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ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Non voglio fare lo struzzo, probabilmente è il modo sbagliato di prendere la vita. Ho sempre fatto così. Quando faccio qualcosa di sbagliato e poi me ne rendo conto, lo archivio. Questo non significa che io non pensi MAI alle conseguenze delle mie azioni. Solo alle volte, volte in cui il desiderio di fare quella cosa supera la razionalità. E in linea di massima condivido quello che vuoi dirmi, solo che non capisco come risolvere il problema. Per l'ottanta % della mia vita cerco di seguire una vita "normale" oserei dire che SONO normale. Poi scatta qualcosa è la razionalità svanisce....
...cosa significa normale...e ESSERE normale..?
 
I personaggi ci sono anche nei film non del genere romantico.
Kassia si è descritta come una traditrice passionale.
Ma stai bene?
Dove mai io mi sono descritta come una traditrice passionale?
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
capisco perche' tu te lo chieda...

scherzo, eh! :D
e mi sa che hai capito, anche :D:carneval:

La supposta normalità è uno di quei falsi problemi che fa saltare la gente come pop corn...e il conformismo è una buona risposta, se si è "morbidi"...ma non per tutti il conformismo è una risposta adeguata...

per qualcuno conformarsi a volte sembra un rifugio sicuro...entrare in ruolo..poi si paga pegno però, se si è in certi modi...:)

e uno dei pegni che si paga è massacrarsi sentendosi inadeguati e in dovere di dimostrare sempre qualcosa, a dei qualcuno, interposte persone, anche se in fondo è a se stessi che si vuole dimostrare di andar bene...e non c'è mai tregua o riposo, così....

personalmente ho adorato Basaglia....quando ha dichiarato che "visto da vicino, nessuno è normale"....

ma la paura è una brutta bestia...e averne paura, della paura intendo, ancora peggio....

E la dicotomia normalità/anormalità è bella profonda e incastonata nella nostra società...fortunatamente in alcuni ambiti la stanno sciogliendo...e si inizia a parlare di funzionamenti individuali...ma la strada è lunga...ancora
 

oro.blu

Never enough
e mi sa che hai capito, anche :D:carneval:

La supposta normalità è uno di quei falsi problemi che fa saltare la gente come pop corn...e il conformismo è una buona risposta, se si è "morbidi"...ma non per tutti il conformismo è una risposta adeguata...

per qualcuno conformarsi a volte sembra un rifugio sicuro...entrare in ruolo..poi si paga pegno però, se si è in certi modi...:)

e uno dei pegni che si paga è massacrarsi sentendosi inadeguati e in dovere di dimostrare sempre qualcosa, a dei qualcuno, interposte persone, anche se in fondo è a se stessi che si vuole dimostrare di andar bene...e non c'è mai tregua o riposo, così....

personalmente ho adorato Basaglia....quando ha dichiarato che "visto da vicino, nessuno è normale"....

ma la paura è una brutta bestia...e averne paura, della paura intendo, ancora peggio....

E la dicotomia normalità/anormalità è bella profonda e incastonata nella nostra società...fortunatamente in alcuni ambiti la stanno sciogliendo...e si inizia a parlare di funzionamenti individuali...ma la strada è lunga...ancora

...PERFETTO...
 

brenin

Utente
Staff Forum
...cosa significa normale...e ESSERE normale..?
Bella domanda, che esigerebbe una risposta estremamente articolata....Immaginiamo di dare alla "normalità" una connotazione morale,ad esempio quando si parla di comportamenti. In un caso del genere vengono considerati "normali" tutti i comportamenti accettati da una certa Società in un determinato contesto ( sia storico,culturale,sociologico ), e pertanto è "normale" non ciò che accade con più frequenza ma ciò che si presume dovrebbe accadere più frequentemente. Però poi,a mio avviso,sorge un problema: mentre da piccoli impariamo a comportarci secondo regole sociali ben precise, man mano che cresciamo e la nostra realtà sociale si allarga, le cose si complicano soprattutto in una Società come la nostra, che non da più modelli di riferimento ( al contrario delle vecchie Società "tradizionali" di una volta nelle quali i confini di "normalità" erano tracciati in modo netto,e difficilmente venivano messi in discussione ). Ed è proprio per questo,penso io, che il problema della "normalità" , cioè problema del confine tra giusto e sbagliato,normale e diverso,solo per citare alcuni esempi, oggi risulta essere di difficile risoluzione.

