Saviano

Stato
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Sterminator

Utente di lunga data
Chede' st'elenco???....ahahahahahahahah

me sa che la bellina Isabellina che s'intruppa, je passera' l'elenco della spesa, non credo che sara' l'elenco delle condanne di Bossi, sua etcetc o le tangenti enimont, le due feste di laurea false di Donatino, i fratelli de bossi segati a brussellll , i parenti ed amici che sta piazzando Cota in Piemonte, le consulenze false di Bobino e della bella Isabelita, alla Mythos Business Development etcetc

:rotfl::rotfl::rotfl:
 

Mari'

Utente di lunga data
Chede' st'elenco???....ahahahahahahahah

me sa che la bellina Isabellina che s'intruppa, je passera' l'elenco della spesa, non credo che sara' l'elenco delle condanne di Bossi, sua etcetc o le tangenti enimont, le due feste di laurea false di Donatino, i fratelli de bossi segati a brussellll , i parenti ed amici che sta piazzando Cota in Piemonte, le consulenze false di Bobino e della bella Isabelita, alla Mythos Business Development etcetc

:rotfl::rotfl::rotfl:

Bisogna aspettare a lunedi ;) .
 

Mari'

Utente di lunga data
Riflessione

Penso che questo treddo avra' lunga vita ;) con quello che si legge sui giornali :rotfl: :rotfl: :rotfl: :mrgreen:
 

Sterminator

Utente di lunga data
Penso che questo treddo avra' lunga vita ;) con quello che si legge sui giornali :rotfl: :rotfl: :rotfl: :mrgreen:
work in progress...

io scommetto i miei gioielli, che il meglio deve ancora arrivare...:D

se nell'operazione dei 300 arrestati a luglio hanno lasciato qualcuno a piede libero, sara' per incastrarli meglio con i pesci grossi grossi vista la ragnatela enorme d'indagini collegate....slurp!!!:D

Ciocca, ABELLI o' faraone (intanto arrestarono la moglie Gariboldi per lo scandalo Santa Giulia) &C, ci devono dare la testa del monsignur' su un piatto d'argento....

che goduria...

:rotfl::rotfl::rotfl:
 

Mari'

Utente di lunga data
work in progress...

io scommetto i miei gioielli, che il meglio deve ancora arrivare...:D

se nell'operazione dei 300 arrestati a luglio hanno lasciato qualcuno a piede libero, sara' per incastrarli meglio con i pesci grossi grossi vista la ragnatela enorme d'indagini collegate....slurp!!!:D

Ciocca, ABELLI o' faraone (intanto arrestarono la moglie Gariboldi per lo scandalo Santa Giulia) &C, ci devono dare la testa del monsignur' su un piatto d'argento....

che goduria...

:rotfl::rotfl::rotfl:

E' normale che ce ne ancora da venir fuori ... e la questione riguarda tutta Italia ... mai come adesso l'Italia e' stata cosi "uguale", Nord e Sud (isole comprese ;) anzi ...) :mrgreen:
 

Sterminator

Utente di lunga data
E' normale che ce ne ancora da venir fuori ... e la questione riguarda tutta Italia ... mai come adesso l'Italia e' stata cosi "uguale", Nord e Sud (isole comprese ;) anzi ...) :mrgreen:
E poi dice che non si sta ripetendo il bis del 92....uguaglio uguaglio....

problemi economici, equilibri interni politico/mafiosi saltati, ingerenze solite straniere...

insomma niente di nuovo sotto il sole...:mrgreen::mrgreen::mrgreen:

Ps: E' una lotta tra bande....prima si sparavano per le strade, adesso spifferano ai magistrati tutte le informazioni per far beccare i loro concorrenti e senza colpo ferire, a parte ogni tanto...

quanta merda...
 

Mari'

Utente di lunga data
E poi dice che non si sta ripetendo il bis del 92....uguaglio uguaglio....

problemi economici, equilibri interni politico/mafiosi saltati, ingerenze solite straniere...

insomma niente di nuovo sotto il sole...:mrgreen::mrgreen::mrgreen:

Ps: E' una lotta tra bande....prima si sparavano per le strade, adesso spifferano ai magistrati tutte le informazioni per far beccare i loro concorrenti e senza colpo ferire, a parte ogni tanto...

quanta merda...

Una montagna, come le loro ricchezze :cool: ben custodite ed investite :mad: .
 

