Brunetta
Utente di lunga data
http://www.vanityfair.it/news/italia/14/07/09/michela-marzano-amore-primo
In Francia, quasi tutti conoscono Jean-Didier Vincent. Non tanto e non solo per i lavori accademici nell’ambito della neurobiologia sul rapporto tra ormoni e sistema nervoso, quanto per gli interventi sempre molto polemici che Vincent dissemina sui media. Il professor Jean-Didier non arretra di fronte a niente ed è sempre estremamente fiero del suo essere libertario e libertino, ateo e attaccabrighe.
E allora quando è lui che prende la parola per difendere la sessualità «débridée» (sfrenata) di scimpanzé e gorilla, spiegando che l’essere umano non è altro che un bonobo leggermente più evoluto, nessuno più si stupisce. Ci si limita a sorridere e, magari, a cambiare canale. Almeno è quello che faccio io, non appena lo vedo perdere la pazienza e cominciare a insultare gli altri ospiti.
Qualche giorno fa, però, c’è stata una sorpresa. Ero già pronta a spegnere il televisore e a pensare ad altro, quando il Professor Vincent, interrompendo un collega, esclama con emozione: «Ma l’amore per un figlio è un’evidenza. Quando è nata mia figlia, impossibile resistere. Si è aperto qualcosa. E quel qualcosa è per sempre».
Era qui che la volevo, caro professore! Un tocco di umanità nonostante la rudezza. Mentre comincio, forse per la prima volta, a guardarlo in modo diverso. Me lo immagino di fronte alla neonata, timido e impacciato. Commosso di fronte alla fragilità di quella creaturina. E tutto il mondo fuori…
Chissà com’era mio padre quando sono nata. Chissà che cosa ha pensato, come ha reagito, cosa ha fatto. Anche per lui è stata un’evidenza? E allora perché, negli anni, tanta severità e tanto «dover essere»? Perché non andava mai bene, non era sufficiente, si poteva fare meglio? Perché questo sentimento, in me, di non essere adeguata, di dovermi sempre sforzare, di doverlo meritare quell’amore che invece c’era, sicuramente c’era, perché come si fa a non amare subito una figlia, immediatamente, indipendentemente da tutto e da tutti?
Erich Fromm, nell’Arte di amare, dedica alcune pagine molto belle all’amore dei genitori per i figli. Ma racconta anche il dramma del non-amore. Quando un bambino sente che quell’amore che non dovrebbe aver bisogno di essere conquistato o meritato, non c’è, la vita rischia di diventare una tragedia. «Se non c’è», scrive E. Fromm prendendo in prestito la voce di un bimbo, «è come se tutta la bellezza fosse uscita dalla vita, e non c’è niente che io possa fare per crearlo». Perché tanti genitori continuano a ignoralo? Perché fanno finta che l’amore sia automatico e che non abbia bisogno di essere mostrato o manifestato? Perché immaginano che i figli debbano sforzarsi di corrispondere alle loro aspettative, insegnando loro che tutto si merita e si conquista?
Chi è stato amato subito per quello che è, forse non sa il dramma che vivono gli altri, tutti coloro che si sono sforzati e sacrificati per avere briciole di amore. Forse non capisce che tutto quello che poi accade nella vita è una conseguenza di quegli istanti. E allora talvolta si stupisce quando tu lo guardi in attesa di un gesto o di un sorriso. E magari ti prende in giro: «A una certa età bisognerebbe finirla con queste lamentele non pensi?». Non sa che cosa significhi fare di tutto per non «pesare», fare di tutto per «attirare l’attenzione», fare di tutto per «adeguarsi».
Non lo sa. Punto e basta. E allora è meglio perderlo che trovarlo. Tanto colui o colei in grado di capire i nostri segreti, prima o poi lo incontreremo. E allora basterà uno sguardo per essere certi che «lui» o «lei» lo sanno. E se ci amano, è un’evidenza. E l’evidenza è per sempre.
