Le dinamiche della comunicazione

Brunetta

Utente di lunga data
Prendendo spunto da una evoluzione nel thread di Rosetta, mi è venuta voglia di cercare di capire come funziona la comunicazione.
Scrive Rotolina
Ci si comporta così spesso, in svariate situazioni. Se ad esempio dico ad uno dei miei figli "allora se non hai voglia non studiare" è chiaro che non voglio mi prenda in parola....spero che la mia affermazione lo sproni a studiare e naturalmente ho diritto a rimanerci male se poi non studia perchè il "massaggio" che volevo mandare non è arrivato.
Già, funziona così. Si va avanti con continui “rimanerci male”.
La nostra comunicazione è spesso ambigua e ambivalente, a volte anche con contrasto tra parole e mimica e gesti.
La fatica dei comunicatori è avere chiaro il punto di vista dell’altro e avere sotto controllo la propria comunicazione in tutti gli aspetti.
Questo perché se dici a uno dei tuoi figli “allora se non hai voglia di studiare…” con l’idea che a lui venga voglia, sbagli comunicazione. E se poi ci resti male perché non studia, sbagli tu.
Ovviamente il tuo è solo un esempio e la questione è come si può agire e parlare per ottenere una cosa e vedere accadere l’opposto.
Esistono libri in proposito, sia in forma alta, sia come manuali per genitori, venditori, comunicatori ecc.
Ovviamente contano le parole, ma anche il tono e le espressioni, oltre alla postura ecc.
Ne sapete qualcosa?
Mi pare poco. I frequenti battibecchi qui lo dimostrano.
Le terapie di coppia, per quanto ho visto nei film e mi è stato riferito, consistono in una mediazione attraverso la quale un soggetto terzo, il terapeuta, non fa da sponda, come quando si triangola, ma chiarisce la comunicazione reciproca che non funziona.
 

rotolina

Utente di lunga data
Prendendo spunto da una evoluzione nel thread di Rosetta, mi è venuta voglia di cercare di capire come funziona la comunicazione.
Scrive Rotolina

Già, funziona così. Si va avanti con continui “rimanerci male”.
La nostra comunicazione è spesso ambigua e ambivalente, a volte anche con contrasto tra parole e mimica e gesti.
La fatica dei comunicatori è avere chiaro il punto di vista dell’altro e avere sotto controllo la propria comunicazione in tutti gli aspetti.
Questo perché se dici a uno dei tuoi figli “allora se non hai voglia di studiare…” con l’idea che a lui venga voglia, sbagli comunicazione. E se poi ci resti male perché non studia, sbagli tu.
Ovviamente il tuo è solo un esempio e la questione è come si può agire e parlare per ottenere una cosa e vedere accadere l’opposto.
Esistono libri in proposito, sia in forma alta, sia come manuali per genitori, venditori, comunicatori ecc.
Ovviamente contano le parole, ma anche il tono e le espressioni, oltre alla postura ecc.
Ne sapete qualcosa?
Mi pare poco. I frequenti battibecchi qui lo dimostrano.
Le terapie di coppia, per quanto ho visto nei film e mi è stato riferito, consistono in una mediazione attraverso la quale un soggetto terzo, il terapeuta, non fa da sponda, come quando si triangola, ma chiarisce la comunicazione reciproca che non funziona.
Mi viene da sottolineare che la mediazione familiare non si svolge davanti al "terapeuta" ma davanti al mediatore che non sempre - per fortuna...parere mio - lo è. Tanto è vero che in prima sessione lo si esplicita che non si sta facendo terapia. La terapia di coppia è cosa ben diversa dalla mediazione familiare.
Questo lo sottolineo con uno scopo, quello di fare mente locale sul fatto che non siamo sempre soggetti da sottoporre a terapia. La comunicazione che mi pare di capire ritieni disfunzionale, perchè fatta di richieste non chiare, andrebbe valutata alla luce del tipo di relazione che hanno i soggetti che si trovano a comunicare (nel caso di genitori separati ad esempio è necessario dirsi ciò che si vuole senza troppi preamboli). Potresti quindi avere anche ragione a ritenere che ciò che si vuole andrebbe esplicitato senza troppe remore e fronzoli, ma l'essere diretti, nelle relazioni affettie in essere, ti porta anche ad essere impositivo, nella maggior parte dei casi e quindi ad ottenere un risultato (se lo ottieni) frutto di una forzatura. L'interlocutore deve avere la possibilità di scelta, deve sentirsi libero di prendere la sua decisione, decisione sulla quale poi tu dovrai riflettere, come nel caso di Rosetta.
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Prendendo spunto da una evoluzione nel thread di Rosetta, mi è venuta voglia di cercare di capire come funziona la comunicazione.
Scrive Rotolina

