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« CAVALIERE: Allora la vita non è che un vuoto senza fine! Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno come cadendo in un nulla senza speranza.
MORTE: Molta gente non pensa né alla Morte né alla vanità delle cose. »


http://www.youtube.com/watch?v=d2S9VVeGNkA


in fondo la vita non è veramente una partita a scacchi con la morte?
 

Persa/Ritrovata

Utente di lunga data
Film meraviglioso.

Io credo di sì.
Segni della nascente capacità umana di creare cultura sono le prime sepolture.

Credo che si faccia quel che si fa (in bene e in male) pensando alla morte.
 
« CAVALIERE: Allora la vita non è che un vuoto senza fine! Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno come cadendo in un nulla senza speranza.
MORTE: Molta gente non pensa né alla Morte né alla vanità delle cose. »


http://www.youtube.com/watch?v=d2S9VVeGNkA


in fondo la vita non è veramente una partita a scacchi con la morte?
Ingmar Bergman è il mio regista preferito.
Sono sempre stato ossessionato dal pensiero della morte.
Da qui, la mia ansia di vivere tutto al parossismo.
Come mi deludo, mi incazzo, sentirmi dire: aspetta, aspetta, aspetta. Un domani forse chissà. Non fare progetti. Vivi giorno per giorno. Anche oggi sul giornale ho visto il necrologio di una persona che conosco, che ha solo un anno più di me, aneurisma cerebrale finchè era in auto. Temo da morire di trovarmi alla fine della vita e di non essere riuscito a realizzare tutto quello che volevo, a gustare tutti i cibi, a visitare tutti i luoghi, e l'odio più profondo, il risentimento più grande verso la mia vita è per tutto quello che poteva essere e non è stato, ma non per colpa mia. Porto un odio feroce verso tutte le realtà e persone che mi hanno rubato tempo e vita che avrei potuto dedicare ad altro. Da qui, la mia ossessione per sfruttare sempre qualsiasi occasione, per salire su ogni treno, senza star lì a chiedermi dove mi porterà. Sogno di arrivare alla fine della vita dilaniato dai rimorsi e non dai rimpianti. Vivere giorno per giorno per me significa girare intorno, non andare da nessuna da parte, e lasciare che la vita ti scivoli tra le mani come sabbia. Questo per esempio io rimpiango da matti della mia amante, il suo iperattivismo, in quei due anni ho realizzato più progetti grazie a lei, che in tutto il resto della mia vita. Il nostro darsi entusiasmo a vicenda per ogni proposta che ci saltasse in testa. E oggi a 5 anni di distanza, so che mi incazzai tanto perchè lei aveva ragione. Sguazza sguazza Pincy nel tuo laghetto per non aver avuto le palle di nuotare nell'oceano.
 
Ingmar Bergman è il mio regista preferito.
Sono sempre stato ossessionato dal pensiero della morte.
Da qui, la mia ansia di vivere tutto al parossismo.
Come mi deludo, mi incazzo, sentirmi dire: aspetta, aspetta, aspetta. Un domani forse chissà. Non fare progetti. Vivi giorno per giorno. Anche oggi sul giornale ho visto il necrologio di una persona che conosco, che ha solo un anno più di me, aneurisma cerebrale finchè era in auto. Temo da morire di trovarmi alla fine della vita e di non essere riuscito a realizzare tutto quello che volevo, a gustare tutti i cibi, a visitare tutti i luoghi, e l'odio più profondo, il risentimento più grande verso la mia vita è per tutto quello che poteva essere e non è stato, ma non per colpa mia. Porto un odio feroce verso tutte le realtà e persone che mi hanno rubato tempo e vita che avrei potuto dedicare ad altro. Da qui, la mia ossessione per sfruttare sempre qualsiasi occasione, per salire su ogni treno, senza star lì a chiedermi dove mi porterà. Sogno di arrivare alla fine della vita dilaniato dai rimorsi e non dai rimpianti. Vivere giorno per giorno per me significa girare intorno, non andare da nessuna da parte, e lasciare che la vita ti scivoli tra le mani come sabbia. Questo per esempio io rimpiango da matti della mia amante, il suo iperattivismo, in quei due anni ho realizzato più progetti grazie a lei, che in tutto il resto della mia vita. Il nostro darsi entusiasmo a vicenda per ogni proposta che ci saltasse in testa. E oggi a 5 anni di distanza, so che mi incazzai tanto perchè lei aveva ragione. Sguazza sguazza Pincy nel tuo laghetto per non aver avuto le palle di nuotare nell'oceano.
questa fame di vita la posso capire mentre per non concepisco per niente la preferenza ai rimorsi in quanto essi quasi sempre causano l'infelicità degli altri e sulla loro pelle , su quei "cadaveri" non mi sentirei di ballare.