Mari'

Utente di lunga data
Dell'Utri-Berlusconi, nei titoli del Tg1 la notizia non c'è
19 novembre 2010

Il telegiornale di Minzolini delle 20.00 non dà in apertura la notizia della sentenza di Palermo. Quasi dieci minuti dopo l'inizio, la conduttrice legge una breve nota. Il primo lancio Ansa è uscito alle19.32. Stessa cosa per il Tg5

http://tv.repubblica.it/copertina/d...titoli-del-tg1-la-notizia-non-c-e/56908?video

http://tv.repubblica.it/copertina/tg5-dell-utri-nei-titoli-non-c-e/56909?video


Mafia, la Corte su Dell'Utri
"Mediatore tra boss e Berlusconi"


Depositate le motivazioni con cui i giudici di Palermo hanno condannato a 7 anni il senatore Pdl per concorso esterno in associazione mafiosa. Era uno "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e il premier. "Ma non è stato provato il patto di scambio". E la notizia non compare nei titoli di TG1 e Tg5



Marcello Dell'Utri


PALERMO
- Il senatore Marcello Dell'Utri avrebbe svolto una attività di "mediazione" e si sarebbe posto quindi come "specifico canale di collegamento" tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi. Lo scrivono i giudici della Corte d'Appello di Palermo nelle motivazioni, depositate oggi, della sentenza con la quale Dell'Utri è stato condannato il 29 giugno scorso a sette anni 1 di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Nelle 641 pagine depositate in cancelleria i giudici di Palermo spiegano il perché della condanna, legata ai fatti avvenuti fino al 1992, mentre il senatore è stato assolto per quelli successivi. Il collegio presieduto da Claudio Dall'Acqua, a latere Sergio La Commare e il relatore Salvatore Barresi, gli hanno ridotto la pena dai nove anni comminati in primo grado a sette anni.

"Dell'Utri mediatore coi boss". Per i giudici, Dell'Utri "ha apportato un consapevole e valido contributo al consolidamento e al rafforzamento del sodalizio mafioso". In particolare, l'imputato avrebbe inoltre consentito ai boss di "agganciare" per molti anni Berlusconi, "una delle più promettenti realtà imprenditoriali di quel periodo che di lì a qualche anno sarebbe diventata un vero e proprio impero finanziario ed economico". Per questi motivi la Corte ritiene "certamente configurabile a carico di Dell'Utri il contestato

reato associativo".

"Mangano garante dell'incolumità di Berlusconi". Il mafioso Vittorio Mangano - si legge ancora nelle motivazioni della sentenza - fu assunto, su intervento di Marcello Dell'Utri, come "stalliere" nella villa di Arcore non tanto per accudire i cavalli ma per garantire l'incolumità di Silvio Berlusconi. I giudici ritengono credibile il collaboratore Francesco Di Carlo, che ha ricostruito il sistema di "relazioni" di Dell'Utri con ambienti di Cosa nostra. Credono fondato soprattutto il suo racconto su una riunione svoltasi a Milano nel 1975 "negli uffici di Berlusconi" alla quale parteciparono, oltre a Dell'Utri, anche i boss Gaetano Cinà, Girolamo Teresi e Stefano Bontade che all'epoca era "uno dei più importanti capimafia".

La presenza di Mangano ad Arcore avrebbe avuto lo scopo di avvicinarsi a Berlusconi, "imprenditore milanese in rapida ascesa economica", e garantire la sua incolumità "avviando un rapporto parassitario protrattosi per quasi due decenni". Berlusconi avrebbe pagato "ingenti somme di denaro in cambio della protezione alla sua persona e ai familiari". La vicenda dei pagamenti da parte del Cavaliere si intreccia, secondo i giudici, con altri versamenti per la "messa a posto" della Finivest che all'inizio degli anni '80 aveva cominciato a gestire alcune emittenti televisive in Sicilia.

"Non provato il patto di scambio". Nessuna prova certa dell'esistenza di un patto politico-mafioso, scrivono i giudici. L'accusa aveva sostenuto che Dell'Utri avrebbe stipulato nel 1994 un "patto di scambio" che per i giudici non è stato accertato: "Non risulta infatti provato -si legge nella motivazione- né che l'imputato Marcello Dell'Utri abbia assunto impegni nei riguardi del sodalizio mafioso, né che tali pretesi impegni, il cui contenuto riferito da taluni collaboranti (generica promessa di interventi legislativi e di modifiche normative) difetta di ogni specificità e concretezza, siano stati in alcun modo rispettati ovvero abbiano comunque efficacemente ed effettivamente inciso sulla conservazione e sul rafforzamento del sodalizio mafioso". Da quest'imputazione il senatore del Pdl è stato pertanto assolto.

