In casi di delitti così “disperati” credo che la motivazione, non il movente, sia il più che il desiderio, il bisogno di eliminare chi è fonte di una sofferenza insopportabile.
Siamo stati educati a sopportare la sofferenza?
No, sempre meno.
E' successo che le giovani generazioni hanno male inteso la enorme possibilità di esprimere e condividere le proprie idee e sensazioni, derivante dalla facilità di comunicazione tramite i social media, come una istigazione a dare sfogo libero all'istintività, confondendola con la creatività artistica o intellettuale, abusando del permissivismo nell'applicazione delle regole che confondono con l'espressione di una libertà da vivere senza limiti.
L'istintività delle reazioni emotive va governata, non esasperata, per quanto mi riguarda. Si impara a conoscere i limiti di espressione della propria sofferenza.
Ed un minore permissivismo nel consumo di stupefacenti e sostanze che aiutano a "stordirsi" aiuterebbe non poco. La sofferenza ci accompagna per tutta le vita, va affrontata non evitata artificialmente.
Molto va fatto sul piano della prevenzione. Anche provocando dispiaceri e qualche brutto sogno. Si superano.
La stragrande maggioranza degli italiani non ha mai visitato una prigione. Che è un luogo di sofferenza, per antonomasia, dove la privazione della libertà personale è la punizione per comportamenti antisociali.
Ecco, raggiunta la maggiore età dovrebbe essere obbligatorio per tutti visitare per bene una prigione. Intendo dire, non guardarla da lontano di sfuggita. Entrarci e camminarci per un'oretta, sentire il rumore dei chiavistelli ad ogni superamento di un cancello interno all'edificio penitenziario: tanti, in entrata ed uscita. Sentirsi "chiusi" dentro per tutto il tempo della visita. Provare il sollievo di uscire all'aperto (alla luce del sole) del parcheggio esterno del carcere, lasciandosi dietro l'odore tipico dei luoghi dove vivono comunità umane in spazi ristretti.
Come in alcuni paesi scandinavi, civilissimi e permissivi, fanno vedere a coloro che superano ripetutamente i limiti di velocità stradali per un'oretta buona i video girati sugli incidenti automobilistici più gravi con vittime letteralmente in pezzi. Ti fa sentire male ma lascia un avvertimento indimenticabile.
E' lo stesso principio che ispira le visite delle scolaresche ai campi di concentramento nazisti.
Funzionerebbe per una vera prevenzione, ne sono convinto. E costa poco metterlo in atto.