Segnali di pericolo

Skorpio

Utente di lunga data
ha dichiarato pubblicamente di essere corresponsabile e che nella loro coppia c'era una dinamica che non puo' essere liquidata con un'accusa di tentato omicidio.
.
Se ho letto bene quel che ha dichiarato, ha detto in pratica: " poverino, se mi ha tentato di ammazzare in fondo è anche stata colpa mia.."

E non è esattamente come dire: sono compartecipe della dinamica violenta

Chi "subisce" generalmente o fa come questa tizia (poverino, in fondo.. è un bravo ragazzo è stata anche colpa mia)

Oppure dice: "è stata una merdaccia, non DOVEVA arrivare a questo

Sono due modi opposti per allontanarsi dalle PROPRIE responsabilità

Ma responsabilità nell'avere alimentato la DINAMICA

Che nel primo caso vuol dire: in fondo sono una merda
Nel secondo caso vuol dire: in fondo sono bravissimo/a
 
E' interessante come il linguaggio, e i significati siano importanti :)

Unito a questo è altrettanto importante l'elaborazione del vissuto.

Vedi, tu comprendi (nel senso di includi) l'idea della sfiga, della sfortuna. (idee prettamente umane e legate all'umano).
A me non interessano. Non sono mai stata interessata alla sfiga o alla sfortuna.

Sono sempre stata interessata al Fato invece. E a come l'umano si relaziona al Fato.
La collocazione dell'umano nell'ordine delle cose.

Scientificamente parlando....siamo importanti come le formiche che schiacciamo incuranti mentre camminiamo per la strada. Il nostro tempo è millesimale rispetto al tempo universale.
La fortuna o la sfortuna sono parametri del tempo umano. Ossia micro secondi rispetto all'universo.

Cosa è la sfiga?
E' un avvenimento contrario alle aspettative e alla propria definizione di fortuna.

Ma.

E' collocato in un tempo specifico (brevissimo) e in uno spazio (infineitesimale rispetto al tutto)
Certo, se il mio sguardo è ancorato alle aspettative e alla contemporaneità la sfiga parrebbe esistere.
SE lo sguardo si apre e prova ad abbracciare non dico qualcosa di più dell'umano, ma la comprensione del fatto che anche solo una vita umana è ben di più di una somma di fatti e che ogni fatto ha un suo preciso posizionamento in quella vita cade l'idea di sfiga o fortuna.
Sono eventi.
Descrivibili, ma parzialmente. (la loro descrizione dipende dall'osservatore e dalla sua posizione rispetto all'osservato).
La loro classificazione in positivo negativo, in sfiga o fortuna è una operazione astratta e relativa. Fortemente condizionata dall'interpretazione soggettiva che a sua volta è condizionata a livello storico, sociale, culturale.


La responsabilità, che è a mio parere invece una variabile interessante dal punto di vista della funzionalità dell'individuo nel suo tempo e nel suo spaio (suo inteso come relativo) riguarda il come li si accoglie e il come ce ne si prende cura, avendo cura di se stessi in quegli eventi. E l'accettazione nasce qui. (quindi quando parlo di accettazione non penso minimamente al significato cattolico del "me l'ha mandato dio" e non posso che o sotto-mettermi supinamente - non passivamente- o combattere)

E certo che quando vinci al superenalotto accogli a braccia aperte :D

La serenità però deriva dal saper accogliere (aver cura di sè in quel particolare evento, collocandolo e collocandosi nel Divenire -e quindi oltre la contemporaneità-) un evento spiacevole o meglio, non desiderato.

Certo è che se il tuo ragionamento è basato sul fatto che le cose non ti piacciono sono sfighe, e quelle che ti piacciono sono fortune (e a questo si lega l'idea di colpa, punizione e castigo prettamente cattolica con il sacrificio riparatore) il discorso lo possiamo semplicemente chiudere qui.