Un paragrafo delle motivazioni è dedicato a Massimo Ciancimino, che i giudici peraltro avevano deciso di non sentire. "La pretesa rivelazione da parte del genitore sui presunti rapporti diretti Dell'Utri-Provenzano, che Massimo Ciancimino aveva peraltro taciuto per oltre un anno e 4 mesi, non era suscettibile di possibile utile approfondimento, oltre che manifestamente tardiva". Ma è solo un esempio dei numerosi portati dai giudici, che concludono: "Tutte le superiori considerazioni hanno dunque indotto la Corte a dubitare più che fondatamente della credibilità e affidabilità di un soggetto come Massimo Ciancimino" che viene definito "autore di altalenanti dichiarazioni che non ha esitato a rettificare o ribaltare nel tempo con estrema disinvoltura" e in più "attribuite alle pretese, ma non verificabili, rivelazioni di un padre defunto".

Dell'Utri: "Cose trite e ritrite". Dopo aver detto di non aver ancora letto le motivazioni, il senatore del Pdl si limita a dire: "i giudici hanno ricicciato le stesse cose della sentenza di primo grado. Sono sostanzialmente le stesse accuse del primo processo". "E' una materia trita e ritrita non c'è nulla di nuovo sono tutte cose che abbiamo già visto". Però, il senatore del Pdl continua a dirsi "fiducioso" e lo sarà "fino all'ultimo momento, altrimenti che faccio, mi uccido?". Dice anche di non sentirsi "preoccupato". "Non vedo come mi possono condannare sul nulla", ecco perché crede molto nel giudizio dei giudici della Corte di Cassazione. "Saranno i miei avvocati cassazionisti ad occuparsi adesso del caso, prepareranno una difesa adeguata per rispondere a tutte le accuse e alle motivazioni della sentenza di secondo grado".

Le reazioni politiche. Per il capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti "queste anticipazioni sono comunque sconcertanti per il presunto ruolo avuto dal senatore Dell'Utri nel rapporto di mediazione e collegamento tra la mafia e l'allora imprenditore, Silvio Berlusconi". Il suo compagno di partito Emanuele Fiano (Pd) chiede ironicamente al ministro Maroni un parere sulle motivazioni della sentenza. Accenti polemici contro Berlusconi anche dai Verdi e dalla Sel.

In una nota il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, sottolinea come "adesso che anche le sentenze parlino di rapporti ravvicinati tra la mafia e il Presidente del Consiglio. Speriamo che si trovino 316 parlamentari che lo sfiducino. Ci auguriamo che ciò avvenga prima che Berlusconi faccia ulteriori danni al Paese e che distrugga completamente la nostra credibilità all'estero".

Il portavoce del Pdl Daniele Capezzone si dichiara addolorato per la sentenza: "Speriamo che la Cassazione faccia giustizia, è una condanna ingiusta. Di più: la Corte d'Appello ha chiarito che non c'è stato alcun patto politico o elettorale con la mafia, e ha smontato una serie di altri teoremi, a partire dalle assurde accuse di Spatuzza".

Tg1 e Tg5, niente notizia nei titoli. Nonostante numerosi servizi su mafia e dintorni, nessuna notizia in apertura sul Tg5 e sul telegiornale dell'ammiraglia di casa Rai, solo una breve nota 10 minuti dopo l'inizio. E ora la commissione di vigilianza fa sapere che valuterà questa scelta del Tg1. "Va bene - afferma Vincenzo Vita- che la notizia è arrivata solo alle 19 e 30, ma un notiziario con mezzi molto inferiori come quello di mentana è comunque riuscito a inserirla tra i titoli e a montare in tempo un servizio completo e dettagliato. Evidentemente il direttore del Tg1 ha deciso di non farlo. Riproporremo presto in commissione di vigilanza il caso del Tg1 di Minzolini, perché la situazione non è più tollerabile. La maggiore testata del servizio pubblico si è ormai ridotta ad arma contundente contro l'opposizione e di propaganda per il premier e la maggioranza".

(19 novembre 2010)
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/11/19/news/mafia_dell_utri-9296565/?ref=HREA-1


Visto Stermi' ;) pian pianino ... pero' i TG che schifo :mad:.
 

Quibbelqurz

Heroiken Sturmtruppen
è solo un po' di sana cautela ... hips! :rotfl:
 

Sterminator

Utente di lunga data
merita anche qui...:mrgreen:

Sta roba dovremmo marcarcela a fuoco nella memoria...

una rinfrescatina sui nostri paladini...:mrgreen::mrgreen::mrgreen:

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Bossi & Berlusconi, la pista dei soldi

La Lega ora contende potere al Pdl. Ma fino a che punto
si può spingere? Ci sono patti segreti tra i due leader?