in questo film (luci magistrali a parte)

m'incanta la ricerca della spiritualità, anzi religiosità disperata che , è inutile negarlo sta dentro anche a chi , come me,la nega.

Perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi? (Antonius Block)
 

Persa/Ritrovata

Utente di lunga data
questa fame di vita la posso capire mentre per non concepisco per niente la preferenza ai rimorsi in quanto essi quasi sempre causano l'infelicità degli altri e sulla loro pelle , su quei "cadaveri" non mi sentirei di ballare.

in questo film (luci magistrali a parte)

m'incanta la ricerca della spiritualità, anzi religiosità disperata che , è inutile negarlo sta dentro anche a chi , come me,la nega.

Perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi? (Antonius Block)
E' la ricerca di senso.
Ma se si cerca il senso nelle esperienze invece di dare senso a quello che si vive...che senso è?
Non si potranno mai leggere tutti i libri che sono stati scritti.
 
E' la ricerca di senso.
Ma se si cerca il senso nelle esperienze invece di dare senso a quello che si vive...che senso è?
Non si potranno mai leggere tutti i libri che sono stati scritti.
sinceramente un senso tangibile lo sento e lo vedo: sono madre ..., ma anche quello che mi circonda rende la vita apprezzabile e "giustificata".
è proprio quello che troverò, anzi non troverò dopo che mi inquieta
 

Persa/Ritrovata

Utente di lunga data
sinceramente un senso tangibile lo sento e lo vedo: sono madre ..., ma anche quello che mi circonda rende la vita apprezzabile e "giustificata".
è proprio quello che troverò, anzi non troverò dopo che mi inquieta
Stranamente anche nel mio periodo religioso il dopo non mi ha mai interessato.
 

Lettrice

Utente di lunga data
sinceramente un senso tangibile lo sento e lo vedo: sono madre ..., ma anche quello che mi circonda rende la vita apprezzabile e "giustificata".
è proprio quello che troverò, anzi non troverò dopo che mi inquieta
Veramente?

Non riesco a interessarmi al dopo
 
questa fame di vita la posso capire mentre per non concepisco per niente la preferenza ai rimorsi in quanto essi quasi sempre causano l'infelicità degli altri e sulla loro pelle , su quei "cadaveri" non mi sentirei di ballare.

in questo film (luci magistrali a parte)

m'incanta la ricerca della spiritualità, anzi religiosità disperata che , è inutile negarlo sta dentro anche a chi , come me,la nega.

Perché non è possibile cogliere Dio coi propri sensi? Per quale ragione si nasconde tra mille e mille promesse e preghiere sussurrate e incomprensibili miracoli? Perché io dovrei avere fede nella fede degli altri? Che cosa sarà di coloro i quali non sono capaci né vogliono avere fede? Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me sia pure in modo vergognoso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché nonostante tutto egli continua a essere uno struggente richiamo di cui non riesco a liberarmi? (Antonius Block)
Preferisco non vietarmi nulla per la paura dei rimorsi.
Sono solo un uomo che ha fatto, fa, e deve fare quello che sente dentro. Ho sempre perdonato chi ha causato la mia infelicità. Quindi non vedo il problema. Nessuno è perfetto.
Ho sempre intessuto ottimi affari in tutti i sensi: vai bene tu e vado bene anch'io. Ma se le vie non s'incrociano: io non sono disposto a sacrificare la mia vita per la tua. Spece se rinunciare a vivere è il prezzo da pagare per subire danni creati da altri.

