io, mica la loro ignoranza.

All'ignoranza, voluta, ci pensa la morte, secondo me. Non ci sono altri rimedi. :)
Credo che tu stavolta non abbia colto il senso.
Non si propone di abolire questi aggettivi qualificativi relativamente al loro peso offensivo ma perché possono urtare la sensibilità di chi ha una madre peripatetica o un padre incerto.
Ormai sono saltati tutti,ma proprio tutti i paletti.
Domani che facciamo?
Io affosserei tutti i post che parlano di sovrappeso,per non ferire chi è a dieta.
Per non parlare di Ipazia, che si permette senza un briciolo di vergogna di dichiararsi tabagista,fottendosene allegramente se ferisce chi ha perso un caro per colpa del fumo.
I traditori?
Vogliamo fargliela passare liscia?
Ammettono candidamente il loro agito,ferendo così chi ha tanto sofferto per aver subito.
Ma io mi chiedo una cosa...ma quando proponete,vi chiedete mai se il principio che muove la vostra trovata è applicabile?
Mi taccio per umana pietà...
 

Brunetta

Utente di lunga data
Queste due in particolare, bastardo e figlio di puttana, io le uso affettuosamente.

Per giocare...e rimandano, nel mio dire, più a un modo di essere che ad un modo di nascere.
(modo di essere che mi piace, intendo).

Fra l'altro ho sempre trovato idiote le offese riguardo malattie, modi della nascita e riferimento ai genitori.
Sono cose che offendono più per rimando ad una sorta di rispettabilità sociale perchè non c'è possibilità di scelta a riguardo.

Altro discorso è far discendere da lì il riconoscimento, l'affidabilità dell'individuo.

Siccome sei un figlio di puttana, allora non hai valore (in termini di opinione, di lavoro, affettivi etc etc)

Ma non è la parola secondo me a fare la differenza.

E' chi usa le parole.

Di mio penso che chi le usa in termini di descrizione di affidabilità, sia un inaffidabile che fonda le sue descrizioni della realtà sugli stereotipi. Quindi non considero quel che dice. Semplicemente.

Penso anche che sentirsi toccati personalmente sia una questione che riguarda chi si sente toccato.
Se mi danno della troia, al massimo rispondo "con chi decido io". Ma proprio se sono di buon umore e ho voglia di perdere tempo.

Io so chi sono. Mica sono gli altri a definirmi. E se sento che glielo sto lasciando fare, mi giro verso di me.
Che il problema sono io, mica la loro ignoranza.

All'ignoranza, voluta, ci pensa la morte, secondo me. Non ci sono altri rimedi. :)
Il depotenziamento del valore offensivo delle parole è un metodo usato anche dalle categorie che vengono emarginate dall'uso di termini dispregiativi.
È noto che gli omosessuali si chiamino tra loro frocio o checca o con aggettivi femminili o che le persone di colore si chiamino negro o scimmia o i meridionali si autodefiniscano terroni.

Ma io intendevo riferirmi non all'uso direttamente offensivo, ma al significato culturale di usare espressioni che possono ferire, ma, peggio ancora, impedire a qualcuno di raccontare di sé.
Io di figli di puttana, nel senso di figli di chi ha esercitato la prostituzione, ne ho conosciuti e non solo non ho mai pensato questo di loro, né mai mi permetterei di pensare male delle loro madri.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Credo che tu stavolta non abbia colto il senso.
Non si propone di abolire questi aggettivi qualificativi relativamente al loro peso offensivo ma perché possono urtare la sensibilità di chi ha una madre peripatetica o un padre incerto.
Ormai sono saltati tutti,ma proprio tutti i paletti.
Domani che facciamo?
Io affosserei tutti i post che parlano di sovrappeso,per non ferire chi è a dieta.
Per non parlare di Ipazia, che si permette senza un briciolo di vergogna di dichiararsi tabagista,fottendosene allegramente se ferisce chi ha perso un caro per colpa del fumo.
I traditori?
Vogliamo fargliela passare liscia?
Ammettono candidamente il loro agito,ferendo così chi ha tanto sofferto per aver subito.
Ma io mi chiedo una cosa...ma quando proponete,vi chiedete mai se il principio che muove la vostra trovata è applicabile?
Mi taccio per umana pietà...
Io mi pongo il problema di dire a qualcuno che è analfabeta funzionale perché potrebbe essere offensivo nei confronti di chi non ha potuto studiare, ma non ha la presunzione di capire a suo uso e consumo.

