Politicamente corretto o solo sensibilità?

Arcistufo

Papero Talvolta Posseduto
Ma se vieni da me ti salutano con "ehy, inculato!" (in dialetto non ha neanche il genere), sempre se ti vogliono bene, ovviamente :carneval:
Ma infatti a me quelli che si indignano per i crepa mi hanno sempre fatto ammazzare dalle risate. Mi spaventano solo quando arrivano ad avere un po' di poteretto in virtù del numero di ore investite invece che della qualità del prodotto. Praticamente come quando dai l'Oscar per la carriera a un cantante sfigato.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ma infatti a me quelli che si indignano per i crepa mi hanno sempre fatto ammazzare dalle risate. Mi spaventano solo quando arrivano ad avere un po' di poteretto in virtù del numero di ore investite invece che della qualità del prodotto. Praticamente come quando dai l'Oscar per la carriera a un cantante sfigato.
Il riconoscimento sociale, secondo te, ci prende?

E quanto, in percentuale?
 

Arcistufo

Papero Talvolta Posseduto
Il riconoscimento sociale, secondo te, ci prende?

E quanto, in percentuale?
Ci prende relativamente a cosa? Definiamo bene il campo di indagine che qualunque cosa dico diventa leggenda in altri lidi per cui ultimamente posso giocare meno sulle espressioni ambigue.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ci prende relativamente a cosa? Definiamo bene il campo di indagine che qualunque cosa dico diventa leggenda in altri lidi per cui ultimamente posso giocare meno sulle espressioni ambigue.
Ok, definiamo.

Relativamente al riconoscimento di se stessi.

Un sociale indistinto, fatto di maschere fondamentalmente, che tendenzialmente fanno massa, è importante?

Io per esempio scelgo i sociali in cui stare.
Anche a livello lavorativo.

Ma a livello lavorativo è facile.
Basta tenere il livello di relazione sulla competenza e sui risultati misurabili.
 

Foglia

utente viva e vegeta
Ok, definiamo. Relativamente al riconoscimento di se stessi. Un sociale indistinto, fatto di maschere fondamentalmente, che tendenzialmente fanno massa, è importante? Io per esempio scelgo i sociali in cui stare. Anche a livello lavorativo. Ma a livello lavorativo è facile. Basta tenere il livello di relazione sulla competenza e sui risultati misurabili.
Che termine grosso che è "importante". :)E' importante nella misura in cui tu gli dai comunque un peso. Mi riferisco alla "massa".Sul lavoro e ' più facile tenere il livello, vero, vero però anche che dopo sta a te valutare il peso con più rigore.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Che termine grosso che è "importante". :)E' importante nella misura in cui tu gli dai comunque un peso. Mi riferisco alla "massa".Sul lavoro e ' più facile tenere il livello, vero, vero però anche che dopo sta a te valutare il peso con più rigore.
Esattamente.

E a far la differenza è l'unità di misura. Per come la vedo io.

Conoscere i propri limiti e le proprie capacità di compromesso. E scegliere le situazioni più adeguate.
Sapendo comunque stare anche in quelle in cui non si ha voglia di stare, SE SERVE.

Esempio: io sono agnostica. Ma posso serenamente andare in chiesa, e non ho (più) il desiderio di prendermela con chi crede in dio.
Non tradisco nessuno, me per prima. Non perdo me stessa da nessuna parte.

E se sento di perdere, il problema lo cerco in me. Non fuori. Che significa che sono io traballante, se il fuori mi può mettere tanto in discussione. Io rispondo al mio sguardo nello specchio.

Questo significa che mi fido sia del mio sguardo nello specchio sia del mio percorso fino a quello sguardo sia del percorso che seguirà quello sguardo.
Ed è nel percorso che, in termini circolari, entrano gli altri...ma tenendo sempre presente che sono specchi attivi, e che si è in circolarità.


Mi spiego?

Sul lavoro è semplice.
Faccio un lavoro misurabile. E su quello mi peso.
Fare bene il mio lavoro non è una questione di principio. Lo faccio per trovare soddisfazione per me.

Se non ho voglia, posso farlo anche male. MA è comunque a me che rispondo. E alla stima di me.
 
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Foglia

utente viva e vegeta
Esattamente.

E a far la differenza è l'unità di misura. Per come la vedo io.

Conoscere i propri limiti e le proprie capacità di compromesso. E scegliere le situazioni più adeguate.
Sapendo comunque stare anche in quelle in cui non si ha voglia di stare, SE SERVE.

