Stuprata a 7 anni, per il processo ne servono 20: il reato va in prescrizione

brenin

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Staff Forum
Il ministero della Giustizia ha deciso di avviare accertamenti sul caso del proscioglimento per prescrizione dello stupratore di una bambina dopo un processo lungo 20 anni: l’ispettorato del ministero avrebbe disposto accertamenti preliminari per acquisire informazioni.

Alla fine della scorsa settimana, una giudice della corte d’Appello di Torino, Paola Dezani, si era «scusata con il popolo italiano» nell’emettere la sentenza, dopo che in primo grado l’uomo era stato condannato a 12 anni di carcere dal tribunale di Alessandria.

La vicenda riguarda una donna che oggi ha 27 anni, che quando ne aveva 7 fu violentata dal convivente della madre: gli abusi si verificavano quando la donna affidava la figlia all’uomo per andare al lavoro. La piccola, trovata per strada, era stata portata in ospedale, dove le avevano riscontrato traumi da abusi e addirittura infezioni sessualmente trasmesse.

Dopo il processo di primo grado, da Alessandria gli atti rimbalzano a Torino per il secondo, ma servono ancora 9 anni per fissare il processo: la data dell’udienza della settimana scorsa è stata fissata soltanto nel 2016, quando il presidente della corte d’Appello, allarmato per la lentezza dei procedimenti, ne ha “redistribuito” alcuni. Ma la prescrizione era ormai già intervenuta.

In aula, a sostenere l'accusa della procura generale, è sceso l'avvocato generale Giorgio Vitari. "Ha espresso lui per primo il rammarico della procura generale per i lunghi tempi trascorsi - spiega il procuratore generale, Francesco Saluzzo - Questo procedimento è ora oggetto della valutazione mia e del presidente della Corte d'Appello. È durato troppo in primo grado, dal 1997 al 2007. Poi ha atteso per nove anni di essere fissato in secondo".

Fino a quando dureranno queste sconcezze ? Fino a quando si dovrà ancora sopportare che una casta di intoccabili si surroghi il diritto di infierire ancora una volta sulle vittime ? Quanto ancora bisognerà aspettare prima che si faccia piazza pulita ? E se la bambina fosse stata figlia,familiare o conoscente di un giudice, pensate forse che il processo sarebbe caduto in pescrizione ?
 
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perplesso

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Staff Forum
sono 25 anni che sento di ispezioni in procura ed in tribunale per ogni notizia del genere. attendo ancora di leggere che un PM o un GUP o un GIP o un giudice di primo-secondo grado sono stati licenziati per accertata inefficienza-imperizia o peggio.

insomma alla fine ste ispezioni sono come l'opera di quello che doveva fare la revisioni degli emolumenti dei parlamentari. tanto rumore per nulla.
 

ologramma

Utente di lunga data
Il ministero della Giustizia ha deciso di avviare accertamenti sul caso del proscioglimento per prescrizione dello stupratore di una bambina dopo un processo lungo 20 anni: l’ispettorato del ministero avrebbe disposto accertamenti preliminari per acquisire informazioni.

Alla fine della scorsa settimana, una giudice della corte d’Appello di Torino, Paola Dezani, si era «scusata con il popolo italiano» nell’emettere la sentenza, dopo che in primo grado l’uomo era stato condannato a 12 anni di carcere dal tribunale di Alessandria.

La vicenda riguarda una donna che oggi ha 27 anni, che quando ne aveva 7 fu violentata dal convivente della madre: gli abusi si verificavano quando la donna affidava la figlia all’uomo per andare al lavoro. La piccola, trovata per strada, era stata portata in ospedale, dove le avevano riscontrato traumi da abusi e addirittura infezioni sessualmente trasmesse.

Dopo il processo di primo grado, da Alessandria gli atti rimbalzano a Torino per il secondo, ma servono ancora 9 anni per fissare il processo: la data dell’udienza della settimana scorsa è stata fissata soltanto nel 2016, quando il presidente della corte d’Appello, allarmato per la lentezza dei procedimenti, ne ha “redistribuito” alcuni. Ma la prescrizione era ormai già intervenuta.

In aula, a sostenere l'accusa della procura generale, è sceso l'avvocato generale Giorgio Vitari. "Ha espresso lui per primo il rammarico della procura generale per i lunghi tempi trascorsi - spiega il procuratore generale, Francesco Saluzzo - Questo procedimento è ora oggetto della valutazione mia e del presidente della Corte d'Appello. È durato troppo in primo grado, dal 1997 al 2007. Poi ha atteso per nove anni di essere fissato in secondo".

Fino a quando dureranno queste sconcezze ? Fino a quando si dovrà ancora sopportare che una casta di intoccabili si surroghi il diritto di infierire ancora una volta sulle vittime ? Quanto ancora bisognerà aspettare prima che si faccia piazza pulita ? E se la bambina fosse stata figlia,familiare o conoscente di un giudice, pensate forse che il proceso sarebbe caduto in pescrizione ?
.
Obbrobri della giustizia italiana , se hai ascoltato l'avvocatessa Buongirono intervistata nella trasmissione RAI uno stamattina ne ha dette per tutti sia in merito della prescrizione e della durata dei processi , e dato che ci sono chi critica si al'uno che l'altro è un motivo di rimandare un problema e non cercare di risolverlo e se capitasse che qualcuno vuol metterci mano eccoli li che la magistratura vede il tutto come una ingerenza verso il loro operato poi se non avviene dicono che il parlamento deve far le leggi , ma mi dici che nel caso citato le leggi c'erano o no?
Che schifo
 

brenin

Utente
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sono 25 anni che sento di ispezioni in procura ed in tribunale per ogni notizia del genere. attendo ancora di leggere che un PM o un GUP o un GIP o un giudice di primo-secondo grado sono stati licenziati per accertata inefficienza-imperizia o peggio.

insomma alla fine ste ispezioni sono come l'opera di quello che doveva fare la revisioni degli emolumenti dei parlamentari. tanto rumore per nulla.
.
Obbrobri della giustizia italiana , se hai ascoltato l'avvocatessa Buongirono intervistata nella trasmissione RAI uno stamattina ne ha dette per tutti sia in merito della prescrizione e della durata dei processi , e dato che ci sono chi critica si al'uno che l'altro è un motivo di rimandare un problema e non cercare di risolverlo e se capitasse che qualcuno vuol metterci mano eccoli li che la magistratura vede il tutto come una ingerenza verso il loro operato poi se non avviene dicono che il parlamento deve far le leggi , ma mi dici che nel caso citato le leggi c'erano o no?
Che schifo
Spero di esserci quel giorno in cui si sarà definitivamente risolto il problema, e se ci sarà da dare nel frattempo una mano non mi tirerò indietro .

