in salute e in malattia

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Persa/Ritrovata

Utente di lunga data
ma va'

Persa...vuoi sapere come la penso? Dovremmo pensare ad un infermiere.
Non scherzo.Non mi va di pensare nella maniera più assoluta al coniuge come alla persona che mi starà vicina in malattia e in 'vecchiaia'.
E' proprio il punto di vista che non mi piace!Se ci sarà accanto a me il mio compagno tanto meglio ma non voglio proprio pensare a lui come il mio aiuto nella difficoltà...
Tu pensi ipoteticamente e non concretamente.
Se ti riesci a immaginare nella situazione di un dolore, di una malattia, di un problema è chiaro che è a chi si è scelto come compagno di vita che si pensa: è doveroso anche per chi sa che su di lui/lei si può contare.
Vale anche per un'amicizia.
Se pensi che una persona a cui vuoi bene non pensi che possa contare su di te ti arrabbi!
Pensa solo di essere rimasta senza benzina e di aver bucato di notte ...a chi (ovvio ipotizzando di avere un compagno che in quel momento non è con te) chiederesti aiuto? Certo che chiami il gommista ecc, così come vai dal medico se stai male, ma ti aspetti di poyter contare sulle persone a cui vuoi bene.
E se lui malato ti dicesse: "Non venire in ospedale. Aspetta che sia guarito e se la cosa è lunga trovati un altro" ti arrabbieresti non poco!
Ma quel che mi domandavo è perché sentendo casi come quella della scrivente alla Schelotto non si prenda neppure in considerazione che il diritto alla felicità personale non è un diritto assoluto (come quello della libertà) ma si deve adattare al contesto.
 

Nobody

Utente di lunga data
Tu pensi ipoteticamente e non concretamente.
Se ti riesci a immaginare nella situazione di un dolore, di una malattia, di un problema è chiaro che è a chi si è scelto come compagno di vita che si pensa: è doveroso anche per chi sa che su di lui/lei si può contare.
Vale anche per un'amicizia.
Se pensi che una persona a cui vuoi bene non pensi che possa contare su di te ti arrabbi!
Pensa solo di essere rimasta senza benzina e di aver bucato di notte ...a chi (ovvio ipotizzando di avere un compagno che in quel momento non è con te) chiederesti aiuto? Certo che chiami il gommista ecc, così come vai dal medico se stai male, ma ti aspetti di poyter contare sulle persone a cui vuoi bene.
E se lui malato ti dicesse: "Non venire in ospedale. Aspetta che sia guarito e se la cosa è lunga trovati un altro" ti arrabbieresti non poco!
Ma quel che mi domandavo è perché sentendo casi come quella della scrivente alla Schelotto non si prenda neppure in considerazione che il diritto alla felicità personale non è un diritto assoluto (come quello della libertà) ma si deve adattare al contesto.
Un bel dubbio...in effetti!
 

Bruja

Utente di lunga data
Già

Non è un diritto assoluto..... è vero ma è anche vero che ci sono casi e casi.
L'esempio di Dere è chiaro, per amore si rinuncia a qualcosa che è importante per noi e magari si sceglie un'altrernativa, l'adozione ad esempio, ma la malattia lunga, snervante ed esistenzialmente pesante per chi la deve gestire è da vedere in modo più ampio.
Non è evidente come spesso coniugi o figli mettano i propri cari in case di cura o di riposo? Ci sono quelli che "se ne liberano" ma anche quelli che se non trovano modo di ospedalizzarli non sono in grado psicologicamente e fisicamente di accudirli.
Ogni azione, ogni scelta in questi frangenti è da valutare..... inutile tranciare giudizi con l'accetta; è ovvio che serve la solidarietà, la cura, il desiderio di accudirsi a vicenda, ma quante delle persone che conoscete sono state costrette a gettare la spugna per ingovernabilità della persona? Magari si affidano ad una badante, ma bisogna comunque pagarla.
Insomma io non sono per lo scaricare chi è malato, sarebbe un pensiero folle, ma neppure per il sacrificio autopunitivo ad oltranza. Se è vero che amore è affetto e rispetto pèer l'altro, io stessa non vorrei che mi si accudisse oltre il ragionevole perchè capirei che in quel momento inizierei a "mangiare" la vita altrui!!!
Quindi quello che ho detto non è che il parente malato o con patologie particolari và lasciato a sp stesso o ricoverato, ma nel prestare le giuste e dovute foirme di assistenza non è possibile che la propria vita venga spesa solo ed esclusivamente in funzione di un'altra ...... quella deve essere una libera scelta, e bisogna sentirla... come chi va nelle missioni!
Bruja

