Arcistufo ha studiato il sistema di un paese che è sostanzialmente una caserma e vorrebbe investire in uno Stan turcofono dell'Asia Centrale dove le persone sono abituate ad un sistema autocratico almeno dai tempi dell'Orda d'Oro.
applicarlo in una democratura europeista come l'Italia significa scardinare un certo livello di ipocrisia, oltre al fatto che una retta da 10mila euro de facto esclude l'80% almeno della popolazione. però se ricordo la scuola mia, la differenza tra chi poteva poi permettersi di mantenere i figlioli all'università e quelli che sapevano in partenza che sarebbero andati a lavorare era chiaro già alla fine del primo quadrimestre del primo anno. infatti erano tanti quelli che non arrivavano al terzo anno e che ritrovavi in cantiere a 16 anni.
il problema è NON avere una generazione di docenti che sia in grado di riconoscere le potenzialità di chi quei 10mila non li ha, ma è sicuramente valido tanto quanto se non di più di chi i soldi li ha. il punto debole dell'idea di Arcistufo è questo
Perply, due precisazioni.
Veramente non sto investendo un bel niente:
sono loro governo e multi, che buttano soldi su di me, come si fa quando si compra un cavallo che corre, evidentemente corro come piace a loro. .
E tanto per mettere le cose in fila: una scuola di suore alle medie ti porta via cinquecento al mese. Non è aristocrazia, è Italia. È sempre stata così, solo che ci piace far finta di no.
Il punto debole della mia idea ha un nome semplice: la realtà. La realtà prende le risorse che non sono infinite, le butta su chi può farci qualcosa e lascia il resto a contendersi il poco che rimane.
Il leone che si mangia la zebra più lenta non è cattivo: è il miglior consulente strategico del branco.
Io poi ho messo il 20% di borse di studio basate su test di intelligenza pura, stile Mensa.
Perché a sei anni non c’è la carriera, non c’è il “merito”, non c’è l’educazione: c’è solo il motore.
Se gira, gira.
Se tossisce, tossisce.
E ho pure infilato lo scarto di un anno tra maschi e femmine, perché il cervello femminile a quell’età corre un po’ più veloce. Quindi i maschi entrano a un anno in meno.
E mentre un consulente francese mi parlava di quote rosa, io cercavo di spiegare ai discendenti di Gengis Khan che sì, il cervello ha i suoi tempi, e no, non era un attentato alla loro virilità immortale.
Ci ho messo tanti giorni. E pazienza.
Torniamo in italia. Il problema vero non è l’ipocrisia:
è quella miscela tossica di comunismo sentimentale e cattolicesimo colpevole che ci racconta che il tempo “continua” e che “o si va avanti tutti, o non va avanti nessuno”.
Una favola. Di quelle scritte da chi non voleva tirare su le maniche.
La realtà funziona diversamente:
hai un tempo.
Quel tempo.
Un biglietto. Una corsa.
E devi farlo fruttare anche se significa spingere via chi ti sta troppo vicino, perché quello che costruisci forse salverà quelli dopo di te, e forse no, ma almeno non avrai sprecato il giro sulla giostra.
Se Jenner avesse aspettato che lo scemo del villaggio capisse la biologia, oggi avremmo ancora il vaiolo.
Poi, chiariamoci: qui dentro c’è un esercito di gente che ha passato una vita a svuotare serate davanti a un monitor, postando righe e righe per far finta che la noia fosse un’opinione politica.
E adesso che il mondo corre, pretendono che li aspetti, che gli regga la porta, che ricordi loro quanto erano importanti i loro pomeriggi sprecati.
Ma nessuno aspetta la generazione dei quarantenni-cinquantennni più rintronata di sempre.
Nessuno. Nemmeno qui dove un'influencer guadagna quanto un commercialista figurati nei paesi in cui l'economia è reale.
Là fuori la gente spinge, sgomita, si inventa qualcosa, si incasina, ma almeno si muove.
Solo noi seduti sui nostri duemila anni di gloria crediamo che ancora ci spetti un applauso perché duemilacinquecento anni fa qualcuno della nostra tribù scannava i cartaginesi.
Retaggi di cui ci impiastriamo la faccia per non vedere che siamo fermi e finti come i mobili dell’Ikea.
E oggi, credimi, mi gira pure bene.