Perchè è evidente che la com-partecipazione di cui parlo (partecipare ad un evento anche se spiacevole - ossia non rifiutarlo nella serie di eventi di una vita, non assolutizzarlo e nemmeno annullarlo, e soprattutto non dargli una connotazione moralistica ma anzi, starci dentro il più pienamente possibile assumendosi la responsabilità di se stessi in quell'evento e la propria cura senza delega a dio, la politica, all'idea di quel che si vuole ) non è visibile. :)

E va bene così.

Ma.
Giusto perchè le parole hanno significati ben precisi.

Dinamica, partendo dal significato scientifico a cui si sono rifatte le scienze umane ovviamente declinando, è quel ramo della meccanica che si occupa di studiare il moto dei corpi e le sue cause, ovvero, in termini concreti, lo studio delle circostanze che determinano e modificano il moto stesso.
Declinarlo in termini umani, liberandosi dagli influssi dello scorso millennio, significa innanzitutto considerare l'essere umano come non assolutamente determinabile e non circoscrivibile in un movimento lineare.

Causa quindi non è un concetto di linearità (da A a B) ma è semplicemente l'insieme delle circostanze (individuali, relazionali, sociali, culturali, storiche) che sono concorrenti all'emersione di un determinato fenomeno (dinamica, ossia variazione di un moto).

Quindi com-prendere, pulito dal giustizialismo (che porta per direttissima alla giustificazione) significa osservare come i corpi si modificano nel loro moto ed in particolare come la loro interazione modifica i moti di ognuno e di entrambi, circolarmente.

Come su una scacchiera in cui ogni pedina ha una sua posizione si assoluta (l'afiere è e resta un alfiere) ma ne ha anche una relativa rispetto alle altre pedine e la modificazione della posizione di una pedina modifica lo schema di tutta la scacchiera.

Quindi mi hai frainteso pensando che io parlassi di comprensione paternalistica (comprendere il percorso per trovarci dentro motivazioni che tolgano la banalità del male) di chi agisce violenza.

E qui si potrebbe aprire un infinito OT sul perdono che implicitamente o meno sembra direttamente discendere dalla comprensione. Io non perdono e non concepisco il perdono. Anzi, rivolto ad altri, è per me una delle forme meglio articolate dell'arroganza e della supponenza. Oltre che dell'ipocrisia del perbenismo. Forse la peggior dipendenza dal giudizio sociale introiettato nei secoli cattolici. (insieme al sacrificio, svuotato completamente del suo senso originario...render sacro. Dare sacralità.)
Io per esempio col cazzo che perdono chi mi ha violentata. Senza rancore.
Ho perdonato me in quella situazione, però. Ed è qui la pace.
L'inclusione della mia presenza (com-partecipazione) in un evento orrendo. Che non volevo e che ho subito. Impotente. Ma presente.

A me interessa, ed è sempre interessato, comprendere la scacchiera in cui la violenza prende forma e forza.
Quella scacchiera in cui la violenza da ombra nascosta diviene carne e agito.
E quali sono le mosse delle pedine. Tutte. Perchè servono tutte per la partita.
SEnza una vittima, quella scacchiera non esiste. Come non esiste senza un carnefice.
E i moti dell'uno modificano lo schema della scacchiera per entrambi e vivendevolmente.

Poi, solo poi, è possibile comprendere il perchè ci si è finiti su quella scacchiera. (ma di solito, dei perchè a questo punto frega più un cazzo. Contano i come e i cosa).

Ma i perchè hanno il brutto vizio di contenere una giustificazione che da un lato divide il mondo in buoni e cattivi (e questo esiste nelle favole per i bambini, è una semplificazione. In ognuno di noi esistono le ombre. E ognuno di noi, messo nella giusta situazione è in grado di farle emergere ed agire...) e dall'altro permette il permanere di se stessi in una zona di confort (che di solito è nella barricata dei buoni. Dei motivati da. Degli assolti).

