ipazia
Utente disorientante (ma anche disorientata)
In teoria abbiamo coscienza.E' quello che tu hai scritto prima Ipazia, noi come esseri umani, abbiamo Coscienza.
Il posto c'è già, è accaduto. Ancora, ancora ci stiamo ripetendo.
Per quanto trovi interessante anche io l'etimo delle parole, non colgo cosa tu mi voglia trasmettere, sempre l'intento sia di questo tipo.
Non è che non so che ci sono già state guerre, violenze nella guerra, e che la violenza è parte di noi però non mi si può prendere tre elementi del mondo animale, e usarli come giustificazione, è una paraculata.
La parola violenza la diamo noi, e la riconosciamo nell'istante in cui selezioniamo quei due tre elementi da riportare. Perchè un animale non lo fa. Non la chiama violenza. Come non chiama la solitudine o altro.
Io ti potrei riportare cose che ho visto in animali selvatici, e le ho viste di persona, e so che qualcuno le leggerebbe come azioni "buone".
Quello che noi vediamo nei documentari è un montaggio, fatto per l'uomo. Non so se ricordi i documentari degli anni 80, erano molto più "noiosi", non c'era la tecnologia di oggi, alcune parti di predazione venivano tagliate.
Se l'Italia entrasse in guerra, domani, mi attaccherei al caxxo come gran parte dei civili. Magari andrei in montagna, lì sarebbe più facile trovare acqua pulita e selvaggina e bacche. Se ne avessi la possibilità mi porterei delle pastiglie di morfina. Poi con il freddo probabilmente sarebbe necessario migrare. Ma non è neppure detto ci potrei arrivare, da un'altra parte.
Sulla costrizione anche lì, se mi arrivano 3 soldati di 30 anni alti 190.... ciaone. Scappi. Se ti riesce.
Cosa vuoi fare... se puoi far qualcosa lo fai prima. Poi magari c'è chi come te, ha fatto studi e allenamento e continua a portarlo avanti, e quindi ha più margine d'azione, ognuno valuta il suo.
Da uomo ti dico che si capisco i discorsi sulla violenza, e che in guerra si faccia la guerra, però da uomo ti dico anche che trovo la guerra una grandissima idiozia.
Giorni fa, per qualche tg, ho visto un frammento -non so se era una clip montata, non sono andata a verificare su facebook- in cui mostravano dei civili che camminavano. Stavano scappando. Fermano una donna che cammina a braccetto con una signora anziana. Il giornalista dice che le due donne non si conoscono. Ora, penso non ci voglia un genio, a capir che se scappi e rischi di morire, na vecchia è un peso morto, ti rallenta, è possibile necessiti di supporto. Però noi, qua, che parliamo della violenza, scriviamo da quel mondo lì. Quello dove la gente si prende i cani topo, o cani "mansueti", non belve da scagliare contro un nemico, con una dentatura atta a strappare.
Ma la coscienza non è una scintilla divina.
Non è qualcosa che c'è e cresce a prescindere da impegno e volontà e soprattutto intenzione.
Leggere le componenti non è giustificazione.
E' semplicemente la realtà.
E' giustificazione non muoversi dalla realtà e aggiustarla usando ideali e principi per spostare a destra e a manca quel che è.
Il giochetto di buono e cattivo, per esempio, con quel che significa in termini di schieramenti sociali, individuazione del nemico e del capro espiatorio (dinamiche su cui si costruisce la coesione dei gruppi sociali) è giustificazione.
Questo sto tentando di mettere in evidenza.
Partendo dal presupposto che noi abbiamo il linguaggio, (che è ben più che scambio di parole visti i processi cognitivi coinvolti nella sua costruzione e nel suo mantenimento a descrittore della realtà) partendo dal presupposto che lo abbiamo creato noi.
Partendo dal presupposto che siamo semplicemente d'accordo che "tazzina" è quella cosa lì e non un'altra, usare la parola violenza per raccontare la vita naturale è ovvio sia una escamotage per intendersi.
Come usare stupro o carezza.
Troia e santa.
Parole. Contenitori. Significanti.
Il significato è come un iceberg.
Non esistono questi significati se non nella loro condivisione.
L'etimologia ha la funzione di descrivere il percorso che porta alla condivisione.
Dubito che il mio gatto che prende l'uccellino e ci gioca lasciandolo ferito a morire di infezione e inedia si definisca crudele.
Io posso definirlo crudele. Lui sente il piacere e lo segue. Fa quello che sente di dover fare. Ricerca vantaggio. Per sè. (in una struttura in cui il sè non esiste come lo intendiamo noi).
E lo definisco, sapendo che crudele è la mia definizione per le sue azioni.
Serve a me usare una definizione piuttosto che un'altra.
Come il leopardo che non uccide il cucciolo di antilope la chiamo bontà ma so che non è bontà.
Io so che uso il linguaggio per descrivere u mondo.
E lo devo descrivere perchè io ho bisogno di descriverlo.
E ho bisogno di descrivere per nutrire la mia coscienza, la mia conoscenza e la mia intenzione nella mia vita.
Concretamente.
Quando sono stata stuprata non avevo le parole.
Non sapevo che parole usare.
Ho provato a dire. Non avevo le parole. Non sapevo come chiamare il vissuto.
