Una questione etica, religiosa, personale
http://www.repubblica.it/cronaca/20...rigo_per_non_vederla_piu_soffrire_-159324339/
http://www.repubblica.it/cronaca/20...rigo_per_non_vederla_piu_soffrire_-159324339/
.Il ricordo... è terribile per chi resta, un senso di colpa che rimane per sempre.
tu hai spiegato a tua figlia che quello che le chiederesti di fare in Italia è illegale e potrebbe comportarle un processo penale, con rischio di condanna fino a 12 anni?In questi giorni sto assistendo mia madre novantenne. Pessima persona, pessimi rapporti per tutta la vita. Non lo faccio volentieri (è un dovere che svolgo, almeno fino a quando non entrerà in servizio permanente la badante). Mi dà un senso di rabbia vederla attaccata con le unghie e coi denti a quello straccio di vita inutile tra letto e poltrona. L'unico passatempo per lei è torturare figli, nipoti e parenti vari con telefonate a raffica. Telefonate inutili, fatte con qualsiasi pretesto. Roba che se vuoi un'ora libera devi bloccare il contatto. Nel frattempo, dall'alto del suo egoismo cosmico, ha definitivamente seppellito ogni pudore, fisico e morale. Dico questo scientemente, in quanto mia figlia ha il mio testamento con la precisa disposizione che - il giorno in cui dovessi perdere l'autosufficienza - voglio che alla mia vita sia posto il termine. Nessun problema di coscienza. Solo rispetto per me e per le persone che mi sono o che mi saranno vicine. Non voglio assolutamente rovinare la vita altrui per tenere accesa la mia, una volta che sarà diventata inutile. Lascio agli altri le convinzioni religiose, con tutto il rispetto. Io non sono credente e mi ritengo padrone della mia esistenza che non dovrà mai - ripeto - pesare su quella degli altri.
Anche io e mia sorella ci siamo organizzate a riguardo.In questi giorni sto assistendo mia madre novantenne. Pessima persona, pessimi rapporti per tutta la vita. Non lo faccio volentieri (è un dovere che svolgo, almeno fino a quando non entrerà in servizio permanente la badante). Mi dà un senso di rabbia vederla attaccata con le unghie e coi denti a quello straccio di vita inutile tra letto e poltrona. L'unico passatempo per lei è torturare figli, nipoti e parenti vari con telefonate a raffica. Telefonate inutili, fatte con qualsiasi pretesto. Roba che se vuoi un'ora libera devi bloccare il contatto. Nel frattempo, dall'alto del suo egoismo cosmico, ha definitivamente seppellito ogni pudore, fisico e morale. Dico questo scientemente, in quanto mia figlia ha il mio testamento con la precisa disposizione che - il giorno in cui dovessi perdere l'autosufficienza - voglio che alla mia vita sia posto il termine. Nessun problema di coscienza. Solo rispetto per me e per le persone che mi sono o che mi saranno vicine. Non voglio assolutamente rovinare la vita altrui per tenere accesa la mia, una volta che sarà diventata inutile. Lascio agli altri le convinzioni religiose, con tutto il rispetto. Io non sono credente e mi ritengo padrone della mia esistenza che non dovrà mai - ripeto - pesare su quella degli altri.
Condivido vivere nel dolore perenne e senza la pur minima possibilità di avere momenti migliori non credo sia una vita auspicabile per nessuno.Anche io e mia sorella ci siamo organizzate a riguardo.
Una con l'altra.
Non è una questione di peso, però...per quanto mi riguarda.
Non credo nell'illusione della vita eterna. Non credo nell'assenza della morte. E nel suo evitamento.
E non mi fido assolutamente dei componenti di una società che temono la Morte come se fosse il male maggiore.
Di più...mi terrorizzano. Ho letteralmente paura di coloro i quali santificano la Vita dimenticando la dignità della Morte, il momento della Morte.
E ne parlavo con mio padre...al tempo delle sue chemio.
Quando ragionavamo intorno al fatto che se non avessero funzionato lui non avrebbe voluto restare e tentare di sopravvivere strisciando.
E ne parlava con me, perchè mia madre è talmente rifiutante il concetto di morte che non è affidabile.
Allora non ho avuto il minimo problema a promettergli che lo avrei aiutato in ogni modo possibile a morire. Se lui avesse manifestato quel volere. E lo stesso avrei fatto se, troppo stordito dal dolore, non fosse riuscito più a esprimere quel volere.