( Ciao ! )
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Bella domanda, che esigerebbe una risposta estremamente articolata....Immaginiamo di dare alla "normalità" una connotazione morale,ad esempio quando si parla di comportamenti. In un caso del genere vengono considerati "normali" tutti i comportamenti accettati da una certa Società in un determinato contesto ( sia storico,culturale,sociologico ), e pertanto è "normale" non ciò che accade con più frequenza ma ciò che si presume dovrebbe accadere più frequentemente. Però poi,a mio avviso,sorge un problema: mentre da piccoli impariamo a comportarci secondo regole sociali ben precise, man mano che cresciamo e la nostra realtà sociale si allarga, le cose si complicano soprattutto in una Società come la nostra, che non da più modelli di riferimento ( al contrario delle vecchie Società "tradizionali" di una volta nelle quali i confini di "normalità" erano tracciati in modo netto,e difficilmente venivano messi in discussione ). Ed è proprio per questo,penso io, che il problema della "normalità" , cioè problema del confine tra giusto e sbagliato,normale e diverso,solo per citare alcuni esempi, oggi risulta essere di difficile risoluzione.

( Ciao ! )
Bello leggerti! Ciao :)

Sono d'accordo, sì...e se a tutto quello che hai elencato aggiungiamo la questione della A-NORMALITA'--> patologia entriamo in un campo dolorosissimo e complesso...

Che toccando quello si va a toccare la costituzione della propria identità, l'accettazione di se stessi....questioni che non riguardano l'autostima, ma riguardano invece, spesso, anche molto da vicino, il concedersi la possibilità di Essere e di Esistere, anche in quelle parti che socialmente non vengono ritenute sane...ADESSO...che in passato la masturbazione femminile era ritenuta sintomo di isteria...tanto per inserire anche la questione dello scorrere del tempo..nelle certezze umane:singleeye:....

E qui il dolore scende profondo...e inspiegato...e anche la solitudine dei percorsi, di affermazione oppure, purtroppo, di negazione...individuale e sociale...

E non è piacevole non avere specchi in cui riconoscersi...E doversi guardare in specchi distorti, sempre mancanti di qualcosa, sempre incompleti...

EDIT: io penso che la risoluzione è nel non aver bisogno di definire se stessi come se fosse una giustificazione a ciò che si è e per differenza dall'altro...accettazione, in una parola...ma le soluzioni più semplici paiono diventare le più complesse...
che il giudizio sulla scorta del giusto e dello sbagliato....rassicura...
 
Ultima modifica:

oro.blu

Never enough
..nella teoria...nella pratica non scorre così fluidamente...no?
Bello leggerti! Ciao :)

Sono d'accordo, sì...e se a tutto quello che hai elencato aggiungiamo la questione della A-NORMALITA'--> patologia entriamo in un campo dolorosissimo e complesso...

Che toccando quello si va a toccare la costituzione della propria identità, l'accettazione di se stessi....questioni che non riguardano l'autostima, ma riguardano invece, spesso, anche molto da vicino, il concedersi la possibilità di Essere e di Esistere, anche in quelle parti che socialmente non vengono ritenute sane...ADESSO...che in passato la masturbazione femminile era ritenuta sintomo di isteria...tanto per inserire anche la questione dello scorrere del tempo..nelle certezze umane:singleeye:....

E qui il dolore scende profondo...e inspiegato...e anche la solitudine dei percorsi, di affermazione oppure, purtroppo, di negazione...individuale e sociale...

E non è piacevole non avere specchi in cui riconoscersi...E doversi guardare in specchi distorti, sempre mancanti di qualcosa, sempre incompleti...