“Io sono uno dei pochi che non ha mai chiesto né una lira né un aiuto a Berlusconi”. Le parole dette il 20 marzo da Umberto Bossi, sul palco della “festa dell’amore” in piazza San Giovanni a Roma, risaltano di più oggi, dopo che la Lega è diventata l’azionista più deciso del centrodestra: il Carroccio è ormai il 31 per cento dell’alleanza, un terzo dello schieramento. Adesso alza il prezzo, sa che può chiedere di più. È iniziata “la battaglia più insidiosa”, come la chiama Ignazio La Russa: quella interna al centrodestra. Ma fino a che punto Bossi può tirare la corda? Il patto tra Umberto e Silvio è destinato a durare? E che tipo di patto è?

Nasce nei primi mesi del 2000. Prima, la Padania, il quotidiano della Lega, chiamava Berlusconi “il mafioso di Arcore”. E pubblicava con grande evidenza (era l’agosto 1998) dieci domande sull’odore dei soldi e sulle imbarazzanti relazioni siciliane del fondatore di Forza Italia. Con il nuovo millennio, il clima cambia. Bossi e Berlusconi siglano un patto di ferro che li porterà al trionfo elettorale del 2001. “L’accordo potrebbe essere raggiunto in tempi brevi. Si può dire che è stato raggiunto, in parte è già scritto”, dichiara Bossi a Repubblica già il 27 gennaio 2000. “Ma lo avete depositato del notaio, come scrive qualcuno?”, gli chiede l’intervistatore. Il leader della Lega nega: “A che cosa serve il notaio in politica? Sono cose da matti, invenzioni fantasiose”.

Eppure la notizia dell’esistenza di un patto scritto, depositato da un notaio, circola da subito. E arriva dall’interno della Lega. Qualcuno favoleggia di un accordo con una parte anche finanziaria: debiti appianati, bilanci risanati. “Cose da matti, invenzioni fantasiose”, come dice Bossi. Qualche anno dopo, si saprà che all’esistenza di quel patto scritto credeva anche la security Telecom guidata da Giuliano Tavaroli, che lo ha cercato a lungo. Quando nel 2007 arrestano un collaboratore di Tavaroli, il giornalista di Famiglia cristiana Guglielmo Sasinini, tra i documenti che gli sequestrano ci sono anche appunti sul presunto patto Berlusconi-Bossi: “In quel periodo pignorata per debiti la casa di Bossi”. E poi: “70 miliardi dati da Berlusconi a Bossi in cambio della totale fedeltà”. “Debiti già ripianati con 70 mld”. E ancora: “Notaio milanese?”. Segue anche il nome “Tremonti”, senza però alcun dettaglio né legame con il presunto accordo. Bossi non si scompone: “Figurarsi! Una balla spaziale. Berlusconi è uno che non tira fuori un soldo nemmeno per pagare i manifesti elettorali... figurarsi se tira fuori dei soldi per la Lega!”.

Ma i soldi per la Lega qualcuno li ha tirati fuori. E ne è restata traccia. È Gianpiero Fiorani, il banchiere della Popolare di Lodi che nel 2005 guida gli assalti dei furbetti del quartierino. È lui che salva la Lega arrivata a un passo dalla bancarotta. Mai stati gran finanzieri, quelli del Carroccio. Nel 1998 una decina di leghisti di spicco, tra cui il tesoriere Maurizio Balocchi e l’ex sottosegretario Stefano Stefani, investono in un villaggio turistico in Croazia che si rivela un flop e finiscono diritti dentro un’inchiesta per bancarotta fraudolenta.

Fanno peggio quando cercano di diventare banchieri. S’inventano la Credieuronord, un piccolo istituto di credito messo su nel 2000. Primo nome: Credinord. “Ci hanno fatto cambiare nome, pazienza se ci è toccato mettere di mezzo l’euro, l’importante è che sarà una grande banca”, dichiara un Bossi pieno di speranza. Poi comincia una struggente campagna di proselitismo, che chiede ai militanti leghisti di mettere mano al portafoglio per contribuire al successo della nuova “banca padana”.

Vengono aperti un paio di sportelli a Milano e uno a Treviso, ma dura poco. Fidi importanti vengono concessi, senza troppe garanzie, a pochi clienti eccellenti, tra cui la moglie dell’ex calciatore Franco Baresi. Finanziamenti facili sono concessi alla Bingo.net del tesoriere della Lega Maurizio Balocchi. In breve: Credieuronord collassa. E conquista il record di essere l’unica banca al mondo che in soli tre anni riesce a perdere quasi per intero il capitale sociale. Le azioni pagate 25 euro l’una alla fine dell’avventura crollano a 2,16 euro. Bruciati oltre 10 milioni.