Già, funziona così. Si va avanti con continui “rimanerci male”.
La nostra comunicazione è spesso ambigua e ambivalente, a volte anche con contrasto tra parole e mimica e gesti.
La fatica dei comunicatori è avere chiaro il punto di vista dell’altro e avere sotto controllo la propria comunicazione in tutti gli aspetti.
Questo perché se dici a uno dei tuoi figli “allora se non hai voglia di studiare…” con l’idea che a lui venga voglia, sbagli comunicazione. E se poi ci resti male perché non studia, sbagli tu.
Ovviamente il tuo è solo un esempio e la questione è come si può agire e parlare per ottenere una cosa e vedere accadere l’opposto.
Esistono libri in proposito, sia in forma alta, sia come manuali per genitori, venditori, comunicatori ecc.
Ovviamente contano le parole, ma anche il tono e le espressioni, oltre alla postura ecc.
Ne sapete qualcosa?
Mi pare poco. I frequenti battibecchi qui lo dimostrano.
Le terapie di coppia, per quanto ho visto nei film e mi è stato riferito, consistono in una mediazione attraverso la quale un soggetto terzo, il terapeuta, non fa da sponda, come quando si triangola, ma chiarisce la comunicazione reciproca che non funziona.
Comunicare facendo leva sul senso di colpa che dovrebbe generare sapere che uno ci "rimane male" è manipolativo, per cui ben poco sano a mio avviso e anche irrispettoso in certi casi.. bisognerebbe sempre cercare di rispettare l'interlocutore, facendosi al contempo rispettare, senza prevaricare ne' farsi prevaricare... niente di facile eh. Tornando al "rimanerci male" non so neanche se sia efficace, ma questo va chiesto a chi usa questa modalità
 

CIRCE74

Utente di lunga data
a me è capitato spesso che agendo parecchio di impulso mi sono trovata a dire cose che dopo due secondi si sono rivelate dei danni...da un po' sto cercando di contenermi...il famoso "contare fino a dieci" che ti permette di capire prima di aprire bocca dove si potrebbe arrivare una volta esplicati i propri pensieri...qualche volta riesco e altre no.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Mi viene da sottolineare che la mediazione familiare non si svolge davanti al "terapeuta" ma davanti al mediatore che non sempre - per fortuna...parere mio - lo è. Tanto è vero che in prima sessione lo si esplicita che non si sta facendo terapia. La terapia di coppia è cosa ben diversa dalla mediazione familiare.
Questo lo sottolineo con uno scopo, quello di fare mente locale sul fatto che non siamo sempre soggetti da sottoporre a terapia. La comunicazione che mi pare di capire ritieni disfunzionale, perchè fatta di richieste non chiare, andrebbe valutata alla luce del tipo di relazione che hanno i soggetti che si trovano a comunicare (nel caso di genitori separati ad esempio è necessario dirsi ciò che si vuole senza troppi preamboli). Potresti quindi avere anche ragione a ritenere che ciò che si vuole andrebbe esplicitato senza troppe remore e fronzoli, ma l'essere diretti, nelle relazioni affettie in essere, ti porta anche ad essere impositivo, nella maggior parte dei casi e quindi ad ottenere un risultato (se lo ottieni) frutto di una forzatura. L'interlocutore deve avere la possibilità di scelta, deve sentirsi libero di prendere la sua decisione, decisione sulla quale poi tu dovrai riflettere, come nel caso di Rosetta.
Ho scritto in modo grossolano.
Ma anche la terapia è una forma di mediazione.
Il punto su cui volevo far partire una riflessione comune non è forse chiaro.
Il punto è che è difficile prima di tutto sapere cosa voglia e in secondo luogo è ancora più difficile comunicarlo in modo da non far sentire l’altro sotto accusa o invalidato.
 

rotolina

Utente di lunga data
Ho scritto in modo grossolano.
Ma anche la terapia è una forma di mediazione.
Il punto su cui volevo far partire una riflessione comune non è forse chiaro.
Il punto è che è difficile prima di tutto sapere cosa voglia e in secondo luogo è ancora più difficile comunicarlo in modo da non far sentire l’altro sotto accusa o invalidato.
Questo è vero. Infatti sulla comunicazione ci scrivono trattati interi, si fanno corsi, sono nati istituti volti a dirimere le controversie....
 

