Avrei descritto anch'io perfettamente così questa emozione. Anch'io ho una visione della vita che è una sorta di bilancere. Tanto buono, tanto di cattivo. La vita mi chiede sempre il conto.
Quando "vinco", quando sono "felice" lo vivo sempre con la paura di quando arriverà il momento della sconfitta, della perdita.
Ma c'è qualcosa altro che amo della sconfitta è che quando sono in difficoltà dò il meglio di me. Mi riconosco profondamente, sento di essere completamente e solamente io.
La forza che deriva da una "sconfitta" mi rende meravigliosamente bene con me stessa, dirmi ce l'hai fatta sei ancora in piedi è qualcosa di ancora più perfetto che aver "solamente" vinto.
Lascio un altra meravigliosa citazione questa di Pier Paolo Pasolini:
Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. […] A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo. In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. È un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.