A me quindi interessano molto poco i perchè. Pur non riuscendo ancora a distaccarmene del tutto. Ma lo so che è una trappola, il perchè. In particolare se riguarda me.
Come mi interessa niente della pietà, della colpa o dell'assoluzione.
Non ho mai pensato che esistesse una qualche forma di giustizia.

Ho sempre pensato che esistesse la responsabilità della cura di se stessi nella scacchiera in cui ci si trova.

E continuo a pensare che sia l'unico spazio di libertà per l'uomo.

Per quanto l'uomo continui a credere di avere chissà quale potere sulla propria vita e sulla realtà in cui è.

Mi fa anche ridacchiare...la parte che vuol dipingere il tutto :D
eppure esiste semplicemente il perdono che ha il valore della ritrovata serenità, alleggerimento dal rancore , senza letture recondite così giudicanti (che arrivano quasi sempre da chi tuona contro i giudizi).
ci mancherebbe tu fossi obbligata a perdonare i tuoi violentatori, ma se esiste chi lo fa deve essere ben libera di farlo senza che si possa darle dell'ipocrita arrogante .mi auguro.
poi tutto il resto del discorso , secondo me ha solo senso dal punto di vista dello sterile esercizio di riflessione vuoto a rendere .
ai fini della sostanza il concetto qual è?
 

Skorpio

Utente di lunga data
eppure esiste semplicemente il perdono che ha il valore della ritrovata serenità, alleggerimento dal rancore , senza letture recondite così giudicanti (che arrivano quasi sempre da chi tuona contro i giudizi).
ci mancherebbe tu fossi obbligata a perdonare i tuoi violentatori, ma se esiste chi lo fa deve essere ben libera di farlo senza che si possa darle dell'ipocrita arrogante .mi auguro.
poi tutto il resto del discorso , secondo me ha solo senso dal punto di vista dello sterile esercizio di riflessione vuoto a rendere .
ai fini della sostanza il concetto qual è?
Che se dal tuo compagno ti arriva una scarica di ciaffate nel muso, fino a quel punto ci siete arrivati insieme, in dinamica

Fermo restando che lui è nammerda.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Che se dal tuo compagno ti arriva una scarica di ciaffate nel muso, fino a quel punto ci siete arrivati insieme, in dinamica

Fermo restando che lui è nammerda.
E non capisco nemmeno perché si debba discutere su questo.
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
Quando ti leggo ho la sensazione, ma potrei benissimo sbagliare, che "corresponsibilità" tu lo intenda in un "dividiamoci le colpe".
Creando di conseguenza la dinamica per cui le "colpe" dell'uno diventano non solo giustificazione ma amplificatore confermante di quelle dell'altro. Come se messe insieme rendessero più accettabile la loro esistenza.

E questo è un discorso a specchio rispetto a quello che sto facendo io.

Ma forse sto intendendo male.

Io per com-partecipazione intendo essere entrambi presenti sulla scacchiera che citavo nel post con foglia, ognuno responsabile per sè e responsabile della cura di sè.

E nella cura di sè io ci inserisco anche i "permessi" che si concedono all'altro. (ed è qui che si apre la relatività rispetto all'altro).
In nome, tendenzialmente, dell'amore e compagnia cantante. Visto che stiamo parlando di dinamiche di coppia.

E mi fa strano che tu dica di concordare con me. La dinamica riguarda le variazioni dei moti dei due corpi individualizzati, ognun per se stesso prima di tutto e poi in interazione. Proprio perchè la dinamica descrive le variazioni del moto di ognuno e come si influenzano reciprocamente. :)

Concretamente: in una dinamica vittima carnefice io affermo il mio ruolo di vittima non per rotolarmici dentro o per trovare spiegazioni agli agiti dell'altro. Ma per imparare a non rimettermici dentro in quella dinamica.
Questo mio riconoscimento non toglie l'assoluta responsabilità della azioni di ognuno.

