Responsabilità

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Sul monte Bianco in infradito più che altro sono deficienti, proprio credono che se è agosto è uguale a Rimini e lì.
Ovviamente anche irresponsabili.
E' un buon esempio secondo me quello di quei tipi, di quelle famiglie.

Che non è tanto a mio parere legato alla stagionalità. Quello lo vedo in termini di superficie.
E' legato al fatto che sul monte bianco ci si possa arrivare senza muovere un passo. SE non quello che PAGANDO si fa per passare dal suolo alla funivia che porta su.

E l'irresponsabilità è negli infradito come simbolo di una non conoscenza di se stessi e di quel che si va a fare in giro.

Delegando all'esterno (la struttura) la responsabilità della cura.

Da qui discende il cosa insegnano ai loro figli personaggi (tanti, credimi) di questo genere.
Che non è che insegnano semplicemente che sul monte bianco ci si può andare in infradito.
Gli insegnano che si arriva senza fatica. Senza intenzione. Senza volontà. Senza dolore.
Senza fallimento.
In qualunque condizione. Basta che sia quella comoda e istantanea.
Gli insegnano che il tempo è gestibile con la tecnologia.
Gli insegnano che basta che ci sia qualcun altro a pensare e a conoscere e va tutto bene.

Quel che conta è essere arrivati.

Ed è qui che second me entra in gioco poi l'esser visti a cui credo facevi riferimento tu.
Che è poi il motivo per cui dicevo che ci sono esser visti ed esser visti.
SE mi faccio la foto sul monte bianco e ho ai piedi gli infradito l'intenzione di quella foto è ben diversa dall'esserci arrivata faticando e attraversando direttamente e in prima persona lo spazio e il tempo. Pagandone il prezzo.
E correndone il rischio.
EDIT: sottolineo, il rischio è parte del prezzo pagato. Che è la differenza col pagato della funivia e l'accesso, il rischio, ai limiti e alla consapevolezza. E anche agli errori di valutazione.

La responsabilità è qui che si gioca secondo me.
Nell'intenzione che guida il fare. Tutti i piccoli fare che compongono un gesto. (@foglia, è qui la rimediabilità. Non del gesto in sè. Ma della tensione al miglioramento di sè nella consapevolezza dell'imperfezione)
E la presenza a se stessi e al mondo mentre lo si fa.
 
Ultima modifica:

Marjanna

Utente di lunga data
Io vedo la poesia dell'umano che prova non a fondersi ma ad esser parte.
Ci vedo la tristezza di non riuscirci mai del tutto
E la tensione vibrante di pochi istanti in cui sembra quasi di riuscirci
La solitudine e la melanconia
La gioia (bambina) e la libertà

Forse perchè è una tensione che riconosco in me :)

Poi, sicuro c'è in questo chi mette di tutto. Ma in ogni attività umana c'è chi mette questo o quello.
Non è l'attività. Non è il COSA, ma il CHI e il COME...

Ho messo il video della sincope di maiorana anche per la riflessione che lui fa in fondo al video
Che è poi la stessa riflessione di un amico alpinista e scalatore...arrivare alla cima per goderne, per rimanere in silenzio e assaporare la propria nullità e il senso di appartenenza
Sentire la fatica, il corpo che si libra - non necessariamente volando, ma anche provando a volare, perchè no -

L'uomo ha copiato tutto della sua visione di ciò che lo circonda dalla sua visione di ciò che lo circonda.
A partire dai colori.

I droni mi affascinano, come mi affascinano le tecnologie. So per partenza che per quanto possa essere geniale un uomo, non supererà la natura di cui è parte.
Mio papà dice una cosa che mi fa da sempre molta tenerezza, quando si parla di natura. Lui dice che a Lei basta dare una scrollatina..e noi non siamo più neanche un ricordo. :)

EDIT. lei è bulgara, Stefka Sabotinova

[video=youtube;0qYFtjtiJqo]https://www.youtube.com/watch?v=0qYFtjtiJqo[/video]

e questa è la traduzione (volendosi fidare delle traduzioni in rete)

https://lyricstranslate.com/it/prituri-sa-planinata-e-crollata-la-montagna.html

E' crollata La Montagna

E' crollata La Montagna
Ha sepolto due pastori,
Due pastori, due compagni.
Primo pastore La pregava
"Ho un amore che piangerà per me."
Secondo pastore La pregava
"Io ho madre che piangerà per me."
La Montagna disse:
"Oh, voi, due pastori,
L'amore piange un giorno fino a mezzogiorno,
Mamma piangerà in dolore fino alla tomba!"
E' crollata La Montagna
Ha sepolto due pastori.

