sienne
lucida-confusa
Facciamo che invece di fare il pistolotto, propongo qualche riflessione.
In quel libro Dawkins riprende l'idea di un biologo americano che prova a considerare l'intera Storia dell'Evoluzione non dal punto di vista delle specie e delle popolazioni, non del gruppo o dell'invidivuo (inteso come organismo), ma del singolo gene!
E, guarda un po', spostando tutta la prospettiva dal punto di vista di un singolo gene - che fa in primis quello che facciamo tutti noi "agglomerati", ovvero cerca di sopravvivere e "riprodursi" ereditariamente - non solo l'impianto funziona perfettamente, ma suggerisce un nuovo livello di lettura, ovvero quello che dà il titolo al libro: in sintesi, ha assolutamente senso immaginarci come "veicoli" o "macchinari pesanti" per i nostri geni, che dall'inizio non fanno altro che tutelare i propri interessi, a prescindere o a discapito di quelli dell'individuo e soprattutto della specie. Insomma, senza allungar troppo il brodo, non sarebbero materialmente gli individui a fare gli interessi del gruppo o della specie, la sopravvivenza della quale è "garantita" piuttosto dai geni di cui è portatrice: ricordate poi che una specie non ha mai un corredo genetico statico o definitivo. Il termine nasce per esigenze di classificazione, ma su larga scala il concetto perde via via di concretezza.
Con questa premessa apro la seguente riflessione. Il "controllo delle nascite" è un comportamento spontaneo in natura. Nel testo in questione si propone l'idea che il numero ideale di individui per popolazione sia un fattore determinato già a livello di "interesse genetico", ma il punto è che, a prescindere dalla prospettiva, in natura succede ed è sempre successo. Anzi, un altro autore che adoro - J. Diamond*, anch'esso biologo oltre a un sacco di altre cose - documenta anche il caso di popolazioni umane radicate in ambienti isolati e dalle risorse limitate che hanno elaborato spontaneamente una sorta di autoregolamentazione demografica (e di altre che non l'hanno fatto, estinguendosi).
Il punto è che in ogni specie esistono individui che diventano riproduttori e altri che non lo diventano in funzione di aspetti che trascendono il "destino personale". Anzi, anche i non riproduttori fanno parte di un progetto collettivo di sopravvivenza della specie. L'idea, insomma, che l'istinto di figliare debba presentarsi (o vada soddisfatto) comunque e per ogni individuo è concettualmente fuorviante.
Concludendo, il "controllo delle nascite" non è contro natura: E' natura, checchè se ne voglia dire.
Poi sia chiaro, esistono progetti per la sostenibilità dell'incremento demografico globale che io stesso reputo assai validi: il problema, al solito, è che non riesco a immaginare che li si voglia mettere in pratica davvero. Inoltre, io non credo che il botto si verificherà molto oltre la nostra generazione. E' probabilissimo, anzi, che noi ne vedremo almeno l'inizio.
Un saluto a tutti dal mio nuovo molare!!
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*Diamond ha scritto il ghiottissimo "Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere." (ideale sequel del più famoso "Armi, acciaio e malattie."), che fornisce qualche ulteriore spunto di riflessione su quali possano essere gli sviluppi prossimi futuri dell'andazzo planetario.
La lettura è sconsigliata a sienne!!![]()
Ciao
anche se non seguo più da tempo, questa letture che proponi la voglio leggere.
Interessante. Se uno ci pensa, la natura regolava prima dell'arrivo della medicina ecc.
E questa sul gene, è molto interessante. Anche se la libertà di pensiero e ambiente culturale,
sono fattori, che possono incidere sul gene ... fammi pensare.
Grazie ...
sienne