Ciò in cui credo io è il cammino individuale, che per ognuno di noi ha una precisa ragione d'essere. Quindi ha una ragione d'essere un eventuale tradimento, ha una ragione d'essere l'essere stati traditi, perché ogni situazione - per quanto dolorosa, anzi soprattutto se dolorosa - porta a fare passi avanti nel proprio cammino.
La meritocrazia è secondo me un'idea surreale proprio perché la giudichiamo soltanto dal nostro ristretto punto di vista, sia nel bene che nel male. Il male torna indietro. Ma quale male? Quello che noi reputiamo male o quello che percepisce il nostro vicino? Ed è davvero un male o alla fine si rivela il suo contrario?
Noi non sappiamo nulla del cammino degli altri, di quello che avranno bisogno per sé, delle emozioni più profonde, di quello che per loro significa dolore o gioia nelle infinite sfumature. Quando stiamo male una spiegazione ce la sappiamo dare e in genere sappiamo anche in che misura dipende dalla nostra responsabilità. Lo sappiamo per noi stessi e questo secondo me deve bastare e avanzare (anzi è già bello che riusciamo a scoprirlo per noi, figuriamoci per gli altri).
Se esiste un Dio ha fatto molto affidamento sulla nostra capacità di interpretazione e quindi non c'è nemmeno tanto più bisogno di un aldilà, perché se ce la facciamo in base agli strumenti che ci sono stati dati, le risposte le otteniamo già in questa vita.