Ergo, se io sono una provocatrice e tu mi pianti in faccia, non è che il mio essere stata provocatrice ti assolve in un qualche modo.
Io mi assumo il mio essere provocatrice e tu un picchiatore.

Ognuno, di per sè ha le sue responsabilità.

LA dinamica la osservo per impararmi, per non ritrovarmi nelle stesse condizioni o per non finire per evitare le situazioni di coppia perchè il timore di non sapermi gestire (e quindi non saper decidere responsabilmente i permessi da accordare all'altro nella relazione con me) è troppo alto.

L'osservazione della dinamica dovrebbe servire per imparare.

La mia sottolineatura riguarda il fatto che invece non solo non si osserva la dinamica, ma si prosegue esattamente la stessa dinamica del potere che compone la struttura del potere nella dinamica vittima carnefice.

Dal potere...si gira attentamente a largo.
Ma no, non si tratta di "colpe", ma di partecipazione, responsabilità. Cioè di una complicità che precede ogni giudizio morale.
Quello su cui non sono d'accordo, e lo sappiamo tutti, è la tua visione dell'universo e delle sue leggi come emanazione dell'individuo.
Io non nego l'azione inidividuale, ovviamente, ma presto molta attenzione anche alla retroazione di cio' che l'individuo ha creato.
Nella coppia, per fare un esempio, sono certo due individui che creano la realtà di una relazione, ma questa realtà nel momento in cui è creata agisce sugli individui.
E non è che tutto cio' che accade nella coppia è diretta conseguenza unicamente delle azioni di ognuno.
A me pare che sia conseguenza dell'intreccio di due azioni, azioni che a loro volta sono influenzate da intrecci precedenti.
Quando parlo dell'importanza di riconoscere la responsabilità di entrambi, io intendo mettere l'accento su questa complessità non lineare e apprezzo chi, invece di barricarsi dietro una visione statica degli eventi (X ha fatto a) arriva a dire "X ha fatto a, mosso da b, c, e, effetti dell'azione combinata di WYZ, ecc."
Lo stesso vale per le azioni sociali, per i gruppi, ecc.
Lancero' un'ulteriore provocazione: ho difficoltà a vedere in Hitler il responsabile dei crimini del nazismo. Era un clima, creato da condizioni materiali che toccavano tutti, che ha reso possibile certe cose, possibilità nelle quali diversi individui si sono innestati. Poi noi abbiamo bisogno di cercare un colpevole o un pugno di colpevoli per non riconoscere che il problema non è individuale ma sociale.

Voi non so. Io per me ti dico che non sono priva di lati oscuri. Ne sono immune alle brutture che possono aver colpito te (la marmaglia non ho presente chi sia, ho letto le storie di alcuni utenti e le prendo come storie personali, senza farne una marmaglia). Ciò che tu descrivi io l'ho vissuto da figlia, senza averne una vera comprensione per moltissimi anni, subendo in un certo senso un abuso dalla parte che ritenevo abusata (mia madre), che credevo di dover proteggere mentre entravo in gioco solo come pedina. Solo ora che sono anziani è palese ai miei occhi questo meccanismo, e quanto mio padre soffra profondamente di fronte alle affermazioni di lei, di come si faccia manovrare anche da sensi di colpa che anche se sollecitati poi si crea da solo (e si rincuora col paradiso meritato). E ora capita gli si parli, e siamo in due figli, perchè vediamo che veramente va dietro e sta male per cose assurde, lui un poco si sente confortato ma il giorno dopo cade nelle stesse dinamiche. Percui lunghi da me dire che un uomo in una relazione non può subire violenza, e consentimi di dire che in questo tipo di relazioni se ci sono figli in mezzo ci vengono trascinati dentro.