p.s. Il problema che oggi le cose siano cambiate dipende anche dalla fine delle famiglie aggregate dove più persone potevano accudire i malati o i vecchi..... Oggi le famiglie sono al massimo composte dai coniugi e dai figli....sono anche le risorse umane ad essere cambiate.
 

dererumnatura

Utente di lunga data
Tu pensi ipoteticamente e non concretamente.
Se ti riesci a immaginare nella situazione di un dolore, di una malattia, di un problema è chiaro che è a chi si è scelto come compagno di vita che si pensa: è doveroso anche per chi sa che su di lui/lei si può contare.
Vale anche per un'amicizia.
Se pensi che una persona a cui vuoi bene non pensi che possa contare su di te ti arrabbi!
Pensa solo di essere rimasta senza benzina e di aver bucato di notte ...a chi (ovvio ipotizzando di avere un compagno che in quel momento non è con te) chiederesti aiuto? Certo che chiami il gommista ecc, così come vai dal medico se stai male, ma ti aspetti di poyter contare sulle persone a cui vuoi bene.
E se lui malato ti dicesse: "Non venire in ospedale. Aspetta che sia guarito e se la cosa è lunga trovati un altro" ti arrabbieresti non poco!
Ma quel che mi domandavo è perché sentendo casi come quella della scrivente alla Schelotto non si prenda neppure in considerazione che il diritto alla felicità personale non è un diritto assoluto (come quello della libertà) ma si deve adattare al contesto.

Persa, ti sbagli.io penso così perchè DEVO pensare a me stessa.Sono figlia unica.Non sono sposata.Non ho un compagno e di certo non penso a trovarmi un compagno solo per assistermi in malattia e vecchiaia.Quindi DEVO pensare che chi fà da sè fa per tre.Le amicizie?figurati..non ti assistono i familiari figuriamoci gli amici che basta che abbiano una paturnia e poi spariscono...
Non capisco proprio perchè uno debba aspettarsi SUPPORTO.Io mi aspetto amore e rispetto.punto.
 

Persa/Ritrovata

Utente di lunga data
anch'io

Persa, ti sbagli.io penso così perchè DEVO pensare a me stessa.Sono figlia unica.Non sono sposata.Non ho un compagno e di certo non penso a trovarmi un compagno solo per assistermi in malattia e vecchiaia.Quindi DEVO pensare che chi fà da sè fa per tre.Le amicizie?figurati..non ti assistono i familiari figuriamoci gli amici che basta che abbiano una paturnia e poi spariscono...
Non capisco proprio perchè uno debba aspettarsi SUPPORTO.Io mi aspetto amore e rispetto.punto.
Son cose che pensavo anch'io e sentirsi monadi dà un senso di sicurezza. Ma quando si vive un rapporto d'amore e di condivisione di anni è naturale far conto uno sull'altro.
Guarda che ancora mio marito fa conto su di me ...e in alcune cose anch'io su di lui.
Quasi un anno fa, appena scoperto il tradimento, parlavo di questo con chiunque ne avevo occasione e una impiegata di un ufficio pubblico mi aveva raccontato la sua vicenda e che dopo 15 anni di separazione (dovuta al marito che se n'era andato con un'altra che l'aveva poi lasciato) l'ex marito aveva avuto un infarto e non aveva potuto che ...andarlo a trovare e assisterlo (ovvio affettivamente ...per il resto c'era la ..ASL).
Al momento mi era sembrato assurdo e masochista.
Ma chi lo sa quali sono le vie del cuore.
Ma pensare che una persona possa essere considerata solo in quanto giovane, sana, divertente, sexy e abbandonata perché malata mi fa ORRORE.
 