Esempio: io sono agnostica. Ma posso serenamente andare in chiesa, e non ho (più) il desiderio di prendermela con chi crede in dio.
Non tradisco nessuno, me per prima. Non perdo me stessa da nessuna parte.

E se sento di perdere, il problema lo cerco in me. Non fuori. Che significa che sono io traballante, se il fuori mi può mettere tanto in discussione. Io rispondo al mio sguardo nello specchio.

Questo significa che mi fido sia del mio sguardo nello specchio sia del mio percorso fino a quello sguardo sia del percorso che seguirà quello sguardo.
Ed è nel percorso che, in termini circolari, entrano gli altri...ma tenendo sempre presente che sono specchi attivi, e che si è in circolarità.


Mi spiego?

Sul lavoro è semplice.
Faccio un lavoro misurabile. E su quello mi peso.
Fare bene il mio lavoro non è una questione di principio. Lo faccio per trovare soddisfazione per me.

Se non ho voglia, posso farlo anche male. MA è comunque a me che rispondo. E alla stima di me.
Quello che tu chiami stare anche nelle situazioni in cui non si ha voglia di stare, talvolta quel cerchio lo ovalizza. Il cerchio è l'equilibrio perfetto. Difficile starci.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Quello che tu chiami stare anche nelle situazioni in cui non si ha voglia di stare, talvolta quel cerchio lo ovalizza. Il cerchio è l'equilibrio perfetto. Difficile starci.
Hai mai visto cerchi in natura?

Salvo (forse) quelli che si creano in uno stagno dopo averci lanciato dentro un sasso...

Non esiste l'equilibrio perfetto, se non nella morte...a mio parere.
L'equilibrio perfetto è un sistema chiuso e immobile. Ed è un'idea di assoluto, una forma di ideologia secondo me...come la perfezione.

Io preferisco l'equilibrio dinamico...che è poi l'alternanza fra equilibrio e squilibrio...saper oscillare fra gli estremi senza caderci dentro :)
 
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Foglia

utente viva e vegeta
Hai mai visto cerchi in natura? Salvo (forse) quelli che si creano in uno stagno dopo averci lanciato dentro un sasso...Non esiste l'equilibrio perfetto, se non nella morte...a mio parere. L'equilibrio perfetto è un sistema chiuso e immobile. Ed è un'idea di assoluto, una forma di ideologia secondo me...come la perfezione. Io preferisco l'equilibrio dinamico...che è poi l'alternanza fra equilibrio e squilibrio...saper oscillare fra gli estremi senza caderci dentro :)
Ah... Sul dinamismo non ci piove.E' solo che lo vivo più come una rincorsa, munita di martello e cucitrice, per dare continuità a quel mio cerchio sgangherato :DTutto qui :)
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ah... Sul dinamismo non ci piove.E' solo che lo vivo più come una rincorsa, munita di martello e cucitrice, per dare continuità a quel mio cerchio sgangherato :DTutto qui :)
Intanto, un buon inizio, sarebbe non giudicare il tuo cerchio...nè sgangherato nè non sgangherato e in nessun altro modo. :D

E' solo il tuo cerchio. Niente di più e niente di meno.
 
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Arcistufo

Papero Talvolta Posseduto
Ok, definiamo.

Relativamente al riconoscimento di se stessi.

Un sociale indistinto, fatto di maschere fondamentalmente, che tendenzialmente fanno massa, è importante?

Io per esempio scelgo i sociali in cui stare.
Anche a livello lavorativo.

Ma a livello lavorativo è facile.
Basta tenere il livello di relazione sulla competenza e sui risultati misurabili.
Ti ringrazio per esserti sbattuta a spiegare. Intanto secondo me maschera è un concetto piuttosto ambiguo. Chiaro che se hai vent'anni ed entri nel mondo del lavoro una serie di tensioni (in)sopportabili ti porteranno a pensare di avere addosso una maschera, ma dopo vent'anni che vivi un certo ambiente la maschera in qualche modo fa parte di te.
Anche il discorso dei sociali che uno si sceglie, lo trovo piuttosto relativo. Le scelte che fai in qualche modo scelgono per te, comprese quelle che hai fatto in passato. Se hai investito 10 anni della tua carriera in un ambiente ad altissimo tasso di ipocrisia quale può essere che ne so quello dello spettacolo piuttosto che la Sacra Rota, non butti tutto al cesso e non indossi una maschera. Semplicemente in qualche modo ti amalgami all'ambiente creandoti delle isole felici per salvarti l'anima. Tipo scrivere su un forum, tanto per dire.
in questo contesto, pensare di prescindere dal l'immagine che ti rimandano gli altri, oppure scegliere gli altri in funzione dell'immagine che ci rimandano, e non dirmi che questo rischio non c'è, è una tentazione forte ma pericolosa.
 
