Ci hanno insegnato che l'amore è eterno e ora ...

Alphonse02

Utente di lunga data
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo cambiato un vecchio pomello di un coperchio di pentola, che era rovinato. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se fosse il caso, visto che la raggiungo in montagna tra qualche giorno, che portassi con me uno o due ricambi.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando il pomello di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Un tipico esempio di una diversa impostazione nella gestione di una casa, ma ci sono tanti altri esempi: non gradisce ricevere amici a casa, il contrario di quanto faccio, e così via. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza, esigenza dovuta alla diversità di lavoro svolto nel rispettivo paese, ma che consente a ciascuno di vivere come meglio crede, senza entrare in permanente conflittualità.

Ognuno ha una propria visione del rapporto di coppia. La nostra è particolare., ma non ha creato problemi, finora.
Almeno non a quelli di una coppia di amici, conosciuti una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui fosse disponibile a perdonarla. Semplicemente, perché lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui. E la ragione da lei fornita è che non sopportava più il marito, accusandolo di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza.
Il marito l'aveva presa male, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc. Il mio consiglio era stato che bisogna evitare motivi di frizione nella vita di tutti i giorni, per quanto è possibile, rispettando le esigenze dell'altro.

A fronte della sua esigenza di capire dove avesse sbagliato, ho cercato di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione, quando l'equilibrio della coppia è divenuto impossibile. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente esasperato dalla convivenza e così attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
 
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Brunetta

Utente di lunga data
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
 

cinquanta+uno

Utente di lunga data
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
Per come la penso io, esattamente l'opposto di quello che dici. Bisognerebbe parlarne i valori e promesse. Quando si prendono impegni e si mette su famiglia i doveri vs questa devono essere al primo posto.
Se si perdono questi, poi và tutto a rotoli. I figli e la società sono le conseguenze delle nostre azioni.
 

Spettrale

Utente di lunga data
Non ho la pazienza di leggere tutto il pappone iniziale...
ma il titolo mi incuriosisce..
Se si tratta di sentimenti...
l'amore eterno è un lusso.. che possono permettersi poche coppie.

Mentre solo per la squadra del cuore è amore eterno per tutti.
 

Vera

Supermod disturbante
Staff Forum
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
Sinceramente non penso proprio che i giovani d'oggi credano che l'amore è eterno. Tanti hanno i genitori separati e se non sono i propri, sono quelli degli amici o conoscenti.
Vivono l'amore come tutti. Iniziano una storia sperando sia per sempre e quando questa finisce piangono, si disperano, mangiano kg di gelato promettendosi di non innamorarsi più. Poi passa e si rendono conto che la fine è solo l'inizio.
 

Spettrale

Utente di lunga data
Secondo me invece..i giovani non credono nemmeno all'amore come sentimento primordiale..
si sta insieme per condividere qualcosa insieme.. (viaggi sesso hobby impegno sociale/politico ect ect)
Poi decidono se è il caso di mettere su famiglia.. e lì inizia o finisce il loro progetto di vita.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Sinceramente non penso proprio che i giovani d'oggi credano che l'amore è eterno. Tanti hanno i genitori separati e se non sono i propri, sono quelli degli amici o conoscenti.
Vivono l'amore come tutti. Iniziano una storia sperando sia per sempre e quando questa finisce piangono, si disperano, mangiano kg di gelato promettendosi di non innamorarsi più. Poi passa e si rendono conto che la fine è solo l'inizio.
Se fosse esattamente così, quelli che non accettano di lasciare il/la compagno/a, fidanzato/a e/o coniuge sarebbero una minuscola minoranza di "deviati" dal mainstream, probabilmente con problemi psichici che li rendono "diversi" in modo patologico, non pensi ?

E partendo da tale assunto, non ci sarebbe bisogno di alcuna educazione sentimentale per i giovani, magari sarebbe più opportuno fermarsi a quella sessuale. A meno che non li prendiamo per imbecilli, che non si relazionano con la realtà o, peggio, per dei disadattati psichici (che si sono fissati di non rinunciare a quel senso di possesso che indicavo nell'intervento di apertura), che hanno bisogno di assistenza professionale specializzata. In ogni caso, un'educazione ai sentimenti servirebbe a molto poco, per non dire a nulla, a quei soggetti.

