Un'altra condivisibile recensione di un altro grande libro che mi ha segnato moltissimo.
Dopo Meno di Zero Easton Ellis conoscerà la fama duratura con American psycho. ma secondo me la sincerità, l'onestà, la solitudine ed il dolore che sono racchiusi in questo libro non saranno mai replicati.
Meno di zero, Bret Easton Ellis dal sito web Rockall

Vi è mai capitato di leggere un libro ed essere convinti fino alla fine che non vi piaccia poi troppo, e dopo l’ultima pagina pensare che quel romanzo non lo saprete dimenticare?
Il paradosso è solo apparente: questo succede quando un libro vi entra dentro, supera i limiti modellabili del gusto e va direttamente a toccare i nervi scoperti.
Bret Easton Ellis riesce a fare questo in Meno di zero (Tullio Pironti Editore, 1986), raccontando le trasgressioni di giovanissimi americani che vivono negli ambienti artefatti degli studios cinematografici di Los Angeles. Ragazzi ricchi, viziati, molto soli, abbandonati alle droghe, al sesso, alla necessità di andare sempre oltre i limiti, senza riuscire a provare mai niente che renda la vita più desiderabile della morte.
Il minimalismo americano è uno stile semplice solo in superficie: dietro frasi brevi, dialoghi simbolicamente inconsistenti, Easton Ellis riesce a strutturare tutto il disagio di quella che i giornalisti amano definire la generazione MTV. Le etichette però servono a chi ha bisogno di circoscrivere un fenomeno per poterlo controllare, per riuscire a non averne paura. È esattamente nel superamento di questa soglia che il romanzo di Easton Ellis diventa non più la semplice fotografia di una generazione, ma un quadro universale.
L’apatia, la paura di aprirsi ai sentimenti, l’isolamento, in sostanza le difficoltà nel fermarsi a guardare dentro se stessi, sono temi dell’uomo moderno, dovunque e comunque esso viva.
Per i protagonisti di Meno di zero le droghe, il sesso, la prostituzione, le feste trasgressive non sono che atteggiamenti rituali: tutti hanno provato tutto, tutti hanno avuto rapporti sia etero che omosessuali con tutti.
La lettura diventa un cerchio concentrico, le situazioni si ripetono quasi con monotonia fino a quando anche chi legge non dà più alcun peso alle azioni, ma le scavalca, e di riflesso riesce semplicemente a capire che il tema trattato non è la trasgressione ma il vuoto sentimentale.
Più che la solitudine in sé a diventare universale è il senso di smarrimento.
Riesce ad essere quasi doloroso notare come, ad esempio, le sorelle minori del protagonista, poco più che bambine, passino il tempo guardando senza pathos film porno sdraiate sul letto della mamma, piuttosto che inventando giochi infantili ma dal gusto macabro, come sfidarsi a galleggiare a faccia in giù nella piscina “per vedere chi riesce a sembrare morta più a lungo”.
C’è un passaggio strabiliante in questo romanzo disperato, quello in cui Blair, la ragazza/non ragazza del protagonista, a fronte della fine della sua storia d’amore, delle orge, dell’abuso di droghe e alcol, degli aborti, dei tradimenti – il tutto vissuto in modo neutro, quasi passivamente accettato – investe accidentalmente un coyote lungo una strada laterale che sale per le colline di L.A.
In quel pianto, in quella sincera e profonda disperazione, si sfoga tutta l’incapacità di costruzione sentimentale e al contempo si evidenzia, sotto la fragilità emotiva ed emozionale, tutta l’umanità e la possibilità di provare empatia e passione, perché è solo congelata e non assente.
È un romanzo intenso e pieno di citazioni musicali, dai Led Zeppelin agli Human League, da Elvis Costello ai Culture Club. Un romanzo da non perdere.
Dopo Meno di Zero Easton Ellis conoscerà la fama duratura con American psycho. ma secondo me la sincerità, l'onestà, la solitudine ed il dolore che sono racchiusi in questo libro non saranno mai replicati.
Meno di zero, Bret Easton Ellis dal sito web Rockall

Vi è mai capitato di leggere un libro ed essere convinti fino alla fine che non vi piaccia poi troppo, e dopo l’ultima pagina pensare che quel romanzo non lo saprete dimenticare?
Il paradosso è solo apparente: questo succede quando un libro vi entra dentro, supera i limiti modellabili del gusto e va direttamente a toccare i nervi scoperti.
Bret Easton Ellis riesce a fare questo in Meno di zero (Tullio Pironti Editore, 1986), raccontando le trasgressioni di giovanissimi americani che vivono negli ambienti artefatti degli studios cinematografici di Los Angeles. Ragazzi ricchi, viziati, molto soli, abbandonati alle droghe, al sesso, alla necessità di andare sempre oltre i limiti, senza riuscire a provare mai niente che renda la vita più desiderabile della morte.
Il minimalismo americano è uno stile semplice solo in superficie: dietro frasi brevi, dialoghi simbolicamente inconsistenti, Easton Ellis riesce a strutturare tutto il disagio di quella che i giornalisti amano definire la generazione MTV. Le etichette però servono a chi ha bisogno di circoscrivere un fenomeno per poterlo controllare, per riuscire a non averne paura. È esattamente nel superamento di questa soglia che il romanzo di Easton Ellis diventa non più la semplice fotografia di una generazione, ma un quadro universale.
L’apatia, la paura di aprirsi ai sentimenti, l’isolamento, in sostanza le difficoltà nel fermarsi a guardare dentro se stessi, sono temi dell’uomo moderno, dovunque e comunque esso viva.
Per i protagonisti di Meno di zero le droghe, il sesso, la prostituzione, le feste trasgressive non sono che atteggiamenti rituali: tutti hanno provato tutto, tutti hanno avuto rapporti sia etero che omosessuali con tutti.
La lettura diventa un cerchio concentrico, le situazioni si ripetono quasi con monotonia fino a quando anche chi legge non dà più alcun peso alle azioni, ma le scavalca, e di riflesso riesce semplicemente a capire che il tema trattato non è la trasgressione ma il vuoto sentimentale.
Più che la solitudine in sé a diventare universale è il senso di smarrimento.
Riesce ad essere quasi doloroso notare come, ad esempio, le sorelle minori del protagonista, poco più che bambine, passino il tempo guardando senza pathos film porno sdraiate sul letto della mamma, piuttosto che inventando giochi infantili ma dal gusto macabro, come sfidarsi a galleggiare a faccia in giù nella piscina “per vedere chi riesce a sembrare morta più a lungo”.
C’è un passaggio strabiliante in questo romanzo disperato, quello in cui Blair, la ragazza/non ragazza del protagonista, a fronte della fine della sua storia d’amore, delle orge, dell’abuso di droghe e alcol, degli aborti, dei tradimenti – il tutto vissuto in modo neutro, quasi passivamente accettato – investe accidentalmente un coyote lungo una strada laterale che sale per le colline di L.A.
In quel pianto, in quella sincera e profonda disperazione, si sfoga tutta l’incapacità di costruzione sentimentale e al contempo si evidenzia, sotto la fragilità emotiva ed emozionale, tutta l’umanità e la possibilità di provare empatia e passione, perché è solo congelata e non assente.
È un romanzo intenso e pieno di citazioni musicali, dai Led Zeppelin agli Human League, da Elvis Costello ai Culture Club. Un romanzo da non perdere.