Su Bergman, a me colpisce da matti, dato che sono profondamente religioso: l'assenza di Dio. Bergman pone una sfida immensa: se Dio esiste, tu non lo senti o lui non c'è? Perchè era altrove? Aleggia quel clima terribile di Cristo nel Getsemani.

Uno struggente richiamo di cui non si riesce a liberarsi!
 

Alce Veloce

Utente di lunga data
E' tipico delle religioni concentrare l'attenzione su un prima ed un dopo, vincolando ad essi, o meglio a fantasiose ipotesi su di essi, un presente troppo impegnativo.
I vari ipotetici dei creatori non c'entrano nulla nella nostra vita, pure ci fossero, in quanto troppo distanti da noi.
L'unico senso concedibile a sé stessi è quello delle scelte, ed in esse noi stessi possiamo trovare il nostro valore di esseri umani. Il giudizio finale è nostro.
In merito scrissi, non tanto tempo fa:

"Io penso spesso che sia tutto un gioco
Che l’anima racchiusa in questo corpo
sia un bimbo
Che coi suoi pupazzi strani inventa storie
E trae da loro gioia. Sgomento, a volte,
ma qual è quel gioco che i bimbi prima o poi
non vede in pianto?

Qualcosa di lontano sta osservando
Lo scorrere del tempo sui pupazzi
E dentro a questi, i figli suoi, od egli stesso, pure
Ecco perché a volte io mi sento
Che il gioco mi diverte, e allor sorrido
Il corpo mi diletta, mi sorprende
Io salto, ballo, vedo, godo, rido

A volte invece il mondo mi va stretto
Il corpo mio spaventa la mia essenza
Tutto il dolore non ha più ragione, e grido, ora,
solo per fuggire.....
Ma poi il pensiero torna a farsi calmo:
parte del gioco è anche il mio dolore,
non lo capisco, e mi pare crudele

Si, crudeltà mi pare questa vita
Che l’anima diletta e a volte annoia
Ma bestia sono, quindi ballo e rido
Finchè funziona questo mio balocco:
Le membra mie che sono mia prigione
Le gambe unico mezzo a camminare
Le mani per capire, per viaggiare........

E per amare il cuore mio mi serve?
Confondo il suo picchiare di ogni giorno
Col desiderio di veder la gioia
La gioia di un bimbo che di sua prigione
Sa far solo giocattolo gradito
Con la saggezza del suo esser aria
Spirito, eccelso grande eterno bene".
 

Nobody

Utente di lunga data
sinceramente un senso tangibile lo sento e lo vedo: sono madre ..., ma anche quello che mi circonda rende la vita apprezzabile e "giustificata".
è proprio quello che troverò, anzi non troverò dopo che mi inquieta
Infatti. A cercare un qualche senso oltre questo si finisce fuori strada, per quanto spesso possa diventare tentazione irresistibile.
Comunque, grandissimo film.
 
E' tipico delle religioni concentrare l'attenzione su un prima ed un dopo, vincolando ad essi, o meglio a fantasiose ipotesi su di essi, un presente troppo impegnativo.
I vari ipotetici dei creatori non c'entrano nulla nella nostra vita, pure ci fossero, in quanto troppo distanti da noi.
L'unico senso concedibile a sé stessi è quello delle scelte, ed in esse noi stessi possiamo trovare il nostro valore di esseri umani. Il giudizio finale è nostro.
In merito scrissi, non tanto tempo fa:

"Io penso spesso che sia tutto un gioco
Che l’anima racchiusa in questo corpo
sia un bimbo
Che coi suoi pupazzi strani inventa storie
E trae da loro gioia. Sgomento, a volte,
ma qual è quel gioco che i bimbi prima o poi
non vede in pianto?