Invece, quelli che non sono "giovani", che quella consapevolezza non l'hanno avuta così chiaramente compresa attraverso la loro esperienza familiare personale, dovrebbero seguire quei corsi. Ma non è previsto che tornino a scuola...
 

Brunetta

Utente di lunga data
Sinceramente non penso proprio che i giovani d'oggi credano che l'amore è eterno. Tanti hanno i genitori separati e se non sono i propri, sono quelli degli amici o conoscenti.
Vivono l'amore come tutti. Iniziano una storia sperando sia per sempre e quando questa finisce piangono, si disperano, mangiano kg di gelato promettendosi di non innamorarsi più. Poi passa e si rendono conto che la fine è solo l'inizio.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Non ho la pazienza di leggere tutto il pappone iniziale...
ma il titolo mi incuriosisce..
(...)
Ah ... mi sono dimenticato di aggiungere l'avvertenza (che ho introdotto in passato) che quanto indicato in grassetto è il sunto (la sinapsi) dell'intero pappone iniziale.
🤷‍♂️
 

Vera

Supermod disturbante
Staff Forum
Se fosse esattamente così, quelli che non accettano di lasciare il/la compagno/a, fidanzato/a e/o coniuge sarebbero una minuscola minoranza di "deviati" dal mainstream, probabilmente con problemi psichici che li rendono "diversi" in modo patologico, non pensi ?

E partendo da tale assunto, non ci sarebbe bisogno di alcuna educazione sentimentale per i giovani, magari sarebbe più opportuno fermarsi a quella sessuale. A meno che non li prendiamo per imbecilli, che non si relazionano con la realtà o, peggio, per dei disadattati psichici (che si sono fissati di non rinunciare a quel senso di possesso che indicavo nell'intervento di apertura), che hanno bisogno di assistenza professionale specializzata. In ogni caso, un'educazione ai sentimenti servirebbe a molto poco, per non dire a nulla, a quei soggetti.

Invece, quelli che non sono "giovani", che quella consapevolezza non l'hanno avuta così chiaramente compresa attraverso la loro esperienza familiare personale, dovrebbero seguire quei corsi. Ma non è previsto che tornino a scuola...
Tu quindi pensi che quelli che non accettano la fine di un rapporto d'amore e danno di matto siano la maggioranza?
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Tu quindi pensi che quelli che non accettano la fine di un rapporto d'amore e danno di matto siano la maggioranza?
No, non l'ho mai pensato.

Ma se fossi un extra-terrestre atterrato qualche giorno fa sul territorio italiano, avrei avuto quell'impressione con riferimento al clamore mediatico del femminicidio di Giulia Cecchetin.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Tu quindi pensi che quelli che non accettano la fine di un rapporto d'amore e danno di matto siano la maggioranza?
Aggiungo che quelli che danno di matto non li educhi a scuola, li curi nelle strutture psichiatriche.
 

Brunetta

Utente di lunga data
No, non l'ho mai pensato.

Ma se fossi un extra-terrestre atterrato qualche giorno fa sul territorio italiano, avrei avuto quell'impressione con riferimento al clamore mediatico del femminicidio di Giulia Cecchetin.
Come insegna la classica regola del giornalismo su cosa è una notizia “l’uomo che morde un cane e non un cane che morde un uomo”, se ne parla perché è un evento straordinario.
Ma quando gli eventi straordinari vengono percepiti come un po’ troppo frequenti, portano a chiedersi come prevenirli. Si fa anche per le rapine, i borseggi, gli incidenti stradali, le intossicazioni alimentari e le malattie.
Preoccuparsi per le malattie ha portato, ad esempio, allo sviluppo della medicina.
Si continua ad ammalarsi e morire, ma un po’ meno.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Aggiungo che quelli che danno di matto non li educhi a scuola, li curi nelle strutture psichiatriche.
L’educazione, a casa, ,ma pure a scuola, è non per evitare morti/e, ma per prevenire violenza interpersonale.
Se si guardano i film anni cinquanta, si vede che nelle relazioni uomo-donna qualche sberla capitava sempre. Era considerata una espressione normale della passionalità. Ora no. Forse un po’ siamo stati educati.
 