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ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Ti ringrazio per esserti sbattuta a spiegare. Intanto secondo me maschera è un concetto piuttosto ambiguo. Chiaro che se hai vent'anni ed entri nel mondo del lavoro una serie di tensioni (in)sopportabili ti porteranno a pensare di avere addosso una maschera, ma dopo vent'anni che vivi un certo ambiente la maschera in qualche modo fa parte di te.
Anche il discorso dei sociali che uno si sceglie, lo trovo piuttosto relativo. Le scelte che fai in qualche modo scelgono per te, comprese quelle che hai fatto in passato. Se hai investito 10 anni della tua carriera in un ambiente ad altissimo tasso di ipocrisia quale può essere che ne so quello dello spettacolo piuttosto che la Sacra Rota, non butti tutto al cesso e non indossi una maschera. Semplicemente in qualche modo ti amalgami all'ambiente creandoti delle isole felici per salvarti l'anima. Tipo scrivere su un forum, tanto per dire.
in questo contesto, pensare di prescindere dal l'immagine che ti rimandano gli altri, oppure scegliere gli altri in funzione dell'immagine che ci rimandano, e non dirmi che questo rischio non c'è, è una tentazione forte ma pericolosa.
Prego.

Hai ragione, chiariamo il concetto di maschera.
E' una metafora, con cui faccio riferimento ai comportamenti che i diversi ruoli (amica, lavoratrice, amante, etc etc) richiedono nei loro diversi contesti. Permette di mostrare un lato della personalità, ma non la esaurisce. Non siamo soltanto amici, o soltanto lavoratori, siamo l'essenza che interpreta i diversi ruoli.

A 20 anni, non si è ancora del tutto completato il processo di individuazione e le maschere possono pesare oppure essere fondamentali per sostenere l'ingresso nei diversi ambienti che mano a mano diventano sempre più complessi.

Una volta però completato, in teoria, l'essenza che sostiene i diversi ruoli dovrebbe essere definita. In evoluzione, ma strutturata.

Ed è quella l'isola felice. Sapere di essere in un ambiente, lavorativo o quel che si vuole, sapere perchè si è in quell'ambiente, avere degli obiettivi da raggiungere, aver ben chiaro il limite fra maschera ed essenza. E le possibilità di compromesso.

Per esempio, io dubito sarei in grado di fare la killer a pagamento. La maschera del mio ruolo lavorativo sarebbe insopportabile per la mia essenza.

L'immagine che ti rimandano gli altri è una cosa ben complessa e come starci in relazione altrettanto...come se la costruiscono quell'immagine gli altri secondo te?
Che ingredienti ci mettono dentro?

e grazie a te per lo sbattimento.
 
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Arcistufo

Papero Talvolta Posseduto
Prego.

Hai ragione, chiariamo il concetto di maschera.
E' una metafora, con cui faccio riferimento ai comportamenti che i diversi ruoli (amica, lavoratrice, amante, etc etc) richiedono nei loro diversi contesti. Permette di mostrare un lato della personalità, ma non la esaurisce. Non siamo soltanto amici, o soltanto lavoratori, siamo l'essenza che interpreta i diversi ruoli.

A 20 anni, non si è ancora del tutto completato il processo di individuazione e le maschere possono pesare oppure essere fondamentali per sostenere l'ingresso nei diversi ambienti che mano a mano diventano sempre più complessi.

Una volta però completato, in teoria, l'essenza che sostiene i diversi ruoli dovrebbe essere definita. In evoluzione, ma strutturata.

Ed è quella l'isola felice. Sapere di essere in un ambiente, lavorativo o quel che si vuole, sapere perchè si è in quell'ambiente, avere degli obiettivi da raggiungere, aver ben chiaro il limite fra maschera ed essenza. E le possibilità di compromesso.

Per esempio, io dubito sarei in grado di fare la killer a pagamento. La maschera del mio ruolo lavorativo sarebbe insopportabile per la mia essenza.

