La pretesa di voler stabilire una narrazione di quei fenomeni che sia oggettiva, al punto da non dipendere dai canoni culturali della società in cui vivi, mi sembra piuttosto velleitaria.
Infatti io non ho detto il contrario. Ho detto che (e credimi, ogni santo giorno ne ho riscontro ) che è velleitario ignorare completamente quei fenomeni.
Il pensiero illuminista, quello positivista, in cui siamo immersi da tempo, ci ha convinti di essere esclusivamente un prodotto culturale.
Ma non è così, non è mai stato così.
A cominciare dall'uomo "nuovo" , riformato, delle dittature del secolo scorso, passando per le magnifiche sorti, e progressive, per finire alla decontestualizzazione continua dei ruoli, di qualsiasi ruolo, del politicamente corretto di moda adesso.
In realtà noi siamo uguali a quelli di 50000 anni fa. Ben poco ci separa evolutivamente dal paleolitico e sulla base , sul fondo, siamo sempre quelli.
Questo ragiionamento, intrapreso dai naturalisti e dagli evoluzionisti di inizio secolo, è pressochè ignorato se non visto con fastidio dalla sociologia moderna, che continua a sottovalutarlo, a semplificarlo ignobilmente (vedi teorie incel e simili) e ad ignorarlo beatamente quando qualsiasi fenomeno palese vada a confliggere con le teorie che si vogliono, il più delle volte, per ragioni politiche, sostenere.
Semmai, a mio modestissimo e contestabilissimo avviso, ci sia stato qualcuno che abbia compreso e riflettuto sulla "natura" umana in senso realistico, quella fu proprio la Chiesa.
Non mi riferisco certo alle banalità catechistiche. Mi riferisco alle osservazioni filosofiche di fondo, al senso anti "progressista" di fondo.
Chiaro poi che quel "anti progressita" vorrei non fosse frainteso.
Spero di essermi spiegato. Non sono argomenti nè facili nè agevolmente praticabili, in questo sono assolutamente d'accordo.