Kitsune

Utente di lunga data
@Alphonse02, davvero da un pomello di un coperchio, sei arrivato a queste considerazioni? Accipicchia!
Non avevo letto avessi una storia ultraventennale e che non convivessi.
Domanda: quando tu hai esclamato alla tua lei che non siete fatti per vivere insieme, come ha reagito?
Se ti va di spiegarlo.
 

danny

Utente di lunga data
ci dobbiamo ficcare in mente - e spiegarlo alle giovani generazioni - che l'amore non è affatto eterno, anzi finisce molte volte semplicemente perché non ci si trova più a stare bene insieme o talvolta scambiamo per amore quel qualcosa che in effetti è solo un'impressione iniziale e transitoria perché poi diviene solo senso del possesso di uno status, di una comfort zone che non si vuole abbandonare.

E' una riflessione su quale educazione ai sentimenti possa essere insegnata alle giovani generazioni, visto che tanto se ne parla in queste settimane.

Stasera avevo smontato, con parecchia difficoltà, un vecchio pomello di un coperchio di pentola, alternando vari attrezzi, per sostituirlo con uno nuovo, acquistato in mattinata al secondo grande mercato domenicale di Roma, che chiamo familiarmente il “suk”. Durante la consueta videochiamata serale, avevo fatto vedere alla mia compagna il coperchio, tornato come nuovo, e le avevo chiesto se per caso avesse bisogno anche lei a casa sua di un pomello nuovo perché ne avevo comprati 4 di ricambi, visto che la raggiungo in montagna sabato prossimo per trascorrere le festività insieme.

Mi aveva detto di no, aggiungendo che lei, quando i pomelli di un coperchio si rompe, butta tutto e lo ricompra.
Poiché mi ritiene un maniaco delle riparazioni casalinghe e del fai da te, ha accennato scherzosamente, per l’ennesima volta, alla “sindrome di Diogene” che mi affliggerebbe.
Al che reagisco, sempre scherzosamente, dicendo come in passato, che io non accumulo porcherie ma riparo ciò che è riparabile (che un’altra cosa, rispetto a quel tipo di disturbo psichico) e concludo che, per quanto ci vogliamo bene da oltre venti anni, viste le nostre diversità, non siamo fatti per vivere sotto lo stesso tetto e siamo “condannati” alla relazione a distanza. E poi passiamo oltre nella conversazione. Credo che siamo entrambi consapevoli che ci si può volere bene e stare insieme con convinzione pure rimanendo in un schema di relazione a distanza. Magari è il solo modo possibile, per noi.

Chiusa la videochiamata, metto al loro posto gli acquisti fatti al suk e mi viene di pensare ad una coppia di amici che ho conosciuto una decina di anni fa, quando, più che quarantenni entrambi (con un figlio sui 15 anni), stavano separandosi per un tradimento di lei (scoperto da lui e, alla fine, da lei ammesso).

Quel tradimento si era rivelato, in realtà, una relazione extra in corso da parecchi mesi, e ciò aveva reso invivibile la convivenza sotto lo stesso tetto, nonostante lui dichiarasse di amarla e di soffrire la sua mancanza. Semplicemente, lei si era innamorata dell'amante e voleva vivere con lui.
Così, lui mi aveva confessato che non riusciva ad accettare la dichiarazione di lei di non amarlo più, perché lo accusava di aver trasformato la loro relazione in una specie di prigione per lei, dando per scontato il loro stare insieme come se fosse un corpo inerte tenuto in vita artificialmente, grazie a macchinari (espressione usata da lei e riferitami da lui). E lei aveva ritrovato se stessa (o perlomeno pensava così) in una relazione con un altro uomo, più anziano di quasi dieci anni, ma che l’aveva fatta sentire desiderata, come non si sentiva più da tempo o, forse, anche da sempre. Anzi, aveva usato il termine “libera”, ricordo di averlo notato. E lo aveva seguito, abbandonando marito e figlio, che era voluto restare con il padre, rifiutandosi anche di vedere la madre per diversi anni (anche oltre il raggiungimento della maggiore età).

