La crisi è finita

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elena

Utente di lunga data
La crisi è finita

Un articolo di Federico Rampini uscito su La Repubblica di oggi.

Usa, la crisi è finita: boom di divorzi "Adesso ce lo possiamo permettere"

Evviva la ripresa economica: finalmente possiamo divorziare. Signore, avete finito di sopportare quell'essere fastidioso che da anni occupa indebitamente la vostra camera da letto, pretende di mangiare con voi, lascia tracce irritanti del suo passaggio nel bagno. È questo il grido di liberazione che riecheggia in America. Più 25 per cento nelle cause di divorzio, con punte ancora superiori in alcuni Stati Usa dalle procedure "express" come il Nevada (Las Vegas, Reno). Se si rimette in moto la macchina legale delle separazioni, spiegano gli esperti, è un chiaro segnale che le cose vanno davvero meglio.

La recessione, fra i tanti stenti inflitti agli americani - e soprattutto alle americane - aveva congelato i divorzi. Lo rivelano gli ultimi dati del censimento federale. Con un'improvvisa battuta d'arresto, nel 2009 la quota dei divorziati era scesa per la prima volta. Non a caso. Il 2009 fu l'annus horribilis della crisi, il punto più basso nella caduta della ricchezza americana, un disastro senza precedenti dai tempi della Grande Depressione. L'impatto sui divorzi era stato immediato. Lo sanno bene gli avvocati specializzati in cause di separazione, riuniti in un ordine professionale dal nome quanto mai fuorviante: l'American Academy of Matrimonial Lawyers. Il cui vero business fiorisce quando le unioni si disfano. Oppure grazie alle parcelle incassate sui famosi "pre-nup", quei contratti pre-nuziali che sono la pianificazione patrimoniale delle rotture. Sui 1.600 avvocati iscritti a quell'associazione, la metà ha avuto un pesante calo di entrate nel 2009. Ma la musica è cambiata di colpo nel 2010-2011. La presidentessa dell'associazione, Linda Lea Viken, confida al Financial Times un aumento di cause per separazione del 25 per cento.

Il nesso con la congiuntura economica è evidente. In periodi di alta disoccupazione, chi può permettersi le parcelle degli avvocati? E poi c'è il rischio che il coniuge non sia in grado di pagare gli alimenti. Un impatto enorme lo ha avuto anche il tracollo del mercato immobiliare. Quando si disfa una coppia, spesso negli Stati Uniti il modo più rapido e trasparente per dividersi i beni è mettere in vendita la casa. Uno sbocco impossibile, nel biennio tremendo in cui i prezzi precipitavano, i cartelli "vendesi" tappezzavano intere città.

Ora, secondo le parole dell'avvocato di Las Vegas Marshall Willick, "esplode una domanda arretrata", accumulata in due anni di rinvii forzati. È una corsa a divorziare per profittare della congiuntura più rosea. Con un lascito visibile, però, della crisi immobiliare. In molte aree del paese i prezzi delle case non hanno recuperato i livelli pre-crisi. E allora davanti al giudice si ripete sempre più spesso una scena sorprendente: marito e moglie (futuri ex) litigano non per tenersi la casa, ma per rifilarla all'altro e incassare il cash. Nei tribunali si crea una nuova giurisprudenza. Con il peso dei mutui pregressi che valgono più della casa stessa, il possesso dell'immobile va valutato col segno meno, è un castigo anziché un beneficio. Meglio lasciare all'ex la grana dell'appartamento da vendere, e fuggire altrove a farsi una vita nuova.

La grande crisi economica ha provocato - o più spesso ha accelerato - anche altri cambiamenti nella geografia dei divorzi.

L'America continua ad essere un paese dove ci si separa facilmente: nonostante la promessa scambiata davanti all'altare di eterna fedeltà "for better or worse", il 40 per cento dei matrimoni si conclude prima o poi davanti a un giudice. La durata media di quei matrimoni che finiscono così è di otto anni (e dopo tre anni e mezzo arriva un secondo sì all'altare, nella maggior parte dei casi). Così l'esercito dei divorziati continua a crescere. Nel 1980 c'erano 11 milioni di divorziati per 100 milioni di adulti sposati, oggi sono rispettivamente 26 milioni e 121. La decisione di mettere fine all'unione spetta molto più spesso alla donna: nel 65 per cento dei casi è lei ad avviare la pratica che prelude all'addio. Ma l'aspetto economico gioca in modo ben diverso da come si crede in Europa.

