Un'altra ragazza scomparsa

jack-jackson

Utente di lunga data
Voi (plurale perché non dico a te come genitore, ma puoi rispondere come individuo) se vi sentiste così destabilizzati dalla fine di una storia o se vedeste un figlio o una figlia così sconvolti da fare pensieri suicidi oppure omicidi, magari non confidati a voi, ma a un amico che ve ne parla, cosa fareste?
Credo che un esperienza del genere, vissuta in prima persona, sia difficile da analizzare se non con l'auito esterno, sempre se cia sia o meno la consapevolezza di quel che si prova, delle proprie frustrazioni e delle proprie paure.
Da genitore non la prenderei tanto alla leggera come hanno fatto loro. Non so sei hai avuto modo di sentire l'intervista del padre, come risposta al figlio, dopo che lui gli ha confessato le proprie pulsioni suicide, ha detto più o meno così: "ma che vuoi che sia, vedrai che te ne troverai un altra"...
 

Brunetta

Utente di lunga data
Credo che un esperienza del genere, vissuta in prima persona, sia difficile da analizzare se non con l'auito esterno, sempre se cia sia o meno la consapevolezza di quel che si prova, delle proprie frustrazioni e delle proprie paure.
Da genitore non la prenderei tanto alla leggera come hanno fatto loro. Non so sei hai avuto modo di sentire l'intervista del padre, come risposta al figlio, dopo che lui gli ha confessato le proprie pulsioni suicide, ha detto più o meno così: "ma che vuoi che sia, vedrai che te ne troverai un altra"...
Ho chiesto cosa fareste voi.
Non di criticare genitori di cui si sono sentite tre frasi.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Non so cosa farei, ma sicuramente non lo lascerei solo… tu cosa faresti?
Lo porterei in un pronto soccorso psichiatrico.
Ma bisogna anche vedere se è in condizioni di venirci o se rifiuta.
 

Brunetta

Utente di lunga data

Brunetta

Utente di lunga data
Quello che di certo non farei è raccontare urbi et orbi che è stato portato al pronto soccorso psichiatrico e che è in cura.
 

Marjanna

Utente di lunga data
Credo che la Ricci intendesse analfabetismo sentimentale dell’assassino, non della vittima.
Si fanno molte polemiche per gli interventi dei giornalisti e di chiunque sui social.
Ma non sono convinta che determinino alcunché.
Basta vedere anche qui come ognuno cerchi solo conferme.
Per quanto mi riguarda vedo un giornalismo sempre più becero.
Il padre che balbettava durante "l’intervista" è sceso da casa perchè richiamato dall’avvocato, che gli ha citofonato (neppure chiamato al cellulare appartandosi dalla massa di giornalisti), avvocato che dovrebbe tutelare suo figlio, e che evidentemente si è trovato non preparato al turbinio mediatico a cui è stato messo davanti, tant’è che esegue quanto di fatto gli viene ordinato da giornalisti che ha davanti, che lo incalzano pressando perchè il padre scenda, dicendo cose come "se non scende gli dica che continueremo a stare qui", "è meglio per la sua famiglia, altrimenti come ne esce", "deve scendere e dirci..." bla bla bla. Sto uomo è sceso da solo, perchè la moglie neppure si reggeva in piedi, non sapendo cosa dire, completamente sconvolto e ha farneticato frasi. Ad una certa l’avvocato si sveglia e blocca "l’intervista".
 
Ultima modifica:

Koala

Utente di lunga data
Lo porterei in un pronto soccorso psichiatrico.
Ma bisogna anche vedere se è in condizioni di venirci o se rifiuta.
Io ti posso parlare da mamma di figlia… si era invaghita di un ragazzino che le proibiva anche di essere libera in casa sua, magari non poteva venire nel salotto se avevo ospiti, le impose di allontanarsi dalla sua migliore amica perché a lui non piaceva (ho scoperto dopo che il motivo era solo perché l’amica non vedeva, giustamente, di buon occhio il ragazzo) beh in primis ho parlato con mia figlia mettendola in guardia, poi ho chiamato il ragazzo avvertendolo di starle lontano e infine ho parlato con la mamma minacciandola, si proprio minacciandola, di sporre denuncia e trattandosi di minori sarebbe intervenuta l’assistenza sociale… il ragazzo non si è più visto… certo da ragazzini è più facile gestire la cosa
 