Breve OT @perplesso sullo stadio dell'Atletico.... devo approfondire ancora qualcosa, poi posto ( sembra ci sia un buco di bilancio... ).
 
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Woland

Utente di lunga data
Il ministero della Giustizia ha deciso di avviare accertamenti sul caso del proscioglimento per prescrizione dello stupratore di una bambina dopo un processo lungo 20 anni: l’ispettorato del ministero avrebbe disposto accertamenti preliminari per acquisire informazioni.

Alla fine della scorsa settimana, una giudice della corte d’Appello di Torino, Paola Dezani, si era «scusata con il popolo italiano» nell’emettere la sentenza, dopo che in primo grado l’uomo era stato condannato a 12 anni di carcere dal tribunale di Alessandria.

La vicenda riguarda una donna che oggi ha 27 anni, che quando ne aveva 7 fu violentata dal convivente della madre: gli abusi si verificavano quando la donna affidava la figlia all’uomo per andare al lavoro. La piccola, trovata per strada, era stata portata in ospedale, dove le avevano riscontrato traumi da abusi e addirittura infezioni sessualmente trasmesse.

Dopo il processo di primo grado, da Alessandria gli atti rimbalzano a Torino per il secondo, ma servono ancora 9 anni per fissare il processo: la data dell’udienza della settimana scorsa è stata fissata soltanto nel 2016, quando il presidente della corte d’Appello, allarmato per la lentezza dei procedimenti, ne ha “redistribuito” alcuni. Ma la prescrizione era ormai già intervenuta.

In aula, a sostenere l'accusa della procura generale, è sceso l'avvocato generale Giorgio Vitari. "Ha espresso lui per primo il rammarico della procura generale per i lunghi tempi trascorsi - spiega il procuratore generale, Francesco Saluzzo - Questo procedimento è ora oggetto della valutazione mia e del presidente della Corte d'Appello. È durato troppo in primo grado, dal 1997 al 2007. Poi ha atteso per nove anni di essere fissato in secondo".

Fino a quando dureranno queste sconcezze ? Fino a quando si dovrà ancora sopportare che una casta di intoccabili si surroghi il diritto di infierire ancora una volta sulle vittime ? Quanto ancora bisognerà aspettare prima che si faccia piazza pulita ? E se la bambina fosse stata figlia,familiare o conoscente di un giudice, pensate forse che il processo sarebbe caduto in pescrizione ?
1) Che schifo, che vergogna.

2) No.
 

brenin

Utente
Staff Forum
.
Obbrobri della giustizia italiana , se hai ascoltato l'avvocatessa Buongirono intervistata nella trasmissione RAI uno stamattina ne ha dette per tutti sia in merito della prescrizione e della durata dei processi , e dato che ci sono chi critica si al'uno che l'altro è un motivo di rimandare un problema e non cercare di risolverlo e se capitasse che qualcuno vuol metterci mano eccoli li che la magistratura vede il tutto come una ingerenza verso il loro operato poi se non avviene dicono che il parlamento deve far le leggi , ma mi dici che nel caso citato le leggi c'erano o no?
Che schifo
1) Che schifo, che vergogna.

2) No.
Appunto, uno schifo.... il ministro dovrebbe cacciare chi ha causato tutto ciò, ma non lo farà, ed allora perchè non se ne va lui che è il guardasigilli, responsabile ( con i suoi predecessori ) dello sfascio della giustizia nel nostro paese ?
 

perplesso

Administrator
Staff Forum
Appunto, uno schifo.... il ministro dovrebbe cacciare chi ha causato tutto ciò, ma non lo farà, ed allora perchè non se ne va lui che è il guardasigilli, responsabile ( con i suoi predecessori ) dello sfascio della giustizia nel nostro paese ?
perchè se conosci la macchina della giustizia italiana sai che il ministro potrebbe essere chiunque, ma cambia poco.

conta quello che gli americani chiamano lo stato profondo, quelli che qui una volta si chiamavano i boiardi di stato.

è la fascia alta della dirigenza ministeriale il problema. un ministro per incidere dovrebbe poter rimuovere i vertici ministeriali.

tu sai che non si è mai riusciti ad imporre un orario d'ufficio per i giorni non di udienza ai magistrati? prova a fare un giro alle 15 in un qualsiasi ufficio di procura o di tribunale italiano e conta quanti magistrati sono in ufficio.

già in quel modo sai come mai tanti processi vanno prescritti.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Queste sono le cose che quando leggo articoli come quelli del fatto quotidiano sulla russia, sensazionalismo quello ma sensazionalismo anche questo, mi fanno ricordare che è veramente stupido l'uso del guardar fuori per consolarsi del dentro.

Come se attraverso il paragone, in cui il "fuori", "l'altro" in buona sostanza, ne esce inferiore, arretrato, politically scorrect,allora il "dentro", "ognun se stesso" in buona sostanza, ne uscisse migliorato senza fare un benamato cazzo.

Come se fosse assolutorio il dentro, cercare un fuori peggiore. Senza mai ovviamente riuscire ad avere una visione di insieme.

Mi fa davvero arrabbiare, talmente tanto che a volte semplicemente decido di non guardare, decido scientemente di chiudere gli occhi e farmi i cazzi miei. Ma poi resta un senso di impotenza, uno schifo ed una nausea della mia accidia e del mio tentativo di indifferenza che non riesco a tollerare. E ovviamente mi incazzo :D

Non riesco proprio a dimenticare che questo paese fino alla metà degli anni '80 considerava civile ed evoluto il delitto d'onore, tanto da averlo nella legislazione. E che fino alla fine degli anni '90 ha considerato lo stupro un reato contro la morale, e non contro la persona.

