Quasi sempre accade così, quando è la moglie ad essere depressa ed coniuge non sa cosa fare. La reazione più naturale è di assecondarla, nei limiti del possibile e, talvolta anche un po' di più.
Ci vorrebbe, prima, una terapia psicologica di coppia asimmetrica, che permette di capire quali siano i rapporti tra partners e le disfunzioni che si sono create nella coppia.
Poi, come da preventivo accordo, il marito lascia la terapia e la continua la moglie, per cercare di capire quali siano le cause remote e prossime del malessere.
Mi dicevano degli amici psicologi che il coniuge raramente è coinvolto nelle cause remote, mentre lo è (sempre, in pratica) in quelle prossime.
Però, solo se si arriva a lavorare su quelle remote si riesce ad uscire dalla depressione.
Quello che può succedere, è stato così nel mio caso, è che nel corso della fase individuale (secondo step) della psicoterapia, avvenga l'innamoramento per un altro uomo e che, in questo modo, le cause prossime della depressione siano, come d'incanto, rimosse e si tralasci di arrivare a completare il lavoro di riequilibrio (risoluzione delle cause remote).
Per cui si ritiene finita la psicoterapia da parte della paziente, che si vive la fase entusiasta della nuova relazione (tradimento e abbandono del coniuge) per vivere il nuovo rapporto.
Se poi il nuovo rapporto viene meno si ritorna alla condizione iniziale, quasi sempre da soli, lasciando dietro due relazioni di coppia ormai rovinate.
Però, nel caso di
@Disperatissimo, ho l'impressione che la causa remota possa limitarsi alla insoddisfazione per la non più appagante relazione coniugale e l'insofferenza per la Lombardia sia più una causa indotta e abbastanza prossima.
Se è così, la moglie andrà per la propria strada. Fine dei giochi....