Questa mia è una riflessione personale non riguarda nessuno personalmente.
Io sono certa che sarà passato in questo forum qualcuno figlio di una prostituta.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Il depotenziamento del valore offensivo delle parole è un metodo usato anche dalle categorie che vengono emarginate dall'uso di termini dispregiativi.
È noto che gli omosessuali si chiamino tra loro frocio o checca o con aggettivi femminili o che le persone di colore si chiamino negro o scimmia o i meridionali si autodefiniscano terroni.

Ma io intendevo riferirmi non all'uso direttamente offensivo, ma al significato culturale di usare espressioni che possono ferire, ma, peggio ancora, impedire a qualcuno di raccontare di sé.
Io di figli di puttana, nel senso di figli di chi ha esercitato la prostituzione, ne ho conosciuti e non solo non ho mai pensato questo di loro, né mai mi permetterei di pensare male delle loro madri.
Giusto per chiarezza, il tuo discorso è volto a stabilire categorie per l'affossamento di post qui dentro?

O è una riflessione?

Così sgomberiamo il campo :)
 

Foglia

utente viva e vegeta
Il depotenziamento del valore offensivo delle parole è un metodo usato anche dalle categorie che vengono emarginate dall'uso di termini dispregiativi.
È noto che gli omosessuali si chiamino tra loro frocio o checca o con aggettivi femminili o che le persone di colore si chiamino negro o scimmia o i meridionali si autodefiniscano terroni.

Ma io intendevo riferirmi non all'uso direttamente offensivo, ma al significato culturale di usare espressioni che possono ferire, ma, peggio ancora, impedire a qualcuno di raccontare di sé.
Io di figli di puttana, nel senso di figli di chi ha esercitato la prostituzione, ne ho conosciuti e non solo non ho mai pensato questo di loro, né mai mi permetterei di pensare male delle loro madri.
E' difficile decontestualizzare l'uso di un vocabolario oramai entrato a far parte del linguaggio comune. E credo sia impossibile esprimersi senza, potenzialmente, entrare in conflitto con la sensibilità di quel qualcuno. Anche perché e' un vocabolario in continua evoluzione. Anche parole che ci possono risultare innocue, magari nel senso che dici tu non lo sarebbero più. Prendi la parola "schiavista", o "schiava". Magari c'è tra gli interlocutori qualcuno che ha avuto una bisnonna che se l'è vissuta sulla pelle. Io magari uso il termine in un contesto scherzoso, e non credo che se ti dico "sei una schiavista!" io possa sentirmi responsabile di un'offesa a qualcuno, che ovviamente non sia tu. Non so se è chiaro.... La sensibilità e ' qualcosa di soggettivo, anzitutto, diviene "comune" solo in determinati casi. Il resto che tu dici lo faccio decisamente più oggettivo, e lo metto nel contesto. Anche perché, c'è il rovescio della medaglia: se dovessi preoccuparmi di tutto ciò che può risultare potenzialmente offensivo, ancorché involontario, probabilmente mi esprimerei molto meno. E cosa da non tacere: la cultura stessa è soggettiva.
 

Arcistufo

Papero Talvolta Posseduto
Dio ci scampi dal politicamente corretto. Nel momento in cui cominci a chiamare un nero persona di colore non ti fermi più. E per inciso: se chiami un gay frocio e non sei un amico stretto, ti becchi un cazzotto in bocca. Vogliamo invece porre una questione seriamente? Perché i flame divertono così tanto? Sindrome del Grande Fratello (guardo due disagiati che si picchiano e mi sento meglio di loro), oppure è semplice Entertainment?
 

Brunetta

Utente di lunga data
Giusto per chiarezza, il tuo discorso è volto a stabilire categorie per l'affossamento di post qui dentro?

O è una riflessione?

Così sgomberiamo il campo :)
È una riflessione. L'ho già detto.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Il depotenziamento del valore offensivo delle parole è un metodo usato anche dalle categorie che vengono emarginate dall'uso di termini dispregiativi.
È noto che gli omosessuali si chiamino tra loro frocio o checca o con aggettivi femminili o che le persone di colore si chiamino negro o scimmia o i meridionali si autodefiniscano terroni.