Michela Marzano
In Francia, quasi tutti conoscono Jean-Didier Vincent. Non tanto e non solo per i lavori accademici nell’ambito della neurobiologia sul rapporto tra ormoni e sistema nervoso, quanto per gli interventi sempre molto polemici che Vincent dissemina sui media. Il professor Jean-Didier non arretra di fronte a niente ed è sempre estremamente fiero del suo essere libertario e libertino, ateo e attaccabrighe.
E allora quando è lui che prende la parola per difendere la sessualità «débridée» (sfrenata) di scimpanzé e gorilla, spiegando che l’essere umano non è altro che un bonobo leggermente più evoluto, nessuno più si stupisce. Ci si limita a sorridere e, magari, a cambiare canale. Almeno è quello che faccio io, non appena lo vedo perdere la pazienza e cominciare a insultare gli altri ospiti.
Qualche giorno fa, però, c’è stata una sorpresa. Ero già pronta a spegnere il televisore e a pensare ad altro, quando il Professor Vincent, interrompendo un collega, esclama con emozione: «Ma l’amore per un figlio è un’evidenza. Quando è nata mia figlia, impossibile resistere. Si è aperto qualcosa. E quel qualcosa è per sempre».
Era qui che la volevo, caro professore! Un tocco di umanità nonostante la rudezza. Mentre comincio, forse per la prima volta, a guardarlo in modo diverso. Me lo immagino di fronte alla neonata, timido e impacciato. Commosso di fronte alla fragilità di quella creaturina. E tutto il mondo fuori…
Chissà com’era mio padre quando sono nata. Chissà che cosa ha pensato, come ha reagito, cosa ha fatto. Anche per lui è stata un’evidenza? E allora perché, negli anni, tanta severità e tanto «dover essere»? Perché non andava mai bene, non era sufficiente, si poteva fare meglio? Perché questo sentimento, in me, di non essere adeguata, di dovermi sempre sforzare, di doverlo meritare quell’amore che invece c’era, sicuramente c’era, perché come si fa a non amare subito una figlia, immediatamente, indipendentemente da tutto e da tutti?
Erich Fromm, nell’Arte di amare, dedica alcune pagine molto belle all’amore dei genitori per i figli. Ma racconta anche il dramma del non-amore. Quando un bambino sente che quell’amore che non dovrebbe aver bisogno di essere conquistato o meritato, non c’è, la vita rischia di diventare una tragedia. «Se non c’è», scrive E. Fromm prendendo in prestito la voce di un bimbo, «è come se tutta la bellezza fosse uscita dalla vita, e non c’è niente che io possa fare per crearlo». Perché tanti genitori continuano a ignoralo? Perché fanno finta che l’amore sia automatico e che non abbia bisogno di essere mostrato o manifestato? Perché immaginano che i figli debbano sforzarsi di corrispondere alle loro aspettative, insegnando loro che tutto si merita e si conquista?
Chi è stato amato subito per quello che è, forse non sa il dramma che vivono gli altri, tutti coloro che si sono sforzati e sacrificati per avere briciole di amore. Forse non capisce che tutto quello che poi accade nella vita è una conseguenza di quegli istanti. E allora talvolta si stupisce quando tu lo guardi in attesa di un gesto o di un sorriso. E magari ti prende in giro: «A una certa età bisognerebbe finirla con queste lamentele non pensi?». Non sa che cosa significhi fare di tutto per non «pesare», fare di tutto per «attirare l’attenzione», fare di tutto per «adeguarsi».
Non lo sa. Punto e basta. E allora è meglio perderlo che trovarlo. Tanto colui o colei in grado di capire i nostri segreti, prima o poi lo incontreremo. E allora basterà uno sguardo per essere certi che «lui» o «lei» lo sanno. E se ci amano, è un’evidenza. E l’evidenza è per sempre.
Michela Marzano