Provo...ma sono stordita e non so che ne esce
LA differenza che io vedo fra volere e desiderare. Se voglio, è un "patto" che faccio fra me e me. Fondamentalmente. E quindi richiedo a te di soddisfare miei parametri che spesso manco sono ben condivisi.
Se desidero ti offro il mio desiderio. Mi fido del mio desiderio. Tanto da metterlo in mano e lasciare che l'altro ne faccia quel che ritiene essere il miglior trattamento che ritiene. E posso farlo perchè mi fido delle mie valutazioni e della mia capacità di spiegarmi all'altro nei miei limiti.
E l'altro lo vedo di volta in volta. Dopo aver rischiato. In ogni caso.
In particolare all'inizio di conoscenza...poi mano a mano, il tempo e i fatti fanno il loro lavoro.
E se non lo fanno, il problema non è in questo livello di relazione.
Nel primo caso mi aspetto la soddisfazione del mio volere. E se questo non accade è il mio volere a essere rifiutato.
Nel secondo caso semplicemente desidero l'appagamento di UN desiderio, e non DEL desiderio.
Nel momento in cui è chiaro l'OGGETTO, la sovrapposizione col volere decade...e decade anche la sovrapposizione fra la PERSONA e i suoi "oggetti" che si incarnano attraverso l'altro.
E allora diventa facile dire "vorrei che stasera tu stessi con me".
E l'altro può innanzitutto chiedere se è una situazione particolare che lo richiede o meno.
E quindi avere maggiori informazioni per decidere per sè anche in relazione all'altro.
E nel caso non ci siano situazioni che richiedano maggiore presenza, può anche tranquillamente dire "ho anche il desiderio di stare con te, ma stasera desidero uscire a cena con le amiche/i", senza che questo tolga nulla all'importanza che si ha uno per l'altro.
Certo, questo richiede il sapersi dire le cose senza il timore che l'altro si offenda e scambi il rifiuto per una sera insieme per un rifiuto totale.
E non perchè l'altro non si offende, ma perchè si può contare sul fatto che se accade verrà dichiarato.
Anche a costo di essere ruvidi.
Si conta sui SI e sui NO. In particolare sui NO. E sulla sensatezza del NO e del SI.
Che è poi riconoscimento della intelligenza dell'altro di saper scegliere per se stesso ciò che gli serve per avere benessere, tenendo conto del fatto che maggiore è il benessere di ognuno per sè, maggiore è il benessere che può essere condiviso insieme.
Questo significa prendersi certe libertà...lasciare alcune premure.
Per esempio il dire semplicemente all'altro "non mi fido di te". O " mi sono girati i coglioni", senza che per forza di cose ne esca la seconda guerra mondiale.
Ma sapendo, avendolo testato nei fatti e nel tempo, che ne esce una discussione in cui entrambi lavorano per il win win.
E certo, serve una buona dose di egoismo e consapevolezza rispetto a quei bisogni che sono fondamentali per lo stare bene per davvero e non nel sognato.
Che è poi la differenza fra il desiderare, che è fondamentalmente l'offerta del proprio desiderio all'altro, e il volere, che è la richiesta che l'altro soddisfi i desideri.
Nel primo caso la responsabile del mio desiderio sono io, mio il rischio nell'offrirlo, mia la consapevolezza che non esiste nessun genere di garanzia, se non quelle che vengono confermate quotidianamente nei fatti.
Nel secondo caso si elegge l'altro a soddisfatore dei propri bisogni, delegandogliene la responsabilità e mettendolo costantemente alla prova. Senza dichiararlo fra l'altro. (e spostando anche il potere da in mezzo, e quindi liberamente concedibile, nelle mani del delegato, fondamentalmente).
E il rimprovero nasce esattamente da qui, secondo me. "Tu!!! Proprio tu che avresti dovuto appagare me, mi hai rifiutata/o." E avanti guerra.
Vero. Questo presuppone una certa reciprocità.
E più che altro una intenzionalità ad andare in questa direzione. Che riguarda fondamentalmente l'esprimersi direttamente, con se stessi innanzitutto, anzichè alle spalle. Con rimproveri o affini.
Ed è un qualcosa che non esce dal "ti amo ma quanto ti amo". Anzi.
Esce proprio dal "ok. Molliamo il quanto ti amo e parliamo di cose concrete per davvero."
Le richieste di attenzione le fanno i bambini.
Da un adulto pretendo sappia chiedere. E pretendo che da me abbia la stessa pretesa.
E che ci sia la libertà di farsi reciprocamente notare questi meccanismi, e quindi avere entrambi per presupposto il desiderio e la competenza del coglierli.
Se manca questo...per me la relazione è già monca. E so, per esperienza, che io non posso semplicemente starci.
Se mi rimproveri, e non mi sai esporre quel che ti ha portato lì...puoi allegramente andare a fare in culo. Non faccio maternage. Già dato.
Io di mio non rimprovero, quando l'ho fatto mi sono sentita una picia e parecchio imbarazzata di me stessa, quindi evito per non aver vergogna di me allo specchio. Espormi lo trovo più lineare e liberatorio.
Ho imparato che per stare bene io, ho bisogno di esprimere i miei desideri, e viceversa.
E anche dichiarare la mia libertà di valutare l'altro su quanto e come li soddisfa, e viceversa.
Se questo non avviene, nutro la diffidenza.
E la mia ha già qualche problema di obesità...preferisco tenerla in un regime equilibrato, se riesco.
Ripeto, ho culo, io e G. su questo ci somigliamo molto. Stessi paesaggi interiori.
E a nessuno dei due pesa la valutazione dell'altro.
Anzi...è una forma della rassicurazione. Come uno sguardo in prestito.
E più che altro entrambi veniamo da situazioni in cui certe attenzioni non c'erano state. E abbiamo la ferma intenzione di non rifare gli stessi errori. Che almeno siano nuovi.
Poi sono una reattiva..se mi rimproveri, mi incazzo

e avverto in anticipo.
Quindi è proprio nei patti iniziali, quelli poco romantici e unicornosi, che per me queste sono cose fondamentali. Gli unicorni li cavalchiamo più in là, semmai :carneval:...anche se non amo cavalcare gli unicorni, preferisco altri tipi di sostanza