I capi leghisti rischiano, con la bancarotta, di rimetterci la faccia e magari anche i patrimoni. Ma arriva il salvatore: Gianpiero Fiorani. Dieci anni prima era stata la sua Banca popolare di Lodi a concedere alla Lega il mutuo che aveva permesso al partito di comprare la sede di via Bellerio a Milano. Nel 2004, con la regia del governatore di Bankitalia Antonio Fazio, compra Credieuronord e annega i debiti della banchetta leghista nell’accogliente pancia della Popolare di Lodi.

Erano clienti di Credieuronord, nonché leghisti convinti e sostenitori di Bossi, anche i fratelli Angelino e Caterino Borra, grandi collezionisti di armi, ritrovate in enormi e misteriosi capannoni in provincia di Pavia. I Borra sono i proprietari della storica Radio 101, l’ex Radio Milano International, one-o-one: la loro emittente precipita nel buco nero di un crac. Aggravato dal fatto che, per tentare di far quadrare i conti, Caterino Borra e la sua compagna Carmen Gocini, curatrice fallimentare per il Tribunale di Milano, sottraggono 35 milioni di euro alle aziende affidate dal Tribunale a Gocini e li riciclano in parte proprio attraverso la banca della Lega.

Brutte storie, le storie di soldi delle Lega. Del Carroccio sappiamo quasi tutto, storia, politica, ideologia, passioni, intemperanze... Le sue finanze restano però un oggetto in gran parte misterioso. Su questo sfondo opaco, non è dunque così strano che possano attecchire le leggende di patti segreti che legano per la vita il Silvio e l’Umberto. “Cose da matti, invenzioni fantasiose”: parola di Bossi.
(Il Fatto quotidiano, 1 aprile 2010)
 

Mari'

Utente di lunga data
MAFIA

Maroni: "Dell'Utri in carcere
se condannato in Cassazione"


Il ministro dell'Interno: "Di fronte ad una sentenza definitiva non c'è immunità che tenga. Per ora prevale, però, la presunzione d'innocenza". Lo storico collaboratore di Berlusconi è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa





ROMA - Se condannato in Cassazione "probabilmente Marcello Dell'Utri dovrà andare in carcere, non c'è immunità che tenga di fronte ad una sentenza di condanna". Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni nel corso di In mezz'ora, la trasmissione di Lucia Annunziata su RaiTre. Maroni ha comunque precisato che, in ogni caso, in questo momento preferisce attenersi "alla Costituzione, che prevede la presunzione di innocenza fino ad una sentenza definitiva".

Venerdì è stata resa nota la motivazione 1 della sentenza di condanna di Dell'Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel documento dei magistrati, la tesi sostenuta è che "tramite l'amico siciliano, Berlusconi pagava Cosa Nostra" e che lo stalliere di Arcore, Vittorio Mangano, fu assunto dal Cavaliere con l'avallo della mafia, anche se quest'ultimo avrebbe sempre millantato sui suoi rapporti con Dell'Utri.

Maroni è tornato anche sulle parole di Saviano in merito alle infiltrazioni delle cosche nel nord Italia e nei partiti politici. "Il rapporto della Dia sulle infiltrazioni mafiose al nord Italia contiene decine e decine di casi in cui sono coinvolti amministratori locali di molti partiti, ma nessuno della Lega. E anche se nessuno del mio partito è coinvolto nelle indagini, improvvisamente la Lega diventa referente della 'ndrangheta.


E' un'accusa così infamante per me, così inaccettabile che ho reagito. E' per questo che mi sono arrabbiato", ha spiegato Maroni.
"Il mio partito non ha esponenti politici arrestati o indagati per 'ndrangheta - ha insistito il ministro - E' chiaro che la 'ndrangheta cerca referenti politici ed è chiaro che se c'è da fare una speculazione edilizia va dall'assessore all'urbanistica. Il problema è capire se il sindaco o l'assessore ci stanno oppure no. L'evidenza di tutte le operazioni fatte dimostra che nessuno della Lega ha accettato di interloquire con la 'ndrangheta".