Ma io intendevo riferirmi non all'uso direttamente offensivo, ma al significato culturale di usare espressioni che possono ferire, ma, peggio ancora, impedire a qualcuno di raccontare di sé.
Io di figli di puttana, nel senso di figli di chi ha esercitato la prostituzione, ne ho conosciuti e non solo non ho mai pensato questo di loro, né mai mi permetterei di pensare male delle loro madri.
Mi ricordo un nick qui dentro che mi aveva detto che il mio raccontare l* mettevano in imbarazzo.

Avevo chiesto se la richiesta contenuta in quell'esplicitazione di imbarazzo era una censura di me.

Chiarito che la richiesta non era quella, per quanto mi riguarda l'imbarazzo non era più affar mio.

E' stato interessante per capire che genere di ragionamenti erano possibili o meno con quel nick. E da quel momento per me la persona che c'era dietro al nick è semplicemente scomparsa. Quindi a volte interessanti i contenuti, a volte emerite cagate, a volte ridicoli...E penso che lo stesso valga per me, nella considerazione altrui.


Credo che non si possa impedire a qualcuno di raccontare di sè, se vuol raccontare di sè.

E se un contesto ha quel potere, allora non è il contesto adatto per il racconto di sè.

Non so se mi spiego.

Non penso si possano creare ambienti protetti. Non esistono gli ambienti protetti.

Si finisce a fare le riserve naturali come i panda.

Censurare, come avevo chiesto in quell'occasione, a me non sembra una buona soluzione.

Che ognuno si definisca per ciò che è.

Chi ha la necessità di passare per stereotipi sociali per definire l'affidabilità di qualcun altro, parla di sè.

Il punto è quando uno dice cagate, e altri gli vanno pure dietro. E allora la cagata si allarga e si allarga.

Se intorno ognuno mantiene la sua libertà di valutazione, la questione non si pone.

Il problema diviene culturale quando una cagata diventa pensiero/norma per tutti coloro che appartengono a quella comunità.

Sto riuscendo a spiegarmi?
 

Brunetta

Utente di lunga data
E' difficile decontestualizzare l'uso di un vocabolario oramai entrato a far parte del linguaggio comune. E credo sia impossibile esprimersi senza, potenzialmente, entrare in conflitto con la sensibilità di quel qualcuno. Anche perché e' un vocabolario in continua evoluzione. Anche parole che ci possono risultare innocue, magari nel senso che dici tu non lo sarebbero più. Prendi la parola "schiavista", o "schiava". Magari c'è tra gli interlocutori qualcuno che ha avuto una bisnonna che se l'è vissuta sulla pelle. Io magari uso il termine in un contesto scherzoso, e non credo che se ti dico "sei una schiavista!" io possa sentirmi responsabile di un'offesa a qualcuno, che ovviamente non sia tu. Non so se è chiaro.... La sensibilità e ' qualcosa di soggettivo, anzitutto, diviene "comune" solo in determinati casi. Il resto che tu dici lo faccio decisamente più oggettivo, e lo metto nel contesto. Anche perché, c'è il rovescio della medaglia: se dovessi preoccuparmi di tutto ciò che può risultare potenzialmente offensivo, ancorché involontario, probabilmente mi esprimerei molto meno. E cosa da non tacere: la cultura stessa è soggettiva.
Però c'è differenza tra usare un termine come iperbole o come definizione.
Quando dici "mi sento una schiava" o "schiavista" benché scherzosa non stai offendendo gli schiavi, semmai gli schiavisti.
Se dici "figlio di puttana" stai offendendo il figlio e la puttana e non lo sfruttatore o il cliente.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Dio ci scampi dal politicamente corretto. Nel momento in cui cominci a chiamare un nero persona di colore non ti fermi più. E per inciso: se chiami un gay frocio e non sei un amico stretto, ti becchi un cazzotto in bocca. Vogliamo invece porre una questione seriamente? Perché i flame divertono così tanto? Sindrome del Grande Fratello (guardo due disagiati che si picchiano e mi sento meglio di loro), oppure è semplice Entertainment?
Personalmente mi rompono i coglioni. :)

E giudico chi ci partecipa.

Poi è un giudizio che mi tengo per me. Interessa me.
Ma da quel giudizio poi declino anche il tipo di interazione possibile per me.