dererumnatura

Utente di lunga data
Son cose che pensavo anch'io e sentirsi monadi dà un senso di sicurezza. Ma quando si vive un rapporto d'amore e di condivisione di anni è naturale far conto uno sull'altro.
Guarda che ancora mio marito fa conto su di me ...e in alcune cose anch'io su di lui.
Quasi un anno fa, appena scoperto il tradimento, parlavo di questo con chiunque ne avevo occasione e una impiegata di un ufficio pubblico mi aveva raccontato la sua vicenda e che dopo 15 anni di separazione (dovuta al marito che se n'era andato con un'altra che l'aveva poi lasciato) l'ex marito aveva avuto un infarto e non aveva potuto che ...andarlo a trovare e assisterlo (ovvio affettivamente ...per il resto c'era la ..ASL).
Al momento mi era sembrato assurdo e masochista.
Ma chi lo sa quali sono le vie del cuore.
Ma pensare che una persona possa essere considerata solo in quanto giovane, sana, divertente, sexy e abbandonata perché malata mi fa ORRORE.

perchè non si è fatto curare da quella con cui è sparito??

troppo comodo...

comunque la tua ultima frase secondo me non centra il discorso.nessuno ha detto questo.
 

Persa/Ritrovata

Utente di lunga data
già

perchè non si è fatto curare da quella con cui è sparito??

troppo comodo...

comunque la tua ultima frase secondo me non centra il discorso.nessuno ha detto questo.
Era quello che avevo detto io! Ma la signora ha risposto che lui non aveva chiesto proprio niente è lei che ha sentito il dovere/bisogno/piacere di occuparsi di lui.
L'ultima frase c'entra perché "in salute e malattia" significa questo che anche se potrà essere gravoso non ti terrai una persona solo finché tutto va bene, ma accetterai il bene e il male.
Ovvio che tutto deve nascere dall'amore, ma non si deve presupporre che l'amore sia condizionato dal sussistere delle condizioni iniziali.
 

dererumnatura

Utente di lunga data
Era quello che avevo detto io! Ma la signora ha risposto che lui non aveva chiesto proprio niente è lei che ha sentito il dovere/bisogno/piacere di occuparsi di lui.
L'ultima frase c'entra perché "in salute e malattia" significa questo che anche se potrà essere gravoso non ti terrai una persona solo finché tutto va bene, ma accetterai il bene e il male.
Ovvio che tutto deve nascere dall'amore, ma non si deve presupporre che l'amore sia condizionato dal sussistere delle condizioni iniziali.
su questo concordo.
 

Lettrice

Utente di lunga data
Tu pensi ipoteticamente e non concretamente.
Se ti riesci a immaginare nella situazione di un dolore, di una malattia, di un problema è chiaro che è a chi si è scelto come compagno di vita che si pensa: è doveroso anche per chi sa che su di lui/lei si può contare.
Vale anche per un'amicizia.
Se pensi che una persona a cui vuoi bene non pensi che possa contare su di te ti arrabbi!
Pensa solo di essere rimasta senza benzina e di aver bucato di notte ...a chi (ovvio ipotizzando di avere un compagno che in quel momento non è con te) chiederesti aiuto? Certo che chiami il gommista ecc, così come vai dal medico se stai male, ma ti aspetti di poyter contare sulle persone a cui vuoi bene.
E se lui malato ti dicesse: "Non venire in ospedale. Aspetta che sia guarito e se la cosa è lunga trovati un altro" ti arrabbieresti non poco!
Ma quel che mi domandavo è perché sentendo casi come quella della scrivente alla Schelotto non si prenda neppure in considerazione che il diritto alla felicità personale non è un diritto assoluto (come quello della libertà) ma si deve adattare al contesto.
 

Fedifrago

Utente di lunga data
Non credo che si possa vedere la cosa sotto l'ottica del "bisogno" ma semplicemente sotto quella del sentire.

Se una persona la ami, o spesso anche solo le vuoi bene, non ti costa starle vicino/a solo perchè è in difficoltà, fisica, mentale o materiale poco importa.

E questo può valere sia in un rapporto affettivo che in un rapporto di vera amicizia.