Qualcosa di lontano sta osservando
Lo scorrere del tempo sui pupazzi
E dentro a questi, i figli suoi, od egli stesso, pure
Ecco perché a volte io mi sento
Che il gioco mi diverte, e allor sorrido
Il corpo mi diletta, mi sorprende
Io salto, ballo, vedo, godo, rido

A volte invece il mondo mi va stretto
Il corpo mio spaventa la mia essenza
Tutto il dolore non ha più ragione, e grido, ora,
solo per fuggire.....
Ma poi il pensiero torna a farsi calmo:
parte del gioco è anche il mio dolore,
non lo capisco, e mi pare crudele

Si, crudeltà mi pare questa vita
Che l’anima diletta e a volte annoia
Ma bestia sono, quindi ballo e rido
Finchè funziona questo mio balocco:
Le membra mie che sono mia prigione
Le gambe unico mezzo a camminare
Le mani per capire, per viaggiare........

E per amare il cuore mio mi serve?
Confondo il suo picchiare di ogni giorno
Col desiderio di veder la gioia
La gioia di un bimbo che di sua prigione
Sa far solo giocattolo gradito
Con la saggezza del suo esser aria
Spirito, eccelso grande eterno bene".
in realtà di questi ipotetici creatori non m'importa proprio nulla, anzi non riesco a concepire "una creazione".è dentro di me che cerco quello che vorrei trovare di immortale.
credo che ,invece, chi riesce ad avere fede in qualunque tipo di dio in fondo riesca a trovarla vivendo rassicurato da questo.
 

Alce Veloce

Utente di lunga data
in realtà di questi ipotetici creatori non m'importa proprio nulla, anzi non riesco a concepire "una creazione".è dentro di me che cerco quello che vorrei trovare di immortale.
credo che ,invece, chi riesce ad avere fede in qualunque tipo di dio in fondo riesca a trovarla vivendo rassicurato da questo.
Ma è appunto questo il problema: vivere "rassicurati" da qualcosa che è frutto unicamente di fantasia e della volontà di considerarla vera!
In un altro 3d si parla dello strapotere delle case farmaceutiche: è la stessa identica storia. Si crea una paura, si propone una presunta difesa, si domina così l'inerme. Storia di secoli. Millenni.
Tutto ciò è basato sulla grande, a volte insostenibile difficoltà di vivere la propria responsabilità, le proprie scelte, le proprie debolezze. Meglio, sempre, demandare ad altri.
Ma chi ha in sè il tarlo del dubbio, solo lui, con i suoi tormenti, con il suo desiderio di vedere "oltre" può offrire a sè ed a chi gli sta accanto la speranza di un passo avanti, seppur piccolo, spesso infinitesimo. Il resto, la fede, le paure, la sottomissione, la cecità intellettuale, sono solo stagnazione.
La "vita tranquilla" è un mito animale, non umano.

Riguardo la morte, tappa irrinunciabile, la vedo come un punto di domanda, e col carattere che mi ritrovo, come qualcosa che mi infonde tutto, soprattutto curiosità, meno che paura. L'unica paura è quella di arrivarci prima di avere maturato in me la sensazione di aver dato un mio contributo piccolo o grande al presente, o di arrivarci con un fardello fisico (sofferenza) che annulli la serenità che si augura a tutti per compiere il passo.
Il mito della morte è stato costruito nei secoli proprio su una sua presunta "fisicità", su un "dopo" troppo simile al presente, troppo legato all'idea degli stessi piaceri e delle stesse sofferenze. La morte, però, esattamente come l'idea di un antico creatore o di un futuro giudice, è qualcosa che va al di là della fisicità, tanto che è proprio di essa che in primo luogo ci libera, quindi non ci è dato conoscerla se non quando ne saremo partecipi in prima persona. Che ci resta quindi? Il tragitto, quel sentiero di cui riceviamo traccia alla nostra nascita e che in vita possiamo unicamente decidere se seguire, ignorare, o percorrere in senso inverso. Scelte che saranno la moneta con la quale noi stessi ci pagheremo il pedaggio per il "dopo".
 