Contrariamente all'immagine proiettata da Hollywood e dai rotocalchi, la tempestosa vita matrimoniale dei Vip e delle star non fa affatto tendenza. Negli Stati Uniti sono i poveri a divorziare molto più dei ricchi. I matrimoni solidi coincidono con i livelli d'istruzione superiori. L'81 per cento dei laureati che si sono sposati negli anni Ottanta, sono tuttora con la stessa moglie o marito. La percentuale di coppie stabili scende al 49 per cento, se il loro livello di studi si è fermato alla scuola secondaria superiore. Lo conferma June Carbone, una giurista della University of Missouri studiosa delle tendenze matrimoniali: "Il ceto sociale è diventato un indicatore sicuro sulla stabilità dei matrimoni, all'incontrario". Questo aiuta a spiegare il forte impatto che la crisi economica ha avuto sui divorzi. È nelle classi meno abbienti che il costo dell'avvocato può diventare proibitivo o la possibilità di pagare gli alimenti crolla di colpo con la recessione.

L'altro impatto forte della crisi è stato sui rapporti di forze socio-economici tra i due sessi. "Nelle classi lavoratrici - spiega la Carbone - gli uomini hanno perso terreno, le donne si sono rafforzate". I licenziamenti del 2008-2009 hanno colpito molto di più i maschi, una vera ecatombe. Intanto le donne hanno continuato la loro ascesa in termini di risultati scolastici e livello d'istruzione. Risultato: "Tra i colletti blu, il maschio americano ha molto meno da offrire oggi rispetto a trent'anni fa - dice la giurista - , questo crea un divario tra le aspettative e la realtà. E le mogli deluse possono permettersi di andarsene molto più facilmente di prima".
 

aristocat

Utente iperlogica
OMG :confuso:... si salvi chi può :D
 

Alce Veloce

Utente di lunga data
Mmmmmmm, mi sento un po' tirato in causa......
Speriamo che la crisi finisca pure in Italia....... :rolleyes:
 

aristocat

Utente iperlogica
Ehm, comunque, molto interessante sia il rapporto tra disponibilità finanziarie/tasso di divorzi + status, prestigio sociale (spesso vanno a braccetto con il tasso di scolarizzazione)/durata del matrimonio...
 

aristocat

Utente iperlogica
in america come in italia e dovunque...

Da un lato viene da pensare a quanta parte di ipocrisia si trova nei ceti più alti, in cui l'uomo rispettabile ("upright man") è quello che negli anni riesce a tirare su una famiglia impeccabile, tenere in piedi no matter what il suo matrimonio con la moglie di buona famiglia e a seppellire nel cortile della sua villa d'ordinanza tutti i "cadaveri" delle varie amanti che si susseguono negli anni... :blank: mentre il suo tempo libero viene speso nei circoli politici/sociali che contano, anche a beneficio della sua carriera....
basti pensare a un personaggio come John Thain* e voilà, abbiamo la rappresentazione concreta di questo spaccato sociale.

Comunque se tanti "altolocati" mantengono viva la loro unione per vero sentimento e fiducia in un progetto di vita, troppi di loro (e non solo negli States :rolleyes:), invece, continuano a non fare assolutamente nulla per smentire questo cliché. Nonostante tutti i denari che potrebbero spendere per divorziare da un/a partner che non amano più.

per contro, fa riflettere l'"euforia" con cui il ceto medio (a portafoglio pieno) arriva ad un passo come quello del divorzio. Effetto del consumismo dei sentimenti? Maybe. Non voglio sembrare cattiva, ma il divorzio, in un ceto in cui certe apparenze non vanno difese con le unghie, sembra addirittura promosso al rango di "status symbol"...
mah... mah... :blank:
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*http://en.wikipedia.org/wiki/John_Thain +
*http://www.the-languedoc-page.com/articles/languedoc-articles208.htm
 

Alce Veloce

Utente di lunga data

elena

Utente di lunga data
Matrimoni ancora in calo
Boom delle coppie di fatto


I dati Istat: - 30mila in 2 anni
E ci si sposa sempre più tardi




Si sa, l’amore non basta per sposarsi. Questo vale soprattutto in tempo di crisi economica, dove per gli aspiranti sposi spesso le nozze rappresentano il sogno che si allontana. E così è stato per l’Italia, secondo l’Istat, visto che nel biennio 2009-2010 - in primo luogo per effetto della crisi - è stato registrato un calo record dei matrimoni celebrati: -6% rispetto ad una media annua dell’1,2% degli ultimi anni.