Quanto al diritto assoluto alla felicità, io non lo relativizzerei più di tanto: credo che sia inalienabile almeno il tendere a quello, ma non è detto che il "sacrificarsi" se sostenuto dall'amore, venga avvertito come alienazione della propria felicità, anzi, il sentirsi utili, di supporto all'altro, può dare esso stesso la felicità vera.
Se questo lo poniamo in relazione a Elisa, quella della lettera alla schelotto, lei stessa non può venir meno alla propria aspirazione alla felicità, tant'è che fino ad oggi ha retto pare senza problemi la situazione di stampella, ma ora pare prevalga la ricerca di altro. Se quella situazione non le da più felicità è inevitabile che si ponga un termine!
 

Bruja

Utente di lunga data
Non credo che si possa vedere la cosa sotto l'ottica del "bisogno" ma semplicemente sotto quella del sentire.

Se una persona la ami, o spesso anche solo le vuoi bene, non ti costa starle vicino/a solo perchè è in difficoltà, fisica, mentale o materiale poco importa.

E questo può valere sia in un rapporto affettivo che in un rapporto di vera amicizia.

Quanto al diritto assoluto alla felicità, io non lo relativizzerei più di tanto: credo che sia inalienabile almeno il tendere a quello, ma non è detto che il "sacrificarsi" se sostenuto dall'amore, venga avvertito come alienazione della propria felicità, anzi, il sentirsi utili, di supporto all'altro, può dare esso stesso la felicità vera.
Se questo lo poniamo in relazione a Elisa, quella della lettera alla schelotto, lei stessa non può venir meno alla propria aspirazione alla felicità, tant'è che fino ad oggi ha retto pare senza problemi la situazione di stampella, ma ora pare prevalga la ricerca di altro. Se quella situazione non le da più felicità è inevitabile che si ponga un termine!
Non solo sono d'accordo ma aggiungo che è nella natura umana tendere alla felicità, a quella propria ed a quella di chi si ama...................ma tutte queste argomentazioni che fino fanno se la persona già da prima della malattia non amava più!
Il famoso "in salute ed in malattia, nel bene e nel male" non è valido anche quando ci si tradisce, ci si lascia perchè semplicemente non esiste più il presupposto amoroso?
Un conto è quello che sarebbe bene fare o sarebbe doveroso fare, altro è quelle che "ci si sente di fare"..... e chi possiamo incolpare se un amore non è più tale e resta solo il senso del dovere??? Quindi la frase che segue è applicabile solo se il contesto resta tale, diversamente, è al contesto variato che va adattata!!!
Bruja
"il diritto alla felicità personale non è un diritto assoluto (come quello della libertà) ma si deve adattare al contesto"
 

Fedifrago

Utente di lunga data
Non solo sono d'accordo ma aggiungo che è nella natura umana tendere alla felicità, a quella propria ed a quella di chi si ama...................ma tutte queste argomentazioni che fino fanno se la persona già da prima della malattia non amava più!
Il famoso "in salute ed in malattia, nel bene e nel male" non è valido anche quando ci si tradisce, ci si lascia perchè semplicemente non esiste più il presupposto amoroso?
Un conto è quello che sarebbe bene fare o sarebbe doveroso fare, altro è quelle che "ci si sente di fare"..... e chi possiamo incolpare se un amore non è più tale e resta solo il senso del dovere??? Quindi la frase che segue è applicabile solo se il contesto resta tale, diversamente, è al contesto variato che va adattata!!!
Bruja
"il diritto alla felicità personale non è un diritto assoluto (come quello della libertà) ma si deve adattare al contesto"
A quello mi riferivo....il punto è uno solo: o si ama e non è tarpare le ali alla propria felicità o non si ama più e allora restare è solo sofferenza. Per tutti....
 