Il ministro dell'Interno ha quindi ribadito che il contrasto alla criminalità organizzata "sta vivendo una stagione senza precedenti" e questo "nonostante le ristrettezze economiche". La politica del governo contro le mafie sta dando "risultati straordinari che sono sotto gli occhi di tutti". I problemi finanziari in cui versano le forze dell'ordine restano però sul tappeto. "Abbiamo cercato di trovare soluzioni concrete alle richieste dei sindacati - ha detto il titolare del Viminale - e qualche volta siamo riusciti, qualche volta no (finanziamenti e contratto). Nella Finanziaria ci sono comunque più fondi per il comparto sicurezza e abbiamo recuperato alla criminalità organizzata oltre 2,2 miliardi". Resta il problema del turn over, visto che stanno andando in pensione centinaia di poliziotti assunti negli anni Settanta. Per evitare il "rischio di lasciare sguarnito il comparto sicurezza - ha affermato Maroni - noi stiamo provvedendo con concorsi straordinari e riorganizzando tutto il sistema, perché vogliamo continuare a dare ai cittadini sempre la stessa risposta nel contrasto alla criminalità".

Maroni è tornato anche sulla vicenda "Ruby". "Io non ho mai fatto e mai farò telefonate, neanche per chiedere clemenza per un mio amico a cui hanno tolto la patente perché andava a 140 all'ora: non lo ritengo giusto e non lo ritengo corretto". "Per me - ha continuato il ministro - era importante capire se quella telefonata aveva provocato da parte dei poliziotti un comportamento sbagliato". E "ho detto subito che dall'indagine tutto si era svolto regolarmente e ciò risulta dai verbali, dalla relazione fatta dalla questura e dalle parole del procuratore di Milano". Dunque "tutto si è svolto regolarmente, compreso l'affidamento. Dopodichè - ha concluso - io non ho mai fatto e non farò mai telefonate".

(21 novembre 2010)
http://www.repubblica.it/cronaca/20...condannato_in_cassazione-9347996/?ref=HREC1-1



Ma voi ve lo vedete a Dell'Utri tra le sbarre? :mrgreen: :rotfl::rotfl:
 
caro sterminatore credo che per molti saviano dovrebbe morire o poco poco passare brutti guai ed avere le toppe nei pantaloni per essere la persona rispettabile e coraggiosa che personalmente reputo.
virgole a piacere
 

Mari'

Utente di lunga data
Stermi vuoi un'altra "chicca"?

:mrgreen:

Lady Bondi & figlio, Ministeri di famiglia


Il figlio di Manuela Repetti, deputata Pdl e compagna del ministro della Cultura Sandro Bondi, lavora per la direzione generale del cinema del dicastero. Lui, laureando in architettura, non risponde, la madre tergiversa, il direttore conferma

Possibile che Fabrizio Indaco, figlio di Manuela Repetti, deputata del Pdl e compagna di Sandro Bondi, lavori per il ministero dei Beni culturali nella direzione generale del cinema in Piazza S. Croce in Gerusalemme a Roma? E possibile, come si sussurra, che rassicuri i giovani produttori, prometta felici finalizzazioni di progetti, spenda la parentela per farsi strada in quella giungla che è il mondo del cinema romano? Per verificare l’ipotesi, una commistione di lunare nepotismo e inopportunità feudale, basta chiamarlo nel tardo pomeriggio al telefono del Mibac a lui intestato.

Risponde al secondo squillo: “È lei Fabrizio Indaco?” “Certo”, “Volevamo chiederle se è davvero figlio dell’onorevole Repetti”. È qui, che il giovane Indaco, laureando in architettura (corso iniziato nel 2002, qualche lentezza nel percorso), viene assalito da un’amnesia, la sindrome Scajola: “Stavo proprio per andare via, se vuole ne parliamo domani”. Insistiamo: “Indaco, ci aiuti a non scrivere inesattezze”. Balbetta qualcosa e poi in un lampo, tronca a tradimento la conversazione.