Ho visto e ascoltato solo ora il secondo video che avevi linkato, con le parole di Enzo Maiorca. Le condivido.
Più che sporcato oggi direi violentato. Basta scrivere "mare plastica" nella ricerca di Google immagini per rendersi conto che siamo ben oltre lo sporcare.
Ho un ricordo di quegli anni dove solitamente ci sono pochi ricordi (avrò avuto 3/4 anni), sono stati dimenticati, di un barca con un pescatore che faceva un dono a noi bambini, dei cavallucci marini che erano rimasti impigliati nella rete. Ne mise in mano uno a ciascuno, e lo guardai nella mia piccola mano mentre diventava duro. Non sapevo che stesse morendo, non ne avevo mai visto uno in vita mia. Non capivo. I grandi intorno mi sorridevano e mi dicevano "sei felice? è bello vero?". Non capivo. Non capivo ma qualcosa non tornava.
L'uomo è parte della natura, è questa la cosa assurda, non è che è una cosa staccata dalla natura.
Colgo le parole che dici rimanere in silenzio e assaporare la propria nullità e il senso di appartenenza anche se le sento in modo diverso, se cammino in montagna, in un bosco mi capita di smettere di sentirmi uno, non sono più uno, sono parte integrante di tutto quello che ho intorno, sono nessuno, una particella di qualcosa di più grande ed enorme, come un pezzo di corteccia, come un filo d'erba. E la sensazione che provo è bella, perchè in realtà mi sento parte di qualcosa di molto più grande, i pensieri scorrono in modo diverso.
Solitamente c'è una cosa che mi ridesta da questo stato, la fame. Allora inizio a guardarmi intorno e sento la mia infinita ignoranza quando provo una forte attrazione per piante e fiori velenosi (lo scoprirò dopo, su libri dove andrò a identificare ciò che ho visto, libri scritti da uomini), dico questo perchè l'istinto primario che mi viene è cercare piante, fiori o bacche. E' proprio la fame che mi fa formulare questi pensieri (anche se a casa poi mangerò del formaggio, ad esempio). Una capra vive in me! :p

Un'immagine di libertà, per tantissimi: un uomo su una cima, su un bosco, che alza le mani al cielo e urla.
Un urlo liberatorio? In quell'urlo non vede tutto ciò che scappa lontano da lui. Si isola. Ma non vede, si sente un semi-dio. Se urli copri i suoni di ciò che hai intorno.
E questo non lo capisco dell'uomo. A volte proprio non mi piace.
L'adrenalina dei sport estremi fa sentire vivi, da quel senso di infinito e di essere parte di qualcosa di più grande, quindi probabilmente non è molto diverso da quanto mi è capitato di provare a volte. Forse ci cerca solo un modo diverso per sentirsi più nella Madre. Sicuramente nonostante la nostra evoluzione, e le nostre comode vite, sentiamo tutti una specie di richiamo verso l'utero della vita.

La canzone di Stefka Sabotinova, nella versione del primo video che hai linkato, mi ricordava qualcosa di indiano... più che altro i "vocalizzi" che non so se abbiano un nome specifico, mi chiedevo storicamente quel tipo di uso della voce femminile a cosa sia legato.
 

Foglia

utente viva e vegeta
E' un buon esempio secondo me quello di quei tipi, di quelle famiglie.

Che non è tanto a mio parere legato alla stagionalità. Quello lo vedo in termini di superficie.
E' legato al fatto che sul monte bianco ci si possa arrivare senza muovere un passo. SE non quello che PAGANDO si fa per passare dal suolo alla funivia che porta su.

E l'irresponsabilità è negli infradito come simbolo di una non conoscenza di se stessi e di quel che si va a fare in giro.

Delegando all'esterno (la struttura) la responsabilità della cura.

Da qui discende il cosa insegnano ai loro figli personaggi (tanti, credimi) di questo genere.
Che non è che insegnano semplicemente che sul monte bianco ci si può andare in infradito.
Gli insegnano che si arriva senza fatica. Senza intenzione. Senza volontà. Senza dolore.
Senza fallimento.
In qualunque condizione. Basta che sia quella comoda e istantanea.
Gli insegnano che il tempo è gestibile con la tecnologia.
Gli insegnano che basta che ci sia qualcun altro a pensare e a conoscere e va tutto bene.

Quel che conta è essere arrivati.

Ed è qui che second me entra in gioco poi l'esser visti a cui credo facevi riferimento tu.
Che è poi il motivo per cui dicevo che ci sono esser visti ed esser visti.
SE mi faccio la foto sul monte bianco e ho ai piedi gli infradito l'intenzione di quella foto è ben diversa dall'esserci arrivata faticando e attraversando direttamente e in prima persona lo spazio e il tempo. Pagandone il prezzo.
E correndone il rischio.
EDIT: sottolineo, il rischio è parte del prezzo pagato. Che è la differenza col pagato della funivia e l'accesso, il rischio, ai limiti e alla consapevolezza. E anche agli errori di valutazione.

La responsabilità è qui che si gioca secondo me.
Nell'intenzione che guida il fare. Tutti i piccoli fare che compongono un gesto. (@foglia, è qui la rimediabilità. Non del gesto in sè. Ma della tensione al miglioramento di sè nella consapevolezza dell'imperfezione)
E la presenza a se stessi e al mondo mentre lo si fa.
Beh. Di sicuro il tempo indietro non lo si riporta :)

Sul resto e sul tuo precedente post ho la testa che si è un po' fusa, in questo momento :D. C'è qualcosa che mi e' dissonante, ma devo prima realizzare cosa. Forse è che dai per assodato che l'intento sia sempre chiaro e netto. Non lo confondevo con il risultato. Poi, ferma restando la responsabilità e la consapevolezza di sé, non riesco mai del tutto a levarmi che nella vita c'è di mezzo anche del gran culo e basta. Anche. Ho detto anche :D
 
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