Nel 2009 sono stati celebrati 230.613 matrimoni mentre nel 2010 poco più di 217 mila (3,6 ogni mille abitanti); nel 2008 erano stati 246.613 (4,1). A diminuire sono soprattutto le prime nozze (il 93,5% nel 1972, l’85,7% nel 2009). Il calo ha interessato tutte le aree del paese. Tra le grandi regioni, il Lazio (-9,4%), Lombardia (-8%), Toscana (-6,7%), Piemonte e Campania (-6,4%). Ci si sposa sempre meno e sempre più tardi nel nostro paese. L’età media degli sposi, ad esempio, è salita a 33 anni per gli uomini, 30 per le donne; ben 6 anni in più rispetto ai valori del 1975.

I giovani restano più a lungo a casa con i genitori, hanno difficoltà a trovare un lavoro stabile e una casa. Ma non solo. La situazione - commenta l’Istat - è stata «amplificata nel biennio 2009-2010 da una congiuntura economica sfavorevole che, verosimilmente, ha contribuito ad accentuare un diffuso senso di precarietà e di incertezza. La peculiarità del 2009 consiste, quindi, nell’accentuarsi della tendenza alla diminuzione e alla posticipazione delle nozze: la propensione a sposarsi prima dei 35 anni è diminuita in un solo anno di circa del 7% sia per i celibi che per le nubili, valore pi— che triplicato rispetto a quello osservata tra il 2008 e il 2007».

Di fronte alle incertezze economiche, le coppie (che comunque possono permetterselo) evitano spese che ritengono superflue e optano per la convivenza. Anche a questo si deve il successo delle unioni di fatto che proseguono nel trend di crescita (mezzo milione nel 2007) così come sono in «continuo aumento» i bambini nati al di fuori del matrimonio, il 21,7% del totale dei nati nel 2009. Il calo delle nozze pesa soprattutto sulle prime nozze, 175.043 nel 2009, 10.706 in meno rispetto al 2008. Diminuiscono anche i matrimoni misti, dove uno dei due sposi è straniero: nel 2009 sono state celebrate 32 mila nozze (il 14% del totale dei matrimoni), quasi 5 mila in meno rispetto al 2008 e i dati del 2010 «suggeriscono una ulteriore contrazione».

Quando ci si sposa, gli italiani scelgono per lo più il rito religioso; i matrimoni civili sono circa il 37%, 85.771, 4.811 in meno rispetto all’anno precedente (-5,8%). Invariata invece questa scelta nel 2010; da sottolineare che solo 15 anni fa il matrimonio in comune non arrivava al 20%. Anche le seconde nozze calano: sono passate da 34.137 del 2008 a 32.873 del 2009. Gli uomini si risposano in media a 48 anni se sono divorziati e a 61 se sono vedovi, mentre le donne, rispettivamente, 43 e 48 anni. In genere gli sposi optano per la separazione dei beni: nel 2009 è stata pari al 64,2%.

fonte: http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/402895/
 

Kid

Utente un corno
Un articolo di Federico Rampini uscito su La Repubblica di oggi.

Usa, la crisi è finita: boom di divorzi "Adesso ce lo possiamo permettere"

Evviva la ripresa economica: finalmente possiamo divorziare. Signore, avete finito di sopportare quell'essere fastidioso che da anni occupa indebitamente la vostra camera da letto, pretende di mangiare con voi, lascia tracce irritanti del suo passaggio nel bagno. È questo il grido di liberazione che riecheggia in America. Più 25 per cento nelle cause di divorzio, con punte ancora superiori in alcuni Stati Usa dalle procedure "express" come il Nevada (Las Vegas, Reno). Se si rimette in moto la macchina legale delle separazioni, spiegano gli esperti, è un chiaro segnale che le cose vanno davvero meglio.

La recessione, fra i tanti stenti inflitti agli americani - e soprattutto alle americane - aveva congelato i divorzi. Lo rivelano gli ultimi dati del censimento federale. Con un'improvvisa battuta d'arresto, nel 2009 la quota dei divorziati era scesa per la prima volta. Non a caso. Il 2009 fu l'annus horribilis della crisi, il punto più basso nella caduta della ricchezza americana, un disastro senza precedenti dai tempi della Grande Depressione. L'impatto sui divorzi era stato immediato. Lo sanno bene gli avvocati specializzati in cause di separazione, riuniti in un ordine professionale dal nome quanto mai fuorviante: l'American Academy of Matrimonial Lawyers. Il cui vero business fiorisce quando le unioni si disfano. Oppure grazie alle parcelle incassate sui famosi "pre-nup", quei contratti pre-nuziali che sono la pianificazione patrimoniale delle rotture. Sui 1.600 avvocati iscritti a quell'associazione, la metà ha avuto un pesante calo di entrate nel 2009. Ma la musica è cambiata di colpo nel 2010-2011. La presidentessa dell'associazione, Linda Lea Viken, confida al Financial Times un aumento di cause per separazione del 25 per cento.