Brunetta

Utente di lunga data
Per quanto mi riguarda vedo un giornalismo sempre più becero.
Il padre che balbettava durante "l’intervista" è sceso da casa perchè richiamato dall’avvocato, che gli ha citofonato (neppure chiamato al cellulare appartandosi dalla massa di giornalisti), avvocato che dovrebbe tutelare suo figlio, e che evidentemente si è trovato non preparato al turbinio mediatico a cui è stato messo davanti, tant’è che esegue quanto di fatto gli viene ordinato da giornalisti che ha davanti, che lo incalzano pressando perchè il padre scenda, dicendo cose come "se non scende gli dica che continueremo a stare qui", "è meglio per la sua famiglia, altrimenti come ne esce", "deve scendere e dirci..." bla bla bla. Sto uomo è sceso da solo, perchè la moglie neppure si reggeva in piedi, non sapendo cosa dire, completamente sconvolto e ha farneticato frasi. Ad una certa l’avvocato si sveglia e blocca "l’intervista".
Non ho visto l’intervista.
I giornalisti sono sempre stati beceri.
Solo senza il supporto della diretta.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io ti posso parlare da mamma di figlia… si era invaghita di un ragazzino che le proibiva anche di essere libera in casa sua, magari non poteva venire nel salotto se avevo ospiti, le impose di allontanarsi dalla sua migliore amica perché a lui non piaceva (ho scoperto dopo che il motivo era solo perché l’amica non vedeva, giustamente, di buon occhio il ragazzo) beh in primis ho parlato con mia figlia mettendola in guardia, poi ho chiamato il ragazzo avvertendolo di starle lontano e infine ho parlato con la mamma minacciandola, si proprio minacciandola, di sporre denuncia e trattandosi di minori sarebbe intervenuta l’assistenza sociale… il ragazzo non si è più visto… certo da ragazzini è più facile gestire la cosa
È più facile quando va bene. E io sarei decisa come te eh.
Ma se lui l’aspetta sotto casa e la accoltella, la decisione non serve a niente.
Comunque io dicevo da genitore del ragazzo che manifesta disperazione e ruminazione.
 

Koala

Utente di lunga data
È più facile quando va bene. E io sarei decisa come te eh.
Ma se lui l’aspetta sotto casa e la accoltella, la decisione non serve a niente.
Comunque io dicevo da genitore del ragazzo che manifesta disperazione e ruminazione.
Io a quel punto non avrei nient’altro da perdere, farei esattamente la stessa cosa a lui… poi mi butto di sotto… la mamma ha altri figli da crescere io no…

per la questione del ragazzo te l’ho detto prima cosa farei, probabilmente… anche perché nelle situazioni ti ci devi trovare
 

Brunetta

Utente di lunga data
Io a quel punto non avrei nient’altro da perdere, farei esattamente la stessa cosa a lui… poi mi butto di sotto… la mamma ha altri figli da crescere io no…

per la questione del ragazzo te l’ho detto prima cosa farei, probabilmente… anche perché nelle situazioni ti ci devi trovare
Dicevo PRIMA.
Ho posto la domanda perché i commenti stanno virando ovunque sulla responsabilità dei genitori, come se avessero la possibilità di prevedere e come se (oltre a imporsi, come hai fatto tu) potessero fare qualcosa, oltre a cercare di trovare un aiuto psichiatrico.
 

Koala

Utente di lunga data
Dicevo PRIMA.
Ho posto la domanda perché i commenti stanno virando ovunque sulla responsabilità dei genitori, come se avessero la possibilità di prevedere e come se (oltre a imporsi, come hai fatto tu) potessero fare qualcosa, oltre a cercare di trovare un aiuto psichiatrico.
Io ti ho risposto sia col PRIMA che col DOPO
 

Marjanna

Utente di lunga data
Sì, ho visitato carceri in Italia, negli USA ed in altri posti e, poi, nella mia attività ho avuto contatti per lavoro, diciamo, con malviventi fuori e dentro la prigione.

Ho iniziato a 21 anni, studente di giurisprudenza, ero in campeggio all' isola Elba con la mia fidanzata (che sarebbe divenuta mia moglie) e visitai il penitenziario di Porto Azzurro. Gli altri amici erano andati a vedere la residenza di Napoleone, io ho preferito parlare con gli ergastolani . Gente interessante, sofferente e rassegnata, senza prospettive (allora, era davvero fine pena mai) con l'illusione della revisione o della grazia e tanta voglia di parlare.