EDIT: però quando la violenza porta a lesioni fisiche, a volti sfigurati dall'acido, si è proprio varcato un confine. Questo confine viene punito perchè la nostra comunità ha deciso che cosi deve essere. Che vi sia dietro un percorso in tal senso, per arrivare al confine, neppure lo nego. Personalmente nutro un certo riguardo per chi mi dice di aver ucciso un animale quando l'uccisione è avvenuta in "senso sportivo" guardando negli occhi l'animale morire (credo che questo sia una confine, per quanto storicamente sia qualcosa che ha permesso la vita alla nostra specie), anche se pure in tal senso faccio delle divisioni. Per i topi ad esempio si usa il veleno, gli provoca una morta lenta, dolorosa, spesso lontana e invisibile, a cui possono seguire altre morti (quella di un rapace che lo preda ad esempio). Un mio vicino li cattura con le trappole "prendi e rilascia", solo che poi non li rilascia e gli spara un colpo al cervello. Questo metodo è in realtà più "compassionevole" del primo.
Anche la mia educazione sentimentale, basata sul modello genitoriale, è stata dolorosa. E credo sia li' l'origine dei miei lati oscuri.
Detto cio', certo che sono d'accordo sul confine. Ma il punto è proprio li: una spinta a una donna che ti urla contro con tutta la violenza verbale di cui è capace le peggiori infamie, è considerata oggi nella nostra società una "violenza contro le donne". Anche se il danno che tu hai subito con le sue infamie è di grand lunga superiore al danno di una spinta. Anche in assenza di danni fisici.

E' positivo nel momento in cui la vittima vuole liberarsi dell'oppressore, mentre nella storia che hai raccontato la mia percezione è che fosse esattamente il contrario
Ma a me non interessa la "guarigione" della ragazza. Intendevo dire che mi compiaccio del fatto che venga riconosiuta una corresponsabilità dalla parte della vittima stessa. Come atto di sincerità e non come momento di emancipazione.

Qualsiasi lettura "diversa" da quella che tu consideri appiattita e banale si dovrebbe basare su degli assunti e delle conclusioni, in modo di gettare nuova luce di verità su di un fatto o su di un rapporto. Lasciamo stare le considerazioni di carattere etico per un momento, a me sfugge totalmente l'ombra di verità che il fatto dovrebbe rivelare. Cosa hai scoperto in sostanza da questo fatto? Quali sono le conclusioni che hai maturato? Cosa c'è da capire da questa vicenda? Che gli esseri umani sono complessi? Che la violenza pervade il genere umano? Guarda che già certe dinamiche si sanno e sono note. O a te in fondo preme rendere eticamente accettabili certi comportamenti? E allora in pratica il tuo è un discorso moralista al contrario, uguale ed opposto a quello di quelli che dici di essere appiattiti. Spiega.
Se lei non avesse fatto quella dichiarazione, sarebbe passata per la povera ragazza innocente e indifesa attaccata da un bruto assassino. Lei ha voluto far emergere un'altra verità, più aderente alla dinamica reale, che la vede a sua volta carnefice nell'aver vessato e manipolato per lunghi mesi la persona che diceva di amare. Non giudico eticamente, ma apprezzo molto la sincerità.

Se ho letto bene quel che ha dichiarato, ha detto in pratica: " poverino, se mi ha tentato di ammazzare in fondo è anche stata colpa mia.."

E non è esattamente come dire: sono compartecipe della dinamica violenta

Chi "subisce" generalmente o fa come questa tizia (poverino, in fondo.. è un bravo ragazzo è stata anche colpa mia)

Oppure dice: "è stata una merdaccia, non DOVEVA arrivare a questo

Sono due modi opposti per allontanarsi dalle PROPRIE responsabilità

Ma responsabilità nell'avere alimentato la DINAMICA

Che nel primo caso vuol dire: in fondo sono una merda
Nel secondo caso vuol dire: in fondo sono bravissimo/a
Lei non subiva proprio nulla, è questo il punto.
Da quel che ho capito - è ovvio che il caso specifico è solo un pretesto per discutere - lei lo manipolava provocando scientemente la sua collera.
Io rifiuto la patologizzazione, ma per capirci, erano due fuori di testa.
E certo è stato lui a fare il passaggio a un atto criminale, indubbiamente.
Ma lei ha riconosciuto, implicitamente, di averlo desiderato, provocandolo.
Questo mi sembra interessante.
 