Ci viene qualche dubbio che proviamo a fugare parlando con la donna che gli ha dato i natali. In Parlamento è una giornata uggiosa. Votazioni, truppe asserragliate. Nonostante questo Manuela Repetti da Novi Ligure, non si nasconde. “Fabrizio è mio figlio certo”. Come mai lavora nel ministero diretto dal suo compagno?”. Qualche secondo di pausa: “Eh, come mai, ci lavora, ecco”. Sbanda ma non crolla, Repetti. Ha fiducia nel prossimo: “Ha un contratto interinale, in scadenza, se vuole qualche informazione in più lo chiedo direttamente a lui”. “Con noi non ha voluto parlare”, spieghiamo: “Eh vabbè poverino, va capito, cerchi di comprendere”. Con tutta l’umana empatia del caso, non possiamo fare a meno di domandare ancora: “Onorevole, per quale ragione un ragazzo laureato in Architettura lavora alla direzione generale cinema, non le sembrano campi d’applicazione inconciliabili?”. Repetti dice di parlare come una qualunque madre preoccupata per il futuro della propria prole. “Non si è laureato, ha finito gli esami, sta preparando la tesi e come tutti i ragazzi, prova a fare qualche cosa. Il suo contratto al Centro sperimentale di cinematografia, che è un ente autonomo, sta per scadere”. Il Csc, vive grazie ai soldi del Fus. Quasi 10 milioni di euro l’anno, non proprio un ente autonomo dal ministero, in ogni caso. “Non so quanto duri l’assunzione temporanea e forse era sua intenzione tornare a Novi Ligure e cercare un mestiere nel suo ramo. Mentre studia, cerca di guadagnare qualcosa, non c’è niente da nascondere”. Si irrigidisce, Repetti, solo se le parli di etica: “Non mi ponga domande come se mi trovassi davanti all’inquisizione”. La rassicuriamo: “Le pare appropriato, mentre il suo compagno dirige il ministero, offrire nello stesso un posto di lavoro a suo figlio? Milioni di ragazzi, un regalo simile non lo avranno mai” e lei traballa: “Bè, ma intanto non sarebbe opportuno se lui non lavorasse, ma mio figlio trotta, come potrebbe essere per tanti ragazzi nella sua posizione, non ci vedo nulla di male o di strano. Se non facesse nulla o approfittasse della situazione (sic) sarebbe grave. Non penso abbia potuto avere facilitazioni”. Il ministro non si è mai preoccupato? “Non vedo come una stranezza che un ragazzo lavori”. Pausa: “Ho capito che è il ministero suo (sic), ma è una combinazione, non è vietato, non vedo sinceramente non capisco, è uno studente come tanti altri, ha fatto una sua esperienza lavorativa, tutto qui”. È affranta.

Stesso tono di voce quando a tarda sera interloquiamo con Nicola Borrelli, direttore generale del ministero, sezione cinema. “Indaco lavora fisicamente da noi, ha un contratto con il Centro sperimentale di cinematografia, con loro abbiamo una convenzione e gli chiediamo una serie di servizi. Con le difficoltà di personale che abbiamo non ce la facciamo. Alcune attività specifiche sono nella mani di ragazzi come Indaco”. Quali esattamente, direttore? “Fabrizio affianca i servizi della direzione generale per la realizzazione della piattaforma on line per la presentazione delle domande di finanziamento che sarà messa in rete entro fine mese”. Trasecoliamo. Presentazione delle domande? Magari di film sulla ricostruzione de L’Aquila o invisi al governo? Si parla di soldi erogati dallo Stato, di fondi di garanzia? “Esattamente, per accedere ai vari contributi e alle istanze amministrative”. Anche a Borrelli, chiediamo della opportunità: “Le devo dire la verità, io gestisco le persone che arrivano dal Centro sperimentale e se le dicessi che non sapevo nulla della parentela di Indaco, sarei ridicolo. Il centro sperimentale è una nostra eccellenza e nell’apporto a questo progetto, lavorano in parallelo Fabrizio e un’altra persona. il suo lavoro è stato prezioso, però non ha questo grandissimo contratto e le preannuncio che dopo aver rilevato l’Eti, non rinnoveremo la convenzione con i ragazzi del Centro sperimentale”. Un’altra buona notizia, per una realtà che lentamente, sta morendo.

Da il Fatto quotidiano del 18 novembre 2010
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/18/lady-bondi-figlio-ministeri-di-famiglia/77499/


:mrgreen: :rotfl::rotfl: Il parito dell'ammore e del fare :rotfl::rotfl:

O meglio: Il partito delle "Famiglie" ;)




E Bondi sistemò anche l’ex marito
della compagna



Il ministro: "Non ho violato nessuna legge, sono solo intervenuto per risolvere due casi umani




A tarda sera, dopo una giornata di dinieghi, scarichi di responsabilità e panico diffuso nel ministero, chiama anche il ministro: “Posso dare una spiegazione”. E sono parole sofferte: “Non ho violato nessuna legge. Sono solo intervenuto per risolvere due casi umani. È la tragedia di un uomo che era disoccupato e senza lavoro”. Il ministro Sandro Bondi sta parlando a Il Fatto dell’ultima vicenda di cui siamo venuti a conoscenza. Nascosta in una delle pieghe della relazione di spesa del Fus 2009, i fondi per lo spettacolo che ironia della sorte sono stati il bersaglio dei tagli di Tremonti e di tutte le polemiche contro il ministro, c’è una voce di spesa. Piccola, rispetto all’entità della cifra, ma enorme per il significato simbolico. 25 mila euro in un anno, per una consulenza assegnata al “signor Roberto Indaco”. La voce di spesa, a pagina 673 della relazione, è la più sintetica (curiosamente enigmatica) fra tutte. I cinque nomi segnalati dilungano le competenze allo spasimo. Quella di Indaco recita solo: “Teatro e moda”.