Appena laureato, sono partito per il servizio di leva e sono stato assegnato in un centro di addestramento reclute dell'Esercito (fanteria) in Piemonte, IV Corpo d'Armata Alpino, dove confluivano per la maggior parte diciottenni da carceri minorili della Sardegna, Sicilia, e regioni del Sud. Caserma antica, con poco riscaldamento (dormivamo in tuta da combattimento, facendo uso delle 3 coperte di dotazione individuale), un freddo cane (anche -17°C), neve, rancio appena passabile, ufficiali ed istruttori per lo più stronzi, necessità di difenderti (con catene e coltelli), insomma un ambientino non piacevole. Ma, alla fine, salvo qualche eccezione ed una polmonite, lunghe ore per parlare tra noi di casa, delle famiglie e delle ragazze (specie, con quelli che ricevevano lettere delle fidanzate che li lasciavano, per approfittare della loro assenza e non rischiare le botte), un discreto cameratismo e solidarietà umana tra molti di noi.
Fuori della caserma no. Eravamo costretti a trascorrere le ore di libera uscita in divisa (requisiti gli abiti da civile), con una stellina sul cappotto d'ordinanza (le mostrine del corpo di assegnazione rinviate al termine dell'addestramento). Eravamo riconoscibilissimi e chiaramente visti con ostilità e prevenzione dalla popolazione locale (comprese le ragazze): un periodo vissuto da discriminato come lo erano i miei camerati, due mesi senza licenze (max due giorni) per quelli che, non pregiudicati o puniti, erano troppo lontani da casa. Venivamo controllati dalle ronde della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che rendevano difficili le poche ore di libera uscita.

Poi, per lavoro (non da arrestato, ci tengo a precisarlo) sono andato per colloqui in varie carceri italiane: per lo più, Sollicciano (FI), Regina Coeli (RM), Poggioreale (NA). Quando sono andato a studiare all'Università di California, ho avuto modo di visitare due penitenziari negli USA di massima sicurezza (uno federale ed uno statale). Il mio relatore di laurea faceva, pro bono, parte di un'associazione californiana per la tutela dei condannati a morte privi di mezzi (per lo più di colore ed ispanici) e mi ha portato con sé.

Tutte esperienze che mi hanno formato.



Non è una minaccia, è diverso.
Visiti una prigione da libero, ma hai un piccolo, piccolissimo assaggio di cosa aspettarti se ti metti nei guai. Una specie di vaccino. Non ti salva in assoluto ma aiuta dandoti un'idea.

Nella mia esperienza, ho conosciuto torme di violenti a parole e con gli indifesi. Con quelli che li trattano senza mostrare timore e con fermezza, la piantano subito. Perché i violenti sono spesso dei gran vigliacchi.

Molti anni fa, due nipoti di mia moglie, appena diciottenni, li portai a vedere dei processi in Corte d'Assise con imputati detenuti. Vedere uomini in gabbie, scortati da guardie penitenziarie ammanettati li impressionò molto. A distanza di anni, me lo ricordano e mi ringraziano. Probabilmente, qualche volta ci hanno pensato ed hanno filato dritti. Qualche loro amico, no.



C'è una diffusa idea che le leggi siano fatte per essere aggirate e che nessuno venga punito davvero. Che gli avvocati siano degli intrallazzatori ed opportunisti, che trovano sempre cavilli ed espedienti, ed i giudici dei corrotti o collusi. I poliziotti dei violenti e faziosi, quando non sono disonesti.

A parte i film, che si concentrano sui casi-limite, e chi ama raccontare storie eclatanti per le più svariate ragioni, spessissimo si esagera, qualche volta per interesse o per vanteria.
Poi, come capita nella vita, ci sono le eccezioni (penso ai casi Cucchi, Mollicone, E. Orlandi, tanto per fare esempi). O quei casi nei quali la verità è stata celata dietro il segreto di Stato (es. la strage di Ustica del DC-9 Itavia).

Certamente ci sono dei delinquenti anche tra gli operatori del settore giustizia, come in tutte le categorie (dai panettieri agli imprenditori).
Ma nella grande maggioranza essi sono onesti e fanno il loro lavoro secondo le loro capacità (grande o modesta che sia). Talvolta qualcuno fa il suo dovere con sofferenza silenziosa.

