Non ho mai visto un matrimonio in cui qualcuno ti chiede se la vuoi pronunciare o no: io l'ho sempre vista lì, scritta su un foglio, passato agli sposi che la devono leggere, senza possibilità di scelta. Altrimenti non si sposano.
Anzi: nel rito civile non devono neanche leggerla. È semplicemente un articolo della legge che viene letto dal(la) celebrante e viene implicitamente accettato dagli sposi nel momento in cui rispondono semplicemente "Sì, lo voglio".
Ma certo che capisco, è che non concordo: sono convinto che la maggior parte della gente non ci riflette sul serio. Si sposa e basta. E per sposarsi deve passare per quel rito lì.
Un po' come quando firmi un contratto e ci sono tutte quelle clausole scritte in piccolo: non le leggi neanche, ma se vuoi sottoscrivere quel contratto, devi firmare che le accetti. E lo fai.
Tutto qui.
E sto parlando degli altri.
Invece, per quel che riguarda me, l'impegno era già pensato e preso da ben prima: lo sposarsi non ha cambiato di una virgola i patti della relazione, che si erano già ben codificati in molti anni passati insieme prima di sposarci.
Continuo a pensare che non vi sia sufficiente conoscenza di quale sia la normativa vigente nella regolamentazione delle relazioni di coppia, che è variata notevolmente negli ultimi 40 anni. E' una questione di ignoranza diffusa perché non si riesce a comprendere come si possa scegliere di sposarsi senza consapevolezza della serietà degli impegni che si prendono tra gli sposi e davanti alla comunità. Per chi si sposa in chiesa, poi, il matrimonio è un sacramento, dunque un impegno particolarmente solenne.
Non esiste alcun obbligo di sposarsi per accoppiarsi e convivere.
Va spiegato per bene a chi si presenta per le pubblicazioni, a scanso di equivoci.
Non ci si dovrebbe sposare per superficialità o per il fascino della cerimonia.
Ci sono soluzioni intermedie disponibili che consentono di regolamentare "a misura" la relazione di coppia, cosa che eviterebbe tante amarezze e dissapori quando la relazione entra in crisi (non solo per il tradimento).
Matrimonio (forma più completa ed impegnativa, come indicato dalle norme del Codice Civile che vengono lette dal celebrante agli sposi).
Convivenza di fatto prevista (dal giugno 2016) dalla Legge Cirinnà, che crea una alternativa intermedia tra matrimonio e semplice convivenza di fatto non formalizzata (non registrata al Comune). Quasi tutti ignorano che la convivenza di fatto regolamentata dalla Legge Cirinnà prevede il
contratto di convivenza, dove vengono regolamentati gli aspetti patrimoniali tra i partners nel caso che la coppia e la convivenza vengano meno. Ci sono moduli on line di regolamentazione contrattuale che sono facilmente consultabili.
E l 'obbligo di fedeltà non è previsto né sanzionabile in automatico.
Convivenza di fatto non regolamentata, che è la soluzione meno impegnativa sul piano dei diritti e dei doveri, e che è scelta da molti, in correlazione al calo del numero dei matrimoni, da decenni ormai. Ma dove esistono doveri specifici solo nel caso di prole.
Sarebbe curioso capire quanti - nella realtà - conoscano le norme e le possibilità di libera determinazione della regolamentazione della coppia che scelga la convivenza di fatto ex Legge Cirinnà.
Particolarmente interessante perché toglie ogni alibi a chi interpreta le regole del matrimonio come troppo stringenti e poi si ostina ad impegnarsi sulla carta a rispettarle, disattendendo poi gli impegni presi.
Ovviamente, il discorso è riferito alle coppie formatesi negli ultimi 8 anni (prima del 5 giugno 2016, data di entrata in vigore della Legge Cirinnà). Quindi è un discorso che vale per i giovanissimi e per i figli di quelli che erano già sposati all'epoca.
Quello che sarebbe interessante - nell'ottica di tutelare la famiglia con prole - sarebbe (è una mia opinione) la prospettiva di agevolare, nel caso di crisi del rapporto matrimoniale (per tradimento o altro) il passaggio ad una convivenza regolamentata (almeno fino all'autonomia dei figli) come alternativa alla semplice separazione e poi al divorzio. Un passaggio intermedio che consenta la tutela di quella parte del progetto di vita in comune che riguarda i figli.