EDIT: io penso che la risoluzione è nel non aver bisogno di definire se stessi come se fosse una giustificazione a ciò che si è e per differenza dall'altro...accettazione, in una parola...ma le soluzioni più semplici paiono diventare le più complesse...
che il giudizio sulla scorta del giusto e dello sbagliato....rassicura...
tutto perfetto. Bisogna accettarsi o farsi accettare e se uno non è abbastanza forte? Preferisce come me costruirsi un paravento di luoghi comuni e preferisce essere quello che non è pur di piacere, ma questa costruzione è così finta che chi ti circonda lo capisce e non vede in te un insicuro ma uno che ti prende in giro. Quindi a cercare di essere "normale" si finisce per essere accettato meno che se facessi vedere la mia natura...
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
tutto perfetto. Bisogna accettarsi o farsi accettare e se uno non è abbastanza forte? Preferisce come me costruirsi un paravento di luoghi comuni e preferisce essere quello che non è pur di piacere, ma questa costruzione è così finta che chi ti circonda lo capisce e non vede in te un insicuro ma uno che ti prende in giro. Quindi a cercare di essere "normale" si finisce per essere accettato meno che se facessi vedere la mia natura...
Cosa significa non essere abbastanza forte?
 

oro.blu

Never enough

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
capace di accettare le critiche per la tua visione diversa del mondo
sicura che sia visione del mondo?

che accettare le critiche, significa essere liberi innanzitutto dal criticarsi internamente...le critiche esterne funzionano soltanto se sbattono davanti ad un prorpio personale tribunale interiore..quello massacra davvero e fa male...e gli altri possono in effetti "essere usati" per attutire o amplificare la voce del giudizio del tribunale...non so se mi spiego...

e essere liberi dal criticarsi internamente non significa fottersene delle critiche, dei dubbi, delle paure, ma assumerseli proprio, e trasformarli in risorsa di conoscenza e motivazione alla tensione di miglioramento di sè...

E conoscere sufficientemente bene le proprie critiche a se stessi da saper separare quando a parlare è il fuori (il mondo) o il dentro (tribunale interiore)..e questo significa conoscere i propri condizionamenti profondi....

ma più di tutto aver indagato la propria natura...

tu la conosci la tua natura o la temi?
 

Anonimo1523

Utente di lunga data
sicura che sia visione del mondo?

che accettare le critiche, significa essere liberi innanzitutto dal criticarsi internamente...le critiche esterne funzionano soltanto se sbattono davanti ad un prorpio personale tribunale interiore..quello massacra davvero e fa male...e gli altri possono in effetti "essere usati" per attutire o amplificare la voce del giudizio del tribunale...non so se mi spiego...

e essere liberi dal criticarsi internamente non significa fottersene delle critiche, dei dubbi, delle paure, ma assumerseli proprio, e trasformarli in risorsa di conoscenza e motivazione alla tensione di miglioramento di sè...

E conoscere sufficientemente bene le proprie critiche a se stessi da saper separare quando a parlare è il fuori (il mondo) o il dentro (tribunale interiore)..e questo significa conoscere i propri condizionamenti profondi....

ma più di tutto aver indagato la propria natura...

tu la conosci la tua natura o la temi?
Ma se dovessimo prendere una birra insieme ... un giorno ... in un'altra vita ... chissà quando, parlerai così per tutta la sera? 😂😂😂😂😂 😨😨😨😨😨
 

brenin

Utente
Staff Forum
sicura che sia visione del mondo?

che accettare le critiche, significa essere liberi innanzitutto dal criticarsi internamente...le critiche esterne funzionano soltanto se sbattono davanti ad un prorpio personale tribunale interiore..quello massacra davvero e fa male...e gli altri possono in effetti "essere usati" per attutire o amplificare la voce del giudizio del tribunale...non so se mi spiego...

e essere liberi dal criticarsi internamente non significa fottersene delle critiche, dei dubbi, delle paure, ma assumerseli proprio, e trasformarli in risorsa di conoscenza e motivazione alla tensione di miglioramento di sè...