Se hai il dovere (costituzionale) di difendere anche uno che ha commesso un grave reato, talvolta gravissimo ed odioso, qualcuno lo deve fare. Non è facile, ma lo devi fare secondo coscienza.
Così arrestare qualcuno destinatario di un mandato di cattura, pure se sembra un poveraccio, incapace di violenza, che ti fa pena.
Un magistrato inquirente (che sostiene la pubblica accusa) deve formulare le accuse nel modo più preciso possibile, a prescindere da chi sia l'imputato. Sforzandosi di essere obiettivo.
Poi, un magistrato giudicante deve fare, forse, il lavoro più difficile e spesso ingrato: giudicare atti e comportamenti, incidendo nella vita di persone (anche solo patrimonialmente), sapendo che l'errore è sempre dietro l'angolo. E che qualche dubbio di essere incorso in sviste ti può venire di notte a complicare il sonno.

Il vero problema della giustizia italiana è che risulta terribilmente lenta. Quando la sentenza diviene definitiva le persone sono cambiate, le attività economiche possono essere cessate, e sembra quasi un'ingiustizia essere puniti dopo tanto tempo o trovarsi una decisione favorevole che non può essere eseguita utilmente.

Però, abbiamo un sistema penale che offre molte più garanzie di difesa di tanti paesi (USA compresi), se ti capitasse di essere inquisito. Che è un bene, spesso non compreso.

Infatti, la tentazione di una giustizia sommaria, ma rapida, cresce.
Ti ringrazio per la condivisione del tuo percorso, però mi sembra sia "tuo", insomma era parte comunque di un percorso di studi, anche come indole e interesse personali, ovvero tu sei arrivato già con uno sguardo, con un movimento a voler vedere dentro di te.
Oggi vi sono anche dei video, che mostrano cosa avviene dentro le carceri, per quanto credo sia comunque ben diverso dal viverlo come esperienza fisica, facendo quindi anche un percorso di entrata, con una visione non creata dal montaggio di un video.
In quanto alla formazione di ragazzi di sesso maschile, non so quanto potrebbe essere attuabile, di questi tempi.
Il periodo di leva invece per alcuni uomini non escludo possa essere parte di un percorso di formazione. Non mi è capitato molte volte di sentirne parlare, ma almeno per un mio ex e prima ancora per mio padre fu un periodo di vita che in qualche modo, sentendo le loro parole, mi è apparso formativo.
Non sono stupita del lavoro di difesa, che può svolgere un avvocato penalista, anche a fronte di una persona che la società vede solo come colpevole, non volevo dire questo con la frase che ho riportato.
 

Ginevra65

Moderatrice del cazzo
Staff Forum
Voi (plurale perché non dico a te come genitore, ma puoi rispondere come individuo) se vi sentiste così destabilizzati dalla fine di una storia o se vedeste un figlio o una figlia così sconvolti da fare pensieri suicidi oppure omicidi, magari non confidati a voi, ma a un amico che ve ne parla, cosa fareste?
Ne parlerei col medico curante e si cercherebbe di trovare il modo di farlo aiutare da uno specialista.

Mi sembra che dalla sofferenza personale passare ad odiare chi la causa il passo è breve
 

Marjanna

Utente di lunga data
Non ho visto l’intervista.
I giornalisti sono sempre stati beceri.
Solo senza il supporto della diretta.
Però tra loro ci sono genitori.
Tu chiedi cosa avrebbero fatto altri genitori, quando è evidente come manchi il riconoscimento in chi si trova persino in prossimità della vicenda.
Hanno chiesto al padre della ragazza di commentare l’assegnazione della laurea alla figlia.
Simbolicamente lodevole però... se sentissi porre un domanda simile ad un uomo che il giorno prima è andato a riconoscere il corpo straziato di sua figlia (e che un anno fa ha perso la sua compagna), a quella persona che pone la domanda chiederei se è scemo.
 

Brunetta

Utente di lunga data
Però tra loro ci sono genitori.
Tu chiedi cosa avrebbero fatto altri genitori, quando è evidente come manchi il riconoscimento in chi si trova persino in prossimità della vicenda.
Hanno chiesto al padre della ragazza di commentare l’assegnazione della laurea alla figlia.
Simbolicamente lodevole però... se sentissi porre un domanda simile ad un uomo che il giorno prima è andato a riconoscere il corpo straziato di sua figlia (e che un anno fa ha perso la sua compagna), a quella persona che pone la domanda chiederei se è scemo.
Sono scemi.
Subiscono pressioni tremendi per “tenere la scena“ e improvvisano.
Il punto è che noi, il pubblico, restiamo sintonizzati, sperando di avere notizie, che in realtà non ci sono e non possono esserci, se non continuando a chiedere particolari sconvolgenti.
Io non do colpe a noi, al pubblico, che segue notizie che scuotono emotivamente, ma i servizi rispondono a questo seguito.
 
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