E continuo a sostenere, anche seguendo allegramente il politically scorrect che non sono i politicanti. (eletti dal popolo). E nemmeno la magistratura. (semplici individui nati, cresciuti, educati e acculturati dal popolo).

Ma è una responsabilità condivisa di e da una cazzo di cultura, anche e soprattutto femminile, visto che in questo paese evoluto in una stima al ribasso il 60% dell'educazione a tutti i livelli, non accademici of course, è affidata alle femmine, che lo sono prima ancora che essere donne.

E la donna in questione se l'è comunque arrangiata. Da sola. Come da sola si è fatta trovare per strada a 7 anni. E come tante donne che sono state molestate, abusate, violentate, stuprate...tutte parole che in fondo sono raccolte in una unica parola, negate. Negate anticamente. E ben prima dell'agito in sè.

E non mi viene la pena del "poverino"...che mi fa invece incazzare come una bestia.

Che è l'altro risvolto di questa cultura in cui "poverina", "poverino" diventano una di quelle parole per schierarsi da qualche parte, contro qualcuno, in cerca di nuovo di una assoluzione dal fare nella compassione. E non invece CON-dividere.

Anche il dolore.
In particolare il dolore.

Come se condividere il dolore fosse consolare...fare il tifo che il dolore passi in fretta.
E invece il dolore ha semplicemente i suoi tempi e i suoi insegnamenti.
E ha soprattutto la necessità di essere accolto. E non scansato come un mostro. Come ombra.

Questa evoluta cultura ha invece trasformato il dolore in un mostro..da evitare, con la pastiglietta per il mal di testa..e in una sorta di punizione...
Retaggi perversi resi attuali. Dal mio punto di vista.
Perversi nell'ordine naturale delle cose, dove il dolore e la morte sono parte della vita, dove hanno una posizione di onore e fierezza. Dove le cicatrici rendono visibile l'esperienza.

Mi ha sempre fatto arrabbiare.

Prima di essere violentata.
La compassione del cazzo di quando te stai male e intorno ti fanno pat-pat sulla spalla, chiedendoti implicitamente di smetterla di soffrire. Che il tuo dolore è il mostro che si riflette nel dolore di chi sta guardando. E quel mostro non lo si vuol sentire, non lo si vuol vedere...sia mai risvegli il proprio.

E dopo essere stata violentata.
Quando una delle motivazioni al silenzio, il mio, ha riguardato, anche vigliaccamente, esattamente questo.
Non vedere negli occhi di chi guardava il rifiuto del mostro che si risveglia, non sentire negli abbracci la richiesta implicita di smetterla di risvegliare il dolore mostrando il proprio, la compassione del cazzo di chi semplicemente non vuole sentire, vedere, guardare e rimanda a soluzioni assolute. Come se esistesse una strada unica ed univoca per riemergere da certi abissi.

E anche adesso, quando leggo queste cose usate in questo modo becero e volgare dall'informazione nazionale che avrebbe anche un compito formativo oltre che informativo (persi entrambi dal mio punto di vista) mi sale quella rabbia verso l'accidia, la vigliaccheria.

E mi chiedo il senso dell'onore e della fierezza delle cicatrici chissà dove cazzo è andato a infilarsi.

Quest'articolo sarebbe anche interessante, se fosse bilanciato da una educazione vera e pervasiva e perversa, che a donne come quella bambina rendesse onore. Che portasse fuori il valore di una cicatrice e non il "poverina" del cazzo.

Mi ricordo @Brunetta che una volta parlava della caduta degli eroi...gli eroi esistono soltanto quando e dove il dolore e le cicatrici simboleggiano la bellezza dell'aver combattuto e di portarne i segni.
Noi viviamo in un posto in cui, invece, la bellezza è la pellicola esterna deputata a nascondere le brutture. Che fanno proprio brutto nel salotto buono...quello come l'aveva mia nonna, che metteva la plastica sul divano bello per non rovinarlo...e faceva sedere gli ospiti sulle sedie in cucina. Ma il divano era ben conservato...ed era pure cristiana...chissà dove cazzo aveva messo l'insegnamento della parabola dei talenti.
 
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brenin

Utente
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Queste sono le cose che quando leggo articoli come quelli del fatto quotidiano sulla russia, sensazionalismo quello ma sensazionalismo anche questo, mi fanno ricordare che è veramente stupido l'uso del guardar fuori per consolarsi del dentro.

Come se attraverso il paragone, in cui il "fuori", "l'altro" in buona sostanza, ne esce inferiore, arretrato, politically scorrect,allora il "dentro", "ognun se stesso" in buona sostanza, ne uscisse migliorato senza fare un benamato cazzo.

Come se fosse assolutorio il dentro, cercare un fuori peggiore. Senza mai ovviamente riuscire ad avere una visione di insieme.

Mi fa davvero arrabbiare, talmente tanto che a volte semplicemente decido di non guardare, decido scientemente di chiudere gli occhi e farmi i cazzi miei. Ma poi resta un senso di impotenza, uno schifo ed una nausea della mia accidia e del mio tentativo di indifferenza che non riesco a tollerare. E ovviamente mi incazzo :D

Non riesco proprio a dimenticare che questo paese fino alla metà degli anni '80 considerava civile ed evoluto il delitto d'onore, tanto da averlo nella legislazione. E che fino alla fine degli anni '90 ha considerato lo stupro un reato contro la morale, e non contro la persona.

E continuo a sostenere, anche seguendo allegramente il politically scorrect che non sono i politicanti. (eletti dal popolo). E nemmeno la magistratura. (semplici individui nati, cresciuti, educati e acculturati dal popolo).

Ma è una responsabilità condivisa di e da una cazzo di cultura, anche e soprattutto femminile, visto che in questo paese evoluto in una stima al ribasso il 60% dell'educazione a tutti i livelli, non accademici of course, è affidata alle femmine, che lo sono prima ancora che essere donne.

