Daniele
Utente orsacchiottiforme
Voglio riportare qui quanto letto in caso possa servire per i coniugi che decidono di scoprire il perchè di alcune stranezze e che si sentono dire che violare la privacy del coniuge è peggio del tradimento stesso, questa affermazione è falsa. Ovviamente questo non da diritto a nessuno di spiare e carpire per anni dati, come l'uso di cellulari spia e quant'altro illegale in uso.
Le vicende di Sa65 e Niko mi hanno fatto molto pensare e mi hanno ricordato che accuse di denuncia da parte della mia ex sulla mia persona per via di aver usato il suo computer e aver letto delle mail su un sito che non era protetto da password in quel computer, motivo che mi ha risolto l'arcano. Non c'è nulla di peggio di sentirsi bloccati da una persona colpevole con la minaccia di una denuncia con tutti i casini che può comportare.
Legittimo il trattamento dei dati sulla vita sessuale del coniuge
Eulalia Olimpia PolicellaPremessa
Il 23 aprile 2009 il Giudice Giuseppe Cernuto, del Tribunale di Milano, ha pronunciato una sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto relativamente ad alcuni reati, tra i quali quello di trattamento illegittimo dei dati personali, connessi ad ulteriori delitti di violazione della corrispondenza (art. 616 c.p.) diffamazione (art. 595 c.p.) e violazione del segreto professionale (art. 618 c.p.) dichiarati estinti per remissione di querela.
La sentenza concerne una vicenda particolarmente delicata e complessa, sia in relazione al numero e alla natura dei reati contestati sia, soprattutto, in ragione del rango costituzionale dei diritti coinvolti, che ha comportato la necessità di ponderare il diritto alla tutela dei dati personali sensibili della moglie con il diritto di difesa e di agire in giudizio, anche innanzi ad un Tribunale ecclesiastico, da parte del marito.
Il fatto
Il processo si è svolto a carico del coniuge che aveva rinvenuto alcune lettere, compreso un messaggio inviato alla casella di posta elettronica condivisa con la moglie, da cui si poteva desumere che quest’ultima, da cui aveva avuto da poco una figlia, intratteneva una relazione omosessuale; nonché lo specialista in psichiatria cui entrambi i coniugi si erano rivolti, in un primo momento, per una terapia finalizzata a salvare il matrimonio e che, in seguito alla decisione della coppia di separarsi consensualmente, ha predisposto su richiesta del legale incaricato da entrambi di seguire la causa civile (nonché noto avvocato rotale) una relazione clinica, consegnata ai coniugi in busta chiusa, dalla quale risultava che la donna sarebbe stata affetta da disturbi sessuali e personalità borderline.
I dati sono stati raccolti dal marito al fine di promuovere l’annullamento del matrimonio innanzi alla Sacra Rota, considerato che se ne desumeva un orientamento sessuale della consorte incompatibile con il connubio religioso e significativo di un vizio del consenso all’atto di contrarre il matrimonio.
La moglie, scoperto il contenuto della consulenza destinata a supportare il libello introduttivo del processo rotale, ha sporto querela e dato così origine al procedimento penale.
I capi di imputazione
L’imputazione è stata elevata per i seguenti reati:
- 2. delitto di illegittimo trattamento dei dati personali, ai sensi dell’art. 167, comma 2, D.Lgs. n. 196/03 in relazione all’art. 26 riguardante il trattamento dei dati sensibili, nonché falso in certificazione per avere attestato falsamente patologie della donna senza avere svolto gli esami a ciò necessari, contestati sia al medico che al marito, in concorso tra loro;
- 3. violazione degli obblighi di assistenza familiare, ascritta al marito per avere fatto mancare alla figlia minore i mezzi di sussistenza (art. 570, comma 2, n. 2, c.p.).
Come premesso, la sentenza ha prosciolto ambedue gli imputati con formula ampia, perché il fatto non sussiste, per tutti i reati procedibili d’ufficio (ricettazione, violazione degli obblighi familiari, illegittimo trattamento dei dati personali e falsa certificazione) e preso atto della remissione di querela, intervenuta nelle more del dibattimento, per gli altri fatti.
La violazione della privacy
In particolare, la violazione della privacy è stata contestata in concorso non solo al medico ma anche al marito, quale procacciatore della corrispondenza, per essere venuti a conoscenza di alcuni dati sensibili sull’orientamento sessuale della signora, alcuni rivelati dalla diretta interessata nel corso di incontri psicodiagnostici altri, a parere dell’accusa, acquisiti in modo illegittimo attraverso la sottrazione delle lettere consegnate dal marito allo psichiatra; e per avere proceduto, senza giustificato motivo e senza il consenso della donna, al trattamento di tali dati a fine di profitto tanto del medico, che li impiegava nell’esercizio dell’attività professionale, quanto del marito che intendeva produrli nel procedimento ecclesiastico di annullamento del matrimonio.
Nel corso del processo si è accertato che i fatti rappresentati dall’accusa si sono svolti, almeno in parte, differentemente.