L'immagine che ti rimandano gli altri è una cosa ben complessa e come starci in relazione altrettanto...come se la costruiscono quell'immagine gli altri secondo te?
Che ingredienti ci mettono dentro?

e grazie a te per lo sbattimento.
L'immagine che ti rimandano agli altri per come la vedo io è qualcosa di estremamente semplificato rispetto a quella che tu chiami essenza. Semplificato anche e soprattutto perché l'immagine ritornata é vista attraverso una serie di filtri relativi alla loro esperienza di vita e/o a quello che gli serve di dare o di avere.
Cionondimeno è utile.
Utile perché ti aiuta a dosare gli sforzi.
Ti racconto una storiella.
Arrivato a 41 anni, posso dirti di aver perso un sacco di tempo a scaccolare disagiati che non se lo meritavano. Tutto sommato, penso che sia il mio più grande rimpianto.
Invece di scegliere in base a requisiti oggettivi il mio branco, me lo sceglievo in base a logiche di appartenenza oppure di affetto. Proprio perché l'immagine che mi restituivano era quella di un patriarca (che a trent'anni è piuttosto ridicolo) che pensava a tutti. Estremamente utile come movens. Arrivi a montarci degli imperi se vuoi. Poi ti accorgi che esistono persone che sono arrivate ad essere meglio dei tuoi protetti in virtù dei loro propri meriti e quelle stesse persone, paradossalmente, ti rimandano un'immagine migliore di te stesso rispetto a quelli sui quali hai perso tempo e sapone (però ti sei fatto dei signori deltoidi). Come se risuonassero con te. Non è un processo lento, meticoloso e razionale. È più che altro istinto, certamente corroborato con l'esperienza, ma sicuramente istinto.
Spero di non essermi capito da solo.
 

Foglia

utente viva e vegeta
L'immagine che ti rimandano agli altri per come la vedo io è qualcosa di estremamente semplificato rispetto a quella che tu chiami essenza. Semplificato anche e soprattutto perché l'immagine ritornata é vista attraverso una serie di filtri relativi alla loro esperienza di vita e/o a quello che gli serve di dare o di avere.
Cionondimeno è utile.
Utile perché ti aiuta a dosare gli sforzi.
Ti racconto una storiella.
Arrivato a 41 anni, posso dirti di aver perso un sacco di tempo a scaccolare disagiati che non se lo meritavano. Tutto sommato, penso che sia il mio più grande rimpianto.
Invece di scegliere in base a requisiti oggettivi il mio branco, me lo sceglievo in base a logiche di appartenenza oppure di affetto. Proprio perché l'immagine che mi restituivano era quella di un patriarca (che a trent'anni è piuttosto ridicolo) che pensava a tutti. Estremamente utile come movens. Arrivi a montarci degli imperi se vuoi. Poi ti accorgi che esistono persone che sono arrivate ad essere meglio dei tuoi protetti in virtù dei loro propri meriti e quelle stesse persone, paradossalmente, ti rimandano un'immagine migliore di te stesso rispetto a quelli sui quali hai perso tempo e sapone (però ti sei fatto dei signori deltoidi). Come se risuonassero con te. Non è un processo lento, meticoloso e razionale. È più che altro istinto, certamente corroborato con l'esperienza, ma sicuramente istinto.
Spero di non essermi capito da solo.
Più che altro mi chiedo il perché dell'esigenza di avere un "branco" da proteggere :)
 

Arcistufo

Papero Talvolta Posseduto
Il rovescio della medaglia e' che non arrivi, con queste premesse, a considerarli tuoi pari. Logico che non rimandino una immagine di te che ti soddisfa.
Non è colpa delle premesse. A 30 anni nessuno è nessuno. Che normalmente con le persone con le quali sei cresciuto non hai problemi di parità. Io sono più bravo con le ragazze, tu mi fai il culo a strisce a pallone. E via andare. Il problema reale sta proprio nel fatto che pensavi che quelle persone e quei rapporti in cui uno comincia la frase e l'altro la finisce fossero possibili soltanto all'interno di situazioni di vecchia data. Ma, per dirla con Ipazia, è una maschera pure quella.
 

