Ciaparat.Cosa significa di preciso: - Ciapa i ratt? - (prendi i topi)
In che contesto si usa?![]()
Dal punto di vista antropologico, Milano è quindi un esempio chiaro di trasformazione culturale.Sono già estinti.
Culturalmente estinti.
È forse l'unica città d'Italia in cui parlare di milanesi come entità non ha senso.
Puoi parlare di genovesi, bergamaschi, vicentini, pisani, torinesi, modenesi, bolognesi, napoletani, palermitani, messinesi, comaschi, varesotti... Anche romani.
Ma di milanesi no.
L'accento di tutte queste città è vero, un genovese da un pisano o da un napoletano lo distingui appena inizia a parlare e a volte pure prima che parli, quello di Milano che vedete nei film del cumenda o del Milanese imbruttito è inventato.
Non c'entra nulla col menegino.
Non lo parla nessuno, se non per imitazione.
Come non c'entra niente con la milanesità l'aperitivo e il sushi, il radical chic (sono tutti di giù) e il suv che vengono spacciati come tali.
Culturalmente Milano oggi è una massa informe mal amalgamata il cui unico discrimine è il denaro che si possiede.
Ai milanesi crede solo chi non abita a Milano.
Io sono pure ateo, figuriamoci se credo che esistano ancora i milanesi.
PS A Milano se diseva ris sgiald. Solo i ristoranti e i forest lo chiamano risotto allo zafferano.
Questa è una risposta un po' da stagista dI Repubblica, non me ne volere...Dal punto di vista antropologico, Milano è quindi un esempio chiaro di trasformazione culturale.
Come affermi l'identità milanese tradizionale si è indebolita nel tempo, lasciando spazio a una società in continuo cambiamento.
Se i "milanesi" come li conoscevamo sembrano scomparsi, il successo (innegabile) della città come capitale economica e morale d’Italia evidentemente dipende e dipenderà dalla sua capacità di accogliere nuove persone, idee e culture.
Milano, grazie anche alla sua vicinanza geografica al motore economico dell'Europa, la Germania, ha sempre attratto migranti, diventando un punto d'incontro di influenze diverse, cosa che le ha permesso di reinventarsi e rimanere comunque rilevante.
Paradossalmente, sono proprio i nuovi arrivati che hanno plasmato Milano come la città cosmopolita che è oggi, dove l'unico vero segno distintivo sembra essere, a tuo parere, il denaro, piuttosto che una specifica identità culturale.
In questo senso, a mio parere, il merito del successo odierno di Milano non è tanto dei milanesi tradizionali, ma di tutti quelli che sono arrivati da fuori e hanno contribuito a trasformarla, proprio come accadde a Palermo nel XII secolo o agli Stati Uniti in tempi più recenti.
Senza dimenticare la storia di lavoro e sacrificio che ha forgiato generazioni di milanesi, senza i quali Milano non sarebbe mai diventata la città che conosciamo oggi.
Questa è una risposta un po' da stagista dI Repubblica, non me ne volere...
E' come dire che il successo della Germania di oggi sia dovuto ai turchi.
Il presunto successo di Milano ha radici storiche, non è ovviamente lineare, ma andando ad esaminare in breve solo gli anni dopo la liberazione dalla dominazione austriaca e in particolare successivi all'unificazione d'Italia, possiamo intravedere nel motore la borghesia industriale colta e innovatrice nata nel contesto milanese.
In tal senso l'immigrazione è conseguenza, non artefice della crescita.
Milano attrae manodopera, prima con i bosini, poi con i veneti, i meridionali, gli stranieri.
Ma la divisione tra borghesia e proletariato è netta, anche a livello di progettazione urbanistica.
La distruzione dei quartieri popolari del centro, per esempio, con lo sfollamento verso la periferia esterna del popolo, ma anche i cannoneggiamenti di Bava Beccaris a fine '800, palesano quella che è la volontà segregante della borghesia, che sfrutta la manodopera a basso costo, ma la disprezza e la teme.