L’analisi della fonte dei dati ha consentito di accertare, ad esempio, che l’indirizzo di posta elettronica era condiviso dalla coppia e che agli incontri con il medico hanno partecipato entrambi i coniugi.
Il dispositivo
Il Tribunale di Milano, in relazione al delitto di illegittimo trattamento dei dati personali per violazione dell’art. 26 del Codice privacy, (ed agli altri reati giudicabili nel merito) ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste.
In attesa delle motivazioni, è presumibile che l’insussistenza del fatto discenda da una valutazione di inesistenza della violazione dell’art. 26, in ragione della pari dignità del diritto del marito di proporre l’azione di annullamento del matrimonio innanzi alla Sacra Rota rispetto al diritto della moglie alla riservatezza dei dati relativi alla propria vita sessuale.
L’art. 26 del Codice privacy al comma 4, lettera c), stabilisce che il trattamento dei dati relativi alla vita sessuale ed alla salute può essere effettuato per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, anche senza il consenso del soggetto interessato (moglie), qualora il diritto azionato sia di rango almeno pari a quello alla riservatezza e consista in un diritto della personalità , ovvero in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.
Nella specie, la raccolta e il trattamento dei dati inerenti alla vita sessuale del coniuge sono stati effettuati per agire innanzi al Tribunale ecclesiastico e consentire così al marito di chiedere lo scioglimento di un vincolo sacramentale: esercitando, così, i diritti ad agire in giudizio per l’accertamento dei fatti strumentale al libero esercizio della propria fede religiosa tutelata dalla Carta costituzionale all’art. 19.
Conclusioni
Se le argomentazioni presunte troveranno conferma si tratterà, a parere di chi scrive, di una decisione impeccabile sotto il profilo giuridico in grado di riaffermare l’ampiezza e l’efficacia dell’esercizio del diritto di difesa dopo la clamorosa e preoccupante decisione del Garante privacy che ha, recentemente, trasferito gli atti alla Procura della Repubblica relativamente ad un caso di trattamento di dati genetici in un’azione di disconoscimento di paternità.
La sentenza, tranquillizzante per chi esercita la professione forense, nel cosiddetto “mondo privacy” costituisce certamente una pietra miliare, tenuto conto del difficile bilanciamento tra l’esercizio del diritto di difesa e la tutela dei dati sensibili e del rango costituzionale dei diritti coinvolti.
Fonte: http://www.ipsoa.it/specialeprivacy/Documenti/916586.asp?linkparam=Opinioni
Le vicende di Sa65 e Niko mi hanno fatto molto pensare e mi hanno ricordato che accuse di denuncia da parte della mia ex sulla mia persona per via di aver usato il suo computer e aver letto delle mail su un sito che non era protetto da password in quel computer, motivo che mi ha risolto l'arcano. Non c'è nulla di peggio di sentirsi bloccati da una persona colpevole con la minaccia di una denuncia con tutti i casini che può comportare.
Legittimo il trattamento dei dati sulla vita sessuale del coniuge
Eulalia Olimpia PolicellaPremessa
Il 23 aprile 2009 il Giudice Giuseppe Cernuto, del Tribunale di Milano, ha pronunciato una sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto relativamente ad alcuni reati, tra i quali quello di trattamento illegittimo dei dati personali, connessi ad ulteriori delitti di violazione della corrispondenza (art. 616 c.p.) diffamazione (art. 595 c.p.) e violazione del segreto professionale (art. 618 c.p.) dichiarati estinti per remissione di querela.
La sentenza concerne una vicenda particolarmente delicata e complessa, sia in relazione al numero e alla natura dei reati contestati sia, soprattutto, in ragione del rango costituzionale dei diritti coinvolti, che ha comportato la necessità di ponderare il diritto alla tutela dei dati personali sensibili della moglie con il diritto di difesa e di agire in giudizio, anche innanzi ad un Tribunale ecclesiastico, da parte del marito.
Il fatto
Il processo si è svolto a carico del coniuge che aveva rinvenuto alcune lettere, compreso un messaggio inviato alla casella di posta elettronica condivisa con la moglie, da cui si poteva desumere che quest’ultima, da cui aveva avuto da poco una figlia, intratteneva una relazione omosessuale; nonché lo specialista in psichiatria cui entrambi i coniugi si erano rivolti, in un primo momento, per una terapia finalizzata a salvare il matrimonio e che, in seguito alla decisione della coppia di separarsi consensualmente, ha predisposto su richiesta del legale incaricato da entrambi di seguire la causa civile (nonché noto avvocato rotale) una relazione clinica, consegnata ai coniugi in busta chiusa, dalla quale risultava che la donna sarebbe stata affetta da disturbi sessuali e personalità borderline.
I dati sono stati raccolti dal marito al fine di promuovere l’annullamento del matrimonio innanzi alla Sacra Rota, considerato che se ne desumeva un orientamento sessuale della consorte incompatibile con il connubio religioso e significativo di un vizio del consenso all’atto di contrarre il matrimonio.