Il vero problema, non riassumibile nell’algida sinteticità di quella tabella, è che il signor Indaco è l’ex marito dell’onorevole Repetti, compagna del ministro (attualmente, guardacaso, in attesa di divorzio). Il secondo problema è che anche il figlio del signor Indaco e dell’onorevole Repetti – Fabrizio – come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, lavora (scrivania e telefono) per il ministero dei Beni culturali, alla direzione generale per il cinema. Una mutua bondiana, di difficile giustificazione davanti a un mondo dello spettacolo, in sciopero costante per una politica di tagli che non conosce redenzione o riscatto. Brunetta diceva: “tanto paga Pantalone”, ma i benefattori in questo caso, sono nelle stanze ministeriali.

Per tutto il giorno il Fatto insegue nelle pieghe dei documenti, e nelle testimonianze (estremamente imbarazzate) dei loro estensori, i 25mila euro del signor Indaco. La relazione, per esempio, è firmata dal dottor Nicola Borrelli, uno dei direttori generali del ministero, quello della sezione cinema. A Il Fatto Borrelli spiega: “Sì, è vero, anche quella tabella è formalmente firmata da me. Ma in realtà è predisposta, in tutte le sue voci, dal dottor Nastasi, braccio destro di Bondi”. Dopo un lungo inseguimento e qualche tentativo di mettersi in comunicazione rabbiosamente interrotto, si manifesta anche il capo di gabinetto, il vice di Bondi, Salvo Nastasi. Tono cortese, da grand commis d’etat: “E’ vero, quella sezione è di mia competenza. Ma si tratta, come in tutti i ministeri, di fondi che sono di esclusiva prerogativa del ministro. Noi non facciamo altro che riportare la lista dei nomi delle consulenze che lui ci fornisce e il giustificativo di spesa”. Chiamiamo allora per la prima volta il ministro, ma il telefonino squilla a vuoto. Cerchiamo allora l’onorevole Repetti. “Dottoressa, come vede, ci risentiamo”. Le chiediamo come stia, ricevendone un eloquente: “Insomma, ho passato momenti migliori”. Ma è la rivelazione della scoperta della consulenza erogata all’ex marito a lasciarla catatonica, silente, per oltre dieci lunghissimi secondi. Dopo, c’è spazio solo per la frustrazione. Clic. Recide violentemente il colloquio e all’ulteriore richiesta di un commento via sms, spedisce sei righe agre tra il disperato e l’indignato: “Purtroppo ho compreso che qualunque cosa io dicessi, verrebbe ignorata o distorta. Questa non è informazione nè giornalismo, ma una campagna strumentale e pretestuosa di diffamazione per colpire unicamente il mio compagno Sandro Bondi”.

E’ lo stesso ministro, alla fine, a chiamarci sul cellulare: “Guardi, io voglio spiegare tutto, voglio chiarire. E vorrei che deste spazio alla mia replica”. Senza dubbio. Il ministro prosegue: “Nel caso del signor Indaco, io non ho fatto altro che aiutare una persona che si trovava in una drammatica difficoltà. Aveva le competenze professionali per usufruire della consulenza, quindi non ho violato leggi, nè norme”. A Novi Ligure, il signor Indaco abita in Via Lovadino in un appartamento nella stessa palazzina dell’ex moglie. Fino al 2009 ha avuto una sua società, che poi ha chiuso. Posseva quote di un albergo della famiglia Repetti. Si è occupato anche di barche. Chiediamo al ministro come spiega che sia il figlio della compagna, sia suo marito, siano pagati con fondi ministeriali: “Si tratta di importi molto modesti. Nel caso di Roberto Indaco, al netto delle trattenute, poco più di… 1000 euro al mese”. Non si tratta di nepotismo? Bondi prende un lungo respiro. Si trova in macchina con Repetti: “Desidererei rispetto, anche da un giornale che fa il suo lavoro. Si tratta di una vicenda molto dolorosa. Di una storia amara, ma anche del tutto personale e privata”. Sì, sicuramente è vero. La vicenda è assolutamente privata. Ma i soldi sono pubblici.

di Malcom Pagani e Luca Telese

Da Il Fatto Quotidiano del 23 novembre 2010

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http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11/23/e-bondi-sistemo-anche-l’ex-marito-della-compagna/78299/


Che uomo di "quore" e' questo Bondi :mrgreen: .
 
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