Skorpio

Utente di lunga data
E non capisco nemmeno perché si debba discutere su questo.
Secondo me è importante

Perché "riconoscere" la dinamica alla quale si sta "compartecipando attivamente" previene le botte (ovviamente dipende sempre da chi ti accompagni nella dinamica)

In poche parole, inchiodare col freno a 100 metri dal muro non è uguale a inchiodare a un metro.
 

Skorpio

Utente di lunga data
Ma no, non si tratta di "colpe", ma di partecipazione, responsabilità. Cioè di una complicità che precede ogni giudizio morale.
Quello su cui non sono d'accordo, e lo sappiamo tutti, è la tua visione dell'universo e delle sue leggi come emanazione dell'individuo.
Io non nego l'azione inidividuale, ovviamente, ma presto molta attenzione anche alla retroazione di cio' che l'individuo ha creato.
Nella coppia, per fare un esempio, sono certo due individui che creano la realtà di una relazione, ma questa realtà nel momento in cui è creata agisce sugli individui.
E non è che tutto cio' che accade nella coppia è diretta conseguenza unicamente delle azioni di ognuno.
A me pare che sia conseguenza dell'intreccio di due azioni, azioni che a loro volta sono influenzate da intrecci precedenti.
Quando parlo dell'importanza di riconoscere la responsabilità di entrambi, io intendo mettere l'accento su questa complessità non lineare e apprezzo chi, invece di barricarsi dietro una visione statica degli eventi (X ha fatto a) arriva a dire "X ha fatto a, mosso da b, c, e, effetti dell'azione combinata di WYZ, ecc."
Lo stesso vale per le azioni sociali, per i gruppi, ecc.
Lancero' un'ulteriore provocazione: ho difficoltà a vedere in Hitler il responsabile dei crimini del nazismo. Era un clima, creato da condizioni materiali che toccavano tutti, che ha reso possibile certe cose, possibilità nelle quali diversi individui si sono innestati. Poi noi abbiamo bisogno di cercare un colpevole o un pugno di colpevoli per non riconoscere che il problema non è individuale ma sociale.


Anche la mia educazione sentimentale, basata sul modello genitoriale, è stata dolorosa. E credo sia li' l'origine dei miei lati oscuri.
Detto cio', certo che sono d'accordo sul confine. Ma il punto è proprio li: una spinta a una donna che ti urla contro con tutta la violenza verbale di cui è capace le peggiori infamie, è considerata oggi nella nostra società una "violenza contro le donne". Anche se il danno che tu hai subito con le sue infamie è di grand lunga superiore al danno di una spinta. Anche in assenza di danni fisici.


Ma a me non interessa la "guarigione" della ragazza. Intendevo dire che mi compiaccio del fatto che venga riconosiuta una corresponsabilità dalla parte della vittima stessa. Come atto di sincerità e non come momento di emancipazione.


Se lei non avesse fatto quella dichiarazione, sarebbe passata per la povera ragazza innocente e indifesa attaccata da un bruto assassino. Lei ha voluto far emergere un'altra verità, più aderente alla dinamica reale, che la vede a sua volta carnefice nell'aver vessato e manipolato per lunghi mesi la persona che diceva di amare. Non giudico eticamente, ma apprezzo molto la sincerità.


