Sennò tra dieci anni saremo peggio della Grecia.
Mi rattrista dirlo, ma il lieto fine, nella vita reale, non è dovuto nè garantito. Non vedo perchè non dovremmo finire a quel modo: anche a guardare soltanto i numeri una parte del Paese è esattamente a livello Grecia. E anche la "svizzera" del NordEst italiano dopo il boom degli anni '90 lavora ormai sulla disperazione per mantenere uno standard competitivo.
Dici bene, si comincia investendo dall'inizio: didattica, formazione, specializzazione. E dopo? Non sono soltanto i giovani laureati, a fuggire: sono i giovani (o meno giovani) che hanno voglia di investire, di inventarsi e di mettersi a frutto, che non ce la fanno più a rallentare (ed è un eufemismo) per tenere il passo dei somari; la frustrazione diventa depressione, paura, tragedia personale. Perchè non si vive, nella vergogna.
Per ogni azienda italiana virtuosa e consapevole (ho la fortuna di averne trovata una, e credo me la terrò ben stretta) ce n'è a decine che gravitano in equilibrio precario, del tutto prive di energie e di risorse. Io non credo nelle colpe: credo nella stupidità. Credo che se chi lavora bene e chi lavora male si confrontano in un mercato che è stato protezionista e immobilista per tradizione secolare - e si trovano ad essere costantemente livellati da forze politiche ed economiche - è ovvio che l'unico sbocco possibile per crescere sia guardare all'estero. Cosa che purtroppo non possono fare adeguatamente professionisti ed artigiani (capaci), che si trovano invischiati in un tessuto marcio e vetusto. Un buon 70% delle aziende italiane andrebbero chiuse "per inadeguatezza": non producono ricchezza e sopravvivono soltanto grazie a un'esposizione bancaria intessuta da strateghi ebeti e stralunati. Le rimanenti, per giocarsela davvero, avrebbero bisogno di sgombrare il campo dalle scorie dell'incapacità altrui. La fatica, per chi emerge, è moltiplicata per dieci, se non trovando una nicchia vergine o quasi (condizione oggi virtualmente impossibile in Italia).
So di non eccellere nell'empatia, ma sono felicissimo di aver salutato i miei 18 anni da parecchio. Non saprei cosa farci, oggi. Tanto non riuscirei più nemmeno a farmi bocciare agli esami.