Ho sempre contemplato la possibilità del tradimento. Non che lo auspicassi, speravo non accadesse, poi è arrivato e sinceramente me lo aspettavo. Quello che non avrei mai potuto figurare era il modo con cui si sarebbe conclamato. Più volte mi sono chiesto come poteva essere che fossi diventato cosi tollerante, quasi comprensivo. Passati i tempi di metabolizzazione, ho scoperto che non mi interessava minimamente comprendere e tollerare fatti legati alla natura umana e quindi inevitabili. In genere per comprendere al di fuori mi basta analizzare me stesso, quindi penso di non aver commesso grossolani errori di valutazione. Naturalmente non basta, ma quello che intendo dire è che il tradimento subito non ha fatto in modo che io sdoganassi parti di me alle quali ponessi diniego, quello che negavo era scientemente e consapevolmente applicato al raggiungimento di uno scopo che poi si è rivelato non pienamente condiviso. Che questo celasse un mio errore non posso dirlo, dopotutto bisogna pur riporre fiducia nell'altro. La lealtà per me è un elemento imprescindibile, viene prima, anche se non nega le altre vicissitudini ed è una questione principalmente personale rivolta all'altro o ad uno scopo.
E' vero dell'esistenza di spazi e pensieri personali che risiedono in un nucleo remoto ed individuale di ognuno, così com'è vero che se si ha piena coscienza di questo si ha anche la padronanza di governarli. Lo vediamo qui, c'è chi agisce parallelamente, chi attua il rifiuto facendosi scudo di ideali e valori e chi, malamente, naviga alla cieca lasciando al caso l'evoluzione delle storie.
Per me il tradimento è un capitolo chiuso, può spiazzare una volta, poi basta. Dopo l'excursus sentimentale "integralista", che avevo si ipotizzato ma anche perchè richiesto, il tradimento mi ha semplicemente ricondotto a me stesso e a quello che sono sempre stato. Sentimentalmente "laico", ma pienamente fiducioso nel mio modo di amare e di rispettare.