Se devo essere sincera questa seconda opzione non sono riuscita a prometterla. Sono riuscita a promettere il mio massimo impegno a comprendere le sue necessità e a non essere troppo egoista verso il voler mantenere vivo un simulacro di lui.
Le morti a cui ho assistito, e non sono poche, mi hanno lasciato comunque il senso della liberazione da vite che non erano più desiderate da chi le stava vivendo.
A partire dal suicidio del mio miglior amico quando avevo 20 anni.
Questo non mi ha preservata dal dolore della mancanza. Ma ho sempre saputo riconoscere che quella mancanza era una manifestazione di un attaccamento egoista mio alla persona.
già...Condivido vivere nel dolore perenne e senza la pur minima possibilità di avere momenti migliori non credo sia una vita auspicabile per nessuno.
Sono fermamente attaccata al concetto di vita e proprio per questo ho grande rispetto della morte
Che è insita nella nostra natura
Sappiamo che non siamo eterni e prima o poi dovremo morire.
Morire dignitosamente mi sembra indispensabile ed uno stato civile dovrebbe approvare una legge che consenta una libera scelta in tal senso
Per me la pillola abortiva ha creato più caos che altrogià...
solo che questo stato che si vuol dire civile ancora si arroga il diritto di determinare l'autodeterminazione del corpo...l'eutanasia è solo uno degli ambiti in cui uno stato laico agisce come altro da sè.
Basta pensare al vespaio suscitato dalla Ru486...:unhappy:
dubito lo abbia avuto...come dubito lo abbia avuto la pillola del giorno dopo...Per me la pillola abortiva ha creato più caos che altro
Non so nemmeno se ha avuto un utilizzo informato e consapevole
Si dovrebbe parlare di questo.Quoto le vostre legittime opinioni e penso che ciascuno debba disporre della propria vita in modo adeguato, lo Stato forse dovrebbe aiutarlo in questo.
Tuttavia penso una cosa, che i veri tabù di questa nostra società non siano il denaro e la morte, penso che il vero fantasma innominabile, il vero rifiuto, il vero terrore, sia verso la sofferenza. E' questa che non siamo attrezzati ad affrontare, nemmeno come concetto, e più stiamo meglio, più progrediamo, meno siamo disposti a farcene una ragione.
Dimentichiamo forse che è normale, che la vita ci riservi una adeguata dose di sofferenze, di vari tipi, in vari luoghi, in vari momenti, durante tutto il suo svolgimento.
La vita è sofferenza, dolore, incapacità, inadeguatezza, vecchiaia. (E anch' io lo so bene, dal momento che sono quasi nella situazione di Andrea).
Uno Stato che si ritenga civile, una società che si ritenga tale, non solo dovrebbe dare dignità alla morte, dovrebbe aiutare soprattuto nella sofferenza, è in quella, più che nella morte che abbiamo bisogno degli altri.
Non sottovalutarlo Piper, il dolore è la cosa più destabilizzante che esista, specialmente quando diventa sofferenza continua.Si dovrebbe parlare di questo.
Credo , che la paura della sofferenza sia dovuta al fatto che la sofferenza è considerata l'anticamera della morte.
Il dolore in sè non spaventa, fa solo male. Metti una donna che ha le doglie con mille dolori, ma sapere che il dolore è solo un mezzo per raggiungere uno scopo meraviglioso, contribuisce a percepire il dolore come benefico, come positivo. Lo stesso non avviene quando si tratta di una malattia.
La paura della morte è paura di annullarsi, di non esistere, del buio, del vuoto.
Tutto questo lo può capire fino in fondo chi ha attraversato certe esperienze tragiche. Come quelle che portano alla fine prematura delle persone più care. Il simulacro di una vita, come lo definisci tu perfettamente, è qualcosa a cui non abbiamo neppure il diritto di attaccarci. L'unica cosa che possiamo fare è rispettare le volontà che ci hanno espresso, un atto (dovuto) di amore.Anche io e mia sorella ci siamo organizzate a riguardo.
Una con l'altra.
Non è una questione di peso, però...per quanto mi riguarda.
Non credo nell'illusione della vita eterna. Non credo nell'assenza della morte. E nel suo evitamento.