Il nesso con la congiuntura economica è evidente. In periodi di alta disoccupazione, chi può permettersi le parcelle degli avvocati? E poi c'è il rischio che il coniuge non sia in grado di pagare gli alimenti. Un impatto enorme lo ha avuto anche il tracollo del mercato immobiliare. Quando si disfa una coppia, spesso negli Stati Uniti il modo più rapido e trasparente per dividersi i beni è mettere in vendita la casa. Uno sbocco impossibile, nel biennio tremendo in cui i prezzi precipitavano, i cartelli "vendesi" tappezzavano intere città.

Ora, secondo le parole dell'avvocato di Las Vegas Marshall Willick, "esplode una domanda arretrata", accumulata in due anni di rinvii forzati. È una corsa a divorziare per profittare della congiuntura più rosea. Con un lascito visibile, però, della crisi immobiliare. In molte aree del paese i prezzi delle case non hanno recuperato i livelli pre-crisi. E allora davanti al giudice si ripete sempre più spesso una scena sorprendente: marito e moglie (futuri ex) litigano non per tenersi la casa, ma per rifilarla all'altro e incassare il cash. Nei tribunali si crea una nuova giurisprudenza. Con il peso dei mutui pregressi che valgono più della casa stessa, il possesso dell'immobile va valutato col segno meno, è un castigo anziché un beneficio. Meglio lasciare all'ex la grana dell'appartamento da vendere, e fuggire altrove a farsi una vita nuova.

La grande crisi economica ha provocato - o più spesso ha accelerato - anche altri cambiamenti nella geografia dei divorzi.

L'America continua ad essere un paese dove ci si separa facilmente: nonostante la promessa scambiata davanti all'altare di eterna fedeltà "for better or worse", il 40 per cento dei matrimoni si conclude prima o poi davanti a un giudice. La durata media di quei matrimoni che finiscono così è di otto anni (e dopo tre anni e mezzo arriva un secondo sì all'altare, nella maggior parte dei casi). Così l'esercito dei divorziati continua a crescere. Nel 1980 c'erano 11 milioni di divorziati per 100 milioni di adulti sposati, oggi sono rispettivamente 26 milioni e 121. La decisione di mettere fine all'unione spetta molto più spesso alla donna: nel 65 per cento dei casi è lei ad avviare la pratica che prelude all'addio. Ma l'aspetto economico gioca in modo ben diverso da come si crede in Europa.

Contrariamente all'immagine proiettata da Hollywood e dai rotocalchi, la tempestosa vita matrimoniale dei Vip e delle star non fa affatto tendenza. Negli Stati Uniti sono i poveri a divorziare molto più dei ricchi. I matrimoni solidi coincidono con i livelli d'istruzione superiori. L'81 per cento dei laureati che si sono sposati negli anni Ottanta, sono tuttora con la stessa moglie o marito. La percentuale di coppie stabili scende al 49 per cento, se il loro livello di studi si è fermato alla scuola secondaria superiore. Lo conferma June Carbone, una giurista della University of Missouri studiosa delle tendenze matrimoniali: "Il ceto sociale è diventato un indicatore sicuro sulla stabilità dei matrimoni, all'incontrario". Questo aiuta a spiegare il forte impatto che la crisi economica ha avuto sui divorzi. È nelle classi meno abbienti che il costo dell'avvocato può diventare proibitivo o la possibilità di pagare gli alimenti crolla di colpo con la recessione.

L'altro impatto forte della crisi è stato sui rapporti di forze socio-economici tra i due sessi. "Nelle classi lavoratrici - spiega la Carbone - gli uomini hanno perso terreno, le donne si sono rafforzate". I licenziamenti del 2008-2009 hanno colpito molto di più i maschi, una vera ecatombe. Intanto le donne hanno continuato la loro ascesa in termini di risultati scolastici e livello d'istruzione. Risultato: "Tra i colletti blu, il maschio americano ha molto meno da offrire oggi rispetto a trent'anni fa - dice la giurista - , questo crea un divario tra le aspettative e la realtà. E le mogli deluse possono permettersi di andarsene molto più facilmente di prima".
Che non esista più il concetto del "noi", che il sacrificio per la coppia non abbia più valore e che l'egoismo delle persone sia in primo piano lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

Ste statistiche sono inutili.
 

Daniele

Utente orsacchiottiforme
Che non esista più il concetto del "noi", che il sacrificio per la coppia non abbia più valore e che l'egoismo delle persone sia in primo piano lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.

Ste statistiche sono inutili.
E che molti moriranno soli, sfigati e con solo i propri ricordi di quando erano per loro fighi ne è la conseguenza :eek:
 
Stato
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