Lo sapevo razionalmente. Conosco i descrittori. Conosco la sintassi.
Ma non ci sono le parole per descrivere il vissuto. Non le abbiamo.
Posso usare...ferocia? Forse. Non raggiunge comunque l'intensità.
Emotivamente non sapevo circoscrivere. Era come una marea. Cattiva. Affilata. Fredda. Estremamente piacevole e rassicurante.
Sentivo di dover lasciar andare e al contempo mi vergognavo di farlo.
Sentivo il desiderio netto e lucido, brillante, di fare male in risposta al mio male.
Se mi fossi lasciata andare a quelle sensazioni sarei andata a prendere il tipo e, non avrei usato parole per parlare, non avrei usato petali di rosa per toccarlo. Le immagini confuse che avevo in testa erano solo rosso sangue.
Volevo il sangue.
E mi vergognavo di volerlo.
E nonostante la vergogna lo volevo lo stesso.
Devo usare le parole per raccontartelo.
Ma, credimi quando ti dico che quanto ho scritto non descrive minimamente.
So, ho imparato, che non posso condividere. Non ci sono le parole per farlo. E mi incuriosisce fra l'altro moltissimo il fatto che non esistano quelle parole...come se fossero un tabù profondissimo. Un segreto custodito da tempi remoti.
Le parole depotenziano. Sedano. Narcotizzano.
(è uno dei motivi per cui mi piace l'etimologia...fa vedere il percorso di sedazione e domesticazione)
Nel mio specchio interiore, nelle immagini della mia mente di me io vedevo una cosa così
(è una tenue rappresentazione...non sono mai riuscita a trovare immagini degne della potenza di quella rappresentazione nella mia mente.)
Mi terrorizzava e mi dava un piacere incredibile.
Mi faceva sentire completamente protetta sapere che in me c'era Lei. Il terrore, affilato, mi faceva sentire vibrare ad ogni soffio di vento.
La sentivo vivere in me....era la mia compagna preferita. Quella a cui mi affidavo. E mi ha protetta. In diverse situazioni.
Aveva attivato in me cose che prima probabilmente erano dormienti, un istinto, una sensibilità al riconoscimento.
Noi viviamo nel mondo fatato della non violenza...potrei scrivere ore per raccontarti.
E il mio vissuto è una puttanata.
La mia una è violenza domestica, addomesticata.
Semplice e tutto sommato leggera.
Un piccolissimo assaggio di quello che è, una virgola in un discorso che dura da tempi di cui neppure abbiamo memoria.
E ti prego di credermi quando ti dico che lo si percepisce che viene da lontano. Da un posto del non ricordo. Un posto che sembra non esistere nei posti condivisi. E la solitudine di quel posto...è così seducente e terrorizzante. Orrifica.
La guerra è quella roba lì...la ferocia al comando.
Ma con una sovrastruttura che elimina la vergogna.
La piccola porzione che ho sperimentato io....un piacere che non ho mai più provato in nessuna, nessuna situazione.
Il terrore il piacere e la vergogna. Tutto insieme. Fa fremere.
Fa desiderare.
La vita che scorre e annusi da lontano una potenza che non siamo in grado di immaginare nelle nostre comode vite domestiche e addomesticate.
Queste sono le parole che abbiamo. Non ne abbiamo altre...siamo bestie addomesticate.
La parte selvatica non ha parola. E' sensazione distillata. Nostalgia e brama al contempo.
E lo ribadisco...non ci sono studi, non ci sono testimonianze, non c'è niente di niente che possa anche soltanto rendere l'idea di quello che si muove dentro quando la violenza ti penetra.
E io non ho vissuto niente. Ci tengo a ribadirlo. Non ho perso praticamente niente. Anzi...ho imparato.
Quel poco, mi ha fatto intravedere alcune ombre...quando intravedo certi sguardi...so cosa vedo. Riconosco.
La parte più autentica che è in noi. Tutti. L'essenza.
Non oso, letteralmente, immaginare quello che muove in certe situazioni in cui la morte è talmente vicina che senti tutto il potere della vita.
Ti ho fatto apposta la domanda "tu che faresti"...che sai...non lo sai.
Cosa faresti se vedessi le persone a te care squartate, violentate, uccise...non sai cosa scatterebbe in te.
Non è prevedibile.
Non lo so neanche io...forse tornerebbe Lei al comando. Forse diventerei un essere di sangue.
O forse mi ritirerei in una cantina a tremare pregando dopo aver negato dio per una vita intera.
Io non lo so cosa mi succederebbe con la ferocia al comando, in un mondo che confonde i parametri della domesticazione.
E sono queste le cose che non si vogliono dire.
Da cui si vuole girare largo.
Ed è a questo che, usando il mondo naturale, si tenta di avvicinarsi.
L'istinto di vita mentre la morte ti soffia seducente dietro il collo.
Io questo vedo quando guardo gli animali.
Anche nei documentari edulcorati...questo percepisco e leggo.
Il branco di scimmie che sevizia un cucciolo perchè bianco trattenendo quella madre.
E' tutto qui.
Ma non si vuole guardare, dentro di noi.
Quel branco.
Il disgusto e lo stupore.
E' questo il mio discorso.
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