E non mi fido assolutamente dei componenti di una società che temono la Morte come se fosse il male maggiore.
Di più...mi terrorizzano. Ho letteralmente paura di coloro i quali santificano la Vita dimenticando la dignità della Morte, il momento della Morte.
E ne parlavo con mio padre...al tempo delle sue chemio.
Quando ragionavamo intorno al fatto che se non avessero funzionato lui non avrebbe voluto restare e tentare di sopravvivere strisciando.
E ne parlava con me, perchè mia madre è talmente rifiutante il concetto di morte che non è affidabile.
Allora non ho avuto il minimo problema a promettergli che lo avrei aiutato in ogni modo possibile a morire. Se lui avesse manifestato quel volere. E lo stesso avrei fatto se, troppo stordito dal dolore, non fosse riuscito più a esprimere quel volere.
Se devo essere sincera questa seconda opzione non sono riuscita a prometterla. Sono riuscita a promettere il mio massimo impegno a comprendere le sue necessità e a non essere troppo egoista verso il voler mantenere vivo un simulacro di lui.
Le morti a cui ho assistito, e non sono poche, mi hanno lasciato comunque il senso della liberazione da vite che non erano più desiderate da chi le stava vivendo.
A partire dal suicidio del mio miglior amico quando avevo 20 anni.
Questo non mi ha preservata dal dolore della mancanza. Ma ho sempre saputo riconoscere che quella mancanza era una manifestazione di un attaccamento egoista mio alla persona.
E uno dei nodi del terrore è esattamente qui.Si dovrebbe parlare di questo.
Credo , che la paura della sofferenza sia dovuta al fatto che la sofferenza è considerata l'anticamera della morte.
Il dolore in sè non spaventa, fa solo male. Metti una donna che ha le doglie con mille dolori, ma sapere che il dolore è solo un mezzo per raggiungere uno scopo meraviglioso, contribuisce a percepire il dolore come benefico, come positivo. Lo stesso non avviene quando si tratta di una malattia.
La paura della morte è paura di annullarsi, di non esistere, del buio, del vuoto.
Io credo che riguardi il Credere...non dio o chi per lui...ma nel proprio non Vedere quello che vede l'altro...e credo che sia un atto di fiducia profonda....forse uno di quei pochi casi in cui esiste l'altruismo. Quella cosa per cui non capisco per davvero, ma mi fido e mi affido al tuo volere.Tutto questo lo può capire fino in fondo chi ha attraversato certe esperienze tragiche. Come quelle che portano alla fine prematura delle persone più care. Il simulacro di una vita, come lo definisci tu perfettamente, è qualcosa a cui non abbiamo neppure il diritto di attaccarci. L'unica cosa che possiamo fare è rispettare le volontà che ci hanno espresso, un atto (dovuto) di amore.
:umile:Quoto le vostre legittime opinioni e penso che ciascuno debba disporre della propria vita in modo adeguato, lo Stato forse dovrebbe aiutarlo in questo.
Tuttavia penso una cosa, che i veri tabù di questa nostra società non siano il denaro e la morte, penso che il vero fantasma innominabile, il vero rifiuto, il vero terrore, sia verso la sofferenza. E' questa che non siamo attrezzati ad affrontare, nemmeno come concetto, e più stiamo meglio, più progrediamo, meno siamo disposti a farcene una ragione.
Dimentichiamo forse che è normale, che la vita ci riservi una adeguata dose di sofferenze, di vari tipi, in vari luoghi, in vari momenti, durante tutto il suo svolgimento.
La vita è sofferenza, dolore, incapacità, inadeguatezza, vecchiaia. (E anch' io lo so bene, dal momento che sono quasi nella situazione di Andrea).
Uno Stato che si ritenga civile, una società che si ritenga tale, non solo dovrebbe dare dignità alla morte, dovrebbe aiutare soprattuto nella sofferenza, è in quella, più che nella morte che abbiamo bisogno degli altri.
Non lo sottovaluto, dico solo che dobbiamo fare una distinzione. Intanto distinguere il dolore fisico da quello psichico, che spesso si confondono e si intrecciano ma non sono esattamente la stessa cosa.Non sottovalutarlo Piper, il dolore è la cosa più destabilizzante che esista, specialmente quando diventa sofferenza continua.
E' per questo che la nostra società ne è terrorizzata. Letteralmente terrorizzata.