E la donna in questione se l'è comunque arrangiata. Da sola. Come da sola si è fatta trovare per strada a 7 anni. E come tante donne che sono state molestate, abusate, violentate, stuprate...tutte parole che in fondo sono raccolte in una unica parola, negate. Negate anticamente. E ben prima dell'agito in sè.

E non mi viene la pena del "poverino"...che mi fa invece incazzare come una bestia.

Che è l'altro risvolto di questa cultura in cui "poverina", "poverino" diventano una di quelle parole per schierarsi da qualche parte, contro qualcuno, in cerca di nuovo di una assoluzione dal fare nella compassione. E non invece CON-dividere.

Anche il dolore.
In particolare il dolore.

Come se condividere il dolore fosse consolare...fare il tifo che il dolore passi in fretta.
E invece il dolore ha semplicemente i suoi tempi e i suoi insegnamenti.
E ha soprattutto la necessità di essere accolto. E non scansato come un mostro. Come ombra.

Questa evoluta cultura ha invece trasformato il dolore in un mostro..da evitare, con la pastiglietta per il mal di testa..e in una sorta di punizione...
Retaggi perversi resi attuali. Dal mio punto di vista.
Perversi nell'ordine naturale delle cose, dove il dolore e la morte sono parte della vita, dove hanno una posizione di onore e fierezza. Dove le cicatrici rendono visibile l'esperienza.

Mi ha sempre fatto arrabbiare.

Prima di essere violentata.
La compassione del cazzo di quando te stai male e intorno ti fanno pat-pat sulla spalla, chiedendoti implicitamente di smetterla di soffrire. Che il tuo dolore è il mostro che si riflette nel dolore di chi sta guardando. E quel mostro non lo si vuol sentire, non lo si vuol vedere...sia mai risvegli il proprio.

E dopo essere stata violentata.
Quando una delle motivazioni al silenzio, il mio, ha riguardato, anche vigliaccamente, esattamente questo.
Non vedere negli occhi di chi guardava il rifiuto del mostro che si risveglia, non sentire negli abbracci la richiesta implicita di smetterla di risvegliare il dolore mostrando il proprio, la compassione del cazzo di chi semplicemente non vuole sentire, vedere, guardare e rimanda a soluzioni assolute. Come se esistesse una strada unica ed univoca per riemergere da certi abissi.

E anche adesso, quando leggo queste cose usate in questo modo becero e volgare dall'informazione nazionale che avrebbe anche un compito formativo oltre che informativo (persi entrambi dal mio punto di vista) mi sale quella rabbia verso l'accidia, la vigliaccheria.

E mi chiedo il senso dell'onore e della fierezza delle cicatrici chissà dove cazzo è andato a infilarsi.

Quest'articolo sarebbe anche interessante, se fosse bilanciato da una educazione vera e pervasiva e perversa, che a donne come quella bambina rendesse onore. Che portasse fuori il valore di una cicatrice e non il "poverina" del cazzo.

Mi ricordo @Brunetta che una volta parlava della caduta degli eroi...gli eroi esistono soltanto quando e dove il dolore e le cicatrici simboleggiano la bellezza dell'aver combattuto e di portarne i segni.
Noi viviamo in un posto in cui, invece, la bellezza è la pellicola esterna deputata a nascondere le brutture. Che fanno proprio brutto nel salotto buono...quello come l'aveva mia nonna, che metteva la plastica sul divano bello per non rovinarlo...e faceva sedere gli ospiti sulle sedie in cucina. Ma il divano era ben conservato...ed era pure cristiana...chissà dove cazzo aveva messo l'insegnamento della parabola dei talenti.
L’indifferenza, la freddezza nei confronti del dolore altrui, della sofferenza, mi fa paura, mi spaventa più della violenza.
Questo tipo di atteggiamento è un segnale della china pericolosa che sta prendendo la nostra società.
"L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti“ , scriveva Gramsci;
L’indifferenza è un male oscuro che divora l’umanità, che spiazza, che divora la società civile, come scrisse Elie Wiesel

" “Sono molte le atrocità nel mondo e moltissimi i pericoli:
Ma di una cosa sono certo: il male peggiore è l’indifferenza.
Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza;
il contrario della vita non è la morte, ma l’indifferenza;
il contrario dell’intelligenza non è la stupidità, ma l’indifferenza.
E’ contro di essa che bisogna combattere con tutte
le proprie forze.
E per farlo un’arma esiste: l’educazione.
Bisogna praticarla. diffonderla, condividerla, esercitarla
sempre e dovunque.
Non arrendersi mai”.

Perchè ho postato questa vergognosa notizia.... la violenza è sempre deprecabile, ma quando le vittime sono donne e bambini indifesi la nausea ed il disgusto per l'immobilismo,l'indifferenza,il comodo conformismo ed ancora il rifiuto di assumersi le proprie responsabilità ( a cominciare dal violento,dalle forze dell'ordine,dai giudici ), il rendere ancora violenza ( perchè nel caso in questione si tratta di un'altra violenza contro chi aveva il diritto ad avere giustizia ) con queste sentenze passate nel nostro paese pressochè inosservate, ebbene tutto ciò mi fa sentire inutilmente impotente,inutile e nonostante ciò anch'io colpevole come tutti dovrebbero sentirsi.
E la rabbia è forte,non riesco a girare la testa e far finta di niente, è un disagio che sembra inarrestabile unito alla tristezza nel vedere che la nostra società ha intrapreso un declino inarrestabile. La nostra vita è condita da gerarchie più o meno visibili,ma comunque esistenti: sul lavoro,nella vita di tutti i giorni,ci rendiamo perfettamente conto che viviamo in un sistema gerarchico/piramidale dove tutti, a cominciare da noi stessi,siamo chiamati ad assolvere i compiti che ci sono stati assegnati. Ebbene, non è così per tutti, non dobbiamo illuderci perchè ormai la cultura dilagante " del poverino/a " è una vera e propria autoassoluzione che li fa sentire bene, in attesa di elargire ancora la solita verbale compassione alla prossima vittima.