Il mito del bravo industriale milanese è falso tanto quanto quello del buon proletariato, o dei miserrimi delle baracche ma buoni, come descritti in Miracolo a Milano.
La vita per chi è di fascia bassa è dura, il lavoro è pesante, ma le opportunità rispetto alla campagna o alla terra d'origine sono allettanti.
Milano è sede di importanti università, della Borsa, ha la sua massoneria, i suoi salotti borghesi. Crea soldi, ma allo stesso tempo li attrae. Milano ha le ambizioni di una città moderna. Fanno sorridere i presunti milanesi odierni quando vogliono una città sul modello di Amsterdam, ovvero la Milano ottocentesca.
Milano nel '900 ridisegna le sue strade, i suoi quartieri, sulla base della circolazione veicolare, tutto è in funzione del dinamismo produttivo e dell'innovazione. Con la seconda guerra mondiale gran parte della città crolla sotto i bombardamenti angloamericani, la popolazione è sfollata nelle campagne.
Milano sembra abbattuta. Ma rinasce, attira capitali, crea addirittura un suo legame importante ed esclusivo con la mafia italoamericana, grazie anche all'espulsione di Joe Adonis della famiglia Genovese (quella di Lucky Luciano per intenderci, importante famiglia mafiosa di New York) dagli USA, che approda a Milano nel 1958 e crea bische, controlla la prostituzione, dirige il traffico di preziosi prima e successivamente di stupefacenti, e in una fase successiva con l'afflusso delle mafie del Sud Italia che si spartiscono il territorio.
Ancora adesso la distinzione per classe, pur avendo perso forza l'uso dei termini come borghesia e proletariato, c'è ed è riscontrabile, ma l'identità della città, per intenderci quella che può accomunare un napoletano del Vomero a uno dei Quartieri Spagnoli no.
Il Milanese imbruttito è una macchietta basata su stereotipi, alcuni dei quali, la parlata, presi pari pari dagli anni 60/70/80.
Anni un cui l'identità popolare era invece ancora forte, tanto da essere capace di trasformare un mezzo pugliese-comasco nato a MIlano nel prototipo del milanese per tutti i milanesi di allora: Enzo Jannacci.
Oggi sarebbe impossibile.
Mi riferivo al successo attuale di Milano e riconosco il merito alle generazioni passate di milanesi, senza le quali la città non sarebbe quella che conosciamo oggi.Questa è una risposta un po' da stagista dI Repubblica, non me ne volere...
E' come dire che il successo della Germania di oggi sia dovuto ai turchi.
Il presunto successo di Milano ha radici storiche, non è ovviamente lineare, ma andando ad esaminare in breve solo gli anni dopo la liberazione dalla dominazione austriaca e in particolare successivi all'unificazione d'Italia, possiamo intravedere nel motore la borghesia industriale colta e innovatrice nata nel contesto milanese.
In tal senso l'immigrazione è conseguenza, non artefice della crescita.
Milano attrae manodopera, prima con i bosini, poi con i veneti, i meridionali, gli stranieri.
Ma la divisione tra borghesia e proletariato è netta, anche a livello di progettazione urbanistica.
La distruzione dei quartieri popolari del centro, per esempio, con lo sfollamento verso la periferia esterna del popolo, ma anche i cannoneggiamenti di Bava Beccaris a fine '800, palesano quella che è la volontà segregante della borghesia, che sfrutta la manodopera a basso costo, ma la disprezza e la teme.
Il mito del bravo industriale milanese è falso tanto quanto quello del buon proletariato, o dei miserrimi delle baracche ma buoni, come descritti in Miracolo a Milano.
La vita per chi è di fascia bassa è dura, il lavoro è pesante, ma le opportunità rispetto alla campagna o alla terra d'origine sono allettanti.
Milano è sede di importanti università, della Borsa, ha la sua massoneria, i suoi salotti borghesi. Crea soldi, ma allo stesso tempo li attrae. Milano ha le ambizioni di una città moderna. Fanno sorridere i presunti milanesi odierni quando vogliono una città sul modello di Amsterdam, ovvero la Milano ottocentesca.