ipazia

Utente disorientante (ma anche disorientata)
Perchè raramente mi accontento delle mascherate :)
L'immagine che ti rimandano agli altri per come la vedo io è qualcosa di estremamente semplificato rispetto a quella che tu chiami essenza. Semplificato anche e soprattutto perché l'immagine ritornata é vista attraverso una serie di filtri relativi alla loro esperienza di vita e/o a quello che gli serve di dare o di avere.
Cionondimeno è utile.
Utile perché ti aiuta a dosare gli sforzi.
Ti racconto una storiella.
Arrivato a 41 anni, posso dirti di aver perso un sacco di tempo a scaccolare disagiati che non se lo meritavano. Tutto sommato, penso che sia il mio più grande rimpianto.
Invece di scegliere in base a requisiti oggettivi il mio branco, me lo sceglievo in base a logiche di appartenenza oppure di affetto. Proprio perché l'immagine che mi restituivano era quella di un patriarca (che a trent'anni è piuttosto ridicolo) che pensava a tutti. Estremamente utile come movens. Arrivi a montarci degli imperi se vuoi. Poi ti accorgi che esistono persone che sono arrivate ad essere meglio dei tuoi protetti in virtù dei loro propri meriti e quelle stesse persone, paradossalmente, ti rimandano un'immagine migliore di te stesso rispetto a quelli sui quali hai perso tempo e sapone (però ti sei fatto dei signori deltoidi). Come se risuonassero con te. Non è un processo lento, meticoloso e razionale. È più che altro istinto, certamente corroborato con l'esperienza, ma sicuramente istinto.
Spero di non essermi capito da solo.
Ecco...hai risposto tu alla questione delle mascherate, nel grassetto intendo :)

Aggiungo che fra l'altro, nell'immagine di ritorno, il punto di osservazione è ancora quello "altro".

Io faccio un passo indietro, e parto dal presupposto che quell'immagine di ritorno che ri-torna dagli "altri" non si è generata dal nulla.

Si è generata dall'immagine che si è proiettata fuori di ognuno di noi e che si è mostrata (a volte data in pasto) agli altri.

Io (generico) proietto fuori di me l'immagine di me, non solo attraverso i ruoli, ma anche attraverso l'interpretazione del ruolo che attuo.
L'altro è un "semplice" ricevente. Che riceve secondo, poi, tutta una serie di suoi filtri.

Ed in questi termini l'altro è uno specchio attivo. Ma di me.

Con questo non intendo spersonalizzare l'altro. Anzi.

Nella mia esperienza, ho incontrato rarissime persone capaci e competenti a sufficienza (di sè innanzitutto) da oltrepassare i filtri che si frappongono nelle interazioni.

In ogni caso, partendo dal presupposto che ognuno proietta sè all'esterno, io trovo molto più interessante servirmi dello specchio in quanto specchio.

E trovo interessanti le persone che sono consapevoli di questo meccanismo, ai diversi livelli in cui si attua.

Trovo interessanti anche le persone che non conoscono il meccanismo, ma per altri motivi.

A volte mi piace "sfiorare" e vedere se c'è il desiderio di andare oltre.
Altre volte mi rendo semplicemente conto che quel desiderio non c'è.
E allora, siccome per me è invece un desiderio fondamentale, non mi ci metto neanche.

In questi termini decido le distanze (emotive) che io tengo con gli altri.
Attraverso le proiezioni di me, che tradotto significa semplicemente che decido IO a che profondità di me andare a "pescare" la proiezione (e quindi l'interpretazione di un qualsiasi ruolo).

Ma, e questa forse è una differenza sostanziale, io sono una solitaria, che ha più volte deciso per l'isolamento.
Non sono mai stata bene nei gruppi. Fin da adolescente io ho deciso di stare sola.

In particolare affettivamente.

Non sono mai riuscita a seguire le logiche dell'appartenenza.

Ho sempre cercato di seguire quelle del Riconoscimento. Accumulando fra l'altro errori su errori.

Per il semplice motivo per cui se non si Riconosce se stessi nello specchio (il proprio intendo), il Riconoscimento dell'altro è falsato dai propri filtri.

Ed è il motivo per cui preferisco occuparmi dei miei filtri piuttosto che di quelli altrui.
Quelli altrui, semmai, mi servono per mettere in discussione i miei.

Esattamente attraverso quel che mi rimandano.
Esempio scemo: se dico qualcosa e non vengo capita, non è l'altro imbecille. Sono io che non ho spiegato come avrei dovuto.
Poi può pure essere che l'altro sia imbecille.

Ma per quanto mi riguarda è l'ultima delle questioni.

Il fulcro resta che in un modo o nell'altro la mia maschera non è riuscita a veicolare.

E lì decido se vale la pena o meno provare a spiegarmi (cosa mi costa) anche a seconda di chi è l'altro (cosa è disposto a pagare).

A volte decido che ne vale la pena, altre volte mollo e basta e mi dedico a questioni più interessanti per me.

Ma il fulcro resto io.

La protezione...molte volte, nella mia esperienza, è un buon alibi per confermare se stessi. In una determinata posizione. Ma è un discorso lunghissimo, che va a prender dentro questioni che a mio parere esulano dall'altro e entrano invece nella sfera dei bisogni personali.
 
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