in realtà di questi ipotetici creatori non m'importa proprio nulla, anzi non riesco a concepire "una creazione".è dentro di me che cerco quello che vorrei trovare di immortale.
credo che ,invece, chi riesce ad avere fede in qualunque tipo di dio in fondo riesca a trovarla vivendo rassicurato da questo.
Ogni artista, ha come dire, una marcia in più nel vedere o sentire oltre.
Penso che l'arte porti a "percepire" tutto quello che non si vede in superfice.
Ci sono opere difronte alle quali resti lì come sgomento: ti dici, ma che razza di roba è mai questa? E che inquietudine mi muove dentro.
La musica per esempio ha una capacità enorme di portarci in altre dimensioni, essa ha poco a che fare con lo spazio, ma ha molto a che fare con il tempo.
In qualche misura e non so come, squarcia quel velo di Maja, e apre le porte in dimensioni dove lo spazio tempo non contano più.
Sono sempre stato enormemente affascinato da quanto i grandi compositori del passato hanno scritto quando hanno sentito che la vita stava finendo. é impressionante: Ma come, tu Beethoven, che eri il titano, il propugnatore dell'uomo gigante verso la natura, ti esprimi ora con questa musica tutta ripiegata su te stesso..., o Richard Strauss, dopo aver intonato poemi sinfonici chiudi la partita con quello studio per archi "Metamorfosi", o tu Liszt, finisci con questa musica scarna, che pone in nuce conquiste che staranno molto in là.
 
Ogni artista, ha come dire, una marcia in più nel vedere o sentire oltre.
Penso che l'arte porti a "percepire" tutto quello che non si vede in superfice.
Ci sono opere difronte alle quali resti lì come sgomento: ti dici, ma che razza di roba è mai questa? E che inquietudine mi muove dentro.
La musica per esempio ha una capacità enorme di portarci in altre dimensioni, essa ha poco a che fare con lo spazio, ma ha molto a che fare con il tempo.
In qualche misura e non so come, squarcia quel velo di Maja, e apre le porte in dimensioni dove lo spazio tempo non contano più.
Sono sempre stato enormemente affascinato da quanto i grandi compositori del passato hanno scritto quando hanno sentito che la vita stava finendo. é impressionante: Ma come, tu Beethoven, che eri il titano, il propugnatore dell'uomo gigante verso la natura, ti esprimi ora con questa musica tutta ripiegata su te stesso..., o Richard Strauss, dopo aver intonato poemi sinfonici chiudi la partita con quello studio per archi "Metamorfosi", o tu Liszt, finisci con questa musica scarna, che pone in nuce conquiste che staranno molto in là.
ma sai che non ho mai pensato a questo...in fondo la musica potrebbe tranquillamente essere un tramite fra noi e altro con il suo linguaggio universale e intimo .
 

Nobody

Utente di lunga data
Ogni artista, ha come dire, una marcia in più nel vedere o sentire oltre.
Penso che l'arte porti a "percepire" tutto quello che non si vede in superfice.
Ci sono opere difronte alle quali resti lì come sgomento: ti dici, ma che razza di roba è mai questa? E che inquietudine mi muove dentro.
La musica per esempio ha una capacità enorme di portarci in altre dimensioni, essa ha poco a che fare con lo spazio, ma ha molto a che fare con il tempo.
In qualche misura e non so come, squarcia quel velo di Maja, e apre le porte in dimensioni dove lo spazio tempo non contano più.
Sono sempre stato enormemente affascinato da quanto i grandi compositori del passato hanno scritto quando hanno sentito che la vita stava finendo. é impressionante: Ma come, tu Beethoven, che eri il titano, il propugnatore dell'uomo gigante verso la natura, ti esprimi ora con questa musica tutta ripiegata su te stesso..., o Richard Strauss, dopo aver intonato poemi sinfonici chiudi la partita con quello studio per archi "Metamorfosi", o tu Liszt, finisci con questa musica scarna, che pone in nuce conquiste che staranno molto in là.
Chissà se sotto quel velo ci sia poi davvero qualcosa... a me il velo di Maya piace, nel frattempo :)
 