Il dolore.... prima che essere accolto, va riconosciuto. E riconoscerlo vuol dire muoversi in punta di piedi,riuscire ad accarezzare l'anima dell'altra persona , vuol dire - prima di accogliere l'altro - accogliere lo stesso dolore in noi stessi perchè senza una vera,sentita e profonda condivisione non c'è nulla,solo algido e devastante formalismo.

L'onore e la fierezza delle cicatrici ben difficilmente verranno riconosciuti, direi che è molto difficile, perchè mettono a disagio,richiamano le persone superficiali ad aspetti della vita che loro non hanno vissuto e che - questo lo sanno benissimo - molto probabilmente non avrebbero nemmeno saputo gestire, e tutto ciò li fa sentire a disagio, ed è un disagio il loro ( bada bene,derivante da cicatrici di altri, non le loro ) che li angoscia e che almeno per qualche secondo li mette davanti alla pochezza delle loro persone. E ci si deve rassegnare ( salvo casi sporadici ) a questi comportamenti, perchè molti antepongono una " facciata esterna " sempre ammirevolmente luccicante a momenti di condivisione sincera e benefica per chi la riceve, e penso anche che queste cicatrici, in fondo in fondo, a molti di loro diano fastidio,siano una seccatura,perchè alterano o potrebbero alterare il mondo perfetto dove pensano di vivere.

Personalmente non mi sono mai aspettato niente, le cicatrici ( per niente paragonabili al tema del 3D ) me le sono
tenute a memoria di quello che ero e come sono riuscito ad uscirne, e sono tuttora inseparabili compagne di viaggio.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
L’indifferenza, la freddezza nei confronti del dolore altrui, della sofferenza, mi fa paura, mi spaventa più della violenza.
Questo tipo di atteggiamento è un segnale della china pericolosa che sta prendendo la nostra società.
"L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti“ , scriveva Gramsci;
L’indifferenza è un male oscuro che divora l’umanità, che spiazza, che divora la società civile, come scrisse Elie Wiesel

" “Sono molte le atrocità nel mondo e moltissimi i pericoli:
Ma di una cosa sono certo: il male peggiore è l’indifferenza.
Il contrario dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza;
il contrario della vita non è la morte, ma l’indifferenza;
il contrario dell’intelligenza non è la stupidità, ma l’indifferenza.
E’ contro di essa che bisogna combattere con tutte
le proprie forze.
E per farlo un’arma esiste: l’educazione.
Bisogna praticarla. diffonderla, condividerla, esercitarla
sempre e dovunque.
Non arrendersi mai”.

Perchè ho postato questa vergognosa notizia.... la violenza è sempre deprecabile, ma quando le vittime sono donne e bambini indifesi la nausea ed il disgusto per l'immobilismo,l'indifferenza,il comodo conformismo ed ancora il rifiuto di assumersi le proprie responsabilità ( a cominciare dal violento,dalle forze dell'ordine,dai giudici ), il rendere ancora violenza ( perchè nel caso in questione si tratta di un'altra violenza contro chi aveva il diritto ad avere giustizia ) con queste sentenze passate nel nostro paese pressochè inosservate, ebbene tutto ciò mi fa sentire inutilmente impotente,inutile e nonostante ciò anch'io colpevole come tutti dovrebbero sentirsi.
E la rabbia è forte,non riesco a girare la testa e far finta di niente, è un disagio che sembra inarrestabile unito alla tristezza nel vedere che la nostra società ha intrapreso un declino inarrestabile. La nostra vita è condita da gerarchie più o meno visibili,ma comunque esistenti: sul lavoro,nella vita di tutti i giorni,ci rendiamo perfettamente conto che viviamo in un sistema gerarchico/piramidale dove tutti, a cominciare da noi stessi,siamo chiamati ad assolvere i compiti che ci sono stati assegnati. Ebbene, non è così per tutti, non dobbiamo illuderci perchè ormai la cultura dilagante " del poverino/a " è una vera e propria autoassoluzione che li fa sentire bene, in attesa di elargire ancora la solita verbale compassione alla prossima vittima.

Il dolore.... prima che essere accolto, va riconosciuto. E riconoscerlo vuol dire muoversi in punta di piedi,riuscire ad accarezzare l'anima dell'altra persona , vuol dire - prima di accogliere l'altro - accogliere lo stesso dolore in noi stessi perchè senza una vera,sentita e profonda condivisione non c'è nulla,solo algido e devastante formalismo.

L'onore e la fierezza delle cicatrici ben difficilmente verranno riconosciuti, direi che è molto difficile, perchè mettono a disagio,richiamano le persone superficiali ad aspetti della vita che loro non hanno vissuto e che - questo lo sanno benissimo - molto probabilmente non avrebbero nemmeno saputo gestire, e tutto ciò li fa sentire a disagio, ed è un disagio il loro ( bada bene,derivante da cicatrici di altri, non le loro ) che li angoscia e che almeno per qualche secondo li mette davanti alla pochezza delle loro persone. E ci si deve rassegnare ( salvo casi sporadici ) a questi comportamenti, perchè molti antepongono una " facciata esterna " sempre ammirevolmente luccicante a momenti di condivisione sincera e benefica per chi la riceve, e penso anche che queste cicatrici, in fondo in fondo, a molti di loro diano fastidio,siano una seccatura,perchè alterano o potrebbero alterare il mondo perfetto dove pensano di vivere.

Personalmente non mi sono mai aspettato niente, le cicatrici ( per niente paragonabili al tema del 3D ) me le sono
tenute a memoria di quello che ero e come sono riuscito ad uscirne, e sono tuttora inseparabili compagne di viaggio.
Sono d'accordo...l'indifferenza mi spaventa moltissimo.

Ci ho provato, fra l'altro, ad essere indifferente. E' angoscioso per me.
Non riesco a capire come non lo possa essere. Angoscioso intendo.
Non capisco come non possa essere riconosciuta la morte della curiosità, nell'indifferenza.

E per certi versi è stata una sorta di perdita dell'innocenza, mia, accettare che invece non è così per tutti.

