Io sono una delle donne che ha interloquito con sarastro.
Quoto fiammetta, e nobody. Per tutto il 3d. Scusatemi se non riporto i quote, sarebbe lunghissima.
Stamattina mi sono svegliata e ho controllato se dialogare mi avesse portato via parti che mi compongono...e...fiuuuu...no no. C'è tutto. :carneval:
Non ho neanche dovuto fare la doccia. Confrontarmi con la diversità, non mi ha resa tanto più diversa da come ero prima....altro fiuuu. :carneval:
Questo per dire, e lo dico da donna violentata che con la violenza ci ha avuto a che fare prima, durante e dopo, visto che la mia reazione è stata andare a rivalermi, che stigmatizzare allontanando non serve ad un cazzo.
Se non a proteggere se stessi. Da un qualcosa che risuona dentro e si ripercuote fuori, negli insulti, nel verbale e nello scritto. Come se la violenza fosse il segno sul corpo.
La violenza vive dentro. Ognuno. Poi ce lo si può negare e raccontarsi degli unicorni rosa, di quanto ognuno è buono e giusto. Di quanto si sta dalla parte giusta. Sotto la bandiera giusta.
E intanto le ragazzette non sanno riconoscere. Gli uomini non sanno riconoscere.
E si agisce per impulso e di pancia.
Una delle cose positive che ho imparato dalla violenza è che la sicurezza di non esserne toccati non c'è. Non siamo nel villaggio fatato. Neanche qui in italia.
E la violenza che esplode, a sberle, a pugni, col fuoco, parte nelle parole e le parole aprtono dalla negazione. Dalla non conoscenza.
Io non condivido lo stigma. Che mette tutto sotto il tappeto.
Violenza è un tabù. Non se ne parla. Non la si nomina. Poi esplode però. Fuori controllo.
Continuare a metterla fuori e lontana, sposta in là il limite dell'educazione al riconoscimento. In se stessi per poter riconoscere fuori.
Che farò anche la psicologa fastidiosa. Ma se non so vedere dentro di me, non so riconoscere fuori.
Detto questo. La violenza nasce anche nella censura. Nell'accettare le provocazioni, rispondendo con altre provocazioni. Nasce nel giudizio dell'altro. Nasce nel non sapere tenere una posizione pacifica e dialogica di fronte al diverso e al tanto diverso.
E questo non saper distinguere il comprendere dall'essere a favore è l'altra fonte.
La violenza nasce nell'ignoranza della violenza.
O, come i passanti di fronte alla ragazza bruciata, nel voler tenere distanza da tutte quelle situazioni che sono anticipatorie. E che neanche si sanno riconoscere.
Proprio perchè non si è educati.
Poi quando il danno è fatto, avanti di stigma e sdegno.
Che non servono ad un cazzo dopo.
Sono pronta a scommettere che di campaneli anticipatori ce ne siano stati, e tanti.
Ne raccolgo ogni volta che parlo con una donna che ha subito violenza di un qualche genere.
E non li ha visti. Come non li avevo visti io. Ma poi, a posteriori...brillano. E nutrono la vergogna e la colpa.
E l'incapacità di difendersi.
Che personalmente mi ha un po rotto il cazzo lo stigmatizzare gli uomini che vedono la donna come proprietà. E ce ne sono tanti. Senza mai voler pensare che se questi uomini trovano le donne da considerare proprietà, è perchè ci sono donne che questo lo accettano. E sono tante. visti i dati.
E da donna io vedo anche la responsabilità delle donne.
E da vittima lo dico con forza che quella responsabilità la voglio per me. Perchè riconoscersi nella responsabilità significa uscire dal ruolo di vittima, riprendere potere su se stesse e essere fiere di se stesse.
E non mi dilungo a spiegare la differenza fra l'assumersi la propria responsabilità nella propria vita, e il senso di colpa in cui spesso le donne annegano dopo essere state forzatamente nel ruolo di vittime.
Ecco. Stigmatizzare solo gli uomini, educati dalle donne fra l'altro e che stanno con le donne, è tenere le donne nel ruolo di vittime da difendere.
Se c'è un uomo che considera proprietà una donna c'è una donna che glielo lascia fare.
Dimenticarselo è solo cercare fuga da una situazione che riguarda la cultura, la storia del nostro paese.
Che io non dimentico che il paese in cui vivo è un paese che fino alla fine degli anni '90 ha considerato lo stupro un reato contro la morale.
E ancora ha lì una sentenza della cassazione che dice che una donna coi jeans ha compartecipato alla violenza subita.
Che ancora sostiene che una donna in minigonna è una che se la cerca.
E avanti così...