E conoscere sufficientemente bene le proprie critiche a se stessi da saper separare quando a parlare è il fuori (il mondo) o il dentro (tribunale interiore)..e questo significa conoscere i propri condizionamenti profondi....

ma più di tutto aver indagato la propria natura...

tu la conosci la tua natura o la temi?
Quoto, con una precisazione in merito alle critiche: indispensabile,con il nostro "io" , valutare ( aggiungo anche "filtrare" ) le critiche in funzione di chi le avanza,del contesto e della motivazione ( semmai fosse fornita in modo esauriente/di confronto ).... e poi "pesare" l'interlocutore ( nel senso di concreta attendibilità,di apertura/elasticità mentale,ratio ) anche - e forse soprattutto - qualora suggerisca "rimedi" costruttivamente alternativi.... Nella misura in cui non c'è "confronto" ma solo "scontro/imposizione" ritengo che tutto lasci il tempo che trova.....
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ma se dovessimo prendere una birra insieme ... un giorno ... in un'altra vita ... chissà quando, parlerai così per tutta la sera? 😂😂😂😂😂 😨😨😨😨😨
Se un giorno...in un'altra vita...chissà quando...dovessimo prendere una birra insieme, parlerò così soltanto quando sarai rantolante e ubriachissimo sotto il tavolo...che, in caso, non ci faresti caso :D

Prima dei rantoli, sarei la cazzara che sono quando mi diverto a gustare birra:)...e trova un buon pub, nell'altra vita:D
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Quoto, con una precisazione in merito alle critiche: indispensabile,con il nostro "io" , valutare ( aggiungo anche "filtrare" ) le critiche in funzione di chi le avanza,del contesto e della motivazione ( semmai fosse fornita in modo esauriente/di confronto ).... e poi "pesare" l'interlocutore ( nel senso di concreta attendibilità,di apertura/elasticità mentale,ratio ) anche - e forse soprattutto - qualora suggerisca "rimedi" costruttivamente alternativi.... Nella misura in cui non c'è "confronto" ma solo "scontro/imposizione" ritengo che tutto lasci il tempo che trova.....
...persona e contesto...

sì, hai ragione...pienamente..
e specialmente sulla comunicazione che non è impostata su win-win...è già il non sapere impostare una comunicazione in questi termini per me diventa parametro di valutazione..
 

Anonimo1523

Utente di lunga data
QUOTO ... Una parte

ma più di tutto aver indagato la propria natura...tu la conosci la tua natura o la temi?
Credo che in un certo senso la sua reazione sia la risposta alla consapevolezza della propria natura. La domanda che le poni io la proporrei diversamente, atteso che conoscere e temere non sono termini necessariamente in contraddizione. La temi la tua natura?
 

oro.blu

Never enough
sicura che sia visione del mondo?

che accettare le critiche, significa essere liberi innanzitutto dal criticarsi internamente...le critiche esterne funzionano soltanto se sbattono davanti ad un prorpio personale tribunale interiore..quello massacra davvero e fa male...e gli altri possono in effetti "essere usati" per attutire o amplificare la voce del giudizio del tribunale...non so se mi spiego...

e essere liberi dal criticarsi internamente non significa fottersene delle critiche, dei dubbi, delle paure, ma assumerseli proprio, e trasformarli in risorsa di conoscenza e motivazione alla tensione di miglioramento di sè...

E conoscere sufficientemente bene le proprie critiche a se stessi da saper separare quando a parlare è il fuori (il mondo) o il dentro (tribunale interiore)..e questo significa conoscere i propri condizionamenti profondi....

ma più di tutto aver indagato la propria natura...

tu la conosci la tua natura o la temi?
Mi hanno fatto spesso male le critiche, ma non quelle degli estranei, mi fanno male le critiche espresse soprattutto dai miei famigliari. non riesco a capire perché non riescono ad accettare che posso avere dei pensieri diversi da loro e alle volte per compiacere accetto di reprimere quello che vorrei con quello che vogliono.
Il fatto di essere accettata è una questione che mi ha sempre toccato profondamente.
Non sono brava come voi con le parole a spiegare le emozioni che mi procura il sapere che non sono persona gradita
 
Stato
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