Brunetta

Utente di lunga data
a me è capitato spesso che agendo parecchio di impulso mi sono trovata a dire cose che dopo due secondi si sono rivelate dei danni...da un po' sto cercando di contenermi...il famoso "contare fino a dieci" che ti permette di capire prima di aprire bocca dove si potrebbe arrivare una volta esplicati i propri pensieri...qualche volta riesco e altre no.
Hai toccato un punto importante.
Secondo me qui si va oltre l’impulsività, caratteristica individuale che pure mi appartiene e che ho faticosamente imparato a contenere, ma il fatto che nelle relazioni “emotive”, in famiglia, in coppia, in amicizia, si vorrebbe potersi lasciare andare ed esprimersi liberamente.
Ho imparato, sempre faticosamente, che comunicare impulsivamente “senza filtri” non è libertà di essere diretti, ma è incapacità di avere consapevolezza dei propri stati d’animo.
A volte si pensa di essere autenticamente se stessi con i propri scatti o di essere assertivi con l’imposizione del nostro sentire.
Quasi sempre si sbaglia. Infatti poi ci troviamo in situazioni che non ci piacciono.
 

Andromeda4

Utente di lunga data
Prendendo spunto da una evoluzione nel thread di Rosetta, mi è venuta voglia di cercare di capire come funziona la comunicazione.
Scrive Rotolina

Già, funziona così. Si va avanti con continui “rimanerci male”.
La nostra comunicazione è spesso ambigua e ambivalente, a volte anche con contrasto tra parole e mimica e gesti.
La fatica dei comunicatori è avere chiaro il punto di vista dell’altro e avere sotto controllo la propria comunicazione in tutti gli aspetti.
Questo perché se dici a uno dei tuoi figli “allora se non hai voglia di studiare…” con l’idea che a lui venga voglia, sbagli comunicazione. E se poi ci resti male perché non studia, sbagli tu.
Ovviamente il tuo è solo un esempio e la questione è come si può agire e parlare per ottenere una cosa e vedere accadere l’opposto.
Esistono libri in proposito, sia in forma alta, sia come manuali per genitori, venditori, comunicatori ecc.
Ovviamente contano le parole, ma anche il tono e le espressioni, oltre alla postura ecc.
Ne sapete qualcosa?
Mi pare poco. I frequenti battibecchi qui lo dimostrano.
Le terapie di coppia, per quanto ho visto nei film e mi è stato riferito, consistono in una mediazione attraverso la quale un soggetto terzo, il terapeuta, non fa da sponda, come quando si triangola, ma chiarisce la comunicazione reciproca che non funziona.
Ho seguito vari corsi, tra selezione del personale, teorie e tecniche del benessere, questo nell'ambito lavorativo, lezioni di psicologia nel corso oss (ben 4 psicologhe) in cui si affrontava la questione della comunicazione, e ognuno di loro sostiene la priorità del paraverbale e del non verbale rispetto al verbale. Del resto si nota spesso nella vita di tutti i giorni, nel parlare comune, quando si afferma qualcosa con la voce e la si nega con lo sguardo, con un gesto delle mani, con le braccia incrociate. E se ne accorge chiunque, anche il meno acculturato che abbiamo davanti.
 
Ultima modifica:

Brunetta

Utente di lunga data
Possiamo fare esempi di situazioni comunicative che si sono rivelate disfunzionali?
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ho seguito vari corsi, tra selezione del personale, teorie e tecniche del benessere, questo nell'ambito lavorativo, lezioni di psicologia nel corso oss (ben 4 psicologhe) in cui si affrontava la questione della comunicazione, e ognuno di loro sostiene la priorità del paraverbale e del non verbale rispetto al verbale. Del resto si nota spesso nella vita di tutti i giorni, nel parlare comune, quando si afferma qualcosa con la voce e la su nega con lo sguardo, con un gesto delle mani, con le braccia incrociate. E se ne accorge chiunque, anche il meno acculturato che abbiamo davanti.
Chiunque se ne accorge, nel senso che percepisce ostilità o disagio o aggressività o incoerenza. Non credo che sia diffusa la consapevolezza. Altrimenti non servirebbero i corsi.
Poi pure mille studi servono se vengono applicati.
E l’applicazione deve essere percepita come un miglioramento di sé, non come repressione.
 