Tendo a diventare molto dura e cattiva. Con l'indifferenza. E con le manipolazioni che ne conseguono.
Che la manipolazione del dolore per scopi altri dal dolore, veramente scatena in me una collera di cui a volte ho timore io stessa. Ma che non ho più intenzione di reprimere.

E quando sono lì...mi dimentico la pietà. Mi dimentico la comprensione. Voglio dimenticarle.
Perchè non riesco e non voglio ignorare l'ignavia. La stupidità.

Non sono tollerante nei confronti di chi strumentalizza il dolore, un dolore collettivo al di sopra dei generi, per scopi meschini. Materiali. Indegni del dolore stesso.
Non sono buona. E non desidero esserlo.

Quanto alle cicatrici...ho sempre percepito il disagio di chi le guardava. E me ne sono sempre fatta carico, cercando di alleggerire il disagio, proprio in virtù del fatto che io, avendo le cicatrici, ero in un qualche modo più in grado di tollerarne la vista. Ed è anche così. Ma...ho imparato che il disagio altrui non è affar mio. Nel senso che non è un qualcosa a cui devo fare attenzione io. Non è mio quel disagio. E' di chi lo prova. E il modo di provarlo o meno da a me informazioni su chi ho davanti. Sul fatto che merita il mio rispetto o no.

E il rispetto non è gratis. Se non sai farti carico del disagio...ti rispetto in quanto essere vivente, come rispetto una pianta, un gatto...ma non ti ritengo mio pari.
E non è un discorso di superiorità o inferiorità. Semplicemente non puoi camminarmi vicino.

La cosa veramente nuova per me, è rendermi conto che non sono sbagliata io che porto le cicatrici e le voglio lasciar esposte e non è sbagliato chi non sa reggerne la vista.
Semplicemente non apparteniamo allo stesso "mondo" dello spirito. Non esporre le cicatrici, vivere in una cultura che non le vuole vedere, rende monca la possibilità di riconoscimento reciproco...è appiattimento sociale.

E' rendere tutti uguali. Ma non siamo tutti uguali.
 

brenin

Utente
Staff Forum
Sono d'accordo...l'indifferenza mi spaventa moltissimo.

Ci ho provato, fra l'altro, ad essere indifferente. E' angoscioso per me.
Non riesco a capire come non lo possa essere. Angoscioso intendo.
Non capisco come non possa essere riconosciuta la morte della curiosità, nell'indifferenza.

E per certi versi è stata una sorta di perdita dell'innocenza, mia, accettare che invece non è così per tutti.

Tendo a diventare molto dura e cattiva. Con l'indifferenza. E con le manipolazioni che ne conseguono.
Che la manipolazione del dolore per scopi altri dal dolore, veramente scatena in me una collera di cui a volte ho timore io stessa. Ma che non ho più intenzione di reprimere.

E quando sono lì...mi dimentico la pietà. Mi dimentico la comprensione. Voglio dimenticarle.
Perchè non riesco e non voglio ignorare l'ignavia. La stupidità.

Non sono tollerante nei confronti di chi strumentalizza il dolore, un dolore collettivo al di sopra dei generi, per scopi meschini. Materiali. Indegni del dolore stesso.
Non sono buona. E non desidero esserlo.

Quanto alle cicatrici...ho sempre percepito il disagio di chi le guardava. E me ne sono sempre fatta carico, cercando di alleggerire il disagio, proprio in virtù del fatto che io, avendo le cicatrici, ero in un qualche modo più in grado di tollerarne la vista. Ed è anche così. Ma...ho imparato che il disagio altrui non è affar mio. Nel senso che non è un qualcosa a cui devo fare attenzione io. Non è mio quel disagio. E' di chi lo prova. E il modo di provarlo o meno da a me informazioni su chi ho davanti. Sul fatto che merita il mio rispetto o no.

E il rispetto non è gratis. Se non sai farti carico del disagio...ti rispetto in quanto essere vivente, come rispetto una pianta, un gatto...ma non ti ritengo mio pari.
E non è un discorso di superiorità o inferiorità. Semplicemente non puoi camminarmi vicino.

La cosa veramente nuova per me, è rendermi conto che non sono sbagliata io che porto le cicatrici e le voglio lasciar esposte e non è sbagliato chi non sa reggerne la vista.
Semplicemente non apparteniamo allo stesso "mondo" dello spirito. Non esporre le cicatrici, vivere in una cultura che non le vuole vedere, rende monca la possibilità di riconoscimento reciproco...è appiattimento sociale.

E' rendere tutti uguali. Ma non siamo tutti uguali.
Sono d'accordo,in particolar modo sui grassetti. Sull'esposizione delle cicatrici.... tasto dolente nella maggior parte dei casi, per come la vedo io è sempre stato qualcosa di rarissimo, a ragion veduta e molto ben ponderata, ho sempre cercato di evitare i salti nel buio. E questo vuol dire far coesistere in noi stessi sentimenti contrastanti quali sofferenza e senso di liberazione, disgusto verso alcuni e fiducia in sè stessi, disillusione e consapevolezza di poter andare comunque avanti a prescindere da eventuali compagni di viaggio o meno. E' un processo molto lungo, che può minare fortemente lo stato psico/emotivo, ma alla fine - quando superato - consentirà di navigare in mare aperto senza paure e timori.

" Trasforma il dolore in perla

È la grazia più grande, quella dell’ostrica.
Quando le entra dentro un granello di sabbia,
una pietruzza che la ferisce,
non si mette a piangere, non strepita, non si dispera.
Giorno dopo giorno trasforma il suo dolore in una perla:... "

Ecco, penso che questa breve storia zen rappresenti perfettamente il percorso, dall'inizio alla fine, di cui si parlava in precedenza. Con l'augurio, a tutti, di trovare un giorno la loro perla.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Sono d'accordo,in particolar modo sui grassetti. Sull'esposizione delle cicatrici.... tasto dolente nella maggior parte dei casi, per come la vedo io è sempre stato qualcosa di rarissimo, a ragion veduta e molto ben ponderata, ho sempre cercato di evitare i salti nel buio. E questo vuol dire far coesistere in noi stessi sentimenti contrastanti quali sofferenza e senso di liberazione, disgusto verso alcuni e fiducia in sè stessi, disillusione e consapevolezza di poter andare comunque avanti a prescindere da eventuali compagni di viaggio o meno. E' un processo molto lungo, che può minare fortemente lo stato psico/emotivo, ma alla fine - quando superato - consentirà di navigare in mare aperto senza paure e timori.