Lei non subiva proprio nulla, è questo il punto.
Da quel che ho capito - è ovvio che il caso specifico è solo un pretesto per discutere - lei lo manipolava provocando scientemente la sua collera.
Io rifiuto la patologizzazione, ma per capirci, erano due fuori di testa.
E certo è stato lui a fare il passaggio a un atto criminale, indubbiamente.
Ma lei ha riconosciuto, implicitamente, di averlo desiderato, provocandolo.
Questo mi sembra interessante.
Se ha dichiarato che lo ha desiderato, e si augurava di ripetere al più presto l'esperienza, il discorso violenza "subita" cade, e il tuo contributo è OT
 
Ultima modifica:

Irrisoluto

Utente di lunga data
Se ha dichiarato che lo ha desiderato, e si augurava di ripetere al più presto l'esperienza, il discorso violenza "subita" cade, e il tuo contributo è OT
Del suo desiderio non ne so nulla, so solo che la sua dichiarazione significava "non sono una povera vittima innocente". L'atto criminale rimane e anche la violenza subita. Solo che questa violenza subita è stata preceduta e provocata da un "mostro" che avevano creato insieme, e che anzi vedeva lei come parte attiva.
E' proprio il limite tra violenza subita e violenza condivisa il punto dolente della lista di Brunetta.
Non capisco cosa ci sia di male a spostare l'asse di un discorso per meglio illuminare quello d'origine.
Ma se volete continuate pure a parlare de campanelli di allarme :rotfl:
 

Foglia

utente viva e vegeta
Secondo me è importante

Perché "riconoscere" la dinamica alla quale si sta "compartecipando attivamente" previene le botte (ovviamente dipende sempre da chi ti accompagni nella dinamica)

In poche parole, inchiodare col freno a 100 metri dal muro non è uguale a inchiodare a un metro.

Ti sei domandato perché i segnali descritti nell'articolo rimandano ad un ascolto di se stessi, più che ad una visione dell'altro?
 

Irrisoluto

Utente di lunga data
Ti sei domandato perché i segnali descritti nell'articolo rimandano ad un ascolto di se stessi, più che ad una visione dell'altro?
Il punto per me è che la maggior parte delle sensazioni descritte come campanelli di allarme, le puoi avere anche in un rapporto che non ha nulla di particolarmente violento o manipolatorio.
Conosco donne che non riescono a stare per più di due mesi con un uomo perché interpretano le proprie sensazioni di disagio come segno di violenza subita.
A volte bisogna cercare dentro di sé il disagio e non ridurlo all'effetto del comportamento dell'altro.
Se no si passa da una storia all'altra e ci si ritroverà sempre di fronte agli stessi problemi.
 

Foglia

utente viva e vegeta
Il punto per me è che la maggior parte delle sensazioni descritte come campanelli di allarme, le puoi avere anche in un rapporto che non ha nulla di particolarmente violento o manipolatorio.
Conosco donne che non riescono a stare per più di due mesi con un uomo perché interpretano le proprie sensazioni di disagio come segno di violenza subita.
A volte bisogna cercare dentro di sé il disagio e non ridurlo all'effetto del comportamento dell'altro.
Se no si passa da una storia all'altra e ci si ritroverà sempre di fronte agli stessi problemi.
Pensa un po' che invece io credo che se ho un "disagio" di quel tipo, la prima cosa sensata che ho da fare è quella di stare da sola :)
 

Skorpio

Utente di lunga data
Ti sei domandato perché i segnali descritti nell'articolo rimandano ad un ascolto di se stessi, più che ad una visione dell'altro?
Si

Ma come ho già scritto (mi pare proprio nel primo intervento che ho scritto) ritengo che sia una serie di segnali che appartengono già a una fase avanzata della dinamica

È un manuale Delle giovani marmotte che spiega cosa temere nella lunga notte nel bosco, ma non chiarisce che nel bosco a tarda sera ci sei arrivato prima, e insieme.
 