Milano nel '900 ridisegna le sue strade, i suoi quartieri, sulla base della circolazione veicolare, tutto è in funzione del dinamismo produttivo e dell'innovazione. Con la seconda guerra mondiale gran parte della città crolla sotto i bombardamenti angloamericani, la popolazione è sfollata nelle campagne.
Milano sembra abbattuta. Ma rinasce, attira capitali, crea addirittura un suo legame importante ed esclusivo con la mafia italoamericana, grazie anche all'espulsione di Joe Adonis della famiglia Genovese (quella di Lucky Luciano per intenderci, importante famiglia mafiosa di New York) dagli USA, che approda a Milano nel 1958 e crea bische, controlla la prostituzione, dirige il traffico di preziosi prima e successivamente di stupefacenti, e in una fase successiva con l'afflusso delle mafie del Sud Italia che si spartiscono il territorio.
Ancora adesso la distinzione per classe, pur avendo perso forza l'uso dei termini come borghesia e proletariato, c'è ed è riscontrabile, ma l'identità della città, per intenderci quella che può accomunare un napoletano del Vomero a uno dei Quartieri Spagnoli no.
Il Milanese imbruttito è una macchietta basata su stereotipi, alcuni dei quali, la parlata, presi pari pari dagli anni 60/70/80.
Anni un cui l'identità popolare era invece ancora forte, tanto da essere capace di trasformare un mezzo pugliese-comasco nato a MIlano nel prototipo del milanese per tutti i milanesi di allora: Enzo Jannacci.
Oggi sarebbe impossibile.
E' ovvio che MIlano sia diventata attrattiva soprattutto nel dopoguerra anche per gli investimenti, gli imprenditori e la borghesia, industriale, piccola e non, di altre regioni e nazioni.Mi riferivo al successo attuale di Milano e riconosco il merito alle generazioni passate di milanesi, senza le quali la città non sarebbe quella che conosciamo oggi.
Tuttavia affermare che il successo di Milano sia stato solo dovuto alla borghesia industriale ignora, a mio avviso, il ruolo cruciale dell'immigrazione.
Immigrazione assai spesso di qualità visto che, come affermi, è riuscita a sostituirsi alla precedente classe dirigente autenticamente milanese,
anche perché quando un territorio ha una borghesia capace e ben capitalizzata, ma le classi popolari non sono altrettanto sviluppate, possono emergere condizioni socio-economiche simili a quelle riscontrate in alcune aree dell'America Latina.
A Milano, questo fenomeno non si è verificato, ma attualmente ci sono segnali che le condizioni potrebbero iniziare a orientarsi in quella direzione...
La città ha visto quindi un incremento economico grazie non solo alla borghesia, ma anche ai lavoratori provenienti da diverse regioni e ultimamente paesi stranieri, che hanno contribuito al dinamismo e alla crescita economica e senza i quali non avrebbe potuto esserci alcuno sviluppo economico.
Le politiche di segregazione e sfruttamento non sono state uniche a Milano, ma sono parte di un fenomeno più ampio di urbanizzazione e industrializzazione che ha caratterizzato molte città europee.
La trasformazione urbana e le connessioni con la mafia non sminuiscono il contributo dell'immigrazione alla rinascita e alla vitalità della città.
Milano rimane un esempio di come diversi fattori, da non sottovalutare quello geografico, si sono intrecciati nella costruzione del suo successo, fattori che se non ben governati potrebbero essere causa del suo declino.
Milano è quella che è anche grazie alle mafie del Sud che hanno spostato i loro quartier generali nei comuni di Buccinasco, Trezzano sul Naviglio e Corsico.E' ovvio che MIlano sia diventata attrattiva soprattutto nel dopoguerra anche per gli investimenti, gli imprenditori e la borghesia, industriale, piccola e non, di altre regioni e nazioni.
Non parlerei in questi casi però di immigrazione, ma di spostamento dell'asse di interesse degli imprenditori e della piccola borghesia ove le condizioni per gli investimenti siano profittevoli.