" Trasforma il dolore in perla

È la grazia più grande, quella dell’ostrica.
Quando le entra dentro un granello di sabbia,
una pietruzza che la ferisce,
non si mette a piangere, non strepita, non si dispera.
Giorno dopo giorno trasforma il suo dolore in una perla:... "

Ecco, penso che questa breve storia zen rappresenti perfettamente il percorso, dall'inizio alla fine, di cui si parlava in precedenza. Con l'augurio, a tutti, di trovare un giorno la loro perla.
E' un equilibrio sottile quello dell'esposizione delle cicatrici...e si lega al segreto di sè.

E' doloroso il segreto di sè...ti ricordi quando abbiamo chiacchierato dell'angoscia profonda della perdita delle proprie emozioni, della cripta?

Ecco...per la mia esperienza le cicatrici riguardano quella cripta. Per me, farmi carico del disagio, era non mostrarle mai. Ma in buona sostanza era negare me stessa. Con tutti.

Adesso non le mostro...ma non perchè le nascondo, semplicemente perchè IO le sento come parte profonda di me. La parte più resistente, il fulcro della fierezza e dell'onore, mio. La mia fedeltà.
Quindi non serve mostrarle...sono IO. IO sono la mia pelle segnata e la mia pelle senza segni. Tutta insieme.

Le cicatrici...diventano un dono, la perla di cui parli, solo per chi mi sa camminare a fianco. Come tante volte ho descritto...al buio, senza vedersi.

Ma...il fatto che questa società sia un posto in cui le cicatrici vengano tenute sotto silenzio..ha risvolti devastanti per chi le porta.

Il segreto nutre la vergogna...e la vergogna delle donne, e degli uomini...ha radici antichissime...che trovano nutrimento nel silenzio. Il sensazionalismo del dolore...è uno dei trucchi per mantenere il segreto e la vergogna.
E nutrire il senso di isolamento...

Mi ricordo la sorpresa quando scoprii che non ero sola nell'essere stata violentata. O nell'aver avuto una famiglia disfunzionale. Razionalmente lo sapevo. Ma il razionale non è sufficiente al sapere, è sapere senza sapere.




[FONT=&quot]La donna dai capelli d’oro. [/FONT]
[FONT=&quot]C’era una volta una donna strana ma assai bella dai lunghi capelli d’oro sottili come grano filato. Era povera, non aveva né madre né padre, e viveva da sola nei boschi e tesseva su un telaio fatto con rami di noce scuro. Un tipo brutale, che era figlio del carbonaio, cercò di costringerla al matrimonio, e lei nel disperato tentativo di comprarne la rinuncia, gli regalò una ciocca di capelli d’oro.[/FONT]
[FONT=&quot]Ma lui non sapeva o non si curava del fatto che era oro spirituale, non denaro, quello che gli aveva dato, e quando volle vendere i capelli come una qualsiasi mercanzia al mercato, la gente lo canzonò e pensò che fosse pazzo.[/FONT]
[FONT=&quot] [/FONT]
[FONT=&quot]In collera, di notte tornò alla capanna della donna, la uccise con le sue mani e ne seppellì il corpo accanto al fiume. Per molto tempo nessuno si accorse della sua assenza. Nessuno si curava del suo cuore e della sua salute.Ma nel sepolcro i capelli d’oro della donna presero a crescere e a diventare sempre più lunghi. I magnifici capelli ondulati si sollevarono in spire attraverso la terra nera, e crebbero sempre di più fino a ricoprire la tomba di un campo di ondeggianti giunchi d’oro.I pastori tagliarono i giunchi per farne flauti, e quando presero a suonarli, i piccoli flauti cantarono e non smisero più di cantare.[/FONT]
[FONT=&quot] [/FONT]
Qui giace la donna dai capelli d’oro
Assassinata e nel suo sepolcro,
uccisa dal figlio del carbonaio
perché desiderava vivere.
[FONT=&quot] [/FONT]
[FONT=&quot]E così l’uomo che aveva tolto la vita alla donna ai capelli d’oro fu scoperto e portato in giudizio,e coloro che vivono nei boschi selvaggi del mondo, come facciamo noi, furono di nuovo al sicuro.

C. P. Estés.
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brenin

Utente
Staff Forum
E' un equilibrio sottile quello dell'esposizione delle cicatrici...e si lega al segreto di sè.

E' doloroso il segreto di sè...ti ricordi quando abbiamo chiacchierato dell'angoscia profonda della perdita delle proprie emozioni, della cripta?

Ecco...per la mia esperienza le cicatrici riguardano quella cripta. Per me, farmi carico del disagio, era non mostrarle mai. Ma in buona sostanza era negare me stessa. Con tutti.

Adesso non le mostro...ma non perchè le nascondo, semplicemente perchè IO le sento come parte profonda di me. La parte più resistente, il fulcro della fierezza e dell'onore, mio. La mia fedeltà.
Quindi non serve mostrarle...sono IO. IO sono la mia pelle segnata e la mia pelle senza segni. Tutta insieme.

Le cicatrici...diventano un dono, la perla di cui parli, solo per chi mi sa camminare a fianco. Come tante volte ho descritto...al buio, senza vedersi.

Ma...il fatto che questa società sia un posto in cui le cicatrici vengano tenute sotto silenzio..ha risvolti devastanti per chi le porta.

Il segreto nutre la vergogna...e la vergogna delle donne, e degli uomini...ha radici antichissime...che trovano nutrimento nel silenzio. Il sensazionalismo del dolore...è uno dei trucchi per mantenere il segreto e la vergogna.
E nutrire il senso di isolamento...