Brunetta

Utente di lunga data

Andromeda4

Utente di lunga data
Hai toccato un punto importante.
Secondo me qui si va oltre l’impulsività, caratteristica individuale che pure mi appartiene e che ho faticosamente imparato a contenere, ma il fatto che nelle relazioni “emotive”, in famiglia, in coppia, in amicizia, si vorrebbe potersi lasciare andare ed esprimersi liberamente.
Ho imparato, sempre faticosamente, che comunicare impulsivamente “senza filtri” non è libertà di essere diretti, ma è incapacità di avere consapevolezza dei propri stati d’animo.
A volte si pensa di essere autenticamente se stessi con i propri scatti o di essere assertivi con l’imposizione del nostro sentire.
Quasi sempre si sbaglia. Infatti poi ci troviamo in situazioni che non ci piacciono.
Infatti ci si resta malissimo. Come già ho scritto di recente in un'altra occasione, non serve la cattiveria per essere sgradevoli. E poi avoglia a chiedere scusa, a dire "ma io non lo pensavo". Intanto lo hai detto. Ed è arrivato forte e chiaro.
 

Homer

Utente con ittero
Due impulsivi, di pancia e non di testa, nella coppia dopo un po', avevo capito solo io che era un metodo comunicativo disfunzionale tra di noi e, sbagliando, pur di non avere discussioni era sempre dire di SI, per evitare che il chiarimento sfociasse in litigata. Ovviamente niente di più sbagliato, quando sono esploso la relazione è finita
 

ParmaLetale

Utente cornasubente per diritto divino
Ho seguito vari corsi, tra selezione del personale, teorie e tecniche del benessere, questo nell'ambito lavorativo, lezioni di psicologia nel corso oss (ben 4 psicologhe) in cui si affrontava la questione della comunicazione, e ognuno di loro sostiene la priorità del paraverbale e del non verbale rispetto al verbale. Del resto si nota spesso nella vita di tutti i giorni, nel parlare comune, quando si afferma qualcosa con la voce e la su nega con lo sguardo, con un gesto delle mani, con le braccia incrociate. E se ne accorge chiunque, anche il meno acculturato che abbiamo davanti.
Te ne accorgi anche qui dentro dove giocoforza è pressochè tutto verbale e istintivamente, almeno io, devo interpretare e aggiungere gli altri livelli che mancano, e spesso si creano fraintendimenti colossali perchè non si capiscono l'ironia, la serietà ecc ecc
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ad esempio i colloqui insegnanti-genitori.
Tutti i miei (nuovi) colleghi sono sempre rimasti sorpresi di come funzionano bene i colloqui che tengo io.
Funzionano bene dopo anni di sofferenza assurda che mi riducevano stremata con mal di testa atroci, mai provati in altre situazioni.
Come sono migliorati? Avendo chiaro che non si può chiedere ad altri di risolvere i miei problemi.
 
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Andromeda4

Utente di lunga data
Possiamo fare esempi di situazioni comunicative che si sono rivelate disfunzionali?
Il non voler parlare, da parte di uno dei due, di un certo argomento, rimandandolo a un "dopo" non meglio precisato, mentre l'altro, preoccupato perché lo vede stare male, vorrebbe sapere. In totale buona fede, magari anche solo per essere partecipe.
 

Brunetta

Utente di lunga data

Andromeda4

Utente di lunga data
Te ne accorgi anche qui dentro dove giocoforza è pressochè tutto verbale e istintivamente, almeno io, devo interpretare e aggiungere gli altri livelli che mancano, e spesso si creano fraintendimenti colossali perchè non si capiscono l'ironia, la serietà ecc ecc
Anche considerando il caso opposto, in cui il non verbale e il paraverbale mancano, certo.
 
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