Foglia

utente viva e vegeta
Si

Ma come ho già scritto (mi pare proprio nel primo intervento che ho scritto) ritengo che sia una serie di segnali che appartengono già a una fase avanzata della dinamica

È un manuale Delle giovani marmotte che spiega cosa temere nella lunga notte nel bosco, ma non chiarisce che nel bosco a tarda sera ci sei arrivato prima, e insieme.
Senza dubbio.
E a quel punto un bel "chissenefrega" della "dinamica" secondo me ci sta proprio a pennello :)
 

Skorpio

Utente di lunga data
Senza dubbio.
E a quel punto un bel "chissenefrega" della "dinamica" secondo me ci sta proprio a pennello :)
Secondo me no

Però sono stili di vita, ciascuno nuota nelle acque che si sceglie . :)

[video=youtube;mlBNL_pLuHc]https://www.youtube.com/watch?v=mlBNL_pLuHc[/video]
 

Foglia

utente viva e vegeta
Secondo me no

Però sono stili di vita, ciascuno nuota nelle acque che si sceglie . :)

[video=youtube;mlBNL_pLuHc]https://www.youtube.com/watch?v=mlBNL_pLuHc[/video]

Non ho capito.
Neppure la scelta della canzone. Puoi spiegare, proprio in termini semplici? Grazie. :)
 

spleen

utente ?
Se lei non avesse fatto quella dichiarazione, sarebbe passata per la povera ragazza innocente e indifesa attaccata da un bruto assassino. Lei ha voluto far emergere un'altra verità, più aderente alla dinamica reale, che la vede a sua volta carnefice nell'aver vessato e manipolato per lunghi mesi la persona che diceva di amare. Non giudico eticamente, ma apprezzo molto la sincerità. .
Non hai risposto a quello che ti ho chiesto. Se hai detto di ammirarla per la sua sincerità (a questo punto) puo significare due cose: O che assumi la sincerità a valore assoluto e lo poni davanti anche al valore della vita tua e degli altri - e per me è una distorsione. Oppure che ammiri perchè invidi un agito alla sincerità che in qualche modo aspiri e che ti è precluso. Delle due l'una o l'altra eh.
 

Skorpio

Utente di lunga data
Non ho capito.
Neppure la scelta della canzone. Puoi spiegare, proprio in termini semplici? Grazie. :)
Prego ma.. più semplice di così non sono capace

E poi.. oltre il "chissenefrega" ... che è un confine preciso, temo che non esista alcuno spazio per la comprensione
 

danny

Utente di lunga data
Il punto per me è che la maggior parte delle sensazioni descritte come campanelli di allarme, le puoi avere anche in un rapporto che non ha nulla di particolarmente violento o manipolatorio.
Conosco donne che non riescono a stare per più di due mesi con un uomo perché interpretano le proprie sensazioni di disagio come segno di violenza subita.
A volte bisogna cercare dentro di sé il disagio e non ridurlo all'effetto del comportamento dell'altro.
Se no si passa da una storia all'altra e ci si ritroverà sempre di fronte agli stessi problemi.
Questo è vero ed è il limite proprio di descrizioni come quella postata, che si affidano solo alla valutazione soggettiva che ha sempre - anche qui - dei limiti.
 
Ultima modifica:

danny

Utente di lunga data
Si

Ma come ho già scritto (mi pare proprio nel primo intervento che ho scritto) ritengo che sia una serie di segnali che appartengono già a una fase avanzata della dinamica

È un manuale Delle giovani marmotte che spiega cosa temere nella lunga notte nel bosco, ma non chiarisce che nel bosco a tarda sera ci sei arrivato prima, e insieme.
E anche questo è vero.
Ma soprattutto e in conseguenza di questo non fornisce soluzioni per uscire dalla dinamica.
Individua solo un colpevole.
Io temo che chi è veramente vittima di un abuso non riesca a trarre alcun beneficio da questa cosa, soprattutto perché potrebbe arrivare a negare la colpevolezza prendendo le difese del partner, rimanendo quindi ancor di più avviluppato nel gioco di relazione.
 
Ultima modifica:
Top