La moglie, scoperto il contenuto della consulenza destinata a supportare il libello introduttivo del processo rotale, ha sporto querela e dato così origine al procedimento penale.
I capi di imputazione
L’imputazione è stata elevata per i seguenti reati:
- a) violazione della corrispondenza (art. 616 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.), a carico del marito, per avere preso conoscenza di corrispondenza personale destinata alla moglie, ivi compreso un messaggio di posta elettronica, e averne fatto un uso lesivo dell’onore e della reputazione dell’interessata;
- b) ricettazione (art. 648 comma 1 e 3 c.p.) a carico del medico, per avere ricevuto a fine di profitto e consapevole dell’illecita provenienza la corrispondenza predetta, provento del delitto di furto in concreto non punibile, poiché commesso tra coniugi;
- 2. delitto di illegittimo trattamento dei dati personali, ai sensi dell’art. 167, comma 2, D.Lgs. n. 196/03 in relazione all’art. 26 riguardante il trattamento dei dati sensibili, nonché falso in certificazione per avere attestato falsamente patologie della donna senza avere svolto gli esami a ciò necessari, contestati sia al medico che al marito, in concorso tra loro;
- 3. violazione degli obblighi di assistenza familiare, ascritta al marito per avere fatto mancare alla figlia minore i mezzi di sussistenza (art. 570, comma 2, n. 2, c.p.).
Come premesso, la sentenza ha prosciolto ambedue gli imputati con formula ampia, perché il fatto non sussiste, per tutti i reati procedibili d’ufficio (ricettazione, violazione degli obblighi familiari, illegittimo trattamento dei dati personali e falsa certificazione) e preso atto della remissione di querela, intervenuta nelle more del dibattimento, per gli altri fatti.
La violazione della privacy
In particolare, la violazione della privacy è stata contestata in concorso non solo al medico ma anche al marito, quale procacciatore della corrispondenza, per essere venuti a conoscenza di alcuni dati sensibili sull’orientamento sessuale della signora, alcuni rivelati dalla diretta interessata nel corso di incontri psicodiagnostici altri, a parere dell’accusa, acquisiti in modo illegittimo attraverso la sottrazione delle lettere consegnate dal marito allo psichiatra; e per avere proceduto, senza giustificato motivo e senza il consenso della donna, al trattamento di tali dati a fine di profitto tanto del medico, che li impiegava nell’esercizio dell’attività professionale, quanto del marito che intendeva produrli nel procedimento ecclesiastico di annullamento del matrimonio.
Nel corso del processo si è accertato che i fatti rappresentati dall’accusa si sono svolti, almeno in parte, differentemente.
L’analisi della fonte dei dati ha consentito di accertare, ad esempio, che l’indirizzo di posta elettronica era condiviso dalla coppia e che agli incontri con il medico hanno partecipato entrambi i coniugi.
Il dispositivo
Il Tribunale di Milano, in relazione al delitto di illegittimo trattamento dei dati personali per violazione dell’art. 26 del Codice privacy, (ed agli altri reati giudicabili nel merito) ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste.
In attesa delle motivazioni, è presumibile che l’insussistenza del fatto discenda da una valutazione di inesistenza della violazione dell’art. 26, in ragione della pari dignità del diritto del marito di proporre l’azione di annullamento del matrimonio innanzi alla Sacra Rota rispetto al diritto della moglie alla riservatezza dei dati relativi alla propria vita sessuale.
L’art. 26 del Codice privacy al comma 4, lettera c), stabilisce che il trattamento dei dati relativi alla vita sessuale ed alla salute può essere effettuato per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, anche senza il consenso del soggetto interessato (moglie), qualora il diritto azionato sia di rango almeno pari a quello alla riservatezza e consista in un diritto della personalità , ovvero in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.
Nella specie, la raccolta e il trattamento dei dati inerenti alla vita sessuale del coniuge sono stati effettuati per agire innanzi al Tribunale ecclesiastico e consentire così al marito di chiedere lo scioglimento di un vincolo sacramentale: esercitando, così, i diritti ad agire in giudizio per l’accertamento dei fatti strumentale al libero esercizio della propria fede religiosa tutelata dalla Carta costituzionale all’art. 19.
Conclusioni
Se le argomentazioni presunte troveranno conferma si tratterà, a parere di chi scrive, di una decisione impeccabile sotto il profilo giuridico in grado di riaffermare l’ampiezza e l’efficacia dell’esercizio del diritto di difesa dopo la clamorosa e preoccupante decisione del Garante privacy che ha, recentemente, trasferito gli atti alla Procura della Repubblica relativamente ad un caso di trattamento di dati genetici in un’azione di disconoscimento di paternità.
La sentenza, tranquillizzante per chi esercita la professione forense, nel cosiddetto “mondo privacy” costituisce certamente una pietra miliare, tenuto conto del difficile bilanciamento tra l’esercizio del diritto di difesa e la tutela dei dati sensibili e del rango costituzionale dei diritti coinvolti.
Fonte: http://www.ipsoa.it/specialeprivacy/Documenti/916586.asp?linkparam=Opinioni