Persa/Ritrovata

Utente di lunga data
Era proprio questo

Era questo che intendevo.
E' cambiata la cultura e si afferma il diritto alla felicità individuale indipendentemente dai doveri e dagli impegni presi.
E questo si diffonde ovunque anche nei confronti della genitorialità e si vedono sempre più spesso genitori che si sentono in diritto di mostrarsi infastiditi dai figli.
Nessuno avrebbe affermato cose simili 70 anni fa!
Che questo comportasse poi nel pratico l'assoluta subordinazione della donna è un altro fatto.
Io facevo proprio un'osservazione culturale.
Ma non so (pur ricercando io stessa la mia realizzazione personale) se questa trasformazione del comune sentire non ci avvii verso una deresponsabilizzazione e una leggerezza nel mantenere gli impegni presi.
 

dererumnatura

Utente di lunga data
Era questo che intendevo.
E' cambiata la cultura e si afferma il diritto alla felicità individuale indipendentemente dai doveri e dagli impegni presi.
E questo si diffonde ovunque anche nei confronti della genitorialità e si vedono sempre più spesso genitori che si sentono in diritto di mostrarsi infastiditi dai figli.
Nessuno avrebbe affermato cose simili 70 anni fa!
Che questo comportasse poi nel pratico l'assoluta subordinazione della donna è un altro fatto.
Io facevo proprio un'osservazione culturale.
Ma non so (pur ricercando io stessa la mia realizzazione personale) se questa trasformazione del comune sentire non ci avvii verso una deresponsabilizzazione e una leggerezza nel mantenere gli impegni presi.
non credo.
anche perchè non è detto che prendere e mantenere degli impegni non sia soltanto essere ipocriti se non si sente davvero di farlo col cuore.
in passato non c'erano alternative perchè il pensare comune...il perbenismo impedivano di agire diversamente...salvo essere linciati.
ora siamo più liberi di fare solo quello che sentiamo e volgiamo davvero.EVVIVA!
 

Lettrice

Utente di lunga data
Era questo che intendevo.
E' cambiata la cultura e si afferma il diritto alla felicità individuale indipendentemente dai doveri e dagli impegni presi.
E questo si diffonde ovunque anche nei confronti della genitorialità e si vedono sempre più spesso genitori che si sentono in diritto di mostrarsi infastiditi dai figli.
Nessuno avrebbe affermato cose simili 70 anni fa!
Che questo comportasse poi nel pratico l'assoluta subordinazione della donna è un altro fatto.
Io facevo proprio un'osservazione culturale.
Ma non so (pur ricercando io stessa la mia realizzazione personale) se questa trasformazione del comune sentire non ci avvii verso una deresponsabilizzazione e una leggerezza nel mantenere gli impegni presi.
Ti quoto Persa.. anche io credo si vada verso la deresponsabilizzazione... e in tanti casi piu' che di INDIPENDENZA ACQUISITA parlerei di insicurezza generale
 

Lettrice

Utente di lunga data
eh si..perchè invece affidarsi ad un altro nella speranza che si prenda cura di noi è sintomo di maggiore sicurezza...
Dererum tu passi da un estremo all'altro senza capire bene nell'uno ne l'altro... DIMMI DOVE E' STATO SCRITTO AFFIDARSI COMPLETAMENTE A QUALCUNO?
 

Lettrice

Utente di lunga data
capisco molto bene.



non preoccuparti.

non sei detentrice della comprensione dei misteri della vita, anche se ne sei convinta.

DIMMI DOVE HO DETTO CHE SONO DETENTRICE?

HO SOLO QUOTATO PERSA PERCHE" CONDIVIDO LA SUA OPINIONE.

Vai in pace
 

Nobody

Utente di lunga data
Era questo che intendevo.
E' cambiata la cultura e si afferma il diritto alla felicità individuale indipendentemente dai doveri e dagli impegni presi.
E questo si diffonde ovunque anche nei confronti della genitorialità e si vedono sempre più spesso genitori che si sentono in diritto di mostrarsi infastiditi dai figli.
Nessuno avrebbe affermato cose simili 70 anni fa!
Che questo comportasse poi nel pratico l'assoluta subordinazione della donna è un altro fatto.
Io facevo proprio un'osservazione culturale.
Ma non so (pur ricercando io stessa la mia realizzazione personale) se questa trasformazione del comune sentire non ci avvii verso una deresponsabilizzazione e una leggerezza nel mantenere gli impegni presi.
E' quello che intendevo analizzare nel post da me aperto nell'altra sezione. In ogni caso, temo che tutto ciò non nasca per caso...sarò forse troppo complottista, ma la distruzione di certi legami e di un certo modo d'essere e pensare, a me sembra scientificamente programmato.
 
Stato
Discussione chiusa ad ulteriori risposte.
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