Se a me danno della troia, non si beccano nessun cazzotto. Cazzi loro che ancora sono fermi ad un'epoca per cui non si hanno altri strumenti per definire una donna se non in base a quanto tromba o meno e in base ai suoi gusti personali. (lo stesso varrebbe se qualcuno mi proponesse di fare una gara di pompini, per dire, o verso chi mi dicesse "suora!":p)

Se ho propria voglia di scherzare posso rispondere in modo più o meno creativo, ma so già di partenza che un sistema di pensiero di quel genere è barricato. Quindi inutile perderci tempo.

Ultimamente ringrazio. E' una facilitazione che mi vien regalata nel capire chi ho di fronte.

Ovviamente manco lo spiego, sarebbe fiato sprecato. :)
 
Ultima modifica:

Brunetta

Utente di lunga data
Mi ricordo un nick qui dentro che mi aveva detto che il mio raccontare l* mettevano in imbarazzo.

Avevo chiesto se la richiesta contenuta in quell'esplicitazione di imbarazzo era una censura di me.

Chiarito che la richiesta non era quella, per quanto mi riguarda l'imbarazzo non era più affar mio.

E' stato interessante per capire che genere di ragionamenti erano possibili o meno con quel nick. E da quel momento per me la persona che c'era dietro al nick è semplicemente scomparsa. Quindi a volte interessanti i contenuti, a volte emerite cagate, a volte ridicoli...E penso che lo stesso valga per me, nella considerazione altrui.


Credo che non si possa impedire a qualcuno di raccontare di sè, se vuol raccontare di sè.

E se un contesto ha quel potere, allora non è il contesto adatto per il racconto di sè.

Non so se mi spiego.

Non penso si possano creare ambienti protetti. Non esistono gli ambienti protetti.

Si finisce a fare le riserve naturali come i panda.

Censurare, come avevo chiesto in quell'occasione, a me non sembra una buona soluzione.

Che ognuno si definisca per ciò che è.

Chi ha la necessità di passare per stereotipi sociali per definire l'affidabilità di qualcun altro, parla di sè.

Il punto è quando uno dice cagate, e altri gli vanno pure dietro. E allora la cagata si allarga e si allarga.

Se intorno ognuno mantiene la sua libertà di valutazione, la questione non si pone.

Il problema diviene culturale quando una cagata diventa pensiero/norma per tutti coloro che appartengono a quella comunità.

Sto riuscendo a spiegarmi?
Sì ti spieghi.
Ma io non volevo creare un ambiente protetto. Chiedevo se ci si pone il problema che le puttane esistono e pure hanno figli e che era insensato usare questo termine.
Poi chi mi conosce sa che non sono politicamente corretta e che un atteggiamento mafioso lo definisco come tale anche se non si tratta di un appartenente a Cosa Nostra e so che non commetterebbe quei reati. E rivendico la possibilità di usare negro al posto di nero perché più corretto in lingua italiana e che è l'intenzione o aggettivi di accompagnamento che lo possono rendere negativo, ma questo vale anche per milanese o veneziano.
 

Foglia

utente viva e vegeta
Però c'è differenza tra usare un termine come iperbole o come definizione.
Quando dici "mi sento una schiava" o "schiavista" benché scherzosa non stai offendendo gli schiavi, semmai gli schiavisti.
Se dici "figlio di puttana" stai offendendo il figlio e la puttana e non lo sfruttatore o il cliente.
No. Cambio parola.

Se invece di "schiavista", ti dicessi "sei la mia schiava!", lo troveresti in se' potenzialmente offensivo?
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Sì ti spieghi.
Ma io non volevo creare un ambiente protetto. Chiedevo se ci si pone il problema che le puttane esistono e pure hanno figli e che era insensato usare questo termine.
Poi chi mi conosce sa che non sono politicamente corretta e che un atteggiamento mafioso lo definisco come tale anche se non si tratta di un appartenente a Cosa Nostra e so che non commetterebbe quei reati. E rivendico la possibilità di usare negro al posto di nero perché più corretto in lingua italiana e che è l'intenzione o aggettivi di accompagnamento che lo possono rendere negativo, ma questo vale anche per milanese o veneziano.
Sai che io quel problema manco me lo sono mai posta?

Chi usa parole per denigrare, io penso non si ponga problemi di sorta.

Usa le parole che ha raccolto per la strada dopo aver osservato quali fanno saltare per aria con più probabilità, nella migliore delle ipotesi, altrimenti semplicemente si affida al caso e alla rete a strascico.

L'obiettivo è vincere non so quale guerra immaginaria.

Mio nonno direbbe "vi ci vorrebbe un po' di guerra a voi" :D
 
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