Eccomi qua...
Andrea, difficilmente invidio qualcuno, ti seguirei.
Ne parlavo a mio marito pochi giorni fa, sono anni che ho voglia di vedere L'Avana e dintorni, non vorrei cambiasse troppo, buon per loro ma si sa che il progresso a volte peggiora i luoghi.
FAI BENE a spenderli.
MI darai qualche suggerimento perche' conto di andarci presto. HO UN AMICO CHE HA UNA CASA in centro a L'Avana e mi ha invitata ad andarci, purtroppo ho rifiutato ma sono sempre in tempo.
HA la nuora cubana.
Buon viaggio, buon natale, e sereno 2015.
Mia figlia voleva andarci a gennaio ma il suo amico e' americano e non e' ancora consentito. Ha scelto i Caraibi, se non cambiano idea.
Ancora fuso dall'orario ma felice. Sì, per chi l'ha conosciuta negli anni Settanta/Ottanta, per chi ci ha viaggiato nel decennio successivo, per chi la visita ai giorni nostri: si tratta di un Paese uguale e però assolutamente diverso. Ai tempi della stagnazione Sovietica, con quella strana patina di austerità da oltre cortina, il comunismo in salsa caraibica, interpretato persino con disinvolta leggerezza dal popolo cubano, lasciava in testa un ricordo contraddittorio e tante idee confuse. Su un popolo povero ma sostanzialmente felice (chi aspirava al successo infine aveva preso la via di Miami) sospeso nell'improduttività del sistema che dava a tutti l'indispensabile per vivere, visto dalla lente deformante e romantica della rivoluzione dei barbudos. Penso che alla fine la Storia fa sempre giustizia e che la cacciata di Batista fu giusta e che - soprattutto - avvenne al momento giusto. A seguire la retorica rivoluzionaria e l'ideologia che tendono inevitabilmente a cristallizzare intorno ai dogmi la vita economica e sociale. Poi il periodo "Especial" con la penuria improvvisa e insopportabile. Ricordo che i miei amici facevano di notte la guardia al banano nel giardino. Le donne che ti prendevano per un braccio dicendosi disposte a tutto per un po' di dollari. E' passato anche questo, anche se negli alberghi capita ancora di incontrare qualche ginetera in compagnia di sfigati europei o canadesi. Fenomeno in netto declino, però. E ora, con la svolta "cinese" del fratello minore, la città (e l'isola) si vanno piano piano riempiendo di piccole attività, negozi, cooperative. I soldi cominciano a circolare e il mondo, com'è giusto, cambia. Ci sono cose che però voglio sottolineare, avendo un po' viaggiato in America Latina. Pure in un quadro di povertà generalizzata, qui non mi è mai successo che un bambino mi chiedesse da mangiare, non ho mai visto nessuno malnutrito. E non ho mai visto bidonvilles orribili come a Città del Messico o a Caracas o a Rio de Janeiro. Non ho visto miserie simili a quelle di Honduras o Nicaragua. Questo per onestà di viaggiatore. E soprattutto non ho mai incontrato un cubano analfabeta. Infine. Quel che è stata l'Avana, meravigliosa, fatiscente e lasciva Capitale, è un esempio unico, per meriti propri e - soprattutto - per demeriti altrui. Perché tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, quando l'intero sub-Continente latino americano pativa il long steak della dottrina nordamericana, ridotto a orto di casa degli USA (in maniera non tanto diversa da quanto avveniva in Europa nei confronti dei Paesi - satellite dell'URSS), fu il rifugio di scrittori, intellettuali, musicisti perseguitati dalle giunte militari installate in Cile, Argentina, Uruguay eccetera. Così, per vie indotte e (anche) per ragioni politico-propagandistiche, si riempì di istituzioni culturali. Dalla Casa de las Americas (quasi sempre retta da donne) alla Casa degli Scrittori, nella splendida residenza lasciata da Alejo Carpentier in Calle Empedrado, dal Ballet Nacional ancora retto dalla grandissima Alicia Alonso, ormai inferma nella sua cecità, il gran teatro, per finire con le grandi sale cinematografiche e la Fondazione del Nuovo Cinema Latino Americano. Tutto questo c'è ancora, insieme alle case fatiscenti del Centro Avana (alcune, non tante, persino sordide). Agli scorci Liberty e Decò di alcuni quartieri che paiono appena bombardati. Da un lato la Città Vecchia, per un buon trenta per cento restaurata grazie ai fondi Unesco (è patrimonio dell'Umanità) ti riporta nel passato cinquecentesco e coloniale. Dall'altro il Vedado e Miramar sono l'immagine trasandata dell'America degli anni Cinquanta. Davanti l'Atlantico e i suoi spruzzi. Cosa si prova passeggiando sul Malecòn lo può capire solo chi è nato in una città (grande o piccola che sia) di mare.

Infine. Mi sono ritrovato a bordo di una Chevrolet del 1949, armata di un motore di una Volga di produzione sovietica degli anni Settanta e di un blocco cambio/differenziale di un trattore cinese. Non vi dico il rumore che faceva. Quando si dice l'adattamento... Quando si dice la globalizzazione...