La Gang del Pensiero di Tibor Fischer
Penso di aver comprato almeno una decina di copie, regalandole ad altrettanti amici. E diventa sempre più difficile trovarlo.
Nelle librerie lo piazzano tra i gialli/polizieschi. In realtà è un romanzo filosofico, che parla delle delusioni e della speranza, della passione e della rassegnazione, condito di una autoironia sagace e brillante che ne rende la lettura estremamente goduriosa, così come godurioso e amante della vita è, nonostante la sua apparente rassegnazione alle sconfitte della vita, il protagonista.
(Tradotto: ho riso fino alle lacrime)
Filosofo fallito e in fuga dalla sua patria, l'Inghilterra, Eddie Coffin si rifugia in Francia, dove incontrerà per caso l'altrettanto fallito e miserevole piccolo criminale Hubert.
Quasi per caso, cominceranno una sfolgorante carriera di rapinatori di banche ("Avere in mano una pistola è come essere automaticamente dalla parte del giusto in un dialogo socratico").
Romanzo talvolta amaro e amareggiato, condito però di una ironia feroce e disincantata, di umorismo colto ma per nulla snob (come fai a fare lo snob quando hai la sfortunata tendenza ad essere arrestato dalla polizia in costume adamitico?), la struttura è molto particolare e può renderne difficile il primo approccio.
Brevi paragrafi intercalano lo svolgimento della storia, conditi da titoli fantasiosi, da pensieri in libertà, da considerazioni e ricordi del protagonista che guarda le vicende che gli stanno accadendo con l'apparente noncuranza di chi ha già rinunciato a tutto, di chi ha -sembra- rinunciato a un futuro, mentre il flusso temporale balzella avanti e indietro con apparente noncuranza.
Fino a che la storia e lo stile (unico, brillante, originale, fantasioso, esuberante!) ti inchiodano e ti conducono fino alla fine, fino all'ultima pagina.
E scopriremo che -ma chi non lo sa?- "l'infinito è freddo e buio, e il vero calore non viene dalle stelle, ma dagli impacchi di pelle".