In un momento di rabbia, lei gli aveva detto che, in fondo, sentiva di non averlo mai veramente amato, ma di averne solo avuto l’impressione. Adesso aveva aperto gli occhi e riletto il suo passato con una nuova consapevolezza. Questo lo aveva profondamente ferito, perché pensava che, almeno all’inizio della relazione e fino alla nascita del figlio, si fossero veramente amati pensando di continuarlo a fare per la vita.
Per lungo tempo, aveva voluto confrontarsi con me su come lei si potesse essere dimenticata del loro passato felice insieme e di come diavolo si potesse mantenere viva la fiamma dell’amore in una coppia di lunga durata, quando si è presi da mille impegni e sfide da affrontare nel vivere la famiglia, il lavoro, ecc.

Ricordo che cercavo di spiegargli, sulla base della mia esperienza personale, come gli amori così come nascono si possono anche esaurire (anzi, probabilmente è la normalità). E non basta continuare a volersi bene, senza il trasporto della passione. Nemmeno è sempre colpa (almeno consapevole) di quello dei partner che vorrebbe rimanere insieme. Talvolta il partner che tradisce o comunque lascia è talmente attratto dal nuovo, dal risentirsi vivere intensamente che non c’è nulla da fare, l’esperienza di coppia si è esaurita e non si rigenera più.

Da questo ricordo di conversazioni avute su quell’argomento, mi è venuto in mente che bisognerebbe sapere, fin dall’inizio della instaurazione di una relazione affettiva, che lo stimolo a rimanere insieme si attenua fino a scomparire in molti casi. Potrebbe arrivare il momento di lasciare andare il partner o di andarsene via, se non si trova un modo di accordarsi su un compromesso reciprocamente accettabile per continuare a stare insieme, anche quando la passione si è spenta.

Ammesso che abbia senso parlare ai giovani di oggi di una educazione dei (o ai) sentimenti, la prima cosa che bisognerebbe inculcare nelle loro teste, è che quasi mai l’amore è per sempre e che, senza tragedie e/o sceneggiate patetiche, bisogna metterlo in conto fin dall’inizio. Anche a costo di limitarsi a non investire tutto emotivamente (e non solo) sul rapporto e prepararsi sin dall'inizio a non vivere come una calamità l’abbandono.

Ma come si fa a raccontare ai giovani di non credere ciecamente nell’eterno amore, nel rimanere insieme fino a che morte ci separi ? E’ esattamente il contrario di quella che è stata l’educazione impartita da millenni ….
È anche per questo che ci si abitua al fatto che tutto si debba gettare prima o poi.
Le relazioni sono divenute al pari degli oggetti d'uso.
Bisognerebbe insegnare il contrario, semmai, mostrando i limiti di una vita precaria.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Come insegna la classica regola del giornalismo su cosa è una notizia “l’uomo che morde un cane e non un cane che morde un uomo”, se ne parla perché è un evento straordinario.
Ma quando gli eventi straordinari vengono percepiti come un po’ troppo frequenti, portano a chiedersi come prevenirli. Si fa anche per le rapine, i borseggi, gli incidenti stradali, le intossicazioni alimentari e le malattie.
Preoccuparsi per le malattie ha portato, ad esempio, allo sviluppo della medicina.
Si continua ad ammalarsi e morire, ma un po’ meno.
C'è anche tanto marketing... ad esempio ricordo qualche tempo fa (oggi mi pare sparita) un sacco di pubblicità di prodotti alimentari da preferire perchè "senza olio di palma", e io che sono cresciuto a Nutella mi chiedevo cos'avesse mai di tanto mostruoso sto olio di palma... la mia sensazione era che si era creato un mostro per dare valore aggiunto a dei prodotti in contrapposizione ad esso... non voglio dire che è la stessa roba per l'emergenza climatica e tutto ciò che si mette l'etichetta green per vendere.. quindi non lo dico
 
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ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
L’educazione, a casa, ,ma pure a scuola, è non per evitare morti/e, ma per prevenire violenza interpersonale.
Se si guardano i film anni cinquanta, si vede che nelle relazioni uomo-donna qualche sberla capitava sempre. Era considerata una espressione normale della passionalità. Ora no. Forse un po’ siamo stati educati.
Fumavano tutti anche... ora si vede di rado, per fortuna
 
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