Un contorno vegetale sopraffino emerso dalle nebbie della storia – Puntarelle alla romana

Alphonse02

Utente di lunga data
Cosa sono le puntarelle

Chiariamo preliminarmente che le puntarelle non sono un ortaggio a sé, ma sono frutto della sapiente lavorazione dei germogli interni della cicoria catalogna (nome botanico: Cichorium intybus).

La cicoria catalogna deriva dalla cicoria selvatica mediterranea, che era oggetto di consumo in epoca molto antica nell’area mediterranea, persino dai tempi della civiltà egizia (almeno dal II millennio a.C.), per gli effetti medicinali che le si attribuivano (rinfrescanti e diuretici).

Di certo era già conosciuta e apprezzata in epoca romana per le sue proprietà digestive e depurative. Infatti, ne parla Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), che le chiamava “intybum erraticum” nella sua (più nota) opera enciclopedica “Naturalis Historia”, che constava di ben 37 libri. Nel ventesimo (XX) libro, intitolato “Medicinae ex holeribus” (Medicine tratte dagli ortaggi), Plinio il Vecchio (che si chiamava Gaius Plinius Secundus, cioè Gaio Plinio Secondo) ha catalogato le proprietà terapeutiche di diverse erbe selvatiche, come le cicorie e le ortiche. Egli è stato un comandante militare (famose le sue campagne contro le tribù barbare germaniche) e poi scrittore e filosofo nonché amico personale dell’imperatore Vespasiano. Si ritiene nato nell’antica Como (“Novocomum”), è vissuto e cresciuto in Roma sin dall’adolescenza, ma di certo è morto nel 79 d.C., nella zona di Stabia (Campania), mentre ricopriva la carica di comandante della flotta romana di stanza a Capo Miseno. Egli assistette alla terribile eruzione del vulcano Vesuvio dal mare e si adoperò per cercare di salvare chi fuggiva dalla terraferma, rimanendo vittima delle esalazioni venefiche dell’eruzione che distrusse Ercolano e Pompei.

Origine del nome “puntarelle” e lavorazione dell’ortaggio dal quale deriva la pietanza.

Il nome deriva da “punta”, per la forma affusolata dei germogli della cicoria catalogna.

Tale specie della cicoria è stata coltivata nel tempo dai contadini, che hanno sviluppato diverse varianti locali in Italia, le più note delle quali si trovano nell’Agro Pontino (nota quella di Gaeta, Lazio), di Chioggia (Veneto) e di Galatina e Molfetta (Puglia). Ma vi sono coltivazioni anche in altre regioni italiane.

La cicoria catalogna si raccoglie in inverno e inizio primavera, quando i germogli sono teneri e croccanti, per poterla usare cruda come insalata. Per la tipica pietanza romana dell’era moderna si usa soprattutto la cicoria catalogna dell’Agro Pontino (a sud di Roma).

La corretta preparazione è piuttosto lunga e complicata, comporta l’asporto dei germogli con un coltello affilato, ad uno ad uno, l’eliminazione della parte del germoglio che è “piena” al suo interno di uno strato bianco morbido ed appare più dura al taglio (in pratica, si deve arrivare fino a quando la sezione del germoglio non presenta un buco, una cavità) e poi le parti dei germogli selezionate (di colore bianco/verde tenue) vengono tagliate verticalmente (dalla base verso la cima) in strisce lunghe e sottili e messe per un paio di ore almeno in una bacinella piena di acqua ghiacciata in modo che si arriccino. Per utilizzarle in più giorni, si mettono pezzi di limone nell’acqua ghiacciata. In dialetto romano questa operazione è chiamata “capare” o “sfilare” le puntarelle, come a liberarle dal resto del fusto dell’ortaggio.

Le foglie verdi giovani e piccole che avviluppano i germogli (e che contribuiscono a dare il gusto amarognolo alle puntarelle) vanno utilizzate insieme alle puntarelle “sfilate” (tagliandole orizzontalmente in pezzi di 4-6 cm. di lunghezza) mentre le foglie più sviluppate ed esterne (chiamate in gergo il “cicorione”) non si utilizzano per le puntarelle alla romana ma possono essere consumate separatamente, dopo essere sbollentate per 6-7 minuti (magari insieme alle foglie della cicoria selvatica) e poi ripassate in padella con aglio, olio e peperoncino (altro contorno vegetale famoso della cucina romana, la “cicoria ripassata”).

Per fortuna di chi ama le puntarelle alla romana le puntarelle vengono vendute già pronte sui banchetti di tutti i mercati romani. Ricordo, per avere abitato alcuni anni in una via in cui si teneva il mercato all’aperto, che dalla finestra chiusa della camera da letto si udiva intorno alle ore 6.00-7.00 del mattino il grido “puntarelle, puntarelle appena capate” ripetuto più volte di seguito a brevi intervalli dalle persone nei banchi del mercato. Mai avuto bisogno in quel periodo della sveglia dell’orologio …

Come si mangiano le tipiche puntarelle alla romana – Preparazione di una salsa forte, possibilmente tramandata o derivante dal “garum”, molto nota nell’antichità

Le puntarelle si mangiano in insalata, condite con una ricetta che – secondo una logica storica – potrebbe risalire in certo modo agli antichi romani. Intendiamoci, la cicoria selvatica era già apprezzata dai Romani, ma la ricetta che si è tramandata nel tempo delle puntarelle “alla romana” è frutto di una tradizione successiva, sviluppata nell’area del Lazio in epoca medievale e moderna.

La ricetta moderna prevede un condimento fatto con acciughe sotto sale o sott’olio, aglio, olio extravergine e aceto di vino.