Ma è appunto questo il problema: vivere "rassicurati" da qualcosa che è frutto unicamente di fantasia e della volontà di considerarla vera!
In un altro 3d si parla dello strapotere delle case farmaceutiche: è la stessa identica storia. Si crea una paura, si propone una presunta difesa, si domina così l'inerme. Storia di secoli. Millenni.
Tutto ciò è basato sulla grande, a volte insostenibile difficoltà di vivere la propria responsabilità, le proprie scelte, le proprie debolezze. Meglio, sempre, demandare ad altri.
Ma chi ha in sè il tarlo del dubbio, solo lui, con i suoi tormenti, con il suo desiderio di vedere "oltre" può offrire a sè ed a chi gli sta accanto la speranza di un passo avanti, seppur piccolo, spesso infinitesimo. Il resto, la fede, le paure, la sottomissione, la cecità intellettuale, sono solo stagnazione.
La "vita tranquilla" è un mito animale, non umano.

Riguardo la morte, tappa irrinunciabile, la vedo come un punto di domanda, e col carattere che mi ritrovo, come qualcosa che mi infonde tutto, soprattutto curiosità, meno che paura. L'unica paura è quella di arrivarci prima di avere maturato in me la sensazione di aver dato un mio contributo piccolo o grande al presente, o di arrivarci con un fardello fisico (sofferenza) che annulli la serenità che si augura a tutti per compiere il passo.
Il mito della morte è stato costruito nei secoli proprio su una sua presunta "fisicità", su un "dopo" troppo simile al presente, troppo legato all'idea degli stessi piaceri e delle stesse sofferenze. La morte, però, esattamente come l'idea di un antico creatore o di un futuro giudice, è qualcosa che va al di là della fisicità, tanto che è proprio di essa che in primo luogo ci libera, quindi non ci è dato conoscerla se non quando ne saremo partecipi in prima persona. Che ci resta quindi? Il tragitto, quel sentiero di cui riceviamo traccia alla nostra nascita e che in vita possiamo unicamente decidere se seguire, ignorare, o percorrere in senso inverso. Scelte che saranno la moneta con la quale noi stessi ci pagheremo il pedaggio per il "dopo".
quella è una visione che alleggerisce troppo facilmente chi pensa di passare il fardello della coscienza al suo "superiore" non assumendosi le reali responsabilità delle proprie colpe.
 

Alce Veloce

Utente di lunga data
quella è una visione che alleggerisce troppo facilmente chi pensa di passare il fardello della coscienza al suo "superiore" non assumendosi le reali responsabilità delle proprie colpe.
Qui si va OT, ma mi permetto un commento ancora: per assurdo che possa apparire, troppo spesso l'umanità (ma anche buona parte del resto del mondo animato) preferisce una sofferenza, una sudditanza, una fatica conosciuta al mistero del vivere in prima persona, al mettere in gioco sè stessi senza poter un domani scaricare le responsabilità peggiori su un "superiore". Questo perchè la vita è fatta prevalentemente di compromessi con la coscienza, e poter dare colpa ad una volontà suprema, o stabilire una distanza tale tra la propria natura limitata e l'eccellenza da render questa irraggiungibile, è la via più facile da percorrere.
 

Chiara Matraini

Senora de la Vanguardia
Epico

Ma chi ha in sè il tarlo del dubbio, solo lui, con i suoi tormenti, con il suo desiderio di vedere "oltre" può offrire a sè ed a chi gli sta accanto la speranza di un passo avanti, seppur piccolo, spesso infinitesimo. Il resto, la fede, le paure, la sottomissione, la cecità intellettuale, sono solo stagnazione.



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