Mi ricordo la sorpresa quando scoprii che non ero sola nell'essere stata violentata. O nell'aver avuto una famiglia disfunzionale. Razionalmente lo sapevo. Ma il razionale non è sufficiente al sapere, è sapere senza sapere.




La donna dai capelli d’oro.
C’era una volta una donna strana ma assai bella dai lunghi capelli d’oro sottili come grano filato. Era povera, non aveva né madre né padre, e viveva da sola nei boschi e tesseva su un telaio fatto con rami di noce scuro. Un tipo brutale, che era figlio del carbonaio, cercò di costringerla al matrimonio, e lei nel disperato tentativo di comprarne la rinuncia, gli regalò una ciocca di capelli d’oro.
Ma lui non sapeva o non si curava del fatto che era oro spirituale, non denaro, quello che gli aveva dato, e quando volle vendere i capelli come una qualsiasi mercanzia al mercato, la gente lo canzonò e pensò che fosse pazzo.

In collera, di notte tornò alla capanna della donna, la uccise con le sue mani e ne seppellì il corpo accanto al fiume. Per molto tempo nessuno si accorse della sua assenza. Nessuno si curava del suo cuore e della sua salute.Ma nel sepolcro i capelli d’oro della donna presero a crescere e a diventare sempre più lunghi. I magnifici capelli ondulati si sollevarono in spire attraverso la terra nera, e crebbero sempre di più fino a ricoprire la tomba di un campo di ondeggianti giunchi d’oro.I pastori tagliarono i giunchi per farne flauti, e quando presero a suonarli, i piccoli flauti cantarono e non smisero più di cantare.
Qui giace la donna dai capelli d’oro
Assassinata e nel suo sepolcro,
uccisa dal figlio del carbonaio
perché desiderava vivere.

E così l’uomo che aveva tolto la vita alla donna ai capelli d’oro fu scoperto e portato in giudizio,e coloro che vivono nei boschi selvaggi del mondo, come facciamo noi, furono di nuovo al sicuro.

C. P. Estés.
Mi ricordo, ne è passata di acqua sotto i ponti da allora... sono contento, molto contento per te.

Sul grassetto la vedo e la penso esattamento come te... ed è anche bello " sentirsi dentro " questi cambiamenti, accorgersi che non sono variabili o mutevoli a secondo delle circostanze,ma sono parte integrante di noi stessi,e pertanto inamovibili dal nostro Io.

Sul periodo sottolineato.... si, hai ragione,ha effetti devastanti che - in alcuni casi - hanno portato addirittura al suicidio. E sono morti o tragedie che - dopo il clamore di un giorno - passano nel dimenticatoio, cancellate in fretta come se ci obbligassero a riflettere su noi stessi e sulla società in cui viviamo, addirittura delle volte si arriva ad addebitare ai familiari colpe inesistenti, perchè - per la società - si deve sempre trovare " l'orco " , il responsabile, chi condannare o mettere alla gogna. E poco importa che sia o meno il vero responsabile.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Mi ricordo, ne è passata di acqua sotto i ponti da allora... sono contento, molto contento per te.

Sul grassetto la vedo e la penso esattamento come te... ed è anche bello " sentirsi dentro " questi cambiamenti, accorgersi che non sono variabili o mutevoli a secondo delle circostanze,ma sono parte integrante di noi stessi,e pertanto inamovibili dal nostro Io.

Sul periodo sottolineato.... si, hai ragione,ha effetti devastanti che - in alcuni casi - hanno portato addirittura al suicidio. E sono morti o tragedie che - dopo il clamore di un giorno - passano nel dimenticatoio, cancellate in fretta come se ci obbligassero a riflettere su noi stessi e sulla società in cui viviamo, addirittura delle volte si arriva ad addebitare ai familiari colpe inesistenti, perchè - per la società - si deve sempre trovare " l'orco " , il responsabile, chi condannare o mettere alla gogna. E poco importa che sia o meno il vero responsabile.
Già....un sacco di acqua...e mi provoca una sensazione stranissima quel tempo di me, fra l'altro, come se fosse un passato remoto, un'altra era di me, un'altra vita e contemporaneamente un passato recentissimo, quasi presente. E lo trovo quasi romantico...un modo dell'abbraccio.:eek::)

Esatto...componenti imprescindibili e ricche...in fondo mi sto rendendo conto che la pelle ricomposta nelle cicatrici è la più resistente...tira quando cambia il tempo, ma è quel fastidio che fa tenerezza, che ricorda la Vita che scorre...e si concretizza in senso di speranza, gratitudine, forza e fierezza.

Quanto al tuo grassetto....sono completamente d'accordo.
E mi inferocisce l'adeguamento passivo a quello stato di cose.

Come se trovare il colpevole potesse rendere un qualcosa alla vittima.
In realtà è l'ennesimo modo che usa il gruppo per autoassolversi, per allontanare, per chiudere il discorso.

Individuare un responsabile, o meglio, un colpevole, su cui far ricadere tutte le colpe, lo trovo ignobile.
Non perchè non sia da individuare. Ma per il modo in cui lo si fa. Come se trovarlo alleggerisse tutti gli altri.

Mentre uno stupratore, non fa capo semplicemente a se stesso. E' figlio di una donna e di un uomo. Nato e cresciuto in un contesto sociale che non ha visto, o che ha voltato la faccia. E che continua a voltare la faccia. E con questo intendo che è il tessuto sociale a nutrire o affamare la consapevolezza delle forme della violenza.

Nella falsa credenza che accorpare in un individuo, o nella sua famiglia, l'agito violento possa in un qualche modo ripulire il contesto in cui gli agiti avvengono. Come se negare la violenza collocandola in un "simbolo" la potesse arginare o potesse essere strumento di educazione alla consapevolezza di sè.

Non so se mi spiego.

Qui si parla di stupratori. Ma io penso che il meccanismo del "mettere la polvere sotto il tappeto", individuando IL colpevole, sia diffuso ad ogni livello.

E questa scarsa educazione rende difficile anche per le vittime assumersi il ruolo di vittima in modo attivo.
 
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