Infatti, in un mortaio si prepara un pestato fatto con uno o più spicchi d’aglio, acciughe lavate e spinate, un cucchiaio di aceto di vino e molto olio extra vergine d’oliva, sale (poco o niente se si usano alici sotto sale o sotto olio). Si può anche usare la pasta di acciughe, se si ha fretta, mescolata all’aglio tritato e al buon olio di olive della Sabina e in pochi minuti la salsa è pronta. E’ una crema liquida, ma abbastanza densa.

Diffidate dalle modernizzazioni o imitazioni.
C’è chi aggiunge anche pepe grattato o capperi, ma non è la salsa tradizionale.
Per non parlare delle sostituzioni della cicoria catalogna con altre verdure.
In un ristorante nella provincia veneta mi è stata presentata (era estate) una insalata con foglie di radicchio, tagliate orizzontalmente in strisce sottili e condite con olio, aceto balsamico, capperi e salsa d’alici, spacciando la pietanza come una variazione moderna (e fuori stagione) delle puntarelle alla romana.

Le puntarelle vanno messe in una ciotola o insalatiera, dopo averle asciugate, e va versata sopra la salsa già preparata in anticipo (una o due ore prima) e movimentate con forchetta e cucchiaio, come si fa per le insalate. Meglio se si fa questa operazione una ventina di minuti prima di metterle a tavola per consumarle, perché si insaporiscono pur mantenendo la freschezza.

In pratica, è una salsa che sfrutta la sapidità e l’umami delle acciughe contrapposta all’amaro della cicoria, dando alla pietanza di verdura un sapore forte e consistente, che la rende unica.

Per capire come si possa argomentare che esista una discendenza possibile dalla cucina dell’antica Roma, bisogna parlare di quello che era un ingrediente molto noto nelle abitudini alimentari non solo dei Romani antichi ma dell’intera area mediterranea: una salsa, dal sapore molto deciso, che veniva abbinata a carni, pesce e verdure (un po’ come il moderno ketchup o la mostarda), il “garum”.

Era una salsa fermentata di pesce (spesso fatta con interiora o residui di pesce azzurro, come sgombri o acciughe) lasciata macerare al sole per molti giorni con sale (o acqua marina). Veniva comunemente usata come condimento universale, per insaporire verdure, carni e persino frutta. Era prodotta in grandi quantità e fatta oggetto di commercio in tutto il Mar Mediterraneo. Si sono trovate anfore piene di garum nei relitti di navi da trasporto affondate.

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In conclusione, le puntarelle che acquistate già “capate” devono essere arricciate, se non lo sono probabilmente sono parti tagliate dal fusto dei cespi di cicoria catalogna, cioè dagli scarti.

Vanno consumate fresche di preparazione, ma quelle avanzate ed ammosciate non vanno buttate (specie se le avete fatte da voi) perché potete usarle sopra crostini o fette di bruschetta.

La salsa, per lo meno a casa mia, non avanza mai perché viene fatta la scarpetta.

Foto 01- In senso orario dall'alto: foglie di cicoria selvatica, cespo di cicoria catalogna, puntarelle già lavorate e messe in acqua fredda
Puntarelle1_alla_romana_2025nov30.jpg

Foto 02: puntarelle tagliate dopo due ore di permanenza in acqua fredda

Puntarelle2_alla_romana_2025nov30.jpg
 

Brunetta

Utente di lunga data
Ho mangiato le puntarelle al ristorante. Molto buone.
Le ho comprate per farle io, ma le ho fatte appassire . La preparazione è lunga.
Mio padre condiva sempre l’insalata “trevisana” (so che si chiama radicchio tardivo) con acciughe, aceto, aglio e olio, talvolta con una lieve aggiunta di grana che addolcisce. Non è una copia della insalata di puntarelle.
 

Alphonse02

Utente di lunga data
Ho mangiato le puntarelle al ristorante. Molto buone.
Le ho comprate per farle io, ma le ho fatte appassire . La preparazione è lunga.
Mio padre condiva sempre l’insalata “trevisana” (so che si chiama radicchio tardivo) con acciughe, aceto, aglio e olio, talvolta con una lieve aggiunta di grana che addolcisce. Non è una copia della insalata di puntarelle.
Vi sono accorgimenti per conservarle in casa.
Se compri un cespo di cicoria Catalogna che presumi non riuscirai a consumare in un'unica occasione, puoi utilizzare per prime le punte esterne e lasciare quelle interne attaccate al cespo che metti fuori dal frigo in un contenitore di plastica o vetro con un cm di acqua sul fondo. Vedrai che si conserva per alcuni giorni (anche una settimana) e crescono le foglie sottili.
Poi, quando le hai preparate le metti in un recipiente con acqua fredda e dei pezzi di limone e li puoi conservare ancora per un paio di giorni (di sera in frigo). Quelle che ho preparato ieri mattina, dopo averle consumate ieri a pranzo, le posso condire e mangiare stasera o domani.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Vi sono accorgimenti per conservarle in casa.
Se compri un cespo di cicoria Catalogna che presumi non riuscirai a consumare in un'unica occasione, puoi utilizzare per prime le punte esterne e lasciare quelle interne attaccate al cespo che metti fuori dal frigo in un contenitore di plastica o vetro con un cm di acqua sul fondo. Vedrai che si conserva per alcuni giorni (anche una settimana) e crescono le foglie sottili.
Poi, quando le hai preparate le metti in un recipiente con acqua fredda e dei pezzi di limone e li puoi conservare ancora per un paio di giorni (di sera in frigo). Quelle che ho preparato ieri mattina, dopo averle consumate ieri a pranzo, le posso condire e mangiare stasera o domani.
Grazie. Mi piacciono, ma non così tanto da far questo lavoro.
 

Gaia

Utente di lunga data
Io non le digerisco anche se mi piacciono molto. Ma davvero mi viene un mal di stomaco incredibile
 
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