Un po' come lo spostamento della sede Fiat in Olanda di qualche anno fa, per dire. Si va dove ci sono le migliori condizioni di mercato, o migliori offerte di lavoro. E' la ragione per cui i defunti suoceri di mio fratello si sono spostati dalla Puglia, diventando primari ospedalieri a Milano e acquistando casa in centro a Milano, cosa non proprio alla portata di un immigrato medio, ma anche dell'interesse e degli investimenti della Cina, o dell'investimento del Qatar in City Life, o dell'acquisizione del Milan con tentativo di realizzare uno stadio di proprietà da parte degli italoamericani, degli investitori dei fondi nell'immobiliare etc.
Ma questo non c'entra nulla con l'identità locale, anche se si vaneggia che City Life sia espressione della milanesi tout court.
Sono opportunità economiche, non dissimili da quelli di qualsiasi altra metropoli attrattiva in tutto il mondo.
Anche.Milano è quella che è anche grazie alle mafie del Sud che hanno spostato i loro quartier generali nei comuni di Buccinasco, Trezzano sul Naviglio e Corsico.
Dove c’è cemento del resto c’è mafia, da sempre ed ovunque.
Non necessariamente. Credo che avere conti separati sia più comune nelle coppie giovani. Nella mia famiglia di origine il cc era intestato al mio babbo, che non ha fatto mancare niente alla mia mamma, ma negli anni credo che la mia mamma volesse anche lei essere partecipe.Credo anche che ognuno sia influenzato dalla esperienza della famiglia di origine.
Ma se si mescola il DNA cosa vuoi che sia mescolare gli stipendi?!
Forse mi sono espressa male.Non necessariamente. Credo che avere conti separati sia più comune nelle coppie giovani. Nella mia famiglia di origine il cc era intestato al mio babbo, che non ha fatto mancare niente alla mia mamma, ma negli anni credo che la mia mamma volesse anche lei essere partecipe.
Io oramai da diversi anni ho detto a mia moglie di versare il suo stipendio nel suo cc. Ho piacere che lei abbia qualcosa di solo suo. Sul cc in comune verso solo io
E' una barzelletta, non ci posso credere. Se una partner mi proponesse una cosa simile scapperei di corsa.Avevo una collega che conviveva (no sposata) e senza figli e lei ed il compagno addirittura avevano i ripiani del frigo separati per dividere il cibo pagato da ciascuno di loro. Per cui non mi stupisce nulla.
Mi sono sempre domandato se contassero anche gli strappi della carta igienica….
No Brunetta l'esatto contrarioForse mi sono espressa male.
Nella tua storia famigliare e personale vi sono uomini che hanno emolumenti in grado di reggere la famiglia.
Se ho capito bene hai riproposto in forma attuale la tradizione di famiglia.
Allora non ho capito.No Brunetta l'esatto contrario
Che due Coglioni.... Ahahahahah.... Io utilizzo la APP SplitWise con un Amica e la mia Frequentazione.... Ed in base segno e divido per due...SUDDIVISIONE SPESE NEL MATRIMONIO E NELLA CONVIVENZA
Parlavo recentemente con un'amica separata da un anno circa in merito alla gestione delle spese (generali, vacanze, bollette, spesa alimentare, etc), in una coppia.
Lei è stata sposata poco meno di 20 anni con suo marito.
Mi raccontava che, ogni mese, ognuno dei coniugi provvedeva a queste spese, senza uno schema preciso ma che, alla fine del mese, entrambi conservavano gli scontrini, preparavano un foglio Excel, facevo i più e i meno e, chi era debitore verso l'altro, si faceva fare un bonifico sul suo conto personale.
Mi è caduta la mascella per terra e, il mio stupore, lo si percepiva fino a Triuggio.
Oltretutto, la divisione prevedeva anche le uscite in pizzeria, ristorante, sia tra di loro in coppia che con amici. Tutto diviso a metà. 20